Nascita e storia dell'industria di produzione, Evoluzione del concetto di impresa.

Le circostanze che ci spaventano sono, o Lucilio, pił numerose di quelle che ci opprimono: soffriamo pił per la nostra immaginazione che per la realtą concreta.

Seneca Lettere morali a Lucilio.


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1. Evoluzione dell'impresa

È ben noto che l'industrializzazione ha origine in Inghilterra nella seconda metà del XVIII secolo e che si propaga rapidamente ad altri paesi. Questo periodo è passato alla storia con la denominazione di "rivoluzione industriale", a causa delle ripercussioni economiche e sociali che esso ha provocato, in particolare, la nascita del capitalismo (1).

Nel XIX secolo, l'industria inizia ad assumere caratteri ben precisi:

  • la separazione tra la proprietà dei mezzi di produzione e i produttori diretti,
  • l'accentramento della mano d'opera in un unico luogo di lavoro (la fabbrica),
  • l'impiego intensivo di macchine azionate da motori (in successione, idraulici, a vapore, elettrici),
  • la produzione di massa.

È, anche, opportuno osservare che, nella seconda metà del XIX secolo, Augusto Compte adottò il positivismo (2) per i suoi trattati di filosofia e sociologia (3), che si diffusero, rapidamente, in tutto il mondo occidentale; il positivismo fertilizzò il terreno per la crescita dell'industrializzazione.
 
Infatti, il positivismo afferma.

  • La conoscenza è ricondotta alla natura e richiede un metodo per analizzare i fenomeni. Il ricorso a cause o principi che non sono riconducibili al metodo scientifico non dà origine a conoscenza.
  • La scienza è garante di una conoscenza certa e accettata da tutti.
  • Gli uomini hanno come fine la felicità di tutti.
  • Il progresso è inarrestabile e legato alla scienza.

a fine del XIX secolo viene ampliato il suffragio universale, nascono i partiti socialisti e i sindacati. I sociologi dell'epoca introducono il concetto di "democrazia moderna", come quella condizione politica che consente al popolo di esprimere le proprie necessità attraverso mezzi giuridici atti a soddisfarle.

Con l'industrializzazione e con il capitalismo nasce l'era moderna che, nel bene e nel male, rivoluziona la vita familiare, sociale, politica, economica e culturale dell'occidente.

2. Transizione dall'impresa artigianale all'impresa fordista

Nella seconda metà del XIX secolo gran parte delle popolazioni dei paesi, oggi, industrializzati vive di agricoltura e gran parte dei bisogni delle famiglie, sia in termini di prodotti, che di servizi, viene realizzata all'interno della famiglia. Là dove non arrivano le competenze e le risorse proprie si ricorre ai piccoli commercianti o agli artigiani.
Le famiglie aristocratiche e la borghesia ricorrono, quasi esclusivamente, all'offerta dei grandi commercianti e artigiani che operano, per lo più, nelle città.
Alla fine dell'ottocento l'offerta di prodotti al settore privato (beni di consumo e beni durevoli) è caratterizzata da una scelta ampia e spesso molto sofisticata e il sistema produttivo poggia, come detto, sull'impresa artigianale; si pensi all'industria automobilistica che produce esemplari unici, le famose gran turismo, quasi su misura rispetto alle richieste del cliente. I volumi di vendita sono però modesti, l'automobile, ad esempio, è alla portata solo di coloro che dispongono di redditi elevati. Nel mondo dell'impresa artigianale è il cliente che si rivolge al fornitore che viene cercato e scelto in base alle caratteristiche del suo prodotto e alla sua fama.
In quello stesso periodo, peraltro, esiste già anche una grande industria manifatturiera e gli economisti dell'epoca avvertono che i vantaggi comparati (4) per il successo dell'industria sono sostanzialmente tre.

  • Vicinanza alle fonti di risorse naturali.
  • Abbondanza di capitali.
  • Abbondanza di forza lavoro.

