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Confronto tra l’Europa che difende l’euro dalla speculazione e l’Europa che difese la cristianità dall’Islam.

La crisi finanziaria ha colpito i paesi di tutto il pianeta ma l’Europa occidentale è il continente che sta subendo maggiormente i rischi della crisi. Perché? Perché la crisi greca che poteva essere tamponata tempestivamente con poca spesa ha portato a costi esorbitanti? Perché la Germania ha esitato e continua ad esitare nella battaglia europea in difesa dell’euro? Perché la speculazione si è abbattuta sull’Italia che sommando debiti pubblici e risparmi privati non ha nulla da invidiare a Germania e Francia? Perché si è consentito ai mercati di distruggere i frutti del lavoro delle imprese e della gente? Perchè si continua ad affermare che la speculazione è contro gli stati e non contro l'euro? Perché uomini colti e preparati non riescono ad assumere, in Europa, un ruolo di leader?
Fintanto che non esisterà un’Europa politica i singoli stati saranno sempre deboli e possibili oggetto di speculazione.
Dall’inizio della crisi abbiamo visto che le maggiori preoccupazioni dei vari paesi europei sono state: accontentare il proprio elettorato, prendere decisioni in funzione di prossime elezioni, non perdere un briciolo della propria sovranità o grandeur, cercare coalizioni per contrastare l’opinione di terzi, non fidarsi, sottolineare il proprio ruolo di falco o colomba. Tutti atteggiamenti che hanno fatto la gioia dei grandi speculatori e indebolito l’Europa.
L’Europa dei tanti "piccoli stati", e tra questi metto anche la Germania, non potrà mai competere con colossi come Usa, Giappone, Cina, Russia, Brasile, India, così come non potrà mai competere con i grandi fondi di investimento come BlackRock (gestisce 3.500 miliardi di dollari), Pimco (il più grande gestore di obbligazioni del pianeta), Soros Fund Management, Berkshire Hathaway; per non parlare dei fondi pensione, dei fondi sovrani e, in primis, delle grandi banche e assicurazioni. Ci sono poi le agenzie di rating; loro non investono, non muovono denari. Eppure, con i loro giudizi, influenzano le decisioni di milioni di investitori, infatti molti fondi sono vincolati, nei loro investimenti, dai rating. Ad esempio alcuni fondi hanno nei documenti costitutivi l'imperativo di tenere titoli valutati tripla A e quando Standard and Poor's ha declassato gli Stati Uniti, tanti hanno dovuto adeguare gli statuti per non essere costretti a vendere T-Bond. Tutto questo mette nelle mani delle agenzie di rating un enorme potere; il rischio è che in ogni caso le loro parole diventino profezie auto-avveranti. Sommando il loro potere a quello delle grandi banche e dei grandi fondi, tutto questo pone rischi potenziali alla stabilità degli stati. Anche perché tutti questi soggetti sono in gran parte intrecciati da legami azionari l'uno all'altro. Come in una grande ragnatela, in mezzo, però, c'è il mondo reale.
In piena crisi, inoltre, l'Europa non è mai stata così divisa. Secondo i dati della BCE per ottenere un finanziamento fino a 1 milione di euro da rimborsare entro cinque anni (il prestito tipico chiesto da una piccola-media impresa) le imprese italiane pagano alle rispettive banche, in media, un tasso di interesse del 6,24%. Un abisso rispetto a quanto pagano oggi le imprese tedesche, il 4,04%. Ciò significa che più è alto lo spread più sono avvantaggiate le imprese tedesche rispetto a quelle italiane.

Consentitemi di confrontare la posizione e gli atteggiamenti dell’Europa in difesa dell’euro a quella dell’Europa tra il basso medioevo e l’inizio del rinascimento in difesa della cristianità; un parallelismo forse azzardato, ma tuttavia interessante.

