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I programmi di cooperazione tra l’Ue e i paesi dell’ex Urss.


Prosegui con tenacia come hai cominciato e affrettati, quando puoi, perchè tu possa godere più a lungo di un animo sgombro da errori.
Seneca Lettere morali a Lucilio.


Non è facile scrivere di Europa perché, oggi, c’è un certo scetticismo. Tuttavia ci proverò. Vorrei anche aggiungere che la difficoltà nell’affrontare questo tema è dovuta al fatto che in questo periodo mancano, alla luce dei miei occhi, quelle figure storiche e carismatiche che hanno cambiato la storia recente europea. In particolare uomini come, Alcide De Gasperi, Jean Monnet, Robert Schuman, Francois Mitterand, Helmut Kohl, Karol Wojtyla, Michail Gorbaciov, che, con il loro contributo sono riusciti a migliorare i destini di molti paesi. Oggi queste leadership sembrano assenti. E, quindi, in questo vuoto sembrano prevalere le spinte più demagogiche e nazionaliste (vedi le recenti elezioni in Francia e Ungheria) e l’Europa entra in crisi. Cerco ora di sviluppare il tema scelto per questo articolo, e che riguarda i programmi di cooperazione europei con i paesi dell’ex Urss. Me ne occupo, in particolare, dopo le recenti tensioni avvenute in Ucraina e il ritorno della Crimea tra le braccia della madre Russia; voglio indicare quali sono state, in breve, le principali tappe che hanno scandito il recente percorso di avvicinamento dell’Ucraina all’Unione Europea. E quali sono state in sintesi le politiche che l’Europa ha adottato nei confronti di questo paese. Si tratta di una panoramica che comprende le principali politiche europee nei riguardi dei paesi dell'ex urss, dal punto di vista politico ed economico.
Alla base dei programmi di collaborazione tra l'Ue e tutti i paesi dell'ex Urss, dalla fine degli anni ‘90, stanno gli Accordi di Partenariato e di Cooperazione (APC).
Tali partenariati hanno avuto i seguenti obiettivi:
•fornire un contesto appropriato al dialogo politico;
•sostenere le iniziative avviate per consolidare la democrazia e sviluppare l’economia in tali paesi;
•portare a termine il passaggio all’economia di mercato;
•promuovere il commercio e gli investimenti.
I partenariati hanno inteso inoltre gettare le basi per una cooperazione legislativa, economica, sociale, finanziaria, scientifico civile, tecnologica e culturale.
Come dicevo, recentemente sono balzati sullo scenario politico interbnazionale fatti riguardanti l'Ucraina. Diversi gruppi politici, in Ucraina, sono sempre stati a favore dell'adesione all'Unione Europea e allo sviluppo di legami con l’Europa occidentale. Nel biennio 2013-2014, nonostante un raffreddamento dei rapporti dopo la mancata firma dell'accordo di associazione con l'Ue da parte dell’ex presidente Yanukovych, dovuto principalmente a pesanti pressioni esercitate dalla Russia, è proseguito lo sforzo di cooperazione e di integrazione con l'Unione Europea. Di converso, le popolazioni russofone e russofile della parte orientale del Paese sono favorevoli a più stretti contatti con la Russia.
