La privatizzazione di Telecom

Nessuno è degno di un dio quanto l'uomo che disprezza le ricchezze; comunque non te ne vieto il possesso, ma voglio far sì che tu le possegga senza angoscia, e ciò lo otterrai esclusivamente se ti persuaderai che anche senza di esse potrai vivere felice.

Seneca Lettere morali a Lucilio


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Nel gennaio '98 al vertice di Telecom arriva Gian Mario Rossignolo, che, grazie all'ampio mandato del consiglio di amministrazione, dovrebbe chiudere la crisi di leadership, apertasi nel novembre '97 con le dimissioni di Guido Rossi.
A metà giugno, Lucio Izzo, l'economista che il ministro del tesoro Ciampi ha voluto nel consiglio di Telecom, in virtù della golden share, chiede al management le ragioni per le quali il preconsuntivo esponga un calo del 10% dell'utile netto, mentre nel prospetto illustrativo della privatizzazione era stato promesso un aumento, senza contare che le azioni Telecom, dalla quotazione iniziale, hanno subito una lenta ma inesorabile discesa.
La ragione della crisi viene individuata nella demotivazione del personale, nell'assenza di chiare indicazioni strategiche e, sostanzialmente, nella mancanza del "manager giusto".
A metà ottobre del 1998, l'Ifil, propone a Franco Bernabè di lasciare l'Eni, oramai ristrutturata, e di accettare la nomina ad amministratore delegato di Telecom. Il 23 ottobre Rossignolo viene esonerato e al suo posto nominato Bernardino Libonati, uomo del ministero del tesoro. Il 13 novembre, Bernabè scioglie le riserve e il titolo guadagna in un giorno più del 5%. Il 15 dicembre, l'assemblea dei soci convalida la nomina.
Il primo obiettivo della strategia del nuovo amministratore delegato è rimotivare il personale, «il secondo obiettivo è stato quello di preparare l'impresa alla competizione. Il mercato si stava aprendo ma Telecom non sentiva ancora i morsi della competizione», il terzo preparare l'impresa ai nuovi scenari che vedono, in previsione, la telefonia mobile scalzare quella fissa. Bernabè avvia il rinnovamento creando strutture snelle e dinamiche, rifocalizzando le strategie sul core business e accelerando le dismissioni delle attività non strategiche. A differenza dell'esperienza Eni, Bernabè trova un management interno non ostile ma favorevole al cambiamento; dopo solo due mesi le azioni si apprezzano del 50%. All'inizio del '99, il ministro Ciampi annuncia l'intenzione del tesoro di vendere la quota di Telecom ancora in sue mani allo scopo di consolidare il nucleo di controllo.

Il 3 novembre '98, la lussemburghese Bell (1), controllata da un gruppo di bresciani, riuniti attorno a Emilio Gnutti e Roberto Colaninno, annuncia di avere il controllo di Olivetti.
All'inizio del '99, iniziano a circolare voci di una possibile scalata di Telecom da parte di Olivetti, impresa che è stata risanata ed è tornata con i bilanci in nero dopo la cura Colonnino, che ha chiuso la partita dei computer e aperto quella delle telecomunicazioni con Omnitel e Infostrada.
La Consob interroga l'amministratore delegato della società di Ivrea e Colonnino, il 21 febbraio, annuncia la decisione di lanciare un'offerta pubblica di acquisto (Opa) sul 100% delle azioni ordinarie Telecom, un'operazione da 100.000 miliardi di lire offerti parte con azioni della controllata Tecnost e parte in contanti.
Colonnino aveva cercato e trovato l'appoggio di un gruppo di imprenditori bresciani, di alcuni banchieri della City e di Mediobanca.
La notizia scuote il mondo finanziario ma viene vista con favore. Il presidente del consiglio, D'Alema, dichiara «Apprezzo il coraggio di un gruppo di imprenditori che vogliono acquistare Telecom, mentre prima lo stato aveva dovuto chiedere per piacere che qualcuno comprasse lo 0,6% di quello che poi si è rivelato un gioiello».
A marzo, Bernabè e Colonnino illustrano le rispettive strategie contendendosi l'appoggio degli azionisti. Il 10 aprile, all'assemblea di Telecom si presenta solo il 22,3% del capitale; questo segna lo stop all'ipotesi di un'opa di Telecom su Tim, operazione che avrebbe reso all'Olivetti indigesta l'opa su Telecom.
A fine aprile Bernabè annuncia una fusione con Deutsche Telekom, operazione non vista con entusiasmo dal board di Telecom e osteggiata dai media e dagli analisti.
L'impresa telefonica tedesca è ancora pubblica, è gravata da pesanti debiti, è burocratizzata e soffre di elefantiasi. Bernabè non vuole perdere e contatta i mercati di mezzo mondo per trovare appoggi. Alla resa dei conti gli azionisti si trovano, da una parte l'offerta di 117 miliardi dell'Olivetti, a 11,5 Euro per azione, dall'altra la fusione italo-tedesca.
Il 21 maggio gli investitori premiano, seppure di misura, Colaninno; a sorpresa Franco Bernabè esce sconfitto.
Si concretizza il maggior takeover mai realizzato in Europa. Contro l'ipotesi del nocciolo duro detenuto dai "soliti noti" e la fusione con il pachiderma tedesco il mercato ha preferito l'approccio fresco, dinamico e aggressivo di Colaninno. Con l'acquisto di Telecom, Olivetti vende Omnitel e Infostrada.

