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Nord Est. Famiglie del terzo millennio. Valori, stili di vita e consumi.


E' giunto al punto più alto chi conosce perfettamente ciò che dovrebbe procurargli gioia, chi non ha affidato la propria felicità al potere altrui.
Seneca Lettere morali a Lucilio


L’indagine promossa da FriulAdria-Crédit Agricole evidenzia la difficoltà delle famiglie del Nord Est nel mantenere abitudini, consumi e stili di vita pre-crisi. Uno dei dati più allarmanti della situazione economica è il calo della domanda interna, il rapporto annuale Istat rivela che per il 2012 “la domanda nazionale al netto delle scorte ha sottratto 4,8 punti percentuali alla crescita del Pil, con contributi negativi pari a 3,2 punti percentuali per i consumi finali nazionali e a 1,6 punti per gli investimenti fissi lordi.” La caduta del potere d’acquisto delle famiglie per lo stesso periodo è del 4,8 per cento. I conti economici nazionali lasciano poco spazio a differenti interpretazioni sul consumo e gli stili di vita. Le famiglie italiane stanno affrontando un cambiamento dovuto in larga parte alla cronica riduzione della capacità di spesa aggravata dalla crisi economica che si protrae da cinque anni. La necessità primaria pertanto è cercare di conservare il livello di consumi e gli stili di vita, magari attraverso una riduzione delle quantità e il mantenimento della qualità.
Ma quale visione hanno le famiglie del Nord Est dell’Italia rispetto al consumo? E come considerano il risparmio? L’indagine permette di delineare che rappresentazione dei consumi hanno le famiglie intervistate. I temi toccati riguardano la situazione economica, il consumo, il risparmio e le abitudini di acquisto, compresa la questione che ha sollevato un dibattito acceso tra la pubblica opinione: le aperture domenicali degli esercizi commerciali.
Partendo dalla situazione economica delle famiglie emerge il netto peggioramento percepito dalla quasi totalità dei rispondenti. Un terzo delle famiglie dichiara che quella economica familiare, è una situazione stabile, ma è la percentuale di quanti dicono sia peggiorata ad essere prevalente, ben il 59,3% dei rispondenti ritiene che la situazione sia peggiorata negli ultimi cinque anni. Una famiglia su dieci dichiara addirittura che la situazione è nettamente peggiorata. Solo il 7,4% delle interviste riporta un miglioramento. Ovviamente vi sono delle differenze socio-economiche che segnano situazioni familiari diverse. Le fasce di età dimostrano che sono i capifamiglia con età medio alte 45-54enni, ad evidenziare il peggioramento economico maggiore (67,1%). Allo stesso modo il titolo di studio, dimensione influenzata da età, classe sociale e contesto culturale di appartenenza, evidenzia come chi ha conseguito un titolo alto, almeno la laurea, viva in condizioni economiche stabili o addirittura migliorate (10,6%) nel 50% dei casi. La crisi colpisce la maggioranza delle famiglie italiane, ma infierisce su chi ha meno risorse economiche e sociali per farvi fronte: le categorie professionali dei rispondenti che lamentano il peggioramento maggiore sono gli operai, le casalinghe e i disoccupati. Dal punto di vista familiare sono i separati con figli a lamentare un peggioramento nell’83,3% dei casi, a seguire, per ordine di gravità della situazione, ci sono le coppie coniugate con almeno un figlio minorenne e quelle con solo figli maggiorenni.
A fronte di una situazione economica in peggioramento, le famiglie rispondenti mettono in atto strategie per adeguare i consumi alla crisi. Il dato più interessante è che, nonostante i due terzi della popolazione lamentino un peggioramento rispetto a 5 anni fa, solo una famiglia su cinque tra quelle intervistate ammette di non riuscire a far fronte alle spese mensili con il solo reddito. Confrontando la percezione della situazione economica familiare con il rapporto tra reddito e spese mensili, risulta che all’interno del 59,3% di rispondenti che lamentano un peggioramento, il 18,3% non riesce a far fronte alle spese mensili (il restante 1,2%, per arrivare al 19,5%, dichiara di avere una situazione economica stabile). Se ne deduce che il restante 40% di famiglie in peggioramento ha un bilancio mensile stabile. Indicatore interessante che può significare sia che le famiglie hanno cercato di modificare e restringere i consumi a fronte di una stretta economica importante, sia che hanno intaccato