Rapporto energia, ambienre, 2009 - 2010.


Il lavoro e' meno noioso del divertimento.

C. Baudelaire


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IL SISTEMA ENERGETICO INTERNAZIONALE
La situazione economica internazionale
l'economia globale, a fronte di una parziale ripresa nel corso del 2010, con una crescita del PIL mondiale del 5% rispetto al 2009, grazie soprattutto alle economie emergenti e in via di sviluppo, evidenzia nel corso del 2011, secondo il Fondo Monetario Internazionale, un rallentamento con una crescita del 3,8% circa.
Le economie emergenti, con una crescita del 6,2% anche per il 2011, sono state i principali motori a livello mondiale: tra queste la Cina con un tasso di crescita del 9,2% e l'India con il 7,4%. Piu' modesta risulta la ripresa in Russia (+4,8%) e molto critica permane la situazione del Giappone (- 0,9%) la cui economia risente del collasso energetico legato all'incidente nucleare di Fukushima.
Negli Stati Uniti le politiche monetarie espansive mantenute dalla Federal Reserve sono fortemente limitate dalle resistenze da parte del Congresso ad aumentare ulteriormente il gia' elevato debito pubblico e l'attivita' economica (soprattutto la ripresa occupazionale) si indebolisce, facendo registrare per il 2011 un tasso di crescita dell'1,8%, stima confermata dal FMI per il 2012.
Nell'area euro l'attivita' economica, dopo una modesta ripresa nel 2010, resta ben al di sotto dei livelli pre-crisi, con un tasso di crescita pari all'1,8% nel corso del 2011. Le tensioni sul debito sovrano si sono accentuate ed estese, assumendo rilevanza sistemica in molti paesi dell'eurozona. Le politiche di contenimento o di rientro del debito stanno frenando ulteriormente la crescita complessiva nel 2012, traducendosi per alcuni paesi in vera e propria recessione. La figura mostra l'andamento del pil mondiale tra il 2004 e il 2010.

Pil mondiale
La domanda di energia
La domanda di energia primaria nel corso del 2010 e' stata maggiore del 5% rispetto all'anno precedente. In parallelo anche le emissioni di GHG (Green House Gas) hanno registrato un nuovo picco, con una crescita del 5,8% rispetto ai valori 2009. Inoltre, nonostante molti paesi abbiano adottato misure di miglioramento dell'efficienza energetica, l'intensita' energetica mondiale e' peggiorata per il secondo anno consecutivo. l'incremento dei consumi di energia primaria tra il 2000 e il 2009 si concentra in alcuni paesi, Cina e India in primis, ed e' principalmente trainata dai consumi di carbone. In Europa (EU-27) la domanda energetica primaria e' cresciuta del 3,2% rispetto al 2009 e il trend piu' interessante e' costituito da un incremento nel consumo primario di energia da fonti rinnovabili.
Il petrolio continua a essere la fonte piu' utilizzata nel mondo: nel 2009, ha costituito il 33% della domanda primaria, che e' stata pari a 12.132 Mtoe (milioni di tonnellate di petrolio equivalente), seguito dal carbone (27,1%) e dal gas (20,93%). Le fonti rinnovabili soddisfano invece il 13% e il nucleare il 6% della domanda totale.
Il carbone ha rappresentato quasi il 50% dell'incremento della domanda globale di energia per fonte dal 2000 al 2010, determinato soprattutto dal consumo della Cina (quasi la meta' della domanda mondiale di questa fonte).
La domanda mondiale di gas naturale ha raggiunto i 3.284 Gm3 (gigametricubi) nel 2010, con una crescita del 7,4% rispetto al 2009, uno dei piu' elevati tassi di crescita registrati negli ultimi 40 anni. Secondo il World Energy Outlook 2011 dell'International Energy Agency le previsioni per il futuro sono di un forte incremento della domanda di gas, prefigurando un periodo aureo per questa fonte.
Le fonti energetiche rinnovabili, infine, percorrono un sentiero in rapido sviluppo, con una crescita media annua dell'1,8% dal 1990, ma rappresentano ancora una piccola frazione dell'offerta primaria di energia (13%), essenzialmente attraverso la biomassa solida (9,9%). La produzione elettrica mondiale da rinnovabili nel 2009 corrisponde al 19,3% del totale, ed e' prevalentemente costituita dall'idroelettrico (16,3%).
Gli scenari dell'International Energy Agency (World Energy Outlook 2011) prevedono, nei tre casi considerati, un aumento della domanda mondiale di energia primaria e un contributo prevalente dei combustibili fossili, seppure in misura diversa e con una diversa ripartizione percentuale tra fonti.
Nello Scenario Nuove Politiche la crescita in termini assoluti della domanda di gas naturale e' predominante sugli altri combustibili raggiungendo quasi la domanda di carbone al 2035.
Nello Scenario Politiche Correnti (ferme a quelle gia' in vigore a meta' 2011) invece e' la domanda di carbone che cresce piu' degli altri combustibili in termini assoluti, superando la domanda di petrolio e fornendo la quota principale del mix energetico prima del 2035 (carbone 29,6%, davanti al petrolio 27,3% e del gas naturale 23%). Il gas naturale e' comunque l'unica fonte che aumenta il suo contributo nel mix energetico globale al 2035 in tutti gli scenari considerati.
I prezzi dell'energia
Negli ultimi anni il prezzo del petrolio ha mostrato elevata variabilita': in costante crescita dal 2003, ha raggiunto il suo massimo storico di 147 $ al barile nel luglio 2008, per poi crollare sotto quota 40 $ per effetto della crisi finanziaria. Tra fine 2009 e primo trimestre 2010 il prezzo del greggio e' risalito verso quota 80 $ al barile, dove si e' attestato per tutto il 2010. Nel corso del 2011, trainato dalla domanda dei paesi emergenti e per effetto della crisi libica, il prezzo del Brent registra un prezzo medio di circa 110 $/barile (85 $ per il WTI).
I prezzi internazionali del gas hanno seguito andamenti differenziati per aree geografiche in funzione del diverso meccanismo di determinazione del prezzo. In Europa circa i due terzi del gas e' scambiato mediante contratti a lungo termine il cui prezzo e' indicizzato a quello del petrolio (contratti di tipo Take or pay). Anche in Asia i prezzi sono legati a contratti a lungo termine e indicizzati al prezzo del petrolio e del carbone. I prezzi del gas vengono invece definiti liberamente in base al meccanismo di mercato che tiene conto dell'equilibrio domanda e offerta e sostituibilita' tra i combustibili fossili (approccio gas to gas competition) in Nord America, Regno Unito, Australia e in un numero crescente di paesi nell'Europa continentale. I prezzi europei del gas si sono aggirati tra gli 8 $ e i 10 $/MBtu (milioni di btu) a inizio 2011, al di sotto dei prezzi legati al petrolio dei mercati asiatici (12 $/MBtu), ma molto al di sopra dei prezzi Henry Hub (HH) del mercato americano (5 $/MBtu). Questi ultimi si sono mantenuti bassi grazie all'abbondanza di offerta di shale gas in Nord America che negli ultimi anni ha trasformato il paese da importatore a potenziale esportatore netto di gas. Questa situazione ha riverberato sui mercati internazionali allentando il legame fra prezzo del gas e prezzo del petrolio, tanto che perfino in Europa un numero significativo di contratti a lungo termine e' in via di rinegoziazione.
Sussidi ai combustibili fossili: stato dell'arte e possibili strategie di intervento
Nel 2009 la dipendenza dai combustibili fossili del sistema energetico mondiale ha prodotto l'84% delle emissioni di gas a effetto serra (Greenhouse gases, GHG). Nel 2009 i leader nazionali riuniti a Pittsburg per il meeting G-20 hanno convenuto che i sussidi ai combustibili fossili "incoraggiano lo spreco nei consumi, distorcono i mercati, frenano gli investimenti nelle fonti energetiche pulite e minano gli sforzi per contrastare i cambiamenti climatici". La maggior parte delle misure di sostegno adottate nei paesi membri dell'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) e' costituita da agevolazioni tributarie fornite ai produttori o consumatori.
Seppure queste misure non collocano i prezzi nazionali dei fossili al di sotto di un livello di prezzo di riferimento sui mercati internazionali, esse creano distorsioni nel mix energetico nazionale, contribuendo a determinare produzione e consumo piu' elevati.
Il rapporto dell'OCSE "Inventory of Estimated Budgetary Support and Tax Expenditures for Fossil Fuels" (2011) passa in rassegna piu' di 250 misure di sostegno budgetario e di agevolazione fiscale in vigore sia dal lato della produzione che da quello del consumo in 24 paesi dell'OCSE. In termini complessivi, la stima totale delle misure di sostegno budgetario e delle agevolazioni fiscali ai fossili riportato nell'Inventario e' compresa fra i 45 e i 75 miliardi annui di dollari USA nel periodo 2005-2010.
Una analoga stima ottenuta dall'IEA applicando il metodo del price gap alle economie emergenti e in via di sviluppo indica un valore totale dei sussidi pari a 557 miliardi di dollari USA nel 2008, 312 nel 2009 e 409 nel 2010. Questo metodo stima in quale misura le politiche nazionali mantengono i prezzi domestici a un livello inferiore rispetto ad un prezzo di riferimento sui mercati internazionali.
Le misure di supporto ai combustibili fossili sono altamente differenziate nei diversi paesi OCSE e i livelli di supporto non sono dunque comparabili. I paesi dell'Unione Europea condividono l'approccio alla tassazione dei prodotti energetici fornito dalla Energy Taxation Directive del 2003, attualmente in revisione.
L'agricoltura beneficia spesso di aliquote di imposta ridotte, cosi' come la navigazione e il trasporto ferroviario; l'aviazione domestica e' invece nella quasi totalita' dei casi esentata. Alcuni paesi membri hanno inoltre in vigore aliquote agevolate o esenzioni per i settori energy-intensive, per evitare ricadute sulla competitivita' o ridurre la possibilita' di sovrapposizione degli strumenti di policy, essendo questi settori gia' coinvolti nel sistema europeo di emission trading (EU ETS). l'approccio seguito dal Canada e dagli Usa mostra come le misure di sostegno dal lato della produzione possono essere molteplici, ad esempio particolari regimi di royalty, deduzioni fiscali delle spese di esplorazione e altre deduzioni fiscali dalla base imponibile per la tassazione del reddito di impresa.
Il petrolio e suoi derivati sono i principali beneficiari delle misure di supporto, risultato in linea con il loro ruolo significativo nell'offerta primaria di energia. Il massimo sostegno, pari a 73 miliardi di dollari USA nel 2008, causato principalmente da trasferimenti del fondo di stabilizzazione messicano, riflette il picco di 100 dollari al barile raggiunto dai prezzi internazionali del petrolio (WTI, prezzi spot). Le misure di sostegno ai consumatori (CSE) sono prevalenti rispetto a quelle di sostegno ai produttori (PSE), mentre altre misure non sono direttamente a beneficio di produttori o consumatori, come ad esempio la compensazione diretta ai lavoratori in attivita' estrattive o gli incentivi per la creazione di riserve strategiche.
Secondo alcune stime ottenute con il metodo del price gap, in assenza di riforme le misure di supporto ai combustibili fossili raggiungerebbero 660 miliardi di dollari USA nel 2020, pari allo 0,7% del PIL mondiale (World Energy Outlook, 2011). Nei paesi importatori di prodotti energetici riforme alle misure di supporto ridurrebbero la domanda di combustibili fossili, diminuendo la dipendenza energetica da paesi terzi e promuovendo l'uso di fonti energetiche rinnovabili. Il beneficio economico netto delle riforme potrebbe quindi essere positivo, misurato sia in termini di effetti sul PIL che di effetti reali su occupazione e redditi.
Diversamente, la rimozione dei sussidi agli utilizzatori finali nei paesi esportatori di prodotti energetici farebbe accrescere la capacita' di esportazione, tendenza pero' accompagnata da una diminuzione della domanda a causa della rimozione dei sussidi al consumo di combustibili fossili nei paesi importatori.
Simulazioni condotte dall'OPEC confermano questi rischi di impatti negativi, anche nell'ipotesi di riutilizzazione dei sussidi per misure di compensazione e consolidamento fiscale.