Alla fine del XIX secolo, ad esempio, le dieci maggiori imprese statunitensi sono:

  • American cotton oil company
  • American steel
  • American sugar refining company
  • Continental tobacco
  • General electric
  • National leed
  • Tennesse coal and iron
  • People's gas
  • US leather
  • US rubber

tutte imprese che, ad eccezione della General Electric, godono dei vantaggi comparati succitati.
Ma anche allora valeva il principio introdotto, da Joseph Alois Schumpeter (5) e rielaborato, recentemente, dall'economista americano Lester Thurow e cioè «Il capitalismo è un processo di distruzione creativa secondo il quale nuove imprese piccole e dinamiche sostituiscono imprese grandi e vecchie, che non sono state capaci di adattarsi a nuove condizioni».
Coerentemente con questo principio, nel primo decennio del XX secolo, delle dieci prime imprese statunitensi, sopra elencate, è sopravvissuta solo la General Electric, l'azienda fondata da Thomas Edison, l'unica che non basa il proprio vantaggio comparato sulle risorse naturali. Questa evidenza dimostra che la ricchezza di un paese non è più un "diritto di nascita" legato al possesso di risorse naturali; capitale e lavoro hanno preso il sopravvento.

La distruzione creativa ha portato alla scomparsa di vecchie imprese e alla nascita di nuove che hanno saputo adattarsi alle nuove condizioni.

All'inizio del secolo, infatti, la distribuzione della ricchezza inizia a interessare un numero sempre maggiore di persone che aspirano, non solo ad elevare il proprio livello sociale, ma anche a possedere beni di consumo e beni durevoli in grado di assicurare maggiori comodità, e, pertanto, le imprese devono adattarsi a questa nuova realtà.
Per rispondere a una domanda sempre più sostenuta, sono necessari due ingredienti: una produzione di massa e prezzi accessibili a un numero sempre maggiore di persone. Hanno, pertanto, successo quelle imprese che per prime adottano i principi delle economie di scala, della parcellizzazione del lavoro (6), della produzione di serie e della standardizzazione. Nasce il concetto di catena di montaggio. A questo proposito, giova osservare, che architetti statunitensi, sostengono che un modello di catena di montaggio fosse stato introdotto dai romani per la costruzione dell'Anfiteatro flavio, meglio noto come Colosseo. Per la sua costruzione, durata dieci anni e alla quale lavorarono decine di migliaia di operai e di artigiani, gli ingegneri romani dovettero suddividere il lavoro della manodopera in molte fasi: trasporto, taglio e sistemazione dei blocchi di travertino, trasporto, taglio e sistemazione dei blocchi di tufo, produzione dei mattoni (ce ne vollero più di un milione), produzione del cementizio, realizzazione degli archi, incisione delle pietre, lavorazione dei marmi, lavorazione del ferro e del legno, realizzazione degli affreschi murali, ecc. Queste attività dovevano procedere secondo schemi e tempistiche precisissime per i quali non è, probabilmente, usurpata la denominazione di primo esempio di catena di montaggio.

L'impresa che nasce all'inizio del secolo è chiamata "impresa fordista" in ricordo dell'industria che lanciò la motorizzazione di massa negli Usa; è del 1908, infatti, la prima utilitaria costruita dalla Ford utilizzando, per la prima volta, la catena di montaggio.

L'impresa fordista è chiusa, si presenta quasi come un corpo ostile sul territorio, la sua missione è la produzione di massa, le sue esigenze sono quelle di sfruttare al massimo impianti rigidi, di grandi dimensioni ed enormemente costosi, ogni componente del prodotto finale è realizzato all'interno della fabbrica, non esiste alcuna sensibilità circa i danni che la fabbrica produce sull'ambiente, né sulla sicurezza dei lavoratori, i consumi energetici sono enormi.

3. L'impresa orientata alla produzione

È nata la grande industria che si rivolge direttamente al consumatore e la sua missione è produrre. Le caratteristiche salienti dell'impresa orientata alla produzione sono:

  • il rapporto tra produttore e utilizzatore è monodirezionale, dal produttore all'utilizzatore;
  • il consumatore è "prigioniero" di un sistema transazionale che non controlla;
  • l'impresa è orientata a vendere ciò che produce;
  • l'impresa è convinta di esistere perché produce;
  • l'impresa parte da se stessa, concentra la propria attenzione sulla produzione e/o sul prodotto e si propone di conseguire il massimo profitto massimizzando i volumi di produzione.

