Le politiche ambientali come soluzione alla crisi


Un asset dell'impresa moderna: il brand verde
Eugenio Caruso


Un rilancio delle economie europee per uscire dalla crisi fatto in base allo scenario “business as usual” sarebbe un disastro. Non possiamo continuare come ora: dobbiamo riuscire a fare molto di meglio. Sulla Terra vivono 7 miliardi di persone e molte aspirano a raggiungere nei prossimi anni, o stanno già raggiungendo, lo stile di vita del mondo occidentale. Lungo il corso del XX secolo, l’uso di combustibili fossili è aumentato di 12 volte a livello globale e l’estrazione di materie prime di 8 volte. La domanda di cibo, mangimi e fibre potrebbe crescere del 70% entro il 2050. Inoltre, il 60% dei principali ecosistemi del mondo che contribuiscono a produrli sono già degradati o utilizzati in modo non sostenibile.
Verso l’economia circolare
Uno scenario da giorno del giudizio? No, se le nostre azioni saranno quelle giuste. Sappiamo che molti prezzi non sono corretti nella nostra economia: la maggior parte delle decisioni economiche prendono in considerazione solo una parte del valore. Siamo abituati a utilizzare le risorse naturali gratis. Le decisioni sono spesso basate sul valore e l’utilità di solo uno o pochi servizi ecosistemici (ad esempio, la fornitura di legno per una foresta) e su che cosa si può fare con la terra in seguito (ad esempio, dopo la deforestazione). Raramente c’è una valutazione del valore di servizi ecosistemici più ampi – non solo cattura e sequestro del carbonio, che adesso è tenuto in grande considerazione, ma anche controllo dell’erosione del suolo, depurazione delle acque, mantenimento della diversità genetica (per coltivazioni, medicine) e controllo dell’inquinamento dell’aria, per citarne solo alcuni. La realtà è che tali servizi possono avere un valore molto elevato. Ignorare questa dimensione può significare prendere decisioni senza tenere in considerazione il quadro complessivo della situazione. Se lo scenario “business as usual” non è più un’opzione praticabile, allora cosa possiamo fare? Il concetto di efficienza nell’uso delle risorse, una delle sette iniziative faro della Strategia “Europa 2020”, è essenziale per avere giusti prezzi e per andare nella direzione di un’economia verde.
Una parte del concetto di green economy è l’idea di economica circolare (7° Programma di azione ambientale dell’Unione europea, Eap). Si tratta di un’idea che va oltre alla gestione dei rifiuti. Con economia circolare intendiamo un sistema industriale che consideri il ripristino o la rigenerazione all’origine, a partire dalla progettazione, che sostituisca il concetto di “fine-vita” con quello di riuso, si sposti verso l’uso di energia rinnovabile, elimini l’uso di sostanze chimiche tossiche, che impari il riuso e che punti all’eliminazione degli sprechi attraverso una migliore progettazione dei materiali, dei prodotti, dei sistemi di produzione e anche dei modelli di business. Non si tratta solo di teoria economica: si tratta di mettere in pratica le migliori politiche possibili per rendere il nostro mondo un posto migliore.
Alcuni esempi:
- abbiamo una grande abbondanza di benefici diffusi e mal definiti e costi precisi e mirati: qualità dell’aria, qualità delle acque, biodiversità
- c’è una percezione sbagliata sulla relazione posti di lavoro vs. ambiente: c’è la convinzione che gli extra costi per le imprese significhino che esse siano meno competitive
- benefici incerti a lungo termine contro costi certi a breve termine: dobbiamo rinforzare l’uso del principio di precauzione
- globale vs locale: cambiamento climatico, ozono, SOx e NOx, bacini fluviali, contingenti di pesca.
Semestre europeo e politiche verdi
Nell’Unione europea, la contrapposizione tra diverse visioni del futuro dell’economia è in misura importante analizzata nel contesto del “Semestre europeo”. Il Semestre è un dialogo di monitoraggio continuo tra la Commissione europea e i 28 stati membri sulle loro politiche economiche. I capisaldi sono l’analisi annuale della crescita (novembre), l’aggiornamento dei programmi nazionali di riforma (aprile) e le raccomandazioni specifiche per paese (Country-Specific Recommendations, Csr, giugno-luglio). Il Semestre è supportato da un ampio numero di regolamentazioni economico-finanziarie europee, come quella che dal 2014 obbliga gli stati membri dell’area Euro a inviare i propri progetti di bilancio per l’anno successivo alla Commissione in ottobre.