I benefici ambientali delle riforme ai sistemi di incentivazione sono invece meno controversi. In base alle stime IEA i miglioramenti ambientali connessi alla rimozione nel 2020 dei sussidi nelle economie emergenti e in via di sviluppo sarebbero significativi, in quanto le emissioni di CO2 si ridurrebbero del 4,7% (World Energy Outlook, 2011). In modo simile, l'OCSE stima che la loro rimozione condurrebbe ad una riduzione del 6% delle emissioni GHG nel 2050 con riferimento ad uno Scenario Business-As-Usual (IEA, OPEC, OECD and World Bank, 2011).
Obiettivi a lungo termine e Roadmap 2050: ambiente ed energia
Il Consiglio europeo ha adottato l'obiettivo dell'Unione Europea di ridurre entro il 2050 le emissioni di gas a effetto serra dell'80-95% rispetto ai livelli del 1990 quale contributo a lungo termine dell'UE per scongiurare pericolosi cambiamenti climatici. La Comunicazione della Commissione Europea "A Roadmap for moving to a competitive low carbon economy in 2050" del marzo 2011, indica come raggiungere tale obiettivo in maniera economicamente sostenibile e ricorrendo a misure interne. Secondo la Roadmap, entro il 2050 l'UE dovrebbe ridurre le emissioni dell'80% rispetto ai livelli del 1990 unicamente attuando interventi interni, dal momento che entro il 2050 i crediti internazionali per compensare le emissioni saranno molto meno disponibili di quanto non lo siano oggi. L'impiego di eventuali crediti contribuirebbe ad andare oltre alla riduzione complessiva di emissioni dell'80%.
Le analisi di scenario sul quale si basa la tabella di marcia indicano che per realizzare all'interno dell'UE riduzioni delle emissioni dell'80% entro il 2050 e' necessario prevedere alcune tappe intermedie di riduzione: in particolare entro il 2030 le emissioni dei gas a effetto serra dovrebbero essere ridotte del 40% rispetto ai livelli del 1990 ed entro il 2040 del 60%. Uno sforzo considerevole di de-carbonizzazione deve essere fatto dalla generazione elettrica mentre il settore residenziale e commerciale deve diventare molto piu' efficiente, ma tutti i settori sono chiamati a contribuire, incluso quello piu' dipendente dalle fonti fossili, quello dei trasporti.
L'analisi indica anche che per il 2020 l'obiettivo attuale di riduzione delle emissioni del 20% andrebbe rafforzato al 25% ricorrendo unicamente a interventi a livello UE: di fatto tale risultato sarebbe gia' raggiungibile attuando misure gia' previste e perseguendo gli obiettivi del pacchetto 20-20-20 sulla quota di rinnovabili e su risparmio ed efficienza energetica.
Le politiche del pacchetto 20-20-20, tuttavia, sono solo sufficienti a raggiungere una riduzione delle emissioni interne del 30% entro il 2030 e del 40% entro il 2050, dunque in vista di un ambizioso obiettivo di riduzione al 2050 queste andranno rafforzate ed integrate.
Per realizzare economie a basse emissioni di carbonio, nei prossimi 40 anni l'UE dovra' effettuare ulteriori investimenti annuali pari all'1,5% del PIL, ovvero 270 miliardi di euro, oltre all'attuale 19% del PIL gia' investito. Tale aumento ricondurrebbe semplicemente l'Europa ai livelli di investimento precedenti la crisi economica. Una buona parte, se non tutta, di tali investimenti sara' compensata da una bolletta energetica per gas e petrolio meno onerosa che, secondo le stime, permettera' di risparmiare tra i 175 e i 320 miliardi di euro l'anno, e da una riduzione della vulnerabilita' alle fluttuazioni dei prezzi di petrolio e gas.
La Energy Roadmap 2050 (COM 2011 885/2) del 15 dicembre 2011 conferma l'obiettivo comunitario di ridurre dall'80% al 95% le emissioni inquinanti entro il 2050 rispetto ai livelli del 1990 attraverso la completa decarbonizzazione della produzione energetica, rafforzando al contempo la competitivita' dell'Europa e la sicurezza degli approvvigionamenti.
Sono quattro le modalita' principali prospettate per un sistema energetico a zero emissioni:
- efficienza energetica, con effetti soprattutto sul versante della domanda;
- fonti rinnovabili;
- tecnologie di cattura e stoccaggio della CO2 (Carbon Capture and Storage, CCS);
- nucleare, che l'Unione non prescrive agli Stati membri, ma continua a ritenere quale alternativa sicura e sostenibile rispetto alle fonti tradizionali.
La strategia si basa su una serie di opzioni (scenari esemplificativi), che esaminano 5 diverse combinazioni dei principali elementi sopra elencati per ottenere una riduzione dell'85% delle emissioni al 2050.
Tali "scenari di decarbonizzazione" elaborati utilizzando il modello PRIMES cosi' comprendono:
1. Elevata Efficienza Energetica. Ipotizzate misure di efficienza energetica che porteranno ad una diminuzione della domanda di energia del 41% al 2050, rispetto al periodo 2005-2006.
2. Tecnologie di approvvigionamento diversificate. Tutte le tecnologie a basso carbonio competono liberamente, sulla base di ipotesi sui costi dell'energia (compresi i prezzi di CO2) nel modello, senza nessuna misura specifica di sostegno.
3. Quota elevata da fonti rinnovabili. Ulteriori misure di sostegno alle energie rinnovabili al fine di raggiungere entro il 2050 il 75% di energia rinnovabile nel consumo finale di energia e un contributo delle fonti rinnovabili alla produzione di elettricita' pari al 97%.
4. Tecnologia di cattura e stoccaggio di CO2. Scenario simile allo scenario 2, ipotizzando l'impiego ritardato delle tecnologie CCS, e un maggiore contributo dell'energia nucleare.
5. Ricorso limitato all'energia nucleare. Nessun nuovo reattore nucleare oltre quelli gia' in costruzione, conseguente ad una maggiore penetrazione delle tecnologie CCS (32% della generazione).
Tali scenari vengono confrontati con uno scenario di riferimento e uno a politiche correnti.
La Roadmap non indica nessuna delle opzioni prospettate come quella vincente: tutti gli scenari proposti combinando in vario modo i diversi fattori (efficienza energetica, energie rinnovabili, energia nucleare, tecnologie CCS) evidenziano che la decarbonizzazione del sistema energetico e' possibile e a costi accessibili. Indipendentemente dal mix energetico scelto, emergono in particole una serie di elementi comuni in tutti gli scenari:
- crescita del contributo delle energie rinnovabili, che nel 2050 rappresentera' il 55% del consumo energetico finale lordo;
- ruolo cruciale dell' efficienza energetica;m
- incremento del ruolo dell'elettricita' , che nel 2050 raggiungera' una quota compresa tra il 36 e il 39%;
- crescita degli investimenti di capitale;
- diminuzione del costo dei combustibili fossili.

IL SISTEMA ENERGETICO NAZIONALE
La domanda complessiva
Nel corso del 2010, secondo dati del Ministero dello Sviluppo Economico, la domanda di energia primaria si e' attestata sui 187,8 Mtep, aumentando del 4,1% rispetto al 2009, trainata dalla seppur lieve ripresa economica (1,3%). Il dato scaturisce da un incremento significativo dell'apporto dei combustibili solidi (+14,2%), delle rinnovabili (+13,3%) e del gas (+6,5%); si e' registrata invece una contrazione del petrolio (-1,5%) e delle importazioni nette di energia elettrica (-1,8%). l'aumento della domanda di energia primaria evidenzia una inversione del trend di riduzione dei consumi primari registratosi nei precedenti quattro anni, anche se il valore del 2010 e' ben lontano dal massimo di 197,8 Mtep raggiunto nel 2005.
La composizione percentuale della domanda per fonte energetica evidenzia la specificita' italiana, relativamente all'elevato ricorso a petrolio e gas (oltre l'83%), all'import strutturale di elettricita' (intorno al 5% negli ultimi anni), al ridotto contributo dei combustibili solidi e al mancato ricorso al nucleare. La variazione del mix rispetto al 2009 conferma la tendenza di riduzione del ricorso al petrolio (-1,9%), che pure rimane la fonte piu' utilizzata, a favore del gas (+0,8%) e l'aumento del peso delle rinnovabili (+1%). Queste hanno conseguito, soprattutto negli ultimi tre anni, una accelerazione notevole. Si rileva anche l'aumento dell'apporto dei combustibili solidi (+0,7%), legato alla forte crescita evidenziata in precedenza.
A seguito di recenti scoperte e rivalutazioni della consistenza dei giacimenti di idrocarburi in Italia, l'offerta interna di petrolio e gas dovrebbe aumentare nei prossimi anni e la produzione incrementarsi di quasi il 50%, contrastando il declino rilevato nell'ultimo decennio se non invertendo la tendenza. Ma tali prospettive sembrano in parte legate al mutamento di atteggiamenti a livello locale sullo sfruttamento di queste risorse.
Nel 2010 il peso della fattura energetica del nostro Paese e' stato pari a 53.866 milioni di euro (+27,1% rispetto al 2009) e la sua incidenza sul valore nominale del PIL pari al 3,4%. Le piu' recenti stime dell'Unione Petrolifera relative al 2011 collocano la fattura energetica italiana su valori che oltrepassano i 60 miliardi di euro. La suddivisione della fattura energetica per fonte indica che il petrolio, seguito dal gas, continua a rappresentare il maggior onere, anche se il suo peso tende a ridursi (da oltre 64% nel 2000 al 53% nel 2010). Tuttavia il peso dei biocombustibili, anche se ancora poco significativa in termini di valori assoluti, mostra un incremento sostenuto rispetto all'anno precedente .
Gli impieghi finali di energia
Gli impieghi finali di energia nel 2010 sono aumentati del 4,4% rispetto all'anno precedente, raggiungendo i 138,6 Mtep, un valore comunque lontano dai livelli pre-crisi. Tale crescita e' dovuta alla ripresa dei consumi nel settore industriale (+7,3%), negli usi del settore civile (+5,9%) e negli usi non energetici (+16,2%); in marcata diminuzione i consumi dell'agricoltura (-7,6%) e del settore dei trasporti (+0,2%). La ripartizione degli impieghi finali per settore evidenzia il peso crescente del settore civile (con una quota in salita dal 30,3% del 2007 al 35,4% del 2010) e dei trasporti (30,6%) mentre il settore industriale, la cui quota e' in netto calo negli ultimi cinque anni (-5%), copre il 23,2% dei consumi finali. Agricoltura, bunkeraggi e usi non energetici (soprattutto industria petrolchimica) consumano il restante 10,8%.
Pianificazione e normativa in materia energetica
Le politiche del governo italiano negli ultimi anni hanno continuato a perseguire gli obiettivi della sicurezza degli approvvigionamenti, della sostenibilita' ambientale e della competitivita' attraverso il contenimento dei prezzi, nel piu' vasto contesto del nuovo quadro di azione europeo, con particolare riferimento al "Terzo pacchetto legislativo sul mercato interno dell'energia" e al "Pacchetto Clima-Energia". Per conseguire tali obiettivi e per rispondere alla crescente attenzione dell'Unione Europea su questi temi, sono state adottate misure tese a completare il processo di liberalizzazione del settore elettrico e del gas, a promuovere l'efficienza energetica e a sviluppare l'uso delle fonti rinnovabili, per consentire la necessaria diversificazione delle fonti energetiche. In ottemperanza a indicazioni di direttive e regolamenti europei e, relativamente a singoli settori dell'energia (gas, elettricita' , rinnovabili ecc.), sono stati predisposti, recentemente, diversi strumenti di pianificazione e indirizzo in materia energetica. Si fa riferimento, in particolare, ai seguenti scenari
- Scenari decennali relativi allo sviluppo dei mercati del gas naturale e dell'energia elettrica, che il Ministero dello Sviluppo Economico e' tenuto a predisporre, previa consultazione delle Regioni e della parti interessate e ad aggiornare ogni biennio (art. 1 del DLgs 93/2011);
- Piano degli impianti e infrastrutture energetiche necessari a conseguire gli obiettivi della politica energetica nazionale (art. 3 del DLgs 93/2011);
- Piano di azione preventivo e Piano di emergenza e monitoraggio della sicurezza degli approvvigionamenti di gas naturale (Regolamento 2010/994/CE e ora anche art. 8, comma 1, del DLgs 93/2011);
- Piano decennale per lo sviluppo della Rete gas predisposto dai Gestori della Rete gas secondo modalita' definite con DM Sviluppo economico, sentite la Conferenza Stato-Regioni e l'Autorita' per l'energia (cfr. art. 16 del DLgs 93/2011);
- Piano di sviluppo della Rete elettrica nazionale di trasmissione (predisposto in coordinamento con Terna spa, ai sensi dell'art. 17, comma 3, del DLgs 28/2011);
- Piano di azione nazionale per le energie rinnovabili (in attuazione della Direttiva 2009/28/CE e dell'art. 3, comma 1, del DLgs 93/2011);
- Piano di azione per l'Efficienza energetica (In attuazione della Direttiva 2006/32/CE e dell'art. 3, comma 1, del DLgs 93/2011). Vedi disposizioni recenti.