Il papa Urbano II, al secolo Ottone di Lagery, uno degli uomini più colti e preparati del suo tempo, con grande anticipo si rende conto che l’Islam ha una forte capacità di proselitismo. Egli comprende, inoltre, che la jihad, la guerra santa islamica, non è solo una guerra di conquista ma una guerra di religione che si propone di sottomettere all’Islam i popoli “infedeli”. Anche i rappresentanti della chiesa bizantina informano il papa della pericolosità del califfato islamico che dilatatosi a macchia d’olio in tutto il mediterraneo potrebbe colpire anche l’Europa. Da un paio di secoli, ormai, gli eserciti con le bandiere verdi del Profeta hanno conquistato, l’estremo oriente, l’Egitto, il litorale nordafricano, la Sicilia e la Spagna; la pirateria saracena e barbaresca flagella le coste europee del Mediterraneo, approfittando anche della rivalità tra le Repubbliche marinare Venezia, Genova, Pisa e Amalfi. Solo la vittoria di Carlo Martello nell'ottobre 732 a Poitiers, aveva fermato l’avanzata islamica in Europa.
La decisione di bandire la crociata, come una guerra santa cristiana, non fu, pertanto, un’alzata d’ingegno di un papa avventuroso o integralista ma il risultato di una meditata risoluzione; il papa affida a Pietro l’Eremita il compito della predicazione. La crociata bandita nel 1095, dopo il concilio di Clermont, sarà la reazione di tutta la cristianità di fronte al più grave pericolo che essa stava correndo. Occorre sottolineare che di fronte alla carenza delle "autorità secolari" la chiesa dall'XI secolo si impegna in una lotta in difesa della cristianità, che si traduce, inconsapevolmente, in una responsabilizzazione del papato nella difesa dell'Europa.
Nell’estate del 1096 confluirono a Costantinopoli, sotto il comando di Baldovino e Goffredo di Buglione, Boemondo di Taranto, Bertrando di Tolosa, Tancredi d'Altavilla, Stefano di Bois, Roberto di Fiandra, Roberto Cosciacorta, Ugo di Vermandois, Eustachio III di Boulogne, franchi, tedeschi, britannici, italiani animati da un desiderio sincero: liberare Gerusalemme e i luoghi santi; non fu creato un comando generale ma un consiglio di guerra. Dopo tre anni di dure battaglie e di sanguinari eccidi la crociata dei nobili entra in Gerusalemme; nasce, così, un regno cristiano d’oltremare suddiviso in quattro Stati Crociati (vedi figura): la Contea di Edessa, con Baldovino, il principato di Antiochia con Beomondo, il regno di Gerusalemme con Goffredo e poi Baldovino, e la contea di Tripoli con Bertrando; da notare che i crociati saranno sempre chiamati Franchi dagli arabi. La crociata rende, inoltre, possibile all'imperatore bizantino, Alessio Comneno, di riconquistare alcune provincie che si affacciano sul mare Egeo e che costeggiano il Mediterraneo orientale. La I crociata fu uno degli eventi più significativi della storia: infatti per la prima volta ci fu una vera e propria alleanza tra tutte le potenze europee contro un unico nemico.

Stati crociati

Gli stati crociati tra la prima e la seconda crociata

Gli effetti della fusione tra i turchi ottomani e gli arabi, la rinascita sunnita, con i Selgiuchidi, che riproponeva la guerra santa come mezzo di salvezza, si fanno sentire; nel 1144 un potente esercito islamico comandato da Zangi, l'atabeg di Mossul, conquista Edessa, con il massacro di trentamila persone e la riduzione in schiavitù di altre sedicimila, e minaccia Gerusalemme.
