Conferenza di Doha. Fase due del protocollo di Kyoto.


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Dante


 

DOHA

Vista di Doha - Qatar

Gli obiettivi della diciottesima Conferenza delle parti (COP18/ CMP8) della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici (Unfccc - United Nations Framework Convention on Climate Change) erano chiari a tutti i paesi membri già prima di arrivare a Doha:
- transitare verso il secondo periodo di impegni del Protocollo di Kyoto a partire dal 1 gennaio 2013
- completare le negoziazioni sull’azione di cooperazione di lungo periodo e passare alla molto piú urgente fase di implementazione
- progredire nel nuovo processo negoziale, lanciato a Durban, con l’obiettivo di adottare un nuovo accordo globale per il 2015 e aumentare il livello di ambizione nella riduzione delle emissioni prima del 2020
- rafforzare il sostegno ai paesi in via di sviluppo.
Dopo due settimane di lunghe ed estenuanti negoziazioni, la Conferenza di Doha ha raggiunto tutti gli obiettivi prefissi e adottato nuove e importanti decisioni in altre aree. Prima di entrare nei dettagli di questi risultati é necessario sottolineare subito che, sebbene questi obiettivi siano stati raggiunti, c’é ancora una lunga strada da percorrere per la comunità internazionale per mantenere il pianeta al di sotto di un incremento della temperatura di due gradi, risultato necessario per separare un futuro sostenibile da un caos climatico.
A Doha assunte decisioni importanti per il futuro del pianeta
La fase 2 del Protocollo di Kyoto (2013- 2020)
A Doha è stato adottato un emendamento che sancisce la continuazione del Protocollo di Kyoto con una nuova fase a partire dal 1 gennaio 2013. In Qatar, 37 paesi (tutti i membri dell’Unione europea, Australia, Bielorussia, Croazia, Islanda, Kazakhstan, Norvegia, Svizzera e Ucraina) hanno adottato impegni legalmente vincolanti di riduzione delle emissioni di gas serra che li porti collettivamente e nel periodo 1/1/2013- 31/12/2020 a un -18% rispetto ai livelli di emissione del 1990 (anno assunto come riferimento). L’emendamento ha garantito una continuazione ininterrotta del Protocollo e dei suoi tre meccanismi Clean Development Mechanism (CDM), Joint Implementation (JI) e International Emission Trading (IET). L’accordo sulla fase 2 del Protocollo di Kyoto mantiene invariati i sistemi di contabilizzazione dei crediti di emissione, e consente l’utilizzo di crediti maturati nella fase 1 per l’ottemperanza agli impegni di riduzione stabiliti per la fase 2. Tuttavia, Australia, Unione europea, Giappone Liechtenstein, Principato di Monaco, Norvegia e Svizzera hanno dichiarato ufficialmente a Doha che per la fase 2 non utilizzeranno le eccedenze di crediti della fase 1, rendendole di fatto prive di valore economico. Infine, i Paesi aderenti alla fase 2 hanno accettato di rivedere i loro impegni di riduzione prima della fine del 2014, al fine di adottare impegni di contenimento delle emissioni più ambiziosi.
L’accordo globale sui cambiamenti climatici: un obiettivo per il 2015 insieme al rafforzamento delle iniziative prima del2020
In Qatar, i Paesi hanno riaffermato il loro impegno per un accordo globale sui cambiamenti climatici che coinvolga tutti i paesi a partire dal 2020, da adottare nel 2015 e per rafforzare prima del 2020 le iniziative collettive volte alla riduzione delle emissioni. La bozza del nuovo accordo dovrà essere disponibile entro la fine del 2014 per essere presentato formalmente per le negoziazioni prima di maggio 2015. Il processo ADP (Ad Hoc Working Group on the Durban Platform for Enhanced Action), nell’ambito del quale i paesi stanno discutendo il nuovo accordo globale, ha anche iniziato un dialogo molto interessante con le organizzazioni non governative al fine di raccogliere informazioni sulle loro attività e i suggerimenti per i governi, i quali si sono impegnati a presentare al Segretariato dell’Unfccc proposte di azioni, iniziative e opzioni per migliorare l’ambizione dell’accordo attuale. Tenendo in considerazione il bisogno assoluto di non mancare la scadenza del 2015, a Doha, il Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha dichiarato che riunirà i leader mondiali nel 2014 per mobilizzare il supporto politico necessario per raggiungere un accordo nel 2015.