In conformita' alle linee di indirizzo dell'UE, la programmazione nel settore energetico coinvolge ormai numerosi soggetti pubblici e privati, in conseguenza della avanzata fase di liberalizzazione del mercato dell'energia e del decentramento dei compiti e delle funzioni amministrative in tema di energia dallo Stato alle Regioni e agli Enti Locali.
Il Piano di Azione Nazionale per le Energie Rinnovabili
Il 30 giugno 2010, il Governo Italiano ha presentato il proprio Piano di Azione Nazionale per le Energie Rinnovabili (PAN) che prevede che al 2020 le rinnovabili soddisfino:
- il 10,14% del consumo energetico associato ai trasporti, sia attraverso un maggiore apporto dei biocarburanti e sia mediante altri tipi di intervento, volti anche al miglioramento dell'efficienza energetica e allo sviluppo della trazione elettrica;
- il 26,39% dei consumi elettrici, anche tramite lo sviluppo di sistemi di stoccaggio, l'adeguamento delle reti di distribuzione e la realizzazione delle "smart grid";
- il 17,09% dei consumi di climatizzazione, anche mediante azioni di sviluppo delle reti di teleriscaldamento, diffusione della cogenerazione con maggiore controllo dell'uso del calore e immissione di biogas nella rete di distribuzione di gas naturale.
Il PAN e' stato elaborato tenendo conto degli effetti sul consumo finale di energia di politiche relative all'efficienza energetica (art. 4 della Direttiva 2009/28/CE), ponendo quindi gli obiettivi della Direttiva 2006/32/CE in un contesto strategico globale.
Similarmente, le misure di miglioramento dell'efficienza energetica individuate nel secondo Piano di Azione per l'Efficienza Energetica (PAEE 2011) includono anche l'utilizzo di tecnologie rinnovabili come nel caso dei titoli di efficienza energetica (TEE) e delle detrazioni fiscali del 55% concernenti l'adozione di tecnologie rinnovabili per usi termici, tra cui: collettori solari per la produzione di acqua calda, pompe di calore ad alta efficienza, impianti geotermici a bassa entalpia ecc. Allo scopo di garantire il raggiungimento degli obiettivi definiti nel PAN, e' stato recentemente emanato il DLgs 28 di attuazione della Direttiva 2009/28/CE dove sono stati trasposti sia le nuove definizioni della Direttiva sia gli obiettivi, al 2020, sul consumo finale lordo di energia da rinnovabili. Piu' specificatamente, il nuovo Decreto sulle rinnovabili ridefinisce in maniera organica gli strumenti, i meccanismi, gli incentivi e il relativo quadro istituzionale/finanziario, ribadendo, tra l'altro, il ruolo complementare e sinergico delle politiche di efficienza energetica. Per rendere operative le misure contenute nella legge quadro sono previsti numerosi decreti attuativi e ulteriori documenti di indirizzo.
Piani di Azione Nazionali per l'Efficienza Energetica
Il miglioramento dell'efficienza energetica e' uno dei tre strumenti per raggiungere una riduzione dei consumi di energia primaria del 20% entro il 2020, rispetto alle proiezioni tendenziali per il medesimo anno, auspicata dal pacchetto Clima-Energia della Commissione Europea. Tale obiettivo, anche se non vincolante, e' fondamentale nel garantire che gli obiettivi in materia di clima ed energia siano raggiunti al minor costo possibile e possano altresi' offrire nuove possibilita' all'economia dei Paesi membri dell'Unione Europea.
La Direttiva 2006/32/CE sulla promozione dell'uso efficiente dell'energia negli impieghi finali, stabiliva per gli Stati membri un obiettivo nazionale indicativo di risparmio energetico del 9% per il 2016 (nono anno di applicazione della Direttiva), calcolato sull'ammontare medio annuo di consumo energetico relativo agli ultimi cinque anni precedente l'attuazione della Direttiva, da conseguire tramite servizi energetici e misure di miglioramento dell'efficienza energetica. Misure e risparmi energetici devono essere monitorati e indicati in appositi Piani di Azione in materia di efficienza energetica che gli Stati membri sono tenuti a elaborare periodicamente.
Il primo Piano di Azione Nazionale per l'Efficienza Energetica (PAEE), prevedeva di raggiungere un target leggermente superiore (9,6% di risparmio energetico nel 2016) a quello previsto dalla Commissione attraverso un risparmio complessivo di 35.658 GWh/anno nel 2010 e di 126.327 GWh/anno nel 2016. Di questi, ben 56.830 GWh/a (pari a circa il 45% del totale) riguardavano il settore residenziale e 24.700 GWh/a (19,5% del totale) il terziario.
Il monitoraggio, realizzato dall'ENEA nella sua funzione di Agenzia per l'efficienza energetica, sui risparmi energetici conseguiti al 31 dicembre 2010 per interventi realizzati nell'ambito dei principali strumenti di miglioramento dell'Efficienza Energetica, di cui gran parte previsti dal PAEE 2007, indica che l'obiettivo per il 2010 e' stato pienamente raggiunto (oltre il 30% rispetto ai 35.658 GWh/a preventivati). Oltre l'82% del risparmio totale conseguito fino al 2010 e' relativo a interventi realizzati nell'ambito dei due strumenti: standard minimi di prestazione energetica e meccanismo per il riconoscimento di titoli di efficienza energetica, con un contributo all'incirca equivalente. Gli interventi che hanno maggiormente contribuito al raggiungimento dell'obiettivo sono stati: l'installazione di impianti di riscaldamento efficienti nel settore residenziale, l'adozione di standard minimi di prestazione energetica del complesso edificio-impianto nel settore terziario, l'installazione di impianti di cogenerazione ad alto rendimento, di motori elettrici ad alta efficienza e il recupero di calore nel settore industriale, il rinnovo eco-sostenibile del parco autoveicoli nel settore trasporti.
Sicurezza degli approvvigionamenti e sicurezza delle reti
l'Unione Europea ha individuato fra i cardini della politica energetica la necessita' di un rafforzamento e una maggiore integrazione delle reti di trasporto dell'energia, in particolare del gas e dell'elettricita' , come strumento per accrescere la competitivita' delle economie europee. Anche in Italia forti investimenti saranno necessari per integrare le reti sia di gas che di energia elettrica con i paesi vicini.
Secondo lo schema fornito dalla Commissione Europea, il documento e' articolato in 5 sezioni corrispondenti al settore residenziale, terziario, industriale (non ETS), trasporti e pubblico. Nel caso del gas esistono programmi per incrementare di circa 40 miliardi di Sm3 (standard metric cubic) la capacita' di importazione (via gasdotto e via terminali di rigasificazione), che attualmente e' pari a 113,5 miliardi di m3/anno a fronte di una domanda annua di 87,4 miliardi di Sm3. Sono inoltre previsti investimenti per rendere bidirezionali i flussi di gas con i paesi vicini e investimenti per aumentare la capacita' di stoccaggio di gas di oltre il 50% portandola a circa 22,4 miliardi di Sm3. La realizzazione di tali interventi dovrebbe rafforzare la sicurezza e stabilita' della rete gas ponendola a riparo da situazioni di crisi (interruzione dell'offerta di qualsiasi natura) e creare stimoli per una maggiore competitivita' del mercato del gas, specialmente se accompagnata da opportuna regolamentazione. Si creerebbe altresi' sufficiente capacita' di importazione in eccesso da giustificare l'ipotesi di una Italia come corridoio di approvvigionamento di gas verso il resto della Europa (hub del gas).
Per l'energia elettrica, l'accesso alla rete di flussi crescenti di elettricita' prodotta da rinnovabili non programmabili, ma spesso privilegiate nel dispacciamento, rende necessario un adeguamento del sistema elettrico a vari livelli. In particolare emergono:
- la necessita' di aumentare la capacita' di generazione convenzionale o quella di accumulo di energia elettrica come backup a una maggiore capacita' da rinnovabili;
- il bisogno di rendere la rete di trasmissione piu' forte, piu' flessibile e in grado di gestire situazioni di instabilita' e variazioni repentine dei flussi elettrici.
Cio' richiede, in prospettiva, investimenti importanti che tuttavia potrebbero rendere il sistema complessivamente meno costoso e capace di sfruttare meglio risorse energetiche interne, garantendo l'incontro di domanda e offerta in termini di tempi, qualita' e quantita' .

LA SFIDA DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI: NEGOZIATI, REGOLAZIONE E FISCALITA'
Andamento dei negoziati sul clima: il dopo Durban
La COP17 (COP=Conferenza delle Parti) tenutasi nel dicembre 2011 a Durban, in Sudafrica, si e' conclusa confermando le divaricazioni negoziali tra i vari Paesi gia' emerse negli anni precedenti con l'unica reale novita' costituita dall'impegno comune ad assumere entro il 2015 un accordo che abbia forma giuridicamente vincolante per indurre tutti i sottoscrittori a ridurre le proprie emissioni a partire dal 2020: una sorta, dunque, di "decisione di decidere". Lo studio della forma giuridica dell'accordo dovra' avvenire a partire dalla prossima COP18 (in Qatar): infatti questo aspetto, piu' e prima ancora dei contenuti e delle quantificazioni degli impegni da assumere, rappresenta lo scoglio dove si sono acuiti i contrasti ed arenati i negoziati. La COP17, giunta a un passo dal completo fallimento proprio su tale questione, si e' conclusa con un impegno in extremis a trovare una forma giuridica condivisa per un accordo nel modo cosi' testualmente formulato : "a protocol, another legal instrument, or an agreed outcome with legal force under the UNFCCC". Tale formula, in forza della sua nebulosita' che consente di prestarsi alle piu' disparate interpretazioni soggettive, ha consentito di essere accettato da tutte le parti coinvolte. Si conferma in ogni caso la perdurante tripartizione dei Paesi coinvolti. Vi sono innanzitutto quelli contrari al concetto intrinseco di "vincolo" tuttora rappresentato dal Protocollo di Kyoto e fautori della volontarieta' tout court: fanno parte di questo nucleo, oltre a Paesi da sempre sostenitori di queste posizioni, come gli Usa, anche altri fuoriusciti dallo stesso Protocollo, come Canada, Giappone e Russia. Vi sono poi le economie emergenti o emerse (Cina, India, Brasile, Sud-Est Asiatico), in prospettiva le maggiori responsabili delle emissioni future e per le quali la questione dei cambiamenti climatici si caratterizza per avere una valenza non soltanto ambientale ma anche strategica, in termini di autonomia e diversificazione energetica, investimenti e quindi espansione economica. Tali Paesi si caratterizzano per una disponibilita' notevole agli impegni, pur che' comuni e, soprattutto, ponderati in base alle rispettive responsabilita' storiche. Infine vi e' l'Europa, rimasta al momento l'unica reale portabandiera della politica basata sui vincoli incrementali alle emissioni e quindi la sola sostenitrice del Protocollo di Kyoto per la sua Terza fase, che durera' dal 2013 al 2020 rischiando, al momento, di trovare una attuazione appunto solo intra-europea. Tale impegno si distingue pero' piu' per la sua valenza "politica" (in termini di effetto di trascinamento sperato) che per una reale efficacia quantitativa, considerando il ruolo europeo gia' oggi ormai marginale rispetto alle emissioni planetarie, ed ancor piu' tale in prospettiva.