Dal punto di vista europeo è importante osservare che alcuni paesi dell’Ue sono dubbiosi riguardo alle prospettive per l'Ucraina, questo spiega le tergiversazioni e il “tira e molla” degli ultimi dieci anni; molte di queste perplessità nascono dalla forte componente nazionalistica presente nel Paese. Nel 2002, il Commissario per l'Espansione dell'Unione, Günter Verheugen, disse che "una prospettiva europea per l'Ucraina non significa necessariamente l'ingresso entro 10 o 20 anni; l'adesione è solo una possibilità”. Il 13 gennaio 2005 il Parlamento europeo ha quasi unanimemente (467 voti a favore e 19 contro) approvato una mozione che stabilisce il desiderio del Parlamento di instaurare stretti rapporti con l'Ucraina in vista di una possibilità di ingresso nell'Unione. “Anche se la strada è ancora lunga prima dei negoziati riguardo all'ingresso, la Commissione europea ha stabilito che future candidature non saranno escluse”. Viktor Jušcenko (presidente ucraino dal 2005 al 2010) rispose affermando la sua intenzione di inviare una relazione, concordata all’interno della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI) per assicurare che l'integrazione nell'Ue era possibile e, che se non lo fosse stato, egli l’avrebbe resa possibile. Diversi leader europei diedero il loro sostegno a più stretti rapporti economici con l'Ucraina, ma non si mostrarono disponibili all'ingresso nell'Ue. Il 21 marzo 2005, il Ministro degli esteri polacco Adam Daniel Rotfeld disse « … la Polonia sosterrà, in ogni modo, il desiderio dell'Ucraina di integrarsi nell'Ue, di raggiungere lo status di economia di mercato e di unirsi all'Organizzazione Mondiale del Commercio». Aggiunse anche: «Attualmente, bisognerebbe iniziare a compiere passi concreti verso l'integrazione invece di perdere tempo in discussioni riguardanti l'integrazione». Tre giorni dopo, un sondaggio condotto nei sei maggiori paesi dell'Ue mostrò che gli europei erano più favorevoli ad accettare l'Ucraina come futuro membro dell'Ue piuttosto che ogni altro Paese che si trovava nella condizione di candidato ufficiale. Nell'ottobre 2005 il Presidente della Commissione, José Manuel Durão Barroso, affermò che il futuro dell'Ucraina era all'interno dell'Ue. Il 9 novembre 2005, tuttavia, la Commissione europea sostenne che l'agenda di allargamento dell'Unione (con l'accesso di Croazia e altri Paesi dell'ex Jugoslavia) avrebbe potuto bloccare la possibilità di un futuro accesso di Ucraina, Bielorussia e Moldavia. Il Commissario Olli Rehn sottolineò, inoltre, che l'Ue avrebbe dovuto evitare la superespansione, aggiungendo che l'agenda di allargamento era già abbastanza fitta.
Nel marzo 2007 l'Ue e l'Ucraina ripresero le trattative per un nuovo "maggiore accordo" al fine di istituire una zona di libero commercio e una relazione più stretta nelle questioni della politica energetica, anche se l’Ue si mostrava più scettica riguardo a un accordo ufficiale per la candidatura a membro da parte dell'Ucraina. Il commissario dell'Ue Benita Ferrero-Waldner affermò che l'Ue e l'Ucraina avevano progettato un accordo di associazione.
Dopo l’estromissione di Yanukovych e dopo il via libera della Germania, il 21 di marzo 2014 è stato firmato a Bruxelles l’Accordo Associativo di Partenariato tra Ucraina e Unione Europea, sia pure solo nella suo "blocco politico". E’ lo stesso accordo che si sarebbe dovuto firmare lo scorso novembre, quando Yanukovich decise di soprassedere, preferendo rafforzare il legame con la Russia, che in cambio offriva una compensazione economica, un pacchetto di miliardi di aiuti più vari sconti sul gas importato. La rinuncia di Yanukovich fu la miccia che accese la protesta di piazza Maidan. Esasperati dall’inflazione, dalla mancanza di lavoro, dalla corruzione, “una parte” dei cittadini ucraini sperava nell’Europa, immaginando che l’Ue potesse tirarli fuori dal malgoverno. Giova sottolineare che l’Accordo Associativo di Partenariato non rappresenta di per sé nemmeno un primo passo in vista di un ingresso dell’Ucraina nell’Ue. Ingresso sul quale non c’è una posizione comune nella stessa Ue. Di cosa si tratta allora? del partenariato orientale. Il Partenariato Orientale è un progetto Ue avviato nel dicembre 2008 per iniziativa di Polonia e Svezia sull’onda dello scontro militare tra Georgia e Russia nel Sud Ossezia. Si proponeva di governare i rapporti con le sei ex le Repubbliche dell’Urss, Armenia, Azerbajan, Georgia, Moldavia, Bielorussia e appunto Ucraina. L’idea era quella di sottrarle alla “sfera di influenza” russa e legarle all’Ue attraverso Accordi Associativi (l'Accordo Associativo tra l'unione Europea e i paesi terzi è la base per avviare una stretta cooperazione e può condurre a una successiva partercipazione all'Ue del pese terzo), evitando il tema assai controverso dell’ingresso nell’Unione Europea. Il Partenariato Orientale fornisce un forum per