1 Obiettivo del sistema economico capitalistico è la massimizzazione del profitto e il suo reimpiego per l'allargamento delle attività produttive, mentre nelle società precapitaliste il sovrappiù non era investito ma utilizzato per il consumo delle classi proprietarie.

2 Il termine fu introdotto da Saint-Simon per designare il metodo esatto delle scienze; Saint-Simon indicò, anche, la sua applicabilità alla filosofia.

3 Compte è considerato il fondatore della sociologia.

4 Oggi diremmo vantaggi competitivi.

5 Il grande economista austriaco famoso per la celebre tesi dell'interesse quale reddito dinamico, da cui la doppia implicazione: nessun profitto senza sviluppo, nessuno sviluppo senza profitto.

6 Taylor fu il fondatore dello scientific management, meglio noto come taylorismo. I principi operativi del taylorismo sono a) Il processo di produzione industriale viene ridotto a singole semplici operazioni. b) Si cronometra il tempo standard di ogni operazione. c) Il lavoratore deve essere istruito per arrivare allo standard. d) Il lavoratore deve concentrarsi sullo sviluppo delle sue capacità manuali. e) Il lavoratore acquisisce le necessarie capacità, anche stimolato da incentivi economici.


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4. L'impresa si orienta alla vendita

Ben presto, però, l'impresa si accorge che non è sufficiente riempire piazzali e magazzini di prodotti, ma che è più strategico vendere e creare sistemi di distribuzione efficaci, portare il prodotto verso il cliente; l'impresa si trasforma e quindi, si orienta alla vendita.

Nel momento in cui si riconosce l'importanza strategica di vendere si può affermare che inizia a muovere i suoi primi passi il marketing; per questo motivo, all'inizio della sua storia, il marketing è la scienza della vendita.
Nascono, pertanto, i grandi distributori, l'intermediazione commerciale, i canali di distribuzione (7), i dettaglianti, i concessionari. Va sottolineato, però, che, in questa fase, non esiste ancora un rapporto diretto tra produttore e consumatore; questi resta un ricevitore passivo dei "messaggi" imposti dalla produzione.

Gli anni precedenti la grande depressione sono la mecca dei venditori; la produzione domina e le attenzioni delle imprese sono concentrate quasi esclusivamente sui costi di produzione e di distribuzione. Con i consumatori che acquistano le merci alla velocità con cui vengono prodotte, non c'è alcun bisogno di preoccuparsi di creare una relazione con il cliente, è sufficiente fare in modo che i percorsi della distribuzione, dal produttore al consumatore, funzionino efficacemente. D'altra parte, Donald Lowe aveva osservato: «La borghesia non può fare a meno di riempire ogni spazio visibile della casa. L'occhio borghese sembra aborrire qualunque spazio visibile vuoto»; questa affermazione verrà, successivamente, tradotta nel più comprensibile slogan del "consumismo di massa".
Una situazione analoga a quella degli anni venti si verificherà alla fine della seconda guerra mondiale.

5. L'impresa si orienta al cliente

La Ford, all'inizio della sua produzione di massa, costruisce un solo tipo di automobile il leggendario modello T; obiettivo principale dell'azienda è ridurre il più possibile il prezzo di vendita.
Ford, in questa fase pionieristica della produzione di massa, è geniale poiché comprende che più del prodotto doveva essere venduto il prezzo. Grazie a questa filosofia la Ford riesce a conquistare una posizione dominante.
Ma, con il crescere del benessere, alcune imprese incominciano a rendersi conto che i consumatori possono permettersi di spendere qualche centinaia di dollari in più, pur di uscire dalla standardizzazione. Una di queste, la General Motors, avvia la politica della produzione di una gamma di modelli studiati per le esigenze di una clientela differenziata.
Il gusto del consumatore inizia a diventare una componente nella strategia della produzione di massa; in modo quasi inconsapevole, iniziano ad essere applicati due dei principi del marketing, la segmentazione e la customer satisfaction.