Nel frattempo, l'andamento delle emissioni a livello globale si conferma decrescente per quanto riguarda la grande maggioranza dei Paesi Europei sebbene cio' sia in gran parte imputabile agli effetti della recente crisi economica, mentre su scala mondiale spiccano il fortissimo incremento dei Paesi Emergenti, in particolare Cina ed India, sia a livello assoluto sia soprattutto pro-capite. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, ormai soppiantati nel ruolo di principali emettitori, risalta l'incapacita' di ottenere significative riduzioni assolute, sebbene le riduzioni a livello pro-capite siano comparabili a quelle europee.
Mercato ETS e prezzi dei diritti di emissione
l'ETS (Emissions Trading Scheme) europeo costituisce uno degli strumenti cardine per la realizzazione degli obiettivi al 2020 del pacchetto Clima-Energia. Il mercato dei diritti di emissione rappresenta uno dei principali perni della strategia europea in attuazione del Protocollo di Kyoto, e fin dall'inizio e' stato concepito per coniugare:
- l'efficacia ambientale (riduzione delle emissioni entro limiti cogenti dati dal "cap" di permessi);
- l'efficienza economica (distribuzione effettiva dei permessi e degli interventi di riduzione lasciata alle valutazioni di convenienza economica dei singoli soggetti attraverso il "trade");
- l'efficienza tecnica (promozione e criteri di premialita' indiretta dell'innovazione tecnologica).
Il mercato dei diritti di emissione funziona al meglio se la variabile prezzo rimane in un range ottimale: prezzi troppo alti creano pressioni insostenibili sulla competitivita' ; prezzi troppo bassi pregiudicano ogni reale incentivo all'abbattimento delle emissioni; prezzi troppo volatili creano una eccessiva incertezza che si ripercuote in negativo sulle decisioni di investimento di lungo periodo. Questo e' stato il principale problema con cui si e' scontrato il mercato dei diritti per gran parte della sua esistenza. Nel momento in cui venne varato il pacchetto Clima-Energia con il noto obiettivo al 2020, il prezzo del CO2 immaginato ed auspicato sul mercato ETS era intorno a 30 euro/t; ma tale livello, nella realta' , non si e' mai registrato. I prezzi dei diritti di emissione nella Seconda Fase, avviata nel 2008 e destinata a concludersi alla fine del 2012, hanno fatto registrare, dopo una iniziale effimera salita per pochi mesi dall'avvio, un tracollo da 28 ad 8 euro/t fino alla primavera 2009, poi un forte rimbalzo fino a circa 16 euro/t, il tutto in sostanziale sincronia con tutti i principali mercati borsistici mondiali. Da quel momento e' seguita una lunga fase di congestione, interrotta brevemente nei primi mesi del 2011, e un nuovo crollo fino ai minimi assoluti di tre anni prima, con prezzi che hanno toccato negli ultimi giorni del 2011 il minimo assoluto di 6,51 euro/t. Le ultime valutazioni non escludono che, complice la perdurante crisi economica, tale situazione possa addirittura protrarsi fino a coprire l'intera Terza Fase (2020).
I principali elementi in base ai quali si e' cercato di spiegare il trend decrescente di lungo periodo dei prezzi dei diritti di emissione attengono alla cornice regolamentare/istituzionale, e sono essenzialmente due: l'errore di sovra allocazione iniziale nei Piani Nazionali, e il forte incremento delle fonti rinnovabili innescato proprio dalla Direttiva Europea 2009/28/CE nell'ambito del pacchetto 20-20-20. A cio' si e' aggiunto l'effetto del protrarsi della crisi economica. La sovra allocazione e' consistita in una generosa attribuzione di diritti gratuiti ai settori ricompresi nell'ETS. Questo errore ha prodotto i suoi imprevedibili effetti collaterali durante la crisi economica culminata nel 2009, allorche'il crollo della produzione industriale e delle conseguenti emissioni ha indotto molti operatori a monetizzare i permessi ricevuti, divenuti sovrabbondanti, generando un eccesso di offerta e quindi una pressione al ribasso sui prezzi. In teoria un effetto di sostegno a carattere anticiclico sarebbe potuto provenire dalla domanda di diritti da parte degli operatori elettrici, in quanto la domanda elettrica (specialmente residenziale) a differenza di quella industriale ha continuato a restare sostenuta anche durante la crisi. Invece anche questo possibile effetto compensativo e' stato neutralizzato dalla contemporanea espansione della quota di mercato delle fonti rinnovabili, avvenuta nel corso dello stesso periodo e anche essa innescata da precedenti decisioni "istituzionali". Le rinnovabili hanno contribuito a soddisfare la domanda addizionale di elettricita' calmierando o addirittura riducendo la richiesta di permessi a copertura della produzione convenzionale. Anche per questo canale si e' quindi manifestata una ulteriore pressione ribassista.
Piu' aperta ad elasticita' interpretative e' invece la relazione tra prezzi dei diritti di emissione e andamento dei prezzi delle fonti energetiche convenzionali, posto comunque che gli effetti di tale relazione sono, a differenza degli input "istituzionali", di piu' breve periodo e molto piu' facilmente reversibili.
Altri fattori correlati sono i prezzi dei CERs (ovvero dei diritti ottenuti grazie alla implementazione di progetti in Paesi Non Annex I (paesi non soggetti all'obbligo di ridurre le emissioni), finora in gran parte fagocitati dalla Cina in veste di Paese ospite), nonche'tutte le politiche attuate per l'efficienza energetica ed eventuali forme di premialita' connesse come, in Italia, i cosiddetti certificati bianchi. Con la Direttiva EU 2009/29/CE si e' cercato nel passaggio dalla Seconda alla Terza Fase ETS di introdurre alcuni correttivi ed ovviare ad alcune importanti criticita' emerse in precedenza e in particolare la necessita' di un sostegno al prezzo dei diritti e di meccanismi che ne consentano una certa controllabilita' . A tal fine col nuovo art. 10bis che regola l'auctioning (messa all'asta dei diritti) e' stata innanzitutto introdotta una discriminante tra settori industriali, suddivisi di fatto in tre categorie.
Per alcuni l'assegnazione dei diritti di emissione tramite asta diviene la regola, e questo vale in primis per il settore elettrico che da solo, nel 2010, copriva quasi i due terzi del totale. Vi sono poi altri settori che saranno sottoposti a un passaggio all'asta in modo graduale, da un minimo del 20% nel 2013 per giungere a una quota fino al 70% nel 2020 e al 100% nel 2027. Infine vi sono settori che ricevono una assegnazione gratuita dei diritti di emissione fino a coprire una quota del fabbisogno determinata sulla base di benchmark tecnologici. Questi settori sono tenuti al riparo dagli effetti piu' severi degli ETS perche' ritenuti soggetti a una forte concorrenza internazionale, e quindi sia per ragioni di competitivita' sia per evitare fenomeni di carbon leakage dovuto alle delocalizzazioni produttive. Un caso a parte e' quello del settore aereo, inizialmente escluso e poi recuperato in extremis nel perimetro ETS con modalita' peculiari.
Il secondo principale correttivo e' stato inserito nel nuovo art. 13 relativo al banking e consiste nell'eliminazione della scadenza di validita' dei crediti non utilizzati, la quale col passare del tempo, in prossimita' della scadenza tendeva a far crollare verso zero il prezzo dei diritti creando di fatto due mercati paralleli. La spendibilita' inter-periodale dei diritti tende invece a sostenerne il valore e a stabilizzarlo. Questo accorgimento ha consentito di ridurre la volatilita' del prezzo, intesa come ampiezza delle oscillazioni intorno alla media periodale. Una volatilita' eccessiva crea incertezza di valutazione, quindi disincentiva gli investimenti e drena potenziale liquidita' ; un mercato illiquido innesca ulteriori volatilita' ed illiquidita' , in un circolo vizioso che finisce per renderlo inefficiente ed inefficace.
Oltre agli emendamenti gia' acquisiti, vi sono infine proposte o modifiche ancora allo stadio di ipotesi, suscettibili di essere varate comunque prima che abbia avvio la Terza Fase dell'ETS e che puntano tutte a rendere possibile un intervento diretto a sostegno del mercato delle quote di emissione.
Fiscalita' energetica e carbon tax
Per i settori non coperti dalle disposizioni della direttiva 2003/96/CE (relative all'ETS), l'Unione Europea punta a promuovere l'efficienza energetica e, per questa via, l'abbattimento delle emissioni anche attraverso un progetto di modifica della fiscalita' energetica al fine di eliminarne le incongruenze che allo stato attuale ostacolano gli obiettivi ambientali. In particolare, la proposta di direttiva del Consiglio Europeo per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricita' vuole modificare la direttiva 2003/96/CE che attualmente regolamenta il tema. La novita' della proposta consiste nell'uniformare l'imposizione fiscale minima per i prodotti energetici venduti nei paesi dell'Unione Europea sulla base di due parametri di riferimento: il contenuto energetico e la CO2 emessa durante la combustione. Poiche' la proposta di direttiva tende a una omogeneizzazione dei trattamenti fiscali e alla eliminazione delle distorsioni di mercato, verrebbero ridotte o eliminati regimi di esenzione previsti dal sistema di tassazione attuale non motivati da vantaggi energetici o ambientali. In particolare per il settore autotrasporto si prevede un periodo transitorio fino al 2018, al termine del quale vengono eliminate le attuali facilitazioni fiscali presenti per gasolio, GPL, metano; per le biomasse si applicherebbe una tassazione ridotta solo se rispondenti ai criteri di sostenibilita' indicati sulle fonti rinnovabili. Verrebbero altresi' a essere eliminate o diminuite le facilitazioni fiscali concesse per settori particolari: usi commerciali del gasolio autotrazione, taxi, agricoltura, pesca e silvicoltura; rimane la possibilita' per gli Stati membri di facilitare alcuni particolari situazioni regionali o sociali.
Per l'energia elettrica non verrebbe applicata la componente fiscale CO2 onde evitare la doppia tassazione rispetto al sistema ETS. All'interno della proposta e' previsto anche un meccanismo di revisione e aggiornamento periodico triennale dei parametri di calcolo della imposizione. l'aspetto rilevante della nuova disciplina proposta risiede nel meccanismo di imposizione legato alla CO2 che il prodotto energetico emette durante la combustione, sebbene questo provochi il corollario di alcune criticita' tecniche.
Il nuovo meccanismo proposto, applicato a regime, sarebbe a sua volta in grado di aprire la strada a un concetto strutturale ed estensivo di "intervento fiscale carbonico" spostato dalla fase della produzione ("production based") a quella del consumo ("consumption based") ed in grado di imprimere un segnale di prezzo sui beni in base al carbonio aggiunto e incorporato in ogni fase fino al consumo finale, in analogia con le attuali imposte sul valore aggiunto. In tal modo la fiscalita' renderebbe trasparente e "leggibile" al consumatore finale la differente intensita' carbonica dei beni e questa potrebbe pertanto divenire un parametro di selezione consapevole, a differenza di quanto accade attualmente.

SCENARI PER l'ITALIA
La possibile evoluzione del sistema energetico nazionale viene analizzata, in un arco temporale che arriva al 2030, secondo tre scenari.
Il primo scenario, di tipo "tendenziale" (Scenario di Riferimento), assume il quadro delle politiche e misure in vigore al dicembre 2009 e descrive la evoluzione del sistema in linea con il trend attuale; il secondo scenario descrive gli effetti delle politiche energetiche in atto (Scenario a Politiche Correnti), mentre il terzo scenario (Scenario Roadmap) permette di quantificare lo sforzo aggiuntivo, rispetto al quadro politico ed energetico in vigore, necessario per ridurre le emissioni di gas serra in linea con la recente traiettoria di abbattimento delle emissioni al 2050, delineata con la Roadmap 2050 dall'UE.
Lo Scenario di Riferimento descrive "evoluzione di tipo tendenziale del sistema nazionale", in assenza di nuovi interventi di politica energetica e ambientale dopo il 2009 ipotizzando una sostanziale continuazione delle tendenze in atto in ambito demografico, tecnologico ed economico, e tenendo conto degli effetti della recente crisi economica. In tale scenario viene attribuito un prezzo della CO2, ma sono esclusi gli obiettivi non-ETS e i target per le fonti energetiche rinnovabili del pacchetto Energia-Clima, nonche'i recenti Piani di Azione per le Energie Rinnovabili e l'Efficienza Energetica.
