L'estinzione dei dinosauri di stato. La politica tra il 61 e il 76. Il pendolo della politica.


Il sovrano si rivolge al mercante e con atteggiamento benevolo e disponibile gli chiede: «Che cosa posso fare per voi?» Il mercante risponde: «Maestà, dateci buona moneta e strade sicure, al resto pensiamo noi»
Kant


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Con questo articolo proseguo la pubblicazione di alcuni stralci del mio libro storico-economico L'estinzione dei dinosauri di stato. Il libro racconta i primi sessant'anni della Repubblica soffermandosi sulla nascita, maturità e morte delle grandi istituzioni (partiti, enti economici, sindacati) che hanno caratterizzato questo periodo della nostra storia. La bibliografia sarà riportata nell'ultimo articolo di questa serie di stralci. Il libro può essere acquistato in libreria, in tutte le librerie on-line, oppure on line presso la casa editrice Mind.
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La politica tra il '61 e il '76. Il pendolo della politica.
Il 5 giugno 1973 Fanfani, Moro e Rumor si mettono d’accordo e, con il “patto di Palazzo Giustiniani”, sanciscono il rilancio del centro-sinistra e la nomina di Fanfani alla segreteria, per una “gestione forte” del partito, che consenta di muoversi lungo la linea pendolare dell’anticomunismo e dell’utilizzazione strumentale del Pci come fattore di controllo delle tensioni sociali (Galli, 1993).
Al XII congresso del 6-10 giugno la relazione di Fanfani viene approvata all’unanimità. Il 7 luglio 1973 si ritorna, quindi, con il quarto gabinetto Rumor, alla formula del 1963 (DC, Psi, Psdi e Pri; 7 luglio 1973-14 marzo 1974) e il centro-sinistra galleggia ancora stancamente con il quinto Rumor (tripartito DC, Psi, Psdi; 14 marzo-23 novembre 1974). Il 12 maggio 1974 gli italiani votano no al referendum sull’abrogazione del divorzio (una severa sconfitta per Fanfani che si è battuto con forza a favore dell’abrogazione per catturare il consenso dei moderati) e, in giugno, la DC viene sconfitta alle elezioni regionali sarde.
Nel mese di maggio 1974, durante una manifestazione antifascista, avviene la strage di Piazza della Loggia a Brescia, nell’agosto si consuma l’attentato all’Italicus, in giugno due missini di Padova vengono uccisi dalle Brigate Rosse. Fanfani, per cercare di superare le difficoltà, tenta di riportare la DC su posizioni di blocco d’ordine; il socialdemocratico Tanassi gli fa da battistrada, chiedendo l’uscita del Psi dal Governo. Rumor è costretto a dimettersi e Leone affida l’incarico a Fanfani. Ma la DC non se la sente di rompere nuovamente con i socialisti, boccia l’ipotesi di un Governo Fanfani e l’incarico viene affidato alle doti di mediazione di Moro. Questi, per sottrarsi alla scelta tra Psdi e Psi, vara il quarto gabinetto Moro, un bicolore DC-Pri con l’appoggio esterno di Psi e Psdi (23 novembre