Papa Eugenio III affida a Bernardo di Chiaravalle il compito di predicare la seconda crociata che, in un’atmosfera di grande fervore, vede la partecipazione di cavalieri di tutt’Europa, tra cui l'imperatore Corrado III Hohenstaufen e Luigi VII di Francia. La mancanza di coordinamento tra i due re e il doppio gioco dell'imperatore bizantino, Giovanni Comneno, saranno la causa della scarsa efficacia del'intervento cristiano in terra santa. Guerre e massacri evitano la caduta di Gerusalemme che viene, però, conquistata dall’Islam nel 1187, quando fa la sua comparsa un giovane condottiero Salah-ad-Din, il Saladino. La terza crociata (1189-1192), detta anche la "crociata dei Re", fu un tentativo, da parte di vari sovrani europei, di strappare Gerusalemme e quanto perduto della Terra Santa, al Saladino. Vi parteciparono Federico Barbarossa, che morì in Anatolia, Filippo II Augusto, re di Francia e Riccardo I, re d'Inghilterra. La crociata dei re ottiene un solo risultato, la riconquista di San Giovanni d'Acri, che diventa la nuova capitale del Regno di Gerusalemme. Dopo la battaglia di Arsuf viene siglata col Saladino, nel 1192, la pace di Ramla. In questa terza crociata chi veramente si prodigò, fu Riccardo I d'Inghilterra, che aveva grandi doti di comandante e che si conquistò il rispetto del Saladino. Federico II, cresciuto nella Palermo normanna di Ruggero II, in un ambiente multiculturale impregnato di influssi arabi, parlava fluentemente l'arabo, e a stento il tedesco. Giunse in Terrasanta,nel 1228, accompagnato dalle sue guardie del corpo musulmane, in uno sfarzo di tipo orientale, e ottenne con la diplomazia ciò che non era stato ottenuto con la guerra. Nell'ambito della cosiddetta sesta crociata, nel febbraio 1229 l'imperatore del sacro romano impero concluse un accordo con il Sultano al-Malik al-Kamil, nipote di Saladino: i cristiani avrebbero riavuto Betlemme, Nazaret, Lidda, Sidone e Toron, oltre a Gerusalemme, ad eccezione della spianata del Tempio e della moschea al-Aqsà. Ai musulmani era però permesso di accedervi in quanto considerato luogo santo anche da essi. Gerusalemme inoltre veniva ceduta smantellata e indifendibile. Il trattato è di rilevanza mondiale, e unico ancor oggi per il compromesso tra gli interessi dell'Oriente e quelli dell'Occidente. Tra le sue conseguenze vi fu un aumento degli scambi culturali e commerciali tra Levante e Europa. Esso, però, poté reggere solamente fintanto al-Malik al-Kamil rimase in vita e Federico II riuscì ad esercitare la propria influenza sul regno di Gerusalemme. I loro discendenti non fecero nulla affinché il contrasto tra mondo cristiano e mondo islamico non si acuisse nuovamente. Nel 1291 con la perdita di San Giovanni d'Acri scompaiono definitivamente gli Stati Crociati d’oltremare (l'Outremer) stremati dai dissidi tra i vari feudatari, dal disinteresse dell’Europa e dalle conquiste musulamane.
Nell’Islam, lentamente il Califfo perde potere a vantaggio del Sultano. Con Murad I riparte l’espansionismo islamico in Europa con la conquista di Salonnico, della Bulgaria, della Bosnia e parte della Serbia. Costantinopoli è accerchiata e gli imperatori bizantini chiedono ripetutamente aiuto all’Europa e ai papi perché accorrano in suo aiuto; nel 1453 solo Genova risponde alla richiesta e Venezia si guarda bene dall’intervenire pensando ai lucrosi affari che avrebbe potuto fare con gli islamici. I genovesi sono comandati da Giovanni Longo Giustiniani al quale Costantino XI affida il comando di tutto l’esercito bizantino. Il Sultano Mehmed II possiede una nuova tecnologia: il cannone che inizia la sua opera di demolizioni delle possenti mura della città; a nulla vale l’eroica resistenza dei genovesi e dei bizantini e Costantinopoli cade in mano islamica. Considero questa la più grave perdita politica e culturale mai subita dall'Europa. Nel disinteresse degli stati europei, gli ottomani conquistano la Serbia, la Romania e, dopo una guerra durata trent’anni l’Albania.