Lo Scenario a Politiche Correnti analizza evoluzione del sistema energetico nazionale in grado di garantire il raggiungimento degli obiettivi previsti nei recenti programmi nazionali in materia di energia, dai Piani di Azione per l'Efficienza Energetica (PAEE 2011) e per le Energie Rinnovabili (PAN 2010), ai DLgs 28/2011 e DM del 5 maggio 2011. l'analisi condotta prescinde da una valutazione dell'efficacia degli strumenti di incentivazione/promozione attualmente previsti o dell'effettiva possibilita' di far fede agli impegni presi.
Lo Scenario Roadmap descrive invece uno sviluppo del sistema energetico nazionale in linea con la traiettoria di emissioni di CO2 indicata dalla "Roadmap europea 2050 EU2713" (basata sull'obiettivo di riduzione delle emissioni di almeno l'80% nel 2050), fornendo cosi' importanti indicazioni circa i potenziali settori di intervento, le tecnologie chiave e la "fisica realizzabilita' " di uno sviluppo piu' sostenibile.
Gli scenari dell'ENEA sono realizzati con il ricorso al modello Times Italia sviluppato dall'Unita' Centrale Studi e Strategie. Nel modello e' rappresentato il sistema energetico nazionale nella sua interezza: approvvigionamento fonti, trasformazione, produzione e distribuzione di energia, tecnologie nei diversi settori di impiego.
Evoluzione del fabbisogno di energia primaria
lLa azione combinata di misure, politiche ed investimenti previsti negli Scenari di Policy determina non solo una riduzione della domanda come effetto delle politiche di efficientamento energetico, ma anche un differente modo di produrre ed utilizzare energia rispetto ai trend storici, portando a un mix energetico piu' diversificato. La piena attuazione del nuovo Piano di Azione per l'Efficienza Energetica (PAEE 2011) comporta - al 2020 nello Scenario a Politiche Correnti - una riduzione di energia primaria rispetto allo Scenario di Riferimento pari all'8%. Tale riduzione costituisce il 20% circa del fabbisogno di energia primaria stimato per il 2020 nello scenario considerato dalla Commissione Europea nella definizione del pacchetto Clima-Energia (Pacchetto 20-20-20). Nel 2030 tale riduzione sale al 10% nello Scenario a Politiche Correnti e al 17% nello Scenario Roadmap.
In tutte le proiezioni i combustibili fossili continuano a fornire il contributo prevalente al fabbisogno di energia primaria; cambia peraltro la loro quota nel mix che al 2020 scende dall'85% dello Scenario di Riferimento al 79% dello Scenario a Politiche correnti e al 77%6 dello Scenario Roadmap riducendosi di conseguenza la dipendenza energetica del Paese dall'estero, attualmente pari all'85,3%15.
Gran parte di tale riduzione interessa i prodotti petroliferi che gia' nello Scenario di Riferimento vedono un drastico ridimensionamento del loro utilizzo nel settore termoelettrico rimpiazzati dal gas naturale, mentre il loro consumo tende a rimanere confinato al settore trasporti. Una ulteriore significativa diminuzione della dipendenza dalle fonti fossili deriva dalla riduzione dell'utilizzo del gas naturale. Mentre nello Scenario di Riferimento il gas continua il suo trend di crescita (+10% nel 2030 rispetto al 2010 fino a costituire il 40% del fabbisogno), gia' nello Scenario a Politiche Correnti il contributo di tale combustibile al fabbisogno primario scende al 36% nel 2030. Nel 2030 nello Scenario Roadmap i consumi di gas si riducono di oltre 25 Mtep rispetto alla evoluzione tendenziale, contribuendo al soddisfacimento del 31% dei consumi energetici, come effetto delle politiche di efficientamento del settore civile e della crescita delle fonti rinnovabili sia nel settore elettrico che nel termico (+155% nel 2030 rispetto al 2010).
Le fonti rinnovabili vedono un trend in crescita in tutti e tre gli scenari ma nello Scenario Roadmap arrivano a rappresentare nel 2030 il 25% dell'intero fabbisogno energetico. Nella contabilizzazione in energia primaria, le fonti non fossili e l'elettricita' non proveniente da biomasse sono convertite utilizzando la metodologia del "contenuto di energia fisica" dell'IEA [IEA Key World Energy Statistics].
l'intensita' energetica del Paese parte gia' dal 1990 da valori molto piu' bassi della media europea e nella proiezione tendenziale presenta un tasso medio annuo di riduzione, pari allo 0,92%, piu' elevato rispetto al trend degli ultimi anni, per effetto di un miglioramento spontaneo dell'efficienza e di cambiamenti "strutturali" come la riduzione della domanda di servizi energetici a parita' di reddito. Si tratta comunque di un valore ancora lontano dal tasso medio annuo di riduzione del 2% previsto per l'Europa EU2719 e l'adozione di politiche e misure che favoriscano risparmio energetico e forte accelerazione tecnologica consente solo di avvicinarsi al target comunitario di decrescita (1,43% per lo Scenario a Politiche Correnti e 1,85% per lo Scenario Roadmap).
Il settore elettrico
Riduzione della domanda e decarbonizzazione del sistema di produzione dell'energia elettrica sono i principali strumenti di intervento per conseguire l'ambizioso obiettivo della riduzione delle emissioni di gas serra dell'80-95% nel 2050 rispetto ai valori del 1990. Le principali opzioni per l'Italia sono costituite, oltre che dall'efficientamento e dallo sviluppo delle reti di trasmissione e distribuzione che permettano di abbattere il picco di richiesta alla rete, dalle tecnologie per le fonti rinnovabili elettriche e per la cattura e stoccaggio della CO2. Nelle analisi di scenario della Commissione Europea eseguite per la Comunicazione Roadmap 2050 e' emersa la forte potenzialita' del settore elettrico nel contribuire al raggiungimento dell'obiettivo politico di ridurre, entro il 2050, le proprie emissioni di gas serra dell'80-95% rispetto ai valori del 1990 nonostante una crescita prevista della domanda elettrica nei settori di uso finale e elevata elettrificazione nel settore trasporti. In Italia la generazione elettrica incide attualmente per circa il 30% delle emissioni totali di CO2. Mentre lo Scenario di Riferimento, dopo la flessione dovuta alla crisi economica, riprende il trend storico di crescita del Consumo Interno Lordo con un aumento dell'1,13% medio annuo, entrambi gli scenari di policy suggeriscono una evoluzione del consumo elettrico a un ritmo piu' lento, pari allo 0,85% nel periodo 2010-2030.
Gli scenari di policy implicano cospicui investimenti in tecnologie a basse emissioni di CO2 che, alla luce delle recenti scelte dell'Italia in campo nucleare e del recente Piano di Azione per le Energie Rinnovabili (PAN), sono quelle per le fonti rinnovabili elettriche e per la cattura e stoccaggio della CO2, oltre che in interventi per l'efficientamento delle reti di trasmissione e distribuzione e per lo sviluppo di smart grid che permettano di abbattere il picco di richiesta alla rete.
In questa ottica l'incremento dei consumi elettrici (CIL al netto dei pompaggi) nel periodo 2010-2030 degli scenari ENEA e' compreso tra i 64 TWh dello Scenario Roadmap (+19% rispetto al 2010) e gli 87 TWh dello Scenario di Riferimento (+26% rispetto al 2010).
Evoluzione del mix energetico nella generazione elettrica
Lo sviluppo della domanda di energia elettrica nei settori di uso finale, insieme con le politiche e misure di settore previste, influenza la evoluzione del parco di generazione sia in termini di mix delle fonti che di tecnologie di produzione elettrica, consentendo al settore elettrico di controllare e ridurre le emissioni gia' nello Scenario a Politiche Correnti, con una riduzione della CO2 del 20% nel 2030 rispetto al 1990. Tali obiettivi non sono pero' compatibili con quelli della Roadmap UE 2050 per il cui raggiungimento si rende necessaria una ulteriore accelerazione del dispiegamento delle tecnologie low-carbon e quindi un ulteriore investimento in ricerca e innovazione tecnologica.
La strada della decarbonizzazione del settore procede di pari passo con quella della diversificazione delle fonti guidata da una continuazione dei trend di diffusione di tecnologie per le rinnovabili. La produzione elettrica da rinnovabili, infatti, raggiunge nel 2030 i 101 TWh nello Scenario di Riferimento ma gia' supera i 120 TWh nello Scenario a Politiche Correnti e arriva a 143 TWh nello Scenario Roadmap (nel 2020 rispettivamente 93, e 112 e 117 TWh).
A fare da traino per il settore rinnovabile nello Scenario Roadmap il contributo dell'energia prodotta da fonti intermittenti, quali eolico e fotovoltaico, che potrebbe superare i 60 TWh nel 2030 (circa il 18% della produzione totale). Per supportare la diffusione di queste tecnologie e garantire un certo grado di affidabilita' del sistema elettrico, saranno pero' necessari maggiori investimenti iniziali in capacita' di generazione. Con gli attuali livelli di penetrazione di fonti rinnovabili variabili, i requisiti incrementali operativi, come il bilanciamento orario e la fornitura di riserve operative, sono stati assorbiti dal sistema. Con l'espandersi della penetrazione delle fonti energetiche rinnovabili (FER), tuttavia, i requisiti operativi saranno sempre piu' stringenti. In una evoluzione tendenziale infatti la potenza netta installata potrebbe passare dagli attuali 106 GW a circa 140 GW nel 2030 (+1,4% m.a.) mentre negli scenari di intervento potrebbe crescere fino a oltre i 170 GW nel 2030 (+2,5% m.a.) per garantire la stabilita' operativa del sistema.
Nello Scenario Roadmap un'elevata penetrazione di fonti rinnovabili permette insieme con la CCS un elevato abbattimento di emissioni portando nel 2030 a una emissione specifica del parco di generazione pari a 140 gCO2/kWh prodotto.
La spinta alla generazione da fonte rinnovabile e la diminuzione della domanda elettrica degli scenari di policy penalizza l'utilizzo di combustibili fossili, in particolare il ricorso al gas naturale di cui, al contrario, nello Scenario di Riferimento e' previsto un aumento rispetto ai livelli attuali arrivando a coprire una quota pari al 53% nella generazione elettrica. Il consumo di carbone rimane pressoche'costante nel tempo sia nello Scenario di Riferimento che nello Scenario a Politiche Correnti, ma nello Scenario Roadmap, cosi' attento alla decarbonizzazione del parco, il ricorso a combustibili solidi diventa possibile solo se associato a cattura e sequestro della CO2 prodotta. Il ricorso a prodotti petroliferi per la generazione e' destinato a diminuire drasticamente gia' nello scenario di riferimento passando da oltre 8 Mtep nel 2006 a poco piu' di 1,5 Mtep nel 2030.
Le politiche e misure di settore previste - PAN, DLgs 28, DM 5 maggio 2011, Emission Trading Scheme (ETS) - se permettono al settore elettrico di controllare e ridurre le emissioni gia' nello Scenario a Politiche Correnti, portando a una riduzione della CO2 nel 2030 del 20% rispetto al 1990 non sono pero' sufficienti per rispettare la traiettoria della Roadmap UE 2050 che richiederebbe all'Italia una riduzione di emissioni nel 2030 pari a 66 Mt di CO2 rispetto allo Scenario di Riferimento e di 78 Mt di CO2 rispetto al 1990.
Evoluzione della domanda di energia negli usi finali
I consumi finali di energia nello Scenario di Riferimento, in assenza di politiche di contenimento, appaiono destinati ad aumentare in tutti i settori tornando ai valori pre-crisi gia' nei primi anni del prossimo decennio per superarli entro il 2030. Inoltre, nello Scenario a Politiche Correnti l'insieme delle politiche e misure in atto appare, in linea di massima, in grado di contenere tale ripresa entro i valori attuali fino al 2030. Uno sviluppo del sistema energetico nazionale maggiormente sostenibile, quale e' quello delineato dallo Scenario Roadmap, delinea tuttavia riduzioni di consumi molto piu' consistenti per interventi di efficienza energetica che rappresenta la principale opzione tecnologica nel breve-medio periodo per l'abbattimento delle emissioni. Nello Scenario di Riferimento, dopo una crescita piuttosto lenta nei prossimi anni, una ripresa economica sostenuta nel lungo periodo (ipotesi alla base degli scenari analizzati) porta la domanda energetica dei settori di uso finale ai valori pre-crisi gia' nei primi anni del prossimo decennio e li supera entro il 2030 (oltre 152 Mtep nello Scenario di Riferimento). In assenza di politiche di contenimento, i consumi paiono infatti destinati ad aumentare in tutti i settori di impiego finale. Nello Scenario a Politiche Correnti l'insieme delle politiche e misure in atto appare, in linea di massima, in grado di contenere tale ripresa entro i valori attuali fino al 2030.