Aiuti ai paesi in via di sviluppo e nuove strategie per i più vulnerabili al cambiamento del clima
Aiuti ai Paesi in via di sviluppo
Alla COP 18, i governi hanno fatto progressi nel completamento delle strutture necessarie al trasferimento di tecnologie e risorse finanziarie ai Paesi in via di sviluppo. In particolare, hanno confermato un consorzio che sotto la guida dell’Unep sarà responsabile della gestione del Climate Technology Centre and Network (Ctcn), braccio operativo per l’implementazione del Technology Mechanism dell’Unfccc. A Doha, é stato deciso che il Green Climate Fund sarà ospitato dalla Corea del Sud, con l’obiettivo di iniziare le attività del Fondo nel 2014. I Paesi industrializzati hanno inoltre confermato il loro impegno a continuare il sostegno finanziario ai paesi in via di sviluppo con l’obiettivo di raggiungere la cifra di cento miliardi di dollari all’anno per attività di mitigazione e adattamento a partire dal 2020. L’impegno preso prevede anche il mantenimento e l’aumento del livello corrente di aiuti al fine di evitare un vuoto finanziario da qui al 2020. In ogni caso, Danimarca, Francia, Germania, Regno Unito, Svezia e la Commissione europea hanno annunciato impegni di finanziamento fino al 2015 nell’ordine dei sei miliardi di dollari. Sempre a sostegno dei paesi in via di sviluppo, é stato anche deciso di realizzare un registro elettronico delle attività di mitigazione dei paesi in via di sviluppo che sono alla ricerca di riconoscimento ufficiale o di supporto finanziario.
La revisione dell’obiettivo di contenimento dell’innalzamento della temperatura
Alla COP18 é stato anche lanciato il processo di revisione dell’obiettivo da raggiungere nel lungo periodo in termini di contenimento dell’innalzamento della temperatura. La revisione avrà luogo fra il 2013 e il 2015 e offrirà un contributo importante volto al rafforzamento della lotta ai cambiamenti climatici e si baserà sugli studi della comunità scientifica e le recenti evoluzioni del clima.
Nuove iniziative per l’adattamento ai cambiamenti climatici
In Qatar, sono state identificate nuove vie per irrobustire le capacità di adattamento al cambiamento del clima da parte dei paesi più vulnerabili, attraverso una migliore pianificazione degli interventi e la creazione di sistemi di protezione e di sostegno contro i danni e le perdite causate da eventi come l’innalzamento del livello dei mari.
Nuovi meccanismi di mercato
Di rilievo sono state le decisioni sullo sviluppo di nuovi strumenti di mercato nel quadro della Unfccc per i quali sono stati definiti i primi elementi relativi al loro funzionamento. È stato concordato lo sviluppo di un programma di lavoro volto alla creazione di un sistema di riconoscimento dei crediti di emissione realizzati nell’ambito di meccanismi di riduzione e di scambio delle emissioni operativi al di fuori del quadro della Unfccc; l’obiettivo è quello di riconoscere il ruolo svolto dai meccanismi nazionali o bilaterali nell’aiutare i paesi a raggiungere i loro obiettivi di mitigazione.
Verso un nuovo accordo globale applicabile a tutti i paesi dal 2020
La Conferenza sui cambiamenti climatici di Doha si è chiusa con due importanti successi: la transizione alla fase 2 del Protocollo di Kyoto – che garantisce la continuazione di un trattato internazionale legalmente vincolante come efficace risposta ai crescenti effetti dei cambiamenti climatici – e la conferma della volontà di tutta la comunità internazionale di adottare nel 2015 un nuovo accordo globale che sia applicabile a tutti i Paesi dal 2020. Seppure questi risultati siano positivi nel breve periodo, molto di più rimane da fare nei prossimi mesi. A questo punto é chiaro che, se non verrà creato un movimento globale capace di raccogliere e armonizzare tutte le importanti iniziative di adattamento e mitigazione realizzate a ogni livello sulla scena mondiale, i governi nazionali saranno in difficoltà nel raggiungere la scadenza del 2015. Quindi é necessaria una forte spinta dal basso che, con la partecipazione del settore privato, le amministrazioni locali e la società civile, indichi ai governi la possibilità, la convenienza e la necessità morale di garantire un pianeta sostenibile alle future generazioni.
Daniele Violetti
Hernani Escobar Rodriguez


LOGO ... Tratto da Ecoscienza 1/2013
14 maggio 2013


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