Pio II, al secolo Enea Silvio Piccolomini, che aveva tentato di raccogliere un esercito cristiano, annota “Gli italiani furono padroni dell’universo, ma ora ha inizio l’imperio dei turchi”.
Solimano il successore di Mehmed II, nel 1526, occupa l’Ungheria, lasciata sola ad opporsi ai turchi, e medita di conquistare Vienna ritenuta la porta per l’invasione dell’Europa. Europa che non solo è divisa dalle abituali gelosie e contrasti tra i principi ma è anche squassata dalla scissione nella chiesa avviata da Martin Lutero. Il Gran Visir di Solimano I, Ibrahim Pascià, che legge Dante in italiano e poeta in latino, si mette in contatto con Francesco I, re di Francia, con il quale stipula la cosiddetta empia alleanza e anche con i protestanti luterani, ai quali offre l’appoggio contro la Chiesa di Roma. La via è preparata perché Solimano possa conquistare Vienna; l’esercito turco, forte di 200.000 uomini arriva sotto le mura di Vienna nel settembre del 1529; la città è difesa da un forte nucleo di lanzichenecchi assoldati dall’imperatore Carlo V. Solimano I aveva sottovalutato il valore dei lanzichenecchi e la necessità del vettovagliamento di più di 200.000 soldati e del suo harem e, all’approssimarsi dell’inverno, il 12 ottobre, decide di togliere l’assedio. Ci riprova nel 1532, ma Carlo V e il fratello Ferdinando hanno predisposto un forte esercito, hanno convinto Lutero che l’Islam e non il papa è il vero anticristo e la Croazia è diventata un vero ostacolo per l’avanzata dei turchi, cosicché Solimano deve rinunciare per la seconda volta. Abbandonata l’idea di conquistare l’Europa sulla terra pensa di attaccarla dal mare; l’alleanza con Francesco I aveva consentito ai corsari turchi e barbareschi un controllo totale del Nord Africa, e di conseguenza la possibilità di scorrerie in tutto il Mediterraneo. Solimano decide allora di aggredire Malta come punto di partenza per l’invasione dell’Italia. L’isola mediterranea era sotto la giurisdizione dell’Ordine di Malta, e alle prime avvisaglie dell’attacco, molti ordini monastici guerrieri, cavalieri di ogni paese e alcune centinaia di archibugieri inviati dal duca di Milano convergono sull'isola; l’esercito di circa 9.000 soldati è affidato al Gran Maestro Jean Parisot de la Valette. I turchi sbarcano a Malta il 18 maggio 1565 forti di 150 galee e di un esercito di 40.000 uomini e trovano un’inaspettata resistenza; intanto Filippo II succeduto, in Spagna, a Carlo V ha organizzato una squadra di soccorso e i cristiani segnano una memorabile vittoria. Solimano nel 1566 tenta, per la terza volta, di raggiungere Vienna, ma viene fermato dagli ungheresi, che si erano ribellati al pascià, e dalla morte.
Il gran Visir di Selim II, Sokolli, ha l’ambizione di ampliare l’impero ottomano e convince il Sultano che una facile preda sarebbe stata la veneziana Cipro; il momento è favorevole, Filippo II è impegnato a combattere i moriscos, gli ultimi arabi rimasti in Spagna, sapientemente sobillati da Sokolli, l’impero è alle prese con le guerre di religione tra cattolici e protestanti, Venezia è indebolita dalle continue scorrerie dei corsari nelle sue isole e possedimenti. E i turchi hanno notevolmente rafforzato la loro potenza navale. Nel luglio 1570 una flotta di 120 galee sbarca a Cipro un esercito di centomila uomini. Dopo un anno Nicosia, prima, e Famagosta, poi, sono conquistate dopo una strage immensa di turchi e la decapitazione di tutti i cristiani. Sokolli mirava a proseguire sulla strada indicata da Solimano: ottenere per mare ciò che non era riuscito per via di terra.