Uno sviluppo del sistema energetico nazionale maggiormente sostenibile da un punto di vista ambientale, quale e' quello delineato dallo Scenario Roadmap, prevede tuttavia riduzioni di consumi molto piu' consistenti, quasi 30 Mtep in meno rispetto allo Scenario di Riferimento nel 2030. Nello Scenario di Riferimento l'industria rappresenta il driver principale della ripresa dei consumi (+24% nel 2030 rispetto al 2010), mentre nei settori Civile e Trasporti, che in termini di consumi hanno risentito in maniera piu' lieve della crisi economica, tale ripresa e' contenuta entro il 10% rispetto ai livelli attuali, a causa di un aumento piu' contenuto della domanda di servizi energetici e di un miglioramento delle prestazioni medie dei dispositivi, effetto sia dei miglioramenti di natura "spontanea" che dei regolamenti e decreti gia' considerati operativi nella evoluzione tendenziale come nel caso dei livelli di emissioni medie delle autovetture nuove di 130 gCO2/km.
Nello Scenario a Politiche Correnti la evoluzione indotta dalle misure in atto comporta una riduzione dell'ordine di 15 Mtep nel 2030 rispetto allo Scenario di Riferimento, da ricercare in primo luogo nel settore Civile, nel quale si concentrano la maggior parte delle misure previste dal Piano di Azione Nazionale per l'Efficienza Energetica.
Nello Scenario Roadmap l'efficienza energetica rappresenta, infatti, la principale opzione tecnologica nel breve-medio periodo per l'abbattimento delle emissioni. Il contributo di ciascun settore alla riduzione dei consumi energetici e' naturalmente diverso: quasi il 50% e' attribuibile al Civile, il resto tra Trasporti (23%) e Industria (27%). Nel settore Civile, inoltre, e' possibile ottenere importanti riduzioni in tempi relativamente brevi, data la limitata vita utile di molti dispositivi e la varieta' di opzioni tecnologiche con migliori livelli di prestazioni gia' oggi largamente disponibili.
Il motivo di tali differenze e' da ricercare, oltre che nelle caratteristiche strutturali sostanzialmente diverse, anche nei target settoriali di abbattimento delle emissioni fortemente disuguali (-42% nel Civile, -36% nell'Industria, -5% nei Trasporti, rispetto ai livelli di CO2 settoriali del 1990).
Lo scenario, tuttavia, mostra come grossi potenziali di riduzione dei consumi siano possibili in tutti i settori di impiego, evidenziando, inoltre, come in alcuni settori sia importante da subito implementare delle misure di contenimento dei consumi. In ogni caso, oltre che garantire il proseguimento degli interventi previsti anche nel decennio 2020-2030, dall'analisi emerge da un lato la necessita' di implementare nuove misure che si affianchino a quelle esistenti (ad esempio, trasporto merci), dall'altro l'esigenza di concentrarsi sull'efficacia dei meccanismi di incentivazione e di promozione oggi previsti per garantire il raggiungimento dei target dichiarati.
Mitigazione delle emissioni di gas serra
Anche se, per effetto della crisi economica, nel 2009 l'Italia si e' notevolmente avvicinata al target di emissioni indicato dal Protocollo di Kyoto, lo Scenario di Riferimento mostra come questa tendenza sia da considerarsi temporanea e che, in assenza di politiche e misure in grado di indurre cambiamenti di tipo strutturale nel sistema energetico, le emissioni della CO2 riprendono ad aumentare gia' nel breve periodo. Lo Scenario a Politiche Correnti presenta una evoluzione piu' sostenibile, con un trend emissivo in decrescita per almeno i prossimi 15 anni. Lo Scenario a Politiche Correnti non e' comunque sufficiente a garantire uno sviluppo climaticamente sostenibile e lo Scenario Roadmap dell'ENEA, che segue le stesse traiettorie di riduzione delle emissioni dello scenario UE, ipotizza un abbattimento delle emissioni conseguibile con una accelerazione tecnologica piu' spinta che nello Scenario a Politiche Correnti, un maggiore ricorso a fonti rinnovabili e l'utilizzo di tecnologia di cattura e stoccaggio della CO2 sia nel settore elettrico che industriale. Le emissioni di gas serra in Italia hanno cominciato a ridursi solo a partire dal 2005, ma da valori ben piu' alti di quelli dell'anno base per il protocollo di Kyoto, il 1990, in cui le emissioni totali si sono assestate sulle 519 Mt CO2-eq. (escludendo gli assorbimenti del settore forestale e dal cambiamento di usi dei suoli). Per effetto della crisi economica, nel 2009 l'Italia si e' notevolmente avvicinata al target di emissioni di 485 Mt come media del periodo 2008-2012 indicato dal Protocollo di Kyoto. Nel 2009 ha infatti registrato emissioni per 491 Mt CO2-eq., di cui 407 Mt CO2-eq., dovuti al sistema energetico (UNFCCC submission 2011).
Tuttavia gli scenari ENEA mostrano come queste tendenze siano da considerarsi temporanee in assenza di interventi, politiche ed investimenti in grado di indurre cambiamenti di tipo strutturale nel sistema energetico. Secondo una evoluzione di tipo "tendenziale", le emissioni della sola CO2 potrebbero infatti riprendere ad aumentare gia' nel breve periodo, arrivando a sfiorare le 450 Mt nel 2030.
Tale aumento potrebbe in realta' risultare ancora piu' significativo: lo Scenario di Riferimento infatti in parte gia' sconta i benefici derivanti da diversi fattori, tra cui una significativa produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e i processi di innovazione tecnologica "spontanea", di mercato o in ottemperanza di regolamenti operativi.
Inoltre, lo Scenario a Politiche Correnti prospetta un quadro del Paese in grado di condurre il sistema energetico verso una traiettoria ambientalmente piu' sostenibile, con un trend emissivo in decrescita per almeno i prossimi 15 anni.
La tendenza che caratterizza lo Scenario a Politiche Correnti e' l'effetto combinato di molteplici fattori:
- il graduale processo di decarbonizzazione del parco di generazione elettrica, per l'aumento di produzione elettrica da fonti rinnovabili;
- la riduzione della domanda di energia nei settori finali, conseguenza dell'incremento di efficienza tecnologica;
- il differente mix di combustibili negli usi finali di energia, per un maggior ricorso alle fonti rinnovabili termiche.
Sebbene lo Scenario a Politiche Correnti richieda al Paese uno sforzo significativo per una riduzione importante delle emissioni, questo non e' sufficiente a garantire uno sviluppo climaticamente sostenibile cosi' come prospettato nello Scenario Roadmap 2050 dell'UE, che riduce entro il 2050 le emissioni di gas serra dell'80-95% rispetto ai valori del 1990.
Lo Scenario Roadmap dell'ENEA, che segue le stesse traiettorie settoriali di riduzione delle emissioni dello scenario per l'intera UE, ipotizza un abbattimento rispetto al 1990 di 89 Mt di CO2 nel 2020 e circa 170 Mt nel 2030. Questi risultati sono raggiungibili solo con una accelerazione tecnologica piu' spinta che nello Scenario a Politiche Correnti, un maggiore ricorso a fonti rinnovabili e l'utilizzo di tecnologia di cattura e stoccaggio della CO2 sia nel settore elettrico che industriale.
Ruolo dell'efficienza energetica nella riduzione delle emissioni
l'efficienza energetica rappresenta la principale opzione tecnologica per la riduzione delle emissioni nel breve periodo. Essa e' posta al centro della politica energetica Europea, che ha di recente definito un nuovo Piano per l'Efficienza Energetica, al fine di raggiungere l'auspicata riduzione del 20% di energia primaria gia' nel 2020 (rispetto a una evoluzione di tipo tendenziale), considerata una tappa intermedia fondamentale nella Roadmap al 2050. l'importante ruolo degli interventi di efficienza energetica e' confermata dagli Scenari ENEA di policy che indicano come, nel primo decennio dello scenario, le maggiori riduzioni di CO2 si ottengano tramite interventi di efficientamento nei settori finali di impiego dell'energia.
Nello Scenario Roadmap, quasi la meta' della riduzione di CO2 nel breve periodo proviene da interventi di efficienza energetica nei settori di uso finale dell'energia. Il settore Civile (che comprende Residenziale e Terziario) rappresenta, in particolare, il principale segmento di intervento, sia per il suo crescente peso nel totale dei consumi energetici, sia per la varieta' di opzioni tecnologiche gia' oggi disponibili in tutti i servizi energetici richiesti nel settore (climatizzazione estiva ed invernale, illuminazione, elettrodomestici), sia per la vita media relativamente breve dei dispositivi.
I meccanismi di incentivazione per gli interventi nel settore Civile (principalmente Titoli di Efficienza Energetica e detrazioni fiscali), non sempre sono sufficienti per superare l'ostacolo dell'investimento iniziale, specie nel caso di interventi "importanti" (come le ristrutturazioni edilizie). La possibilita' di accedere a incentivi programmabili e costanti puo' rappresentare, in questo senso, un importante strumento per favorire tali tipologie di interventi. Esistono infatti ancora ampi margini di manovra in tale settore, in particolare in relazione agli interventi sull'involucro i quali, oltre a ridurre in maniera significativa il fabbisogno di climatizzazione, rappresentano una importante occasione di "riqualificazione" del patrimonio edilizio, oltre che di controllo e messa in sicurezza degli immobili stessi. Tali processi di riqualificazione potrebbero essere accelerati da interventi promossi dalla pubblica amministrazione (ad esempio, in strutture quali scuole, ospedali e uffici pubblici), e fungere da volano per l'economia del settore e per l'occupazione. Nei Trasporti la diffusione di veicoli piu' performanti e, in parte, un maggior ricorso a carburanti alternativi, contribuisce in maniera importante all'abbattimento dei consumi e delle emissioni del trasporto su strada. Tuttavia, data la complessita' del settore dei Trasporti, il ruolo strategico ed il carattere globale di segmenti di traffico come quello aereo e marittimo, l'accelerazione tecnologica potrebbe non risultare sufficiente per perseguire una traiettoria di sviluppo coerente con la Roadmap UE 2050, almeno nel lungo periodo. Il Piano di Azione per l'Efficienza Energetica, che recepisce la direttiva, fornisce importanti indicazioni sulle strade di efficientamento percorribili anche nel settore Industriale attraverso l'utilizzo di strumenti di incentivazione quali il meccanismo dei certificati bianchi e le detrazioni fiscali. Pertanto lo Scenario a Politiche Correnti prevede significativi aumenti di efficienza energetica per unita' di valore aggiunto e importanti riduzioni delle emissioni di CO2 delle industrie ad alta intensita' energetica, in linea coi trend storici. Per realizzare i potenziali di riduzione previsti dalla Roadmap e' richiesto uno sforzo aggiuntivo, principalmente in termini di efficienza energetica coadiuvata nel lungo periodo dall'uso di tecnologie di cattura e sequestro della CO2. Lo Scenario Roadmap vede infatti l'installazione di CCS ad impianti di produzione di clinker per circa il 40% della produzione totale nel 2030 con il confinamento di quasi 10 Mt di CO2.
Gli scenari considerati non contemplano significative variazioni della struttura settoriale ne'la delocalizzazione delle produzioni energy intensive per cui il principale strumento per una traiettoria ambientalmente ed economicamente sostenibile del settore Industriale rimane l'efficienza energetica che, oltre a ridurre le emissioni serra, porta alla riduzione della bolletta energetica, contribuendo alla competitivita' dei prodotti, e libera risorse per investimenti e innovazione.