Se Ford fu il pioniere del vantaggio competitivo basato sul prezzo, Sloan, presidente della GM, fu il pioniere del vantaggio basato sulla segmentazione.
 
Ottant'anni fa viene combattuta, sul mercato dell'auto, una battaglia storica. Mentre Henry Ford continua ad operare in base alla famosa battuta «Date al cliente un'auto di qualsiasi colore, a patto che sia nero», la GM adotta la strategia di «Offrire un'auto per ogni borsa, esigenza e personalità». Grazie a questa politica la GM sorpassa la Ford come primo produttore mondiale di automobili; tra il 1920 e il 1923 la produzione della Ford crolla, infatti, dal 55% al 12% del mercato statunitense.

Con il suo articolo pionieristico, del 1956, "La differenziazione di prodotto e la segmentazione del mercato come strategie di marketing alternativo", Wendel Smith stabilirà, per la prima volta, una netta distinzione tra l'impresa che offre una varietà di prodotti "differenziazione di prodotto" e l'impresa che crea prodotti per specifici segmenti di mercato "segmentazione di mercato". Il concetto di segmentazione si basava sul presupposto che ogni mercato potesse essere suddiviso in gruppi di acquirenti con bisogni ed esigenze in qualche misura differenti.

La grande depressione dà una spinta al marketing. Come è noto, è nei momenti di crisi che le imprese più vivaci attuano iniziative di tipo innovativo per superare le difficoltà.

Uno dei primi passi verso la realizzazione dei principi del marketing viene compiuto quindi dalla General Motors, il cui Presidente Sloan afferma, nel 1933, «La preoccupazione di acquisire una sensibilità commerciale in armonia con le esigenze del consumatore finale diventa una preoccupazione di crescente importanza» e «... servire il consumatore nel modo in cui vuole esserlo è la via più rapida per conseguire profitti ».
Questo processo di valutazione del ruolo del consumatore, rispetto alla strategia della pura vendita, subisce un passo d'arresto con la seconda guerra mondiale, quando la scarsezza dell'offerta rispetto alla domanda mette nuovamente in secondo piano le esigenze del consumatore.

Dopo la guerra, a partire dagli anni '50, si assiste a un'accelerazione nella valorizzazione delle ricerche di mercato e nella tendenza ad approfondire le potenzialità del marketing.

Nel 1951 la General Electric, che produce, principalmente, prodotti industriali, ma il cui slogan è «la ricerca è il nostro prodotto più importante», è la prima società al mondo che si ristruttura secondo i principi dell'impresa marketing oriented.
È interessante ricordare che, nel 1981, davanti a un'ipotesi di crisi incipiente, il giovane presidente della GE, Jack Welch, lanciò una crociata di rinnovamento i cui punti salienti furono:

  • sburocratizzare l'impresa rimuovendo le barriere gerarchiche e orizzontali;
  • iniettare a tutti i livelli lo spirito della piccola impresa agile e competitiva;
  • favorire il movimento di idee e di persone, all'interno del gruppo, affinché l'intero risulti maggiore della somma delle parti;
  • attivare il principio della formazione permanente, in particolare per i manager;
  • incoraggiare i ricercatori del centro di Schenectady a formulare, autonomamente, idee e proposte;
  • incoraggiare la formulazione di proposte da parte di tutti;

elementi che caratterizzeranno l'impresa moderna.