La Commissione valuta i bilanci nello stanziamento del bilancio per l’attuazione delle Csr del Semestre. La questione chiave per noi, pertanto, è: come possiamo far sì che le politiche e i principi ambientali diventino parte della soluzione alle sfide che la politica economica dell’Ue ha di fronte? Come può l’ambiente contribuire alla crescita verde e alla creazione di posti di lavoro? Noi pensiamo che le politiche ambientali abbiano un impatto macro-economico positivo:
- i costi a breve termine porteranno risparmi a lungo termine (ad esempio, riduzione dei costi sanitari derivanti dall’inquinamento dell’aria, infrastrutture verdi)
- misure “no regret” (ad esempio, proibire le discariche incoraggerà il riciclaggio, che farà risparmiare costi alle aziende)
- i sussidi dannosi per l’ambiente (Environmentally harmful subsidies, Ehs) impediscono di livellare il campo, di dare a tutti le stesse condizioni
- tassare le esternalità negative ambientali (inquinamento, proprietà edificabili) piuttosto che gli effetti economici positivi (lavoro).
Tuttavia, dobbiamo fare ciò in modo estremamente chiaro, cristallino, e suffragare questi argomenti con i migliori dati disponibili. Questi dati esistono, ma sono sparsi e devono essere messi insieme.
Un primo esempio riguarda la riforma fiscale ambientale (environmental fiscal reform, Efr). Le tasse ambientali possono essere un’importante fonte di entrate e questa è una delle ragioni per cui i ministri delle finanze le stanno esaminando. Politicamente, aumentare le tasse è generalmente impopolare. Tuttavia, sotto pressione tutto diventa fluido: nell’ottobre 2013, il governo olandese aveva fretta di colmare un disavanzo di bilancio di 750 milioni di euro all’anno e ha avuto la fortuna di avere una lista di potenziali tasse ambientali; il bilancio 2014 adesso comprende 4 nuove tasse ambientali, su acqua potabile, discariche, tassa di circolazione dei veicoli a motore e limiti più alti nelle emissioni di CO2 per la riduzione delle tasse automobilistiche. Anche la Francia nel 2013 ha annunciato tasse ambientali completamente nuove, che si stima possano portare più di 2,5 miliardi di euro all’anno quando saranno pienamente attuate.
Spostare le tasse dal lavoro all’inquinamento suona politicamente più accettabile. Secondo il Rapporto sulla riforma fiscale della Commissione europea del 2013, ci sono almeno 12 stati membri che hanno allo stesso tempo un elevato carico fiscale sul lavoro e un basso carico fiscale sull’inquinamento.
L’eliminazione dei sussidi dannosi per l’ambiente sono parte del più ampio concetto di riforma fiscale ambientale. Nella maggior parte degli stati membri, c’è un grande potenziale in questa direzione. L’Agenzia europea per l’ambiente (Eea) stima che in Italia ci sia un potenziale di eliminare entro il 2015 sussidi dannosi per l’ambiente per più di 6 miliardi di euro all’anno. Anche se l’eliminazione di tali sussidi dovrebbe essere attuata entro il 2020, in base a quanto previsto dalla Roadmap per l’efficienza nell’uso delle risorse, condivisa a livello di Ue, questo spesso non è politicamente molto attraente, per esempio perché molti di questi sussidi riguardano fonti energetiche fossili e automobili. L’inquinamento atmosferico porta costi sanitari, ma talvolta il problema è molto complesso. Prendiamo l’esempio di Malta, dove la congestione del traffico non è solo un problema dal punto di vista ambientale e sanitario, ma porta con sé anche uno spreco di energia, alti costi per le aziende di logistica locali, costi in termini di giornate di lavoro perse e così via. Inquadrare il problema in un modo più ampio (non l’inquinamento dell’aria, ma la congestione del traffico) può essere un modo per responsabilizzare tutti gli attori in campo a essere parte della soluzione e togliere il tema dalla sola responsabilità delle autorità dei trasporti.