discutere di intese su visti, vincoli doganali, partnership economiche strategiche e altri temi anche politici, legati alla sicurezza, in vista di una zona di libero scambio e libera circolazione che aggiunga all’area Ue i 76 milioni di abitanti dei sei Stati ex Urss, 46 milioni dei quali in Ucraina, principale obiettivo dell’operazione. Vari accordi avevano iniziato a essere negoziati negli ultimi anni, tanto che la firma di quello con l’Ucraina era prevista per la primavera del 2013, poi slittata al novembre. Ma dopo la destituzione di Yanukovich, il nuovo governo provvisorio dichiarò di essere pronto alla firma nel corso del vertice Ue di marzo. Certo, con l’Accordo con l'Ue l’economia dell’Ucraina verrebbe profondamente ristrutturata riducendo drasticamente l’interscambio con la Russia (che dovrebbe metter fine al proprio accordo di libero scambio con l’Ucraina per impedire l’invasione di articoli europei sui suoi mercati), mentre i mercati europei prenderebbero verosimilmente il controllo delle esportazioni ucraine di prodotti agricoli e materie prime. Ben diverso dalla zona doganale euroasiatica a cui mirava Mosca! Per non dire del regime di pesante austerità che sicuramente verrebbe imposto al paese da Troika e Fmi. Per ora tuttavia la firma della parte economica dell’Accordo è stata rinviata a dopo le elezioni di maggio in Ucraina (e nell’Ue), su richiesta dello stesso primo Ministro ucraino Arseniy Yatseniuk. La firma dovrebbe riguardare solo la parte politica. Una serie di dazi sono già stati eliminati dalla Commissione Ue per favorire le merci ucraine, ma non è affatto chiaro chi fornirà all’Ucraina disastrata i miliardi di aiuti di cui ha urgente bisogno, si parla di circa 35 miliardi di dollari per evitare il default; intanto il Fmi ha approvato un prestito di una quindicina di miliardi. I rimanenti chi li fornirà? Gli Usa? L'Ue? E cosa direbbero i cittadini europei se la Ue tanto rigorosa coi paesi membri aprisse la borsa a un paese che membro non è? Chissà che il rinvio sia stato una mossa prudente anche in vista delle elezioni europee?
I pochi articoli dell’Accordo, in discussione già dal 2013, parlano del “dialogo politico da sviluppare in aree di mutuo interesse”. Per “promuovere una graduale convergenza in materia di politica estera e sicurezza, con lo scopo di un coinvolgimento sempre più profondo dell’Ucraina nell’area di sicurezza europea”. Poco oltre si parla di “approfondire la cooperazione tra le parti nei campi della sicurezza e della difesa”. Oltre ad affermare vari principi fra i quali quelli di “indipendenza, sovranità, integrità territoriale e inviolabilità dei confini”. Fuori dal linguaggio felpato della diplomazia pare di capire che l’Ucraina con questo accordo si prepari a entrare magari non nell’Ue ma nella Nato, e comunque a partecipare allo Scudo spaziale europeo ospitando sul suo territorio gli stessi missili Nato che dal 2018 stazioneranno in Polonia – gittata di 3000 km in funzione teorica anti-Iran. Nei preliminari dell'Accordo Associativo, era scritto che l’Ucraina avrebbe dovuto recedere dai trattati a lungo termine che concedono a Mosca l’uso dei porti del Mar Nero, cruciale per la Marina militare russa, dando alla Nato una base avanzata sul confine con la Russia. “Avrebbe dovuto” se Putin, per nulla entusiasta di tale accordo, che il suo ministro degli Esteri Lavrov aveva già bollato come “inaccettabile”, non avesse provveduto a salvare il salvabile - dal suo punto di vista - riannettendo alla Federazione Russa quella Crimea che 60 anni fa Nikita Krusciov, sperando nella vita eterna dell’Urss, aveva regalato all’Ucraina.
A questo punto vorrei accennare a qualcuna delle politiche che l’Unione Europea, e in particolare la Delegazione della Ue in Ucraina, ha portato avanti a partire dal 1991, l’anno dell’indipendenza dalla Unione Sovietica. Dicevo, dunque, che dal 1991 l’Unione Europea e l’Ucraina hanno sviluppato una “increasingly dynamic relationship”. Una relazione sempre più impegnativa che si è tradotta nella realizzazione di alcuni importanti progetti.
L’Ucraina, infatti, è dal 1991, un paese partner nell’ambito della European Neighbourhood Policy e della Eastern Partnership e il quadro dei rapporti giuridici nell’ambito delle relazioni tra l’Ue e l’Ucraina è ancora stabilito dall’Accordo di Partenariato e Cooperazione (APC) del 1998.
In questo breve articolo voglio soffermarmi sull’azione del programma europeo Tacis (Technical Assistance to the Commonwealth of Independent States), programma avviato per promuovere la democratizzazione, il consolidamento dello Stato di diritto e la transizione verso l'economia di mercato dei nuovi Stati indipendenti (NEI), sorti dal collasso dell'Unione sovietica e cioè di Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia, Kazakistan, Kirghizistan, Moldavia, Mongolia, Uzbekistan, Russia, Tagikistan, Turkmenistan e Ucraina.