Ma non è finita: nel luglio 2001 Olimpia, una società appositamente costituita e controllata per il 60% da Pirelli (e per il 20% dai Benetton) rileva per 6,56 miliardi di euro il 23,3% di Olivetti, in portafoglio alla Bell. Complessivamente (grazie a precedenti acquisti) Olimpia controlla il 29% del capitale Olivetti e attraverso la società di Ivrea è padrona di Telecom.
Enrico Bondi è il nuovo amministratore delegato. Pirelli e Benetton hanno avuto un prezioso suggeritore in Vito Gamberale, amministratore delegato di Autostrade del gruppo Benetton ed ex numero uno di Telecom e Tim.
L'interesse di Pirelli per la telefonia è di lunga data, non per nulla, prima dell'estate, vengono presentati i Pirelli Labs, laboratori di ricerca forti di 250 dipendenti, fortemente focalizzati sulle telecomunicazioni.

Molti sollevano dubbi sull'operazione: visto che Olivetti controlla Telecom, viene chiesta un'Opa obbligatoria da parte di Pirelli e soci anche su Telecom.
Ma la Consob la esclude. Nel giugno 2003 Olivetti lancia un'Opa sul 17,3% del capitale ordinario di Telecom e sborsa 5,27 miliardi di euro. E' la premessa per la fusione (avvenuta nell'agosto 2003) tra Olivetti e Telecom, che si ritrova addosso tutti i debiti contratti da Olivetti per pagare le varie scalate.