Affermava Welch « …. il mio scopo è creare un'impresa senza frontiere, cioè rendere evanescenti le linee di confine tra funzioni, tra forza-lavoro e management, tra clienti e impresa, in modo da creare un'unità, in modo da partecipare uno nell'altro».
Il risultato di quelle due grandi svolte consente oggi alla General Electric di essere il primo gruppo industriale del pianeta; tristemente, il suo maggior antagonista, la gloriosa Westinghouse Electric Corporation, sparisce il primo dicembre 1997 a seguito di una fusione per incorporazione nel gruppo televisivo Cbs (Columbia broadcasting system). La scomparsa della Westinghouse non può essere attribuita alla scarsa qualità dei suoi prodotti che sono sempre stati all'avanguardia, grazie alla consistenza e al valore delle strutture di R&S e produttive, ma alle continue crisi organizzative che non hanno consentito di costruire un'adeguata organizzazione marketing oriented.

Si può affermare che, se negli anni '30 obiettivo del direttore commerciale era quello di massimizzare le vendite, negli anni '50-'60 obiettivo del direttore marketing, delle imprese più avanzate, diventa quello di ottimizzare il profitto dall'azione di vendita, di definire gli elementi per la realizzazione dei piani di sviluppo e di approntare iniziative atte a contrastare la concorrenza. Il marketing manager sale nella gerarchia industriale e, nelle imprese americane, è spesso in posizione di vice-president; Dave Packard, uno dei fondatori della HP, soleva affermare che «il marketing è una funzione troppo importante per lasciarla nelle mani dei dipartimenti di marketing», non diversamente la pensava Lee Iacocca.

L'esperienza accumulata nel campo del marketing mostra che non esiste un modello organizzativo unico valido per tutti; anche tra imprese affini è difficile l'esportazione di un'organizzazione. Storici sono i fallimenti delle riorganizzazioni della Ford e della Chrysler, quando vollero imitare la General Motors o della Westinghouse, che tentò di copiare la General Electric. La creazione di un'impresa marketing oriented, ad esempio, è un processo delicato che va attuato per gradi e che richiede personale al quale affidare compiti e responsabilità e la creazione di una cultura aziendale conseguibile solo attraverso lo sviluppo delle risorse umane.

Con il graduale passaggio dalla produzione per il magazzino della prima impresa fordista alla produzione su richiesta del cliente, il prodotto va sempre più trasformandosi in un servizio al consumatore, l'impresa orientata alla vendita si trasforma in impresa orientata al cliente.

Nasce la customer satisfaction e, gradualmente ma costantemente, il consumatore diventa l'elemento che sempre più influenza e pilota scelte e strategie aziendali. Il responso dello scaffale è sacro e, negli anni '60-'70, viene assunto nelle aziende il principio della centralità del consumatore/cliente rispetto alla produzione. Tutta la letteratura scientifica americana di quegli anni pone in posizione centrale il consumatore e arriva a far coincidere l'operatività del marketing con l'obiettivo della customer satisfaction. Più che impresa orientata al cliente si può parlare di impresa cliente dipendente.
 
Gli strumenti del direct marketing, introdotti allo scopo di entrare in rapporto diretto con il cliente e sondarne i desideri, come il numero verde, il telemarketing (il contatto telefonico con un campione stratificato secondo i principali parametri socio-demografici), le tecniche di monitoraggio, i questionari, il door-to-door, la mailing list, sono l'esemplificazione dello sforzo condotto dalle imprese per conseguire la customer satisfaction. Per un approfondimento sull'argomento si rimanda a Bob Stone che con il suo Successful direct marketing methods ha compilato quella che viene considerata la bibbia del direct marketing.

In Italia, l'eccesso di domanda rispetto all'offerta, rallenta il processo di formazione di imprese orientate al cliente e, quindi, della cultura di marketing; questa inizia a fare capolino negli anni '60, per effetto della presenza delle imprese multinazionali che trasferiscono in Italia tecniche di management già consolidate in patria. Il concetto di marketing inizia a diffondersi negli anni '70, ma è solo negli anni '80 che esso si impone come elemento centrale dei comportamenti e delle strategie aziendali.