L’eco-industria è uno dei pochi settori in cui i posti di lavoro sono cresciuti anche durante la crisi. Ci sono differenze molto grandi tra gli stati membri in merito alla loro quota relativa di eco-posti di lavoro. Le eco-industrie sono solo una parte di tutti i posti di lavoro legati all’ambiente. Anche se l’Ue ha una gerarchia nella gestione dei rifiuti in cui la discarica è l’approccio peggiore, molti stati membri smaltiscono ancora più di metà dei loro rifiuti urbani in discarica. Altri sono passati all’incenerimento. Alcuni addirittura in modo così entusiastico che hanno sottostimato la crescita del riciclo e si sono ritrovati così ad avere una sovra-capacità di incenerimento. Siccome la logica economica dice che le macchine devono essere alimentate, la Svezia importa rifiuti dalla Norvegia per bruciarli e l’Olanda dell’Italia, contraddicendo il principio di prossimità.
La governance della governance
A quanto pare, ci sono abbastanza idee, ma la realtà è meno fluida. Come possiamo fare progressi concreti? Quali processi possono avere successo? Questo è il dilemma chiave del rendere più verdi le politiche economiche. Si tratta di un dilemma di meta-governance: la governance della governance.
Un punto chiave dell’attuale approccio nel rendere verde il Semestre europeo è rendere l’ambiente un partner necessario e desiderato nel processo di rilancio dell’economia europea. Abbiamo sviluppato una triplice strategia che va in questa direzione:
- presentare dati convincenti relativamente ai benefici delle politiche ambientali sulle riforme economiche strutturali e sulla creazione di posti di lavoro. Per esempio, nel febbraio 2014 saranno presentati casi studio sul potenziale della riforma fiscale ambientale per 12 stati membri e sui costi macro-economici delle alluvioni
- sviluppare alleanze win-win all’interno e tra le organizzazioni. Ciò richiede di essere preparati a reinquadrare le questioni ambientali in questioni più ampie che siano di interesse per altri settori. Per esempio, dall’inquinamento ai posti di lavoro: uno spostamento dalla discarica al riciclo crea nuovi posti di lavoro “verdi”. La valutazione dei costi e dei benefici economici, sociali e ambientali delle politiche e delle leggi non solo migliora l’ambiente, ma fa anche risparmiare costi di lungo periodo legati a decisioni sbagliate, come quelle che “incatenano” un governo a una tecnologia con alti costi indiretti
- assicurare la coerenza delle politiche.
Alcuni esempi: il settimo Piano di azione ambientale, che afferma che dovremmo sforzarci di realizzare un’economia circolare; gli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite: l’Ue diventerà un negoziatore debole a livello Onu se non mettiamo in pratica i principi di un’economia verde e inclusiva alla nostra stessa economia; anche eliminare gli Ehs è una questione di coerenza delle politiche. Per esempio, il Belgio restituisce 1/3 di quanto incassa dalle tasse ambientali sotto forma di sussidi alle fonti energetiche di origine fossile.
Rendere verde l’economia non è una sfida solo per gli stati membri o per la Commissione europea: richiede che si lavori insieme. Il 28 novembre 2013 la Commissione ha organizzato un workshop con i ministri dell’ambiente dei 28 stati dell’Ue per interrogarsi su come rendere verdi le nostre economie nel contesto del Semestre europeo. Questo workshop sarà seguito da una serie di incontri che sarà promosso dal nuovo gruppo di esperti “Greening the European Semester”, costituito dalla Commissione. I lavori del gruppo di esperti, così come nuovi studi, best practices e notizie relative a eventi saranno pubblicamente disponibili su http://ec.europa.eu/ environment/integration/green_semester/ index_en.htm.
Rendere più verde il Semestre non porterà solo benefici economici e sociali in termini di aumento del costo opportunità, ma avrà anche il potenziale di aumentare la legittimazione del progetto europeo agli occhi del pubblico, che vedrà che le decisioni prese avranno un impatto diretto sulla propria vita.
Robert Konrad 1, Louis Meuleman 2, Jonathan Parker 3
Direzione generale Ambiente, Commissione europea
1. Responsabile dell’unità operativa Governance
2. Coordinatore del Semestre europeo
3. Amministratore principale e coordinatore degli Studi del Semestre


LOGO ... Tratto da Ecoscienza 6/2013

25 marzo 2014

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