la loro propensione al risparmio per mantenere un livello di consumi ritenuto adeguato. I rispondenti il cui bilancio familiare soffre di più hanno caratteristiche socio-demografiche simili a chi riscontra un peggioramento della situazione economica: bassa scolarizzazione, età intermedie (30-44enni e 45-54enni), operai e disoccupati seguiti da casalinghe e lavoratori autonomi. Per quanto riguarda la difficoltà nel far quadrare il bilancio familiare mensile i lavoratori dipendenti paiono quelli più attrezzati a far fronte alla crisi. In questo caso la stabilità del reddito, nonostante l’erosione dovuta all’inflazione e alla perdita del potere d’acquisto, permette una migliore programmazione delle spese, cosa meno facile per i lavoratori autonomi, le cui entrate sono variabili, per le quali serve un maggior sforzo di programmazione.
Un interessante approfondimento tra quanti non hanno un reddito sufficiente per affrontare le spese mensili arriva dalla domanda posta a questi ultimi rispetto a quali sono le strategie adottate per far quadrare il bilancio familiare mensile. Il 56,3% delle famiglie in difficoltà ricorre ai risparmi accumulati in passato, risposta che conferma come gli italiani siano una popolazione che ha una forte propensione al risparmio e che utilizza il risparmio per far fronte anche alle difficoltà congiunturali. Sono molto meno praticate le altre forme di “sopravvivenza” economica quali la richiesta di prestiti a parenti e amici, comunque praticata dal 13,7% del sotto-campione, e la possibilità di arrotondare facendo qualche “lavoretto, anche in nero”, opzione a cui si rivolge il 10,8% degli intervistati che non arriva a fine mese. Solo al quarto posto, in termini di percentuale di risposte, si trova lo straordinario lavorativo come mezzo per arrotondare (8,4%), opzione la cui scelta è influenzata dalla congiuntura economica sfavorevole. A questo proposito è utile segnalare come la crisi induca a modelli familiari e dinamiche di genere nuove. Come rilevato dal rapporto annuale Istat 2013, il tasso di occupazione femminile è in crescita sia per un aumento dell’occupazione femminile straniera, sia per un’occupazione femminile italiana in età avanzata (ultra 49enni). Tale aumento è interpretabile anche come il risultato di nuove strategie familiari per affrontare le ristrettezze economiche indotte dalla crisi. Ora che il lavoro operaio e manifatturiero, a forte impronta maschile, è in crisi, sono di più le donne a farsi carico dei lavori “extra” (14,4% contro il 7,6% degli uomini), mentre sono gli uomini a dichiarare di intaccare i risparmi (64,9% contro il 46,6% delle donne). La crisi economica mette il Nord Est di fronte a molti nodi da sciogliere, tra questi sicuramente vi è la questione di genere e di revisione dei ruoli familiari. Anche il titolo di studio influisce significativamente sulle strategie adottate per far fronte al bilancio mensile. Al crescere del livello di scolarità aumenta la propensione a chiedere prestiti, sia a parenti e amici (21,1% dei laureati contro l’11,6% di chi ha terminato elementari o medie), sia a società finanziarie o banche (3,2% di chi ha terminato elementari o medie contro il 15,8% dei laureati).
Una delle conseguenze della crisi, qui evidenziata sia dai conti nazionali presentati dall’ultimo rapporto Istat già citato in precedenza, è una continua erosione dei consumi privati. Le famiglie interpellate faticano a mantenere il livello dei consumi inalterato. Rispetto a 3 anni fa il 47,9% dei rispondenti dichiara di consumare di meno o molto di meno, il 38,4% di essere riuscito a mantenere il livello dei consumi simile e il 13,7% di aver aumentato i consumi. Il dato sul calo dei consumi tra le famiglie rispecchia, per stratificazione sociale, quello del peggioramento economico della situazione familiare. Soffrono un calo dei consumi i 55-64enni, la fascia di età superiore a quella che esprimeva un peggioramento della situazione economica, probabilmente è un’età in cui il costo dei figli comincia a diminuire e la famiglia può scegliere di tagliare delle spese senza intaccare eccessivamente sulle scelte di vita dei figli. Allo stesso modo però hanno difficoltà nel mantenere il livello di consumi inalterato i nuclei monofamiliari, i disoccupati, le casalinghe e i pensionati.
Relazione della Fondazione Nord-Est. 10 settembre 2013

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www.impresaoggi.com