7 Si comincia a parlare di canale diretto, breve o lungo.


Non è solo il sistema della produzione che adotta il criterio della customer satisfaction ma anche il settore dei servizi entra in questo tipo di logica; un esempio, sia pure di tipo formale, è il modo con cui gli speaker di aeroporti e ferrovie si rivolgono oggi "alla gentile clientela" e non più "ai signori passeggeri". Ancora nei primi anni novanta, il passeggero, appunto, era considerato non diversamente da un pacco che doveva essere trasportato da una località ad un'altra; oggi qualunque compagnia di trasporti sa che deve interfacciarsi con un cliente al quale deve erogare il miglior servizio possibile.

Nella realtà, la customer satisfaction non ha raggiunto nel settore dei servizi la qualità che si riscontra nel settore produttivo; eppure molte statistiche hanno dimostrato che creare insoddisfazione nei clienti dei servizi può portare un'impresa alla rovina.

6. Eccessi della customer satisfaction

Nell'evoluzione del rapporto tra offerta e domanda la centralità del cliente viene portata alle estreme conseguenze. Il produttore si trasforma in un ricevitore passivo della domanda del consumatore; è il mercato e non la produzione che stabilisce il ciclo di vita del prodotto, a prescindere dalla sua perfezione tecnologica, il valore di un prodotto perde la sua oggettività, per dipendere da un numero di variabili che sfuggono al controllo della produzione.
Basta pensare al settore dell'informatica nel quale un potenziale cliente arrivava al paradosso del non acquisto del prodotto esistente sul mercato in attesa dell'uscita sul mercato di un prodotto più avanzato.
Nel caso di prodotti tecnologici si instaura nel consumatore una frenesia verso la novità fine a se stessa mentre, all'altro estremo, nel campo dei beni di consumo, il cliente è interessato ai buoni acquisto, ai sorteggi, ai bollini, alle vendite promozionali, alla visibilità pubblicitaria, piuttosto che alle caratteristiche e alla qualità del prodotto.
 
Nell'organizzazione dell'impresa prevale il criterio della necessità di operare dal basso verso l'alto, dal cliente alla produzione; ogni segmento dell'impresa (R&S, engineering, produzione, amministrazione, acquisti, trasporti) viene strutturato in funzione delle esigenze del cliente.

     L'esasperazione della customer satisfaction porta, peraltro, ad alcune disfunzioni:

  • alcune imprese sono diventate così ossessivamente sensibili ad ogni capriccio del cliente da perdere la cognizione reale del prodotto. Si pensi ai gadget e agli inserti offerti dai principali quotidiani, con il risultato che una fascia di acquirenti acquista il gadget o l'inserto e, incidentalmente, anche il quotidiano che li offre;
  • il management ha ampliato repentinamente certe linee di prodotto senza costruire un'adeguata logistica di trasporto e vendita;
  • gli staff di marketing sono cresciuti senza un adeguato controllo del ritorno economico;
  • con l'ampliarsi della produzione, le imprese si sono convertite alla struttura divisionale, orientando la propria organizzazione al prodotto, ma creando ambiguità, lotte interne, confusione. I limiti delle strutture divisionali sono stati evidenziati dalla crisi della General Motors che, con le sue divisioni, legate a cinque marchi (Chevrolet, Pontiac-Gmc, Oldsmobil, Buick e Cadillac), stava perdendo quote di mercato, fondamentalmente a favore del suo competitore storico, la Ford. «Siamo troppo complicati e lenti» afferma Ronald Zarrella, manager strappato alla Bausch & Lomb, mentre annuncia, nell'agosto '98, la costituzione di un'unica direzione centrale di marketing per tutti e cinque i marchi e lo smantellamento del modello di integrazione verticale, creato negli anni venti da Alfred Sloan;
  • agli inizi degli anni '90 la Mazda si trova con un listino di ben 929 modelli diversi di autovettura, la Matsushita con 220 tipi diversi di televisori e 62 di videoregistratori, Procter & Gamble Japan ha oltre 600 linee di prodotto; nel 1995 la Sony presenta sul mercato più di 5000 nuovi prodotti. Il cliente, che aveva innescato questa rincorsa alla novità, è ora disorientato da un'offerta così ampia e perde la corretta percezione del valore differenziale tra i vari prodotti;
  • anche i venditori sono disorientati dalla vastità dell'offerta e non sono in grado di aiutare il cliente nelle sue scelte;
  • le imprese, pur di seguire la frenesia del cliente verso la novità, hanno creato prodotti con funzioni sempre più complesse che la maggioranza dei consumatori non utilizza.

