L'estinzone dei dinosauri di stato. La politica tra il 61 e l 76. Il riflusso di destra.


Il sovrano si rivolge al mercante e con atteggiamento benevolo e disponibile gli chiede: «Che cosa posso fare per voi?» Il mercante risponde: «Maestà, dateci buona moneta e strade sicure, al resto pensiamo noi»
Kant


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Con questo articolo proseguo la pubblicazione di alcuni stralci del mio libro storico-economico L'estinzione dei dinosauri di stato. Il libro racconta i primi sessant'anni della Repubblica soffermandosi sulla nascita, maturità e morte delle grandi istituzioni (partiti, enti economici, sindacati) che hanno caratterizzato questo periodo della nostra storia. La bibliografia sarà riportata nell'ultimo articolo di questa serie di stralci. Il libro può essere acquistato in libreria, in tutte le librerie on-line, oppure on line presso la casa editrice Mind.
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La politica tra il '61 e il '76. Il riflusso di destra.
All’inizio degli anni Settanta, dopo quasi dieci anni di centro-sinistra, si riscontra in Italia un riflusso di destra. In Calabria, nel 1970, scoppia la “rivolta di Reggio”; nella notte tra il 7 e l’8 dicembre 1970 avviene il tentativo di colpo di Stato di Valerio Borghese; nel 1971 l’Msi si collega alle marce della cosiddetta “maggioranza silenziosa”, che hanno come epicentro Milano, dove si fa luce un leader della DC cittadina, Massimo De Carolis. Nelle elezioni regionali in Sicilia e amministrative a Roma e a Bari (13 giugno 1971) l’ondata di destra è violenta, specie a Roma e in Sicilia (dove l’Msi raggiunge il 16,3% dei voti).
La DC pendola tra blocco d’ordine e centro-sinistra, ma alla fine prevale la denuncia degli opposti estremismi e la conferma dell’accordo con i socialisti. Nel dicembre del 1971, alla conclusione del mandato presidenziale di Giuseppe Saragat, la compagine governativa mostra, ancora, il suo alto livello di litigiosità. Saragat è il candidato di Psdi, Pri e Pli, Fanfani, della DC e dei nostalgici del “blocco d’ordine” (ma anche Moro affila le sue armi) e De Martino è il candidato di Psi e Pci. Cefis, che è stato partigiano con Longo, cerca di convincere il segretario del Pci di votare per Fanfani, mentre Bernabei si fa promotore, tramite il senatore Mario Dosi, della raccolta, negli ambienti milanesi, di un miliardo da dare alle segreterie di Pri, Psdi e Pli per ammorbidire la loro resistenza a Fanfani (Bernabei, 1999). Longo accetta, a patto che risulti chiaro un asse DC-Pci nella nomina, ma i dorotei si oppongono con forza e l’accordo con il Pci sfuma.
Nel frattempo i socialdemocratici tedeschi offrono 200 miliardi al Pci perché voti a favore di Saragat; con questo finanziamento il Pci avrebbe potuto affrancarsi da Mosca e dall’ala filosovietica di Armando Cossutta che teneva i “legami” con il Pcus. Il Politburo si oppone all’ipotesi che il Pci prenda soldi dalla socialdemocrazia tedesca e anche le chance di ricandidatura di Saragat cadono (Bernabei, 1999). Dopo venti ballottaggi la DC lancia un candidato di compromesso, sia pure del tipo “blocco d’ordine”, Giovanni Leone, che viene eletto, al 23° ballottaggio, il 24 dicembre 1971, per solo 13 voti dal quorum, grazie all’Msi.
Dopo l’elezione di Leone, Colombo rassegna le dimissioni, a causa della sconfitta del centro-sinistra nell’elezione del Presidente. L’incarico viene affidato ad Andreotti che, nelle sue evoluzioni politiche, si ripresenta come uomo di destra, in grado di recuperare i voti emigrati nell’Msi. Il 17 febbraio 1972 il monocolore DC, con il primo Andreotti (17 febbraio-26 giugno 1972), non ottiene la fiducia; Leone, rinnova l’incarico ad Andreotti, scioglie anticipatamente le Camere, cosicché la DC può presentarsi alle elezioni con un Governo tutto democristiano, sotto la bandiera della lotta agli opposti estremismi.
Nel marzo 1972 il XIII congresso del Pci nomina Luigi Longo presidente del partito e ne affida la segreteria a Enrico Berlinguer. Racconta Pietro Folena, allora uno dei giovani che sentivano lontano il mondo sovietico e che credevano nella via italiana al socialismo: «Quegli anni li sentimmo come la cavalcata irresistibile di una strategia di rinnovamento, come uno sviluppo che sembrava già giunto al suo ultimo stadio» (Folena, 1997).
Alle elezioni del 7 maggio 1972, la DC, presentandosi come il partito della “centralità”, mantiene un buon 38,7% dei voti, la sinistra subisce una sconfitta, mentre i vincitori sono a destra: l’Msi-DN conquista infatti quasi il 9% dei voti. Il segretario dell’Msi-DN, Giorgio Almirante, ha proposto un’accorta selezione di candidati: figure istituzionali, come il generale De Lorenzo e l’ammiraglio Gino Birindelli, e agitatori legati all’ideologia fascista, come Pino Rauti e Sandro Saccucci. Coerentemente con la “voglia di destra” manifestata dai risultati alle urne, il 26 giugno 1972 viene costituito il secondo gabinetto Andreotti (26 giugno 1972-7 luglio 1973), un Governo di “centralità democratica”, detto anche Governo “Andreotti-Malagodi” (DC, Pli e Psdi, appoggio esterno del Pri e Psi all’opposizione). Ma la svolta a destra della DC è solo tattica, in quanto serve a «tranquillizzare l’elettorato conservatore e togliergli la voglia di correre avventure nostalgiche» (Bernabei, 1999).
Per comprendere appieno le scelte politiche del periodo, occorre ricordare una serie di avvenimenti: De Martino, segretario del Psi spinge per un accordo con il Pci, le Brigate Rosse danno il via alle loro azioni terroristiche con il sequestro di Mario Sossi, alla segreteria del Pci arriva Berlinguer che inizia a parlare di apertura ai cattolici, Giovanni Marcora e Fanfani attaccano duramente la politica economica di Andreotti. Pertanto, dopo avere soddisfatto l’elettorato moderato, il pendolo della politica della DC riprende a muoversi verso sinistra, in cerca dell’accordo con il Psi e della benevolenza del Pci. È anche necessario l’appoggio dei sindacati al fine di contrastare le spinte inflazionistiche sulla lira, che Andreotti è stato costretto a fare uscire dal serpente monetario europeo (13 febbraio 1973).
Se la bomba di Piazza Fontana aveva aperto la stagione delle stragi, l’assassinio del commissario Luigi Calabresi, il 17 maggio 1972, dà il via a quella delle esecuzioni mirate da parte di gruppi terroristici. D’altronde Lotta Continua aveva condotto contro il “Commissario finestra” una forsennata campagna sostenendo più volte: «Il proletariato ha già emesso la sua sentenza: Calabresi è responsabile dell’assassinio di Pinelli e Calabresi dovrà pagarla cara». Solo nel 1988 un ex di Lotta Continua, Leonardo Marino, confessa di aver partecipato all’agguato e indica i nomi dei complici: Ovidio Bompressi, l’autore materiale del delitto, Adriano Sofri e Giorgio Pietrostefani, che saranno condannati a 22 anni di carcere.

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26 marzo 2014

Eugenio Caruso da L'estinzione dei dinosauri di stato.



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