Nel giugno del 2005 una nuova svolta: la Tim torna a casa. La «gallina dalle uova d'oro» (così definita per gli enormi profiti che genera) viene incorporata in Telecom. Una fusione funzionale alla miglior integrazione tra fisso e mobile, viene spiegato.
In realtà fanno gola i dividendi di Tim, per alleggerire gli oneri finanziari di Telecom. Successivamente Telecom Italia acquista tutte le attività Internet della sua controllata Telecom Italia Media (ovvero tin.it), portando nella controllante tutte le capacità per fornire contemporaneamente servizi voce, mobili e dati, lasciando intravedere l'idea di fornire nuovi servizi che sfruttino la convergenza fisso-mobile-dati.
Dal bilancio 2005, l'indebitamento finanziario netto risulta essere di 39,858 miliardi di euro. Tuttavia, come già nell'anno passato, la società decide, nel marzo 2006, di dare priorità all'aumento dei dividendi per gli azionisti; in risposta, l'agenzia Fitch Ratings riduce il rating di Telecom Italia, portandolo da A- a BBB+.
L'11 settembre 2006 il consiglio d'amministrazione dell'azienda decide di procedere alla divisione e riorganizzazione dell'azienda Telecom Italia in quattro distinti settori:
Telecom Italia (telefonia fissa);
Telecom Italia Mobile (telefonia mobile);
Telecom Italia Rete (la rete telefonica);
Telecom Italia Net (Tin.it, internet e media).
Lo scorporo della rete permetterebbe l'ingresso facilitato a tutti i nuovi operatori alternativi nella telefonia fissa e internet.
In un primo momento si è parlato di una possibile cessione di TIM, sia in Italia sia in Brasile, valutate rispettivamente 30-35 miliardi di euro e 6-7 miliardi di euro. La cessione permetterebbe a Telecom Italia di sanare il suo debito di 44 miliardi di euro. Numerose sono state le polemiche, anche di carattere politico, per quanto riguarda l'eventuale cessione dell'unico operatore mobile italiano a una società straniera o a Mediaset (ipotesi non impossibile ma che comporterebbe delicatissimi problemi relativi alle norme contro i cartelli di società, avendo entrambe posizioni importanti nelle telecomunicazioni). Successivamente il futuro presidente Guido Rossi dichiarerà che non esistono ipotesi di modifica del perimetro delle attività di Telecom Italia, escludendo esplicitamente qualsiasi cessione. La divisione di Telecom Italia da TIM ha portato a un'inversione di tendenza nella strada che era stata intrapresa per la convergenza fisso-mobile.
Telecom Italia si occuperebbe, invece, della telefonia fissa e dei media, soprattutto grazie agli accordi con News Corporation, di Rupert Murdoch, in merito a contenuti televisivi.
Gli accordi con Murdoch però non sono stati della portata prevista: è stata annunciata solo la concessione in licenza del catalogo per la diffusione in linea su Alice Home TV.
Dopo la decisione del consiglio di amministrazione, il presidente del Consiglio Prodi lascia trapelare la sua insoddisfazione. Il 15 settembre 2006, dopo l'annuncio dello scorporo di TIM, Marco Tronchetti Provera in polemica con Prodi, si dimette dalla guida della società; la presidenza torna, dopo 9 anni, a Guido Rossi, che deve lasciare la FIGC.
La prima mossa di Guido Rossi alla guida di Telecom è la creazione, il 18 ottobre 2006, di un "Patto di controllo" dell'azienda tra Olimpia, Mediobanca e Generali che controllano in tutto il 21,5% della società: Olimpia (ora controllata all'80% da Pirelli e al 20% da Edizione Holding) porta in dote il proprio 18%, Assicurazioni Generali il 2,01%, Mediobanca l'1,54%.
Il 15 febbraio 2007 (comunicazione di Consob del 23 febbraio 2007) Assicurazioni Generali passano dal 2,01% al 4,06% di azioni Telecom Italia. Il Patto di controllo tra le aziende Olimpia + Generali + Mediobanca arriva al 23,6%. Il patto prevede vincoli sulle quote conferite, la possibilità per i contraenti di aumentare la loro quote e anche quella di vendere in prelazione ai soci. Esiste inoltre la possibilità di entrare nel patto per altri soci che abbiano più dello 0,5% del gruppo: si è parlato dell'ingresso di Intesa Sanpaolo, Capitalia e Unicredit, mentre il secondo azionista l'Hopa (3,72%) ne è rimasto fuori. Il patto è un passo decisivo per il rafforzamento dell'azionariato della società telefonica, che con l'ingresso di nuovi partner potrebbe avvicinarsi alla soglia del 30% oltre la quale è obbligatorio lanciare un'offerta totalitaria. Presidente del nuovo patto è, dopo la sua uscita da Telecom, Tronchetti Provera. Anche in conseguenza del patto e dell'influenza dei nuovi soci nel controllo delle strategie del gruppo, è definitivamente tramontata l'ipotesi di ricostituire TIM come società autonoma e di venderla successivamente insieme a Telecom Brasil.
A febbraio 2007 Telecom avvia i contatti con la spagnola Telefónica per l'entrata degli iberici nell'azienda italiana. L'ipotesi è quella di cedere una parte di Olimpia, la finanziaria che controlla il 18% di Telecom. Il 1º marzo 2007 l'azienda Telefónica annuncia in un comunicato che i contatti con Telecom Italia sono temporaneamente sospesi, ma continuano quelli con altri soci al fine di arrivare a una cordata. Il 16 febbraio 2007 il CdA ha approvato il nuovo assetto organizzativo basato su 4 entità e i relativi direttori generali:
Domestic Fixed Services: Massimo Castelli
Domestic Mobile Services: Luca Luciani
Finance Administration and Control: Enrico Parazzini
Technology: Stefano Pileri.