Pio V, al secolo Antonio Michele Ghislieri, va ricordato come uno dei personaggi che hanno fatto sì che l’Europa non sia oggi islamizzata; il papa aveva tessuto la sua tela diplomatica per creare una Lega Santa capace di mettere in mare una flotta in grado di bloccare le mire espansionistiche turche. Per riuscire nel suo intento minacciò i principi europei di scomuniche e terribili castighi divini e mise a disposizioni notevoli risorse finanziarie. Risposero all’appello del papa Spagna, Venezia, Malta, Genova, Firenze e il Duca di Savoia. Don Giovanni d’Austria fratellastro di Filippo II viene messo a capo della spedizione. Il 16 settembre 1571 la flotta cristiana salpa da Messina, forte di 207 galee con 28.000 soldati e affronta quella turca che dispone di 300 galee. Il 7 ottobre 1571 avviene, presso Lepanto, la più grande battaglia di galee che la storia ricordi e si risolse con una strepitosa vittoria della Lega Santa. Dopo Lepanto la pace con i turchi durerà tre quarti di secolo, ma, mentre le potenze cristiane si dissanguano nell’immane e devastante Guerra dei Trent’anni (1618-1648), litigando sul principio del cuius regio eius religio, l’impero ottomano consolida la propria struttura, che vede al vertice del potere assoluto il Sultano e il Gran Visir, e rafforza le proprie armate.
Nel giugno del 1645 una flotta di 400 galee con cinquantamila soldati approda nell’isola di Creta la punta di diamante dei possedimenti veneziani; i turchi credono di farne un solo boccone ma la flotta veneziana impone dure perdite ai turchi il cui esercito stringerà d’assedio Candia per più di vent’anni. Mentre dura l’assedio di Candia, nel 1664, il Gran Visir Ahmed Koprulu alla testa di centomila uomini si muove alla volta di Vienna senza tenere conto del fatto che il comandante dell’esercito dell’imperatore Leopoldo I è il feldmaresciallo Raimondo Montecuccoli, ancora oggi considerato uno dei più grandi strateghi militari. Montecuccoli dispone di un esercito di 25.000 uomini perché grazie alle pressioni del papa ne fanno parte reparti giunti da tutt’Europa anche dalla Francia di Luigi XIV, che d’altra parte non voleva turbare i tradizionali rapporti di amicizia con il Sultano. Il 1 agosto 1664 l’esercito turco subisce una dura sconfitta, ma l’alleanza che ha consentito la vittoria si frantuma e presto Francia e Austria si preparano a una nuova guerra. La cristianità festeggia la vittoria con lo stesso entusiasmo con il quale aveva festeggiato quella di Lepanto. Intanto i veneziani erano stati lasciati soli nella difesa di Candia; nel settembre 1669, Francesco Morosini decide la resa dopo 465 anni di dominazione veneziana; i turchi lasciano sul terreno 130.000 morti gli assediati trentunmila.