Il programma fu impostato sulla falsariga del programma PHARE. PHARE, acronimo di Pologne Hongrie Aide pour la Réconstruction Economique, è stato un programma dell'Ue varato nel 1989 (e quindi prima della firma degli APC) per sostenere il passaggio a un’economia di mercato e il consolidamento della democrazia in Polonia e Ungheria. Progressivamente, il piano è stato esteso ad altri Paesi dell’Europa centrale e orientale (PECO) e si è rivelato, nei confronti degli Stati firmatari di accordi con l’Ue, uno strumento utile anche per agevolare il processo di integrazione. A partire dal 2000, è stato proprio il processo di adesione all’Unione europea dei Paesi candidati l’obiettivo primario di Phare. A regime il programma ha interessato iseguenti paesi: Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Romania, Bulgaria, Repubbliche Baltiche (Estonia, Lituania, Lettonia), Slovenia, Albania, Bosnia Erzegovina e Macedonia.
I settori di interesse del programma Phare sono stati.
•banche e servizi finanziari (compresi assicurazioni e crediti all’esportazione)
•promozione degli investimenti
•riforma delle legislazioni economiche (aiuti di Stato, concorrenza, proprietà intellettuale ed industriale, diritto fallimentare, ecc.)
•riforma dell’amministrazione pubblica
•programmi a sostegno delle piccole e medie imprese (creazione di centri di servizi e di informazioni, strumenti finanziari specifici, ecc)
•sostegno al mercato del lavoro e sviluppo delle risorse umane
•ristrutturazione agricola (formazione, ammoderna-mento del settore e investimenti in attività agro-industriali)
•sostegno alla protezione ambientale (per progetti del valore inferiore di 5 milioni di €), in particolare attraverso il controllo delle emissioni industriali inquinanti, l’eliminazione dei rifiuti tossici; la sicurezza nucleare, la formazione di quadri specializzati nel settore
•ristrutturazione del sistema sanitario
•energia, trasporti (progetti del valore inferiore a 5 milioni di €), telecomunicazioni, ricerca
•promozione dello sviluppo della società civile tramite il coinvolgimento di enti, associazioni e organizzazioni non governative
•protezione dei consumatori
•aiuti umanitari e alimentari
•pari opportunità
•azioni regionali integrate.
Il programma Tacis, che si sviluppò dal 2000 al 2006, si fondava sui principi e sugli obiettivi enunciati, sia negli accordi di partenariato e di cooperazione (APC) e, sia negli accordi commerciali e di cooperazione economica tra l'Ue e questi paesi. La data ultima di presentazione di programmi in ambito Tacis si chiuse nel 2006, ma alcuni progetti sono terminati solo da qualche anno. La cooperazione europea si è sviluppata in molte aree per favorire il processo di riforme economiche, politiche e sociali, a partire dal 1991, volto a garantire, nei paesi dell’area NSI, una nuova stabilità politica ed economica. In seguito all’allargamento, l’Unione Europea fa parte di un mercato di 500 milioni di consumatori che hanno bisogno di vaste risorse energetiche e di materie prime dai paesi ex urss. In particolare, dopo la caduta dell’Unione Sovietica, nel 1991, l’Europa ha puntato molto sull’assistenza tecnica, al fine di favorire le riforme economiche e sociali di questi paesi, e, nel 2000, ha creato Tacis, dal quale sono poi nate le organizzazioni, Inogate (Interstate Oil and Gas Transportation to Europe) e Traceca (Transport Corridor Europe-Caucasus-Asia.).
Tutti noi ci rendiamo conto, dunque, di quanto siano stati importanti i programmi di cooperazione europei nei confronti dei paesi dell’ex Unione Sovietica; in particolare, i settori privilegiati dal programma Tacis includevano:
1) Sostegno alle riforme istituzionali, giuridiche ed amministrative.
2) Sostegno al settore privato e sviluppo economico
3) Sviluppo delle reti infrastrutturali
4) Promozione della tutela ambientale
5) Sviluppo della economica rurale
Questi obiettivi sono stati sviluppati mediante:
a) Il trasferimento di conoscenze, competenze e know-how (formazione);
b) La cooperazione industriale e il partenariato;
c) L’assistenza tecnica per accompagnare gli investimenti.
La dotazione finanziaria prevista per i sei anni (dal 2000 al 2006) è stata di 3,138 miliardi di euro. L’assistenza della Comunità è stata prestata sotto forma di aiuti non rimborsabili. Le modalità di programmazione sono state le seguenti:
1. Programmi indicativi che coprono periodi di tre-quattro anni, i quali definiscono gli obiettivi e gli orientamenti principali della cooperazione ed includono previsioni finanziarie indicative.