Il 9 marzo 2007 viene presentato il nuovo piano industriale per il triennio 2007/2009 al quale, tuttavia, il mercato reagisce facendo registrare un forte ribasso per le azioni di Telecom Italia anche alla luce del fatto che gli utili risultano in calo e, per il futuro, si annuncia una diminuzione dei dividendi. Nel settembre del 2006 Beppe Grillo, piccolo azionista Telecom, lancia una iniziativa da lui battezzata "OPA alla genovese" (il cui nome ufficiale è Share Action) sul suo blog, con la quale richiede a tutti gli azionisti di Telecom Italia di delegargli la rappresentanza nell'assemblea, con lo scopo di raggiungere un numero di azioni tale da consentire a lui, e quindi a tutti coloro che abbiano aderito, di sfiduciare i membri del Consiglio di amministrazione. Il 16 aprile 2007, durante l'assemblea degli azionisti, Grillo prende la parola e accusa l'intero Consiglio di Amministrazione di manifesta incapacità manageriale, chiedendone infine le dimissioni tra gli applausi degli azionisti presenti in sala. Grillo spiega, inoltre, che la lunga procedura burocratica imposta da Consob gli impedisce di rappresentare formalmente la totalità dei piccoli azionisti che gli hanno delegato il loro potere di voto, ma promette che all'assemblea successiva il piccolo azionariato sarà rappresentato in maniera compatta all'interno dell'assemblea dei soci. Il 1º aprile 2007 Pirelli, a seguito di un CdA straordinario, annuncia di avere ricevuto due offerte tese a rilevare il 66% di Olimpia, la holding che detiene il pacchetto di controllo di Telecom Italia. Le offerte, da parte dell'azienda statunitense ATandT (che, successivamente - il 16 aprile - ha dichiarato di ritirarsi dall'operazione) e dalla messicana América Móvil di Carlos Slim Helú, erano tese a rilevare, ciascuna, il 33% di Olimpia. A sorpresa, pochi giorni dopo l'annuncio delle due offerte, Guido Rossi, presidente della società dal settembre 2006, non avendo vista rinnovata la propria candidatura a far parte del Consiglio di amministrazione (poi rinnovato nell'assemblea degli azionisti del 16 aprile 2007) si dimette da presidente dell'azienda non senza aver aspramente criticato, in un'intervista a La Repubblica, Tronchetti Provera.
Al suo posto viene nominato Pasquale Pistorio come presidente di transizione. Il 28 aprile una cordata italo-spagnola composta da Mediobanca, Assicurazioni Generali, Intesa Sanpaolo, Sintonia e Telefónica lancia un'offerta per rilevare la quota di Pirelli in Olimpia creando una nuova società, denominata Telco (patto di controllo), che avrà il controllo del 23% circa di Telecom Italia. Tale offerta è stata accettata dal CdA straordinario tenutosi in tale data. Il 24 ottobre 2007 c'è stata la firma per il passaggio da Olimpia a Telco che ha concretizzato l'operazione ma ponendo 28 condizioni all'azienda Telefónica, legate anche ai paesi dove le 2 aziende sono concorrenti, in primis in Sudamerica. A dicembre, sono nominati come presidente Gabriele Galateri di Genola e come amministratore delegato Franco Bernabè, ex-presidente della compagnia telefonica. Esattamente 2 anni dopo, il 27 ottobre 2009, quasi tutti i soci di Telco, con l'eccezione di Sintonia, hanno rinnovato per altri 3 anni il patto di controllo. Negli stessi anni si registra anche un incremento d’attenzione nei confronti di tematiche ambientali e sociali; si ricordano nello specifico il lancio del progetto di sostenibilità “Avoicomunicare” (8 agosto 2008), la nascita della Fondazione Telecom Italia (24 dicembre 2008) e il sostegno alle popolazioni dell’Abruzzo e dell’Emilia-Romagna colpite dal terremoto.
Dal 15 settembre 2006, dopo un delicato periodo legato all'inizio di un processo riorganizzativo, alla presidenza della società torna il prof. Guido Rossi, che succede al dimissionario Marco Tronchetti Provera, già presidente di Pirelli e altre società. Vice presidente è Gilberto Benetton, che è anche presidente della finanziaria Edizione Holding e di Autogrill. Vice presidente esecutivo è Carlo Buora, l'amministratore delegato è Riccardo Ruggiero. Tra i consiglieri spiccano Massimo Moratti, Carlo Alessandro Puri Negri (di Pirelli), Gianni Mion (di Benetton), nonché Giovanni Consorte (di Unipol), quest'ultimo tra gli indagati per lo scandalo Bancopoli (poi dimessosi). Alcuni mesi dopo, il 7 aprile 2007, Rossi si dimette e viene sostituito da Pasquale Pistorio (vicepresidente di Confindustria e consigliere della società telefonica), che dopo l'arrivo di Telco rassegnerà le proprie dimissioni insieme a Riccardo Ruggiero e Carlo Buora. La presidenza spetta ora a Gabriele Galateri di Genola, in carica dal 3 dicembre 2007, e Franco Bernabè ottiene la carica di amministratore delegato.
In data 14 aprile 2008 viene nominato il nuovo Consiglio di Amministrazione, i cui 15 Amministratori resteranno in carica per il triennio 2008-2010: Gabriele Galateri di Genola e Franco Bernabè vengono confermati rispettivamente Presidente e Amministratore Delegato di Telecom Italia. Allo scadere del mandato, il Consiglio di Amministrazione del Gruppo viene rinnovato nel 2011: Franco Bernabè viene nominato Presidente Esecutivo, mentre Marco Patuano diventa il nuovo Amministratore Delegato per il triennio 2011-2013.
Il 5 ottobre 2012 Andrea Mangoni viene nominato presidente di TIM Brasil,incarico che termina il 7 febbraio 2013 quando rassegna le dimissioni, mentre Franco Bertone è Chief Operating Officer del Gruppo Telecom Argentina dal 2008.

Eugenio Caruso

Per approndire l'argomento vai al successo editoriale L'estinzione dei dinosauri di stato di Eugenio Caruso.


(1) Nella Bell era, da poco,  entrata Unipol, il gigante economico della sinistra.


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