La presa di Creta dimostra ancora una volta ai Turchi che i cristiani sono più forti sul mare che sulla terra, pertanto, Mehmed IV sollecitato dal Gran Visir Kara Mustafà, abbandona l’idea di aggredire l’Italia e ritenta la conquista di Vienna. Il 31marzo 1683 il Gran Visir invia all’imperatore Leopoldo I una dichiarazione di guerra; da Costantinopoli parte un esercito forte di 200.000 uomini tra soldati e ausiliari. Ancora una volta è un papa colto, ascetico e dal carattere di ferro, Innocenzo XI, al secolo Benedetto Odescalchi, a sollecitare i principi cristiani a fare fronte comune contro il nuovo pericolo islamico. Ma il maggior merito del papa è l’aver scelto, Marco d’Aviano, come suo delegato per rilanciare la Santa Alleanza. Come sempre la Francia si defila per l’annosa rivalità tra gli Asburgo e i Borbone e per gli accordi più o meno segreti con i turchi. Il 14 luglio 1683 l’esercito turco pone Vienna sotto assedio e attende l’arrivo dell’artiglieria pesante pur tentando diversi attacchi contro le poderose fortificazioni di Vienna. Marco d’Aviano era riuscito a convincere Spagna, Portogallo, Firenze, Genova e Venezia a inviare contingenti militari; ma il vero successo fu convincere il re polacco Giovanni Sobiensky, forte della sua cavalleria, gli “ussari alati”, al quale viene affidato il comando dell’armata cristiana. Questa contava settantamila uomini tra i quali 25.000 ussari. All’alba del 12 settembre 1683 inizia la battaglia che vede fasi alterne di supremazia, finché non interviene la cavalleria polacca, tenuta appositamente di riserva, che mette in fuga l’armata turca. Marco d’Aviano, a Vienna, viene festeggiato quanto e forse più del re polacco e qui nasce la leggenda che gli attribuisce l’invenzione del cappuccino.
Dopo la vittoria di Vienna, Innocenzo XI e Marco d’Aviano si convincono che occorre una prova di forza molto incisiva per convincere gli ottomani a non ritentare sortite contro l’Europa; per fare questo occorre cacciarli dall’Ungheria e dai Balcani. Il 5 marzo 1684 a Ratisbona viene firmato, tra gli Asburgo, Venezia, Polonia, principati tedeschi, Granducato di Toscana, Ducato di Savoia, Svezia, Russia, Ordini monastici guerrieri, un patto per un’alleanza offensiva e difensiva, un’altra crociata.
La guerra contro i turchi durerà per anni e su più fronti. Ma avrà l’Ungheria come principale teatro d’azione; qui l’esercito della Lega, sotto il comando di Carlo di Lorena, nel 1687, sconfigge i turchi strappando loro l’Ungheria. In questa campagna si mette in mostra Eugenio di Savoia Soissons che, nel 1697 sarà nominato comandante supremo dell’armata imperiale. Il nome Prinz Eugen sarà ricordato da numerosi reggimenti e da navi da guerra e passerà alla storia come il principale artefice della grandezza dell’Austria.
Nel 1691 l’esercito cristiano conquista Belgrado. Sugli altri fronti i russi conquistano la Crimea affacciandosi per la prima volta sul Mar Nero; i veneziani sotto il comando di Francesco Morosini conquistano gran parte della Grecia e della Romania.
Nell’agosto del 1697, il Sultano in persona, Mustafà II, parte da Belgrado riconquistata, con 150.000 uomini alla volta di Vienna; l’armata imperiale guidata da Eugenio di Savoia, l'11 settembre 1697 coglie di sorpresa l’esercito turco che a Zenta subisce una schiacciante e definitiva sconfitta. Con Zenta ha termine una guerra quasi millenaria combattuta dall’Islam contro la Cristianità.
La storia di questa guerra millenaria mostra che quando l’Europa si faceva trovare impreparata, rissosa e disunita, l’Islam vinceva, quando si compattava con la regia di uomini decisi, come Urbano II, Bernardo di Chiaravalle, Pio II, Carlo V, Pio V, Francesco Morosini, Marco d’Aviano, Giovanni Sobiensky, Eugenio di Savoia ai quali noi europei dobbiamo la riconoscenza per non essere islamizzati, allora l’Islam perdeva.

Volendo fare dei parallelismi possiamo azzardare che la speculazione di oggi assomiglia all'Islam di ieri, l'europeissima Germania di oggi alla cattolicissima Francia di ieri, le monete di oggi alle fedi religiose di ieri, la BCE al papato; la rivalità tra gli stati europei non è cambiata è come quella che dall'alto medioevo arriva fino a oggi.

LOGO ........... Eugenio Caruso 3 settembre 2012




Tratto da

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www.impresaoggi.com