Nel 2009 - come effetto della crisi e della contrazione generalizzata della produzione - si e' assistito a un calo del 20% della CO2 emessa rispetto al 2005, con riduzioni che vanno dal 17% per il comparto termoelettrico al 38% per l'acciaio, fino al 57% per gli impianti per la produzione della ceramica. Rispetto ai livelli del 2008 la riduzione delle emissioni e' stata del 17,8%, pari a circa 40 Mt di CO2. Con riferimento alle Figure 22 e 23 nello Scenario di Riferimento la crescita delle emissioni non consente di perseguire gli obiettivi al 2020 sia nei settori ETS (per l'Italia -21% rispetto ai valori 2005) che nei settori non ETS (-13% rispetto ai valori 2005). Nello Scenario a Politiche Correnti, la azione congiunta delle misure per l'efficienza energetica e per la diffusione delle tecnologie per le fonti di energia rinnovabili permette di raggiungere gli impegni di riduzione delle emissioni. Molto piu' impegnativo si presenta, invece, lo sforzo necessario per raggiungere gli obiettivi previsti nella traiettoria della Roadmap UE 2050 (Scenario Roadmap).

l'ITALIA E LA GREEN ECONOMY: RUOLO E PROSPETTIVE PER UNO SVILUPPO SOSTENIBILE
Green economy e low-carbon society nel percorso dello sviluppo sostenibile
Il concetto di "sviluppo sostenibile" e' ritenuto il paradigma di riferimento per la definizione delle politiche dei singoli stati e per la stipula degli accordi internazionali sempre piu' rivolti al contenimento delle crisi globali (economica, finanziaria, climatica) in atto. Verificare quali siano ad oggi i progressi realizzati e i passi ancora da fare nell'attuazione dei programmi stabiliti dai principali vertici mondiali sul tema della sostenibilita' , sara' l'obiettivo centrale della prossima Conferenza delle Nazioni Unite Rio+20. In tale quadro la green economy e' vista come opportunita' per uscire dalla crisi economica internazionale superando i limiti dell'attuale modello di sviluppo. In tal senso essa rappresenta il quadro coeso nell'ambito del quale predisporre interventi integrati per soddisfare l'obiettivo dello sviluppo sostenibile nella sua riconosciuta declinazione ambientale, economica e sociale. In tale percorso, la low-carbon society puo' essere considerata una tappa intermedia, nella quale anche i comportamenti degli attori economici possono concorrere significativamente a ridurre sia l'impatto ambientale che il consumo delle risorse.
l'importanza delle decisioni in ambito energetico per la realizzazione degli obiettivi di sostenibilita' sottesi dalla green economy e' del tutto evidente. L'energia e' alla base dell'economia globale e l'uso delle fonti fossili, peraltro in aumento con la crescita delle economie emergenti, costituisce una delle cause di maggiore pressione ambientale. Ma e' altresi' importante considerare lo stretto legame tra energia, ambiente ed economia e definire strategie che integrino costantemente questi tre aspetti nelle policies finalizzate allo sviluppo sostenibile, tendendo verso l'ideale di massimo disaccoppiamento tra crescita economica e impatto ambientale e tra crescita economica e sfruttamento delle risorse.
Il sistema energetico esercita una pressione sull'ambiente non solo per le emissioni prodotte, che incidono sulla qualita' dell'aria, ma anche nel consumo delle risorse, nella quantita' dei prodotti naturali utilizzati o sfruttati. L'assenza sino ad ora di politiche ambientali integrate e di una corretta gestione delle risorse ha gia' prodotto elevati costi economici in termini di danni ambientali, e sta determinando una scarsita' di risorse che si ripercuote sui delicati equilibri economici e sociali globali.
Nell'economia globalizzata, l'adozione di scelte politiche in settori strategici particolarmente importanti, come l'energia o l'ingegneria genetica, anche se fatte in funzione anticrisi, possono non solo incidere sui costi economici ma provocare anche crisi di diverso tipo, come nuovi conflitti o emergenze umanitarie.
E' quanto si sta verificando negli ultimi anni in alcune aree a seguito dell'aumento dei prezzi dei beni di prima necessita' che ha acuito le crisi alimentari gia' esistenti e in alcuni casi innescato vere e proprie rivolte sociali. Previsioni della Banca Mondiale indicano che un aumento del 10% dell'indice dei prezzi alimentari comporta l'esposizione di circa 10 milioni di persone al rischio di poverta' , mentre un aumento del 30% potrebbe estendere tale rischio a 34 milioni di persone. La sostituzione dei combustibili fossili con i biocombustibili, e la conseguente riconversione delle produzioni agricole verso usi non alimentari, hanno spinto alla crescita anomala dei prezzi di prodotti vitali per economie di sussistenza quali mais e zucchero.
Una misura ambientale globale pensata come contributo per la riduzione delle emissioni si e' cosi trasformata in uno strumento, forse involontario ma sicuramente prevedibile, di ulteriore squilibrio economico e sociale a danno delle aree piu' povere del pianeta.
Un nuovo paradigma energetico e' realizzabile nel breve e medio periodo se accompagnato dall'implementazione di politiche di sviluppo scientifico e tecnologico. L'innovazione tecnologica rende possibile un uso piu' efficiente delle risorse con un aumento della produttivita' industriale e un minor consumo energetico. L'impatto complessivo di tale processo rimane tuttavia ancora di difficile valutazione e quantificazione.
L'innovazione tecnologica in ambito energetico rappresenta uno dei pilastri della strategia Europa 2020 che mira a raggiungere l'obiettivo di un sistema economicointelligente, sostenibile e solidale. l'aumento degli investimenti in Ricerca e Sviluppo e' decisivo per la realizzazione di economie a bassa intensita' energetica, soprattutto con il contributo delle fonti rinnovabili e dell'efficienza energetica. Lo spostamento della produzione energetica dalle fonti fossili a quelle rinnovabili offre possibilita' in termini di apertura di nuovi mercati, sviluppo di nuove filiere e occupazione. La trasformazione del sistema energetico implica un cambiamento della societa' nel suo insieme, che riguarda il sistema economico, la dimensione sociale, la percezione e il comportamento individuale. Nuovi prodotti energetici, uniti a processi tecnologici innovativi, impongono trasformazioni strutturali del mercato del lavoro, nella composizione e nelle caratteristiche degli occupati, la definizione di nuovi percorsi formativi e dei cicli curriculari della formazione scolastica, l'identificazione delle competenze professionali per le nuove occupazioni nonche'l'adeguamento professionale dei lavoratori gia' occupati.
Intensita' carbonica, energetica e materiale per misurare la crescita verde: l'Italia e le principali economie europee
La crescita verde e' un processo gia' in atto da qualche anno e osservabile in quasi tutte le economie mondiali. Ma la sfida attuale della sostenibilita' e della green economy sta anche nella comprensione e misurazione di tale processo, perche'sia possibile offrire ai decisori politici elementi di valutazione utili alla governance del processo stesso.
Tra le principali proposte emerse nell'ambito della strategia Europa 2020, la comunicazione della Commissione Europea Roadmap to a Resource Efficient Europe del 2011 definisce obiettivi di medio e lungo termine, e le relative strategie per il loro raggiungimento, con il fine ultimo di favorire la transizione verso un sistema economico verde coerentemente con gli sforzi intrapresi da altri soggetti internazionali (la Green Growth Strategy dell'OCSE, il rapporto sulla Green Economy dell'UNEP e il lavoro dell'European Environment Agency).
La visione di lungo periodo che sta dietro alla roadmap prevede una crescita economica che rispetti i limiti del nostro pianeta con una gestione sostenibile di tutte le risorse naturali (materie prime, energia, acqua, aria, suolo). Per monitorare il miglioramento/peggioramento di un sistema economico nell'uso efficiente delle risorse, l'utilizzo di indicatori che identifichino la capacita' di produrre valore con un dato impiego di risorse ambientali e', pertanto, cruciale: gli indicatori di produttivita' delle risorse, che misurano il rapporto tra il valore prodotto da un insieme di attivita' economiche e le quantita' di risorse ambientali richiesta alla natura da tali attivita', e in maniera analoga l'intensita' carbonica, energetica e materiale, che rappresentano la quantita' fisica di emissioni, energia, risorse naturali per unita' di PIL.
L'analisi degli indicatori di intensita' carbonica, energetica e materiale per i paesi europei nell'arco del passato decennio mostra una netta cesura nel periodo successivo al 2005, anno dell'entrata in vigore del Protocollo di Kyoto. Le economie europee cui sono associati i minori valori degli indicatori sono quelle del gruppo UE-15, nelle quali buona parte delle attivita' economiche e' passata dal settore dell'industria pesante a quello dei servizi, in cui maggiore e' stato l'orientamento verso tecnologie di generazione energetica di tipo low-carbon a discapito di quelle tradizionali.
Il calo dell'intensita' carbonica nell'UE, nel periodo successivo all'entrata in vigore del protocollo di Kyoto (-12%) e' stato piu' del doppio di quello registrato nel precedente periodo 2000-2004 (-5%). In termini assoluti, nel 2009 l'Italia (0,40 migliaia tonnellate GHG/milioni di euro di PIL) si colloca sotto la media UE-27 (0,45) e in una posizione intermedia rispetto a Regno Unito, paese che registra la minore intensita' carbonica tra le principali economie europee (0,31) e Spagna, paese con il valore piu' alto (0,48). In termini di variazione nel periodo 2005-2009, e' invece la Spagna a far registrare la riduzione piu' consistente (-19%), seguita dal Regno Unito (-13%) e dall'Italia (-12%), questa allineata alla media dell'UE.
Per l'intensita' energetica la variazione dell'UE dopo il 2005 e' del 9% a fronte di una riduzione del 2% nel periodo pre-Kyoto (2000-2004). Con riferimento ai cinque paesi osservati, la Spagna e' quello che nel 2009 presenta la maggiore intensita' energetica ma allo stesso tempo anche quello che nel periodo post-Kyoto ha diminuito piu' rapidamente il proprio consumo di energia per unita' di PIL prodotto. Il Regno Unito e' , invece, il paese con il piu' basso rapporto energia su PIL e un tasso di riduzione tra il 2005 e il 2009 dell'11%. Pur registrando un tasso di riduzione nel periodo post-Kyoto piu' basso (-7%) rispetto alla media dell'UE (-9%), nel 2009 l'Italia presenta una intensita' energetica in linea con le principali economie europee.
Quanto all'intensita' materiale, e' possibile notare come, dall'inizio del periodo di osservazione, sia in corso un processo di progressiva de-materializzazione delle attivita' economiche, interpretabile come un uso piu' efficiente delle risorse naturali.
Con l'eccezione della Spagna, che ha registrato un incremento dell'intensita' materiale nel periodo 2000-2005 (salvo invertire in maniera marcata questa tendenza nel successivo quinquennio), gli altri Paesi, inclusa l'Italia, mostrano un trend di riduzione piu' marcato rispetto alla media UE-27. Nel caso dell'Italia, un recente studio dell'OCSE mostra come tra il 2000 e il 2008 si registrerebbe addirittura un disaccoppiamento assoluto tra crescita economica e utilizzo di materie prime non energetiche, ossia un aumento del PIL a fronte di una riduzione della quantita' di materie usate come input produtti. Quanto al vocambiamento di mix di produzione energetica, l'Unione Europea registra nel 2010 una percentuale pari al 12,4% di energia prodotta da fonti rinnovabili sui consumi finali lordi di energia, raggiungendo piu' della meta' del target che si e' prefissata per il 2020 benche'con una situazione diversificata tra gli Stati Membri. l'incremento di circa 0,9 punti percentuali rispetto al 2009 non e' stato causato da una contrazione dei consumi di energia legata alla crisi economica, come nel corso del 2009, ma piuttosto da un incremento del consumo da fonti energetiche rinnovabili, pari a 13,4 Mtoe, piu' della meta' della crescita dei consumi energetici totali (24,4 Mtoe). Gli incrementi percentuali maggiori al 2010 si sono registrati nei Paesi scandinavi (in particolare, Danimarca che e' passata da 3,9% del 2009 al 23%, e Finlandia). Tra i Paesi europei di maggiori dimensioni, Francia, Germania, Spagna e Italia hanno avuto una crescita di circa un punto percentuale principalmente a causa di un maggiore sviluppo in termini di installazione di impianti da fonti rinnovabili.
Innovazione tecnologica e competitivita' internazionale
La crescita globale della produzione di energia da fonti rinnovabili di energia ha conosciuto nel quinquennio 2005-2010 uno sviluppo del tutto straordinario anche a livello mondiale, nonostante le drammatiche vicende della crisi internazionale, segnando un passaggio fondamentale nel progresso della green economy.