2. Programmi di azione annuali o biennali basati sui programmi indicativi i quali comprendono un elenco dettagliato dei progetti da finanziare nei settori di cooperazione scelti.
Ogni anno infine la Commissione presentava una relazione sui progressi compiuti nell'attuazione del programma corredata da una valutazione dell'assistenza già fornita e della sua efficacia. La relazione veniva trasmessa a tutte le istituzioni comunitarie. Alla luce di tali relazioni, la Commissione presentava proposte adeguate di modifica del regolamento. Inoltre, la Commissione metteva a disposizione le statistiche sull'aggiudicazione degli appalti.
Il programma Tacis, dunque, è rimasto operativo fino a circa il 2010 ed esso ha, davvero, rappresentato un efficace strumento di sviluppo e cooperazione per i paesi dell’ex Unione Sovietica.
A titolo di esempio voglio descrivere, brevemente, uno dei tanti progetti avviati e finanziati da Tacis nella regione e in particolare in Moldavia secondo le direttive e gli orientamenti già sviluppati in precedenza. Si tratta di un progetto legato alle fonti energetiche e riguarda dunque il settore dell’energia che è stato uno dei più importanti finanziati dal programma Tacis.

moldavia
Cartina della Moldavia

Il progetto riguarda lo sfruttamento delle fonti energetiche alternative ed è uno dei principali argomenti di discussione in tutti i paesi europei. Il titolo del progetto, “Utilizzazione a scopo dimostrativo di fonti energetiche alternative in Moldavia attraverso la sperimentazione colturale (ALTER-ENERGY)”, riassume gli scopi e il contenuto dell'operazione. Il progetto è stato co-finanziato dal Programma TACIS-CBC-SPF.
Lo scopo principale del progetto è quello di sostenere lo sviluppo economico locale, la diversificazione rurale e l'uso di fonti energetiche alternative nel Distretto di Falesti (Moldavia), introducendo e sperimentando colture agricole da utilizzare a scopi energetici, attraverso l'allestimento di un modello agro-industriale indirizzato a produrre bio-combustibili partendo dalle colture oleaginose (girasole e colza).
Le principali attività del progetto prevedevano: la coltivazione sperimentale di colture oleaginose, la trasformazione dei semi di oleaginose e l'esterificazione a bio-diesel, l'uso sperimentale del bio-diesel da utilizzare nei motori per trazione e generare energia elettrica nelle aziende dimostrative, analisi dei risultati di progetto.
Sintesi degli obiettivi del progetto:
1. Migliorare le condizioni economiche del Distretto di Falesti (Moldavia) secondo uno schema di sviluppo ambientalmente sostenibile e secondo uno schema di cooperazione integrata tra istituzioni pubbliche e centri scientifici a livello locale e internazionale, in particolare promuovendo l'auto-sufficienza energetica della regione e migliorando le tecniche agronomiche adottate, attraverso l'utilizzazione di moderne attrezzature e moderne tecnologie.
2. Sostenere pratiche agro-ambientali e miglioramento degli standard del Distretto di Falesti promuovendo l'uso di fonti energetiche alternative e rafforzando la differenziazione nella fornitura di energia, in particolare attraverso l'introduzione di colture di seminativi adatte alla produzione di bio-carburante quali girasole e colza ed il trasferimento di conoscenza e tecnologia dai partners italiani e rumeni ai partners moldavi.
3. Sostenere lo sviluppo delle piccolo-medie imprese locali promuovendo la diversificazione rurale nel Distretto di Falesti.
4. Promuovere l'integrazione dei prodotti della Moldavia rispetto agli standard internazionali e le procedure qualitative.
5. Creare opportunità di lavoro per le popolazioni locali.
6. Migliorare le condizioni di lavoro e la qualità della vita nel Distretto di Falesti attraverso l'aumento del livello di reddito delle popolazioni locali e della loro capacità d'acquisto.
Se inizialmente i programmi di cooperazione hanno fatto parte del braccio di ferro tra Ue e Russia, nella realtà essi hanno raggiunto l'obiettivo di rompere la cesura tra europa occidentale ed ex Urss consentendo a imprenditori, tecnici e ricercatori dei due mondi di collaborare e conoscersi. In quest'azione di collaborazione e cooperazione anche la Russia ha giocato un ruolo importante.
Corrado Caruso
8 marzo 2014

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Tratto da

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www.impresaoggi.com