In questa fase della storia dell'impresa si assiste, in un gran numero d'aziende americane, ad una sorta di frustrazione del top-management, che vede parzialmente limitate le proprie capacità di pianificazione e di guida. È in questo periodo che le imprese Usa sono oggetto di leveraged buyout ostili. Le operazioni vengono condotte, per lo più, da finanzieri d'assalto che acquisiscono una società prendendo in prestito le somme necessarie. Essi ricorrono successivamente, sia allo smembramento e alla vendita di parti della società acquisita, sia al finanziamento sulla base del valore delle attività patrimoniali e dei futuri flussi di cassa, per pagare le somme avute in prestito per l'acquisizione, e, infine, se ne escono avendo accumulato enormi plusvalenze. 

7. L’impresa moderna

L'approccio della centralità del cliente mostra i propri limiti; esso rischia, infatti, di tarpare le potenzialità di innovazione e la fantasia dei produttori. Gli esperti americani devono ammettere che l'impresa, nella rincorsa affannosa dei desideri dei consumatori/clienti, di soggetti, cioè, caratterizzati da comportamenti emotivi e chiusi nella propria limitata esperienza per rappresentare la fonte dell'innovazione, è stata la vittima di questo atteggiamento market responsive (8) .
 
Viene riabilitato il technology push (9) , ma, contestualmente, riconosciuto lo stesso livello di importanza a cliente e produttore.
Negli anni '80 sarebbe stato folle pensare che la telefonia sarebbe passata dal cavo all'etere e la Tv dall'etere al cavo; negli anni '90, questa trasformazione è stata resa possibile grazie al convergere della spinta tecnologica della produzione e del bisogno espresso dal mercato.

Nelle imprese inizia ad affermarsi il concetto che il cliente è un partner dell'impresa stessa.
   
Fortunatamente per il mercato, grazie anche ad un riposizionamento della funzione marketing nell'impresa, si assiste ad una significativa evoluzione del cliente; ad esempio la suggestione per il nuovo, indipendentemente dai suoi contenuti, va, man mano, perdendo di attrattiva. Il consumatore ha imparato a sue spese che non sempre il nuovo risulta soddisfacente; ne sono emersi, sia un orientamento di estrema selettività verso il nuovo che viene accettato in quanto assicura un incremento di performance considerate "rilevanti" rispetto al vecchio prodotto, sia una sorta di insofferenza nei confronti di ciò che non risulti user friendly.

Indagini presso clienti di prodotti industriali mostrano, inoltre, che, mentre una volta il grado di soddisfazione del cliente si fermava, prevalentemente, alla qualità del prodotto all'atto dell'acquisto, oggi, il 50% dei clienti premia il servizio e la rete di assistenza post-vendita.
Non solo l'evoluzione dell'impresa, ma, anche, la maturazione del consumatore, portano, quindi, alla nascita dell'impresa "moderna", preparata a sostenere le nuove sfide che si presentano sui mercati.
Recentemente Kotler ha chiesto a un gran numero di manager statunitensi come vedono i clienti oggi. Secondo le risposte raccolte i clienti:

  • stanno diventando più sofisticati e sensibili al prezzo,
  • dispongono di poco tempo,
  • ritengono che esista una notevole omogeneità nei prodotti dei vari fornitori,
  • hanno notevoli aspettative in materia di servizi,
  • non mostrano fedeltà nei confronti del fornitore.

Eugenio Caruso

Tratto da L'impresa in un mercato che cambia.


8 Market responsive è la predisposizione dell'industria a porsi in posizione subalterna rispetto al consumatore/cliente. La risposta dello scaffale è sacra affermano i responsabili di marketing.

9 Il technology push è la predisposizione dell'industria a spingere il proprio prodotto, forzando la volontà espressa o latente del consumatore/cliente.


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