Lungo un trend in continua ascesa, gli investimenti in tecnologie per la produzione di energia da fonti rinnovabili hanno registrato nel 2010 un valore complessivo di 211 miliardi di dollari, un incremento del 32% rispetto all'anno precedente, proprio all'indomani di quelle incertezze che lo scoppio della crisi sembrava riservare, sebbene in termini assai piu' contenuti che in altri ambiti. Ancora piu' straordinario appare peraltro il confronto con il 2004, anno in cui gli investimenti nel settore hanno preso a decollare: il volume di denaro e' cresciuto infatti di circa 10 volte. Per tutto il periodo considerato il centro di gravita' di tali investimenti ha continuato a spostarsi verso le economie emergenti, che proprio nel 2010 hanno realizzato per la prima volta, globalmente e ancorche'di misura, un sorpasso sulle maggiori potenze industriali (72,2 contro 70,5 miliardi di dollari). Tra i maggiori protagonisti di questa ascesa si segnalano i BRICS con Cina (in primis), Brasile ed India, che confermano il consolidamento di un percorso di sviluppo gia' ben avviato.
La evoluzione dello scenario appare altresi' fortemente caratterizzata da una sempre piu' forte preminenza degli investimenti nelle tecnologie del solare, grazie a forti politiche di incentivi e a un crescente impegno nella spesa pubblica in Ricerca e Sviluppo nel settore energetico.
Nel 2010 gli investimenti nel solare registrano il primato in termini di nuove iniziative rispetto a quelle realizzate nel piu' maturo segmento dell'eolico. Solo in Europa al solare corrisponde nel 2010 una cifra di investimento pari a 60 miliardi di dollari, 2 volte quella dell'anno precedente. Decisivo e' l'apporto delle spese pubbliche in Ricerca e Sviluppo: a livello mondiale esse registrano un aumento dell'8%, sostenuto dai diversi "pacchetti" pubblici all'economia verde (green stimulus) messi in campo insieme ad altre misure per contrastare gli effetti della recessione economica.
Tuttavia, anche nel settore privato dove le spese in ricerca hanno subito una forte contrazione a causa della crisi, lo sforzo finanziario nel solare e' stato pari a quattro volte quello realizzato nell'eolico, e le imprese hanno continuato a concentrare i propri sforzi sulla riduzione dei costi di produzione, che dal 2008 si stima siano diminuiti del 60%.
Verso una nuova divisione internazionale del lavoro
La competitivita' tecnologica nelle rinnovabili e' la cifra di una nuova divisione internazionale del lavoro, nella quale si confrontano Stati Uniti, Europa e Asia, con un contributo crescente di Cina e India. Le dinamiche del commercio internazionale nelle tecnologie per le rinnovabili sono paradigmatiche della evoluzione della domanda di energia a livello globale e della capacita' dei contesti nazionali di adeguare il sistema produttivo a un mix di fornitura energetica derivante da fonti rinnovabili. Nell'ultimo decennio la crescita degli scambi commerciali e' stata continua e crescente e non ha sostanzialmente risentito della frenata del ciclo economico generata dalla crisi internazionale. In particolare le cosiddette tecnologie di "seconda generazione" (solare ed eolico) hanno riportato nel periodo 2005-2010 una accelerazione negli scambi ad un tasso di incremento medio annuo del 33%, circa 5 volte quello osservato per gli scambi manifatturieri nel loro complesso.
Proseguendo lungo una dinamica di crescita nettamente consolidata fin dal 2005, il fotovoltaico ha registrato per tutto il quinquennio che va fino al 2010 il suo maggiore sviluppo negli scambi commerciali, triplicandone quasi il volume, fino a conseguire un sorpasso sull'eolico in prossimita' del periodo di crisi. La straordinaria dimensione dello sviluppo del fotovoltaico e' ben visibile dalla composizione settoriale del commercio internazionale nelle tecnologie per le rinnovabili: nel solo periodo 2009-2010 esso e' passato a rappresentare quasi i tre quarti degli scambi totali, andando ad erodere la pur consistente quota rappresentata fino a poco tempo prima dalla geotermia, che nel 2010 si attesta su valori di poco superiori al 17%, a fronte di quote che all'inizio del decennio rappresentavano circa la meta' degli scambi nel complesso delle tecnologie per le rinnovabili.
Centrale appare in questo mercato il contributo dell'Asia, che nel 2010 consegue complessivamente una quota pari al 54% dell'export mondiale, mentre l'Europa (UE-27) e gli Stati Uniti vedono aumentare significativamente la quota di importazione (dal 40% al 62% tra il 2009 e il 2010 l'Europa, dal 4,79% al 6,29% gli Stati Uniti nello stesso periodo), registrando saldi commerciali negativi di entita' crescente. Le posizioni competitive di Stati Uniti ed Europa nel fotovoltaico hanno conseguito tuttavia un parziale miglioramento, a fronte di politiche di sostegno alla spesa pubblica in Ricerca e Sviluppo. Tali politiche sono estremamente recenti negli Stati Uniti, essendo ascrivibili all'inizio della Presidenza Obama, che ha portato la quota della spesa pubblica in ricerca energetica dedicata alle rinnovabili da poco piu' del 10% nel 2008 al 27,5% nel 2010. Ma e' anche importante rilevare che in Europa l'adeguamento dell'offerta produttiva nel fotovoltaico risulta tuttora largamente insufficiente a soddisfare l'accelerato incremento della capacita' installata che si e' realizzato nella seconda meta' della scorsa decade (tra il 2005 e il 2010 e' cresciuta di tredici volte e mezzo per tutta l'UE-27 nel suo complesso), mentre sempre piu' agguerrita si fa la concorrenza asiatica, forte di un impegno tecnologico crescente, come sottolineato dalle tendenze dell'attivita' brevettuale (in particolar modo collegate a un maggior rilievo tecnologico della Cina con quote dei brevetti ormai superiori al 3%, a partire da valori pressoche'inesistenti). Lo sviluppo delle economie di nuova industrializzazione appare tanto piu' significativo, quanto piu' si considera il ruolo declinante degli investimenti diretti esteri dai paesi occidentali e l'emergere in parallelo di una autonoma capacita' di crescita improntata sulle leve della ricerca e dell'innovazione tecnologica.
Lo sviluppo delle tecnologie rinnovabili in Europa e' molto differenziato ed e' condizionato dal grado di avanzamento dei "sistemi nazionali di innovazione" dei singoli paesi. l'aumento della quota di ricerca pubblica energetica dedicata alle rinnovabili e' un comune denominatore di molti dei paesi europei, specialmente a partire dall'entrata in vigore del Protocollo di Kyoto, con quote che spesso superano il 30% nei paesi che l'hanno maggiormente incentivata. Lo sviluppo tecnologico del settore appare tuttavia ancora relativamente arretrato, soprattutto in relazione alla evoluzione della domanda energetica che ha registrato una crescita impetuosa del fotovoltaico. Le attuali specializzazioni tecnologiche nell'eolico (incluso l'off-shore, protagonista recente negli sviluppi del settore) e negli altri segmenti del solare (solare termico e a concentrazione) sono diffuse e variamente presenti soprattutto nei paesi dell'UE-15, ma non possono compensare questa carenza. Inolre, la composizione del mix di offerta energetica e' in continua evoluzione e potrebbe prevedere anche il potenziamento di altre fonti rinnovabili, considerati contestualmente gli orientamenti a porre fine ai generosi incentivi di cui ha beneficiato il fotovoltaico nella sua fase di avvio.
Una coscienza che si va diffondendo e' quella relativa al peso che la concorrenza estera puo' esercitare sulle importazioni manifatturiere man mano che la produzione di rinnovabili viene potenziata. E' importante percio' rilevare la posizione dei maggiori paesi europei, e in particolare del Regno Unito, che nello sviluppo dell'eolico off-shore vuole vincolare il 50% della domanda a componenti di produzione nazionale, della Germania che recentemente ha dovuto prendere atto della necessita' di far fronte alla concorrenza cinese nel fotovoltaico, e della Francia che sta impegnando nelle rinnovabili sempre maggiori risorse della spesa pubblica in ricerca energetica. Tra il 2005 e il 2009, ultimo anno in cui sono disponibili i dati, la Francia triplica infatti la quota di ricerca pubblica energetica dedicata alle rinnovabili arrivando a una quota di circa il 15%.
Le potenzialita' di sviluppo tecnologico delle tecnologie rinnovabili non possono pero' prescindere dal grado di avanzamento tecnologico dell'apparato industriale. Da una lettura del grado complessivo di "intensita' tecnologica" dei diversi sistemi industriali europei, rilevato attraverso la spesa in Ricerca e Sviluppo delle imprese sul valore aggiunto industriale, emerge infatti la preminenza dei paesi scandinavi e della Germania (con quote di ricerca superiori al 3%), che hanno mostrato il maggior progresso nello sviluppo competitivo delle tecnologie per le rinnovabili.
Sviluppo del fotovoltaico e carenza di una politica industriale: il caso Italia
Tra i paesi che hanno maggiormente fatto ricorso a politiche di incentivi per lo sviluppo delle rinnovabili l'Italia e' quello che presenta le maggiori contraddizioni. La straordinaria crescita della domanda energetica nel settore fotovoltaico ha causato un drammatico peggioramento del deficit commerciale nelle tecnologie per le rinnovabili. Nel 2010 il peggior risultato, nonostante la crisi economica: piu' di 11 miliardi di dollari correnti di deficit nel fotovoltaico di cui circa un quarto spettanti all'interscambio con la Germania.
Lo sviluppo delle rinnovabili in Italia non ha seguito per molti versi tendenze dissimili da quelle registrate mediamente in Europa, incluso il ruolo che e' stato assegnato alla introduzione di incentivi per favorire il decollo del settore. Il nostro Paese si e' mostrato pero' piuttosto deficitario nell'impegno in ricerca (pubblica) e nella capacita' di stimolare e sostenere nuove filiere industriali. l'andamento del deficit commerciale determinato dallo straordinario aumento delle importazioni, specialmente nel fotovoltaico, e' risultato pertanto sempre piu' divergente da quello relativo alla media dei paesi dell'UE-15, e ha toccato il suo massimo proprio nel 2010, con piu' di 11 miliardi di dollari correnti (circa quattro volte e mezzo il valore dell'anno precedente) nonostante l'inasprirsi della crisi economica. Di tale deficit circa un quarto e' da attribuirsi all'interscambio con la Germania ed e' pari al 10% del surplus che l'economia tedesca realizza nel manifatturiero nei confronti del nostro Paese.
E' dunque innegabile l'emergere per l'Italia di un nuovo vincolo estero energetico, di natura pero' tecnologica. La divergenza tra il deficit italiano e quello dell'Europa nelle tecnologie rinnovabili mette in rilievo l'estrema fragilita' dello sviluppo dell'energia rinnovabile nel Paese.
La esistenza di un vincolo estero e' comunque limitativa della capacita' di crescita dell'economia e, di conseguenza, dell'occupazione al suo interno. Cio' significa in altri termini che la valutazione del potenziale di occupazione che dalla transizione alla green economy puo' scaturire, deve essere fatta al netto dei vincoli dell'offerta del sistema produttivo, che come tali possono generare un vincolo estero allo sviluppo piu' o meno stringente, a detrimento della capacita' di crescita dell'intero sistema economico. Politiche orientate alla formazione di professionalita' avanzate, pure necessarie nel processo di transizione alla green economy, debbono essere certamente perseguite, ma non possono prescindere da tali effetti sistemici sull'occupazione che la transizione puo' generare. l'Italia mostra ancora una significativa debolezza nell'investimento pubblico in ricerca e una struttura relativamente arretrata del sistema industriale, con una intensita' tecnologica come minimo tre volte inferiore a quella dei paesi piu' avanzati (inclusa la Germania). Il perseguimento di una politica energetica di sviluppo delle rinnovabili in Italia dovra' percio' accompagnarsi ad un maggiore slancio della spesa pubblica in ricerca energetica e a politiche industriali volte a orientare la specializzazione produttiva del sistema industriale verso settori a maggiore intensita' tecnologica, cosi' come (invece) avvenuto nei paesi europei piu' avanzati.

Impresa Oggi
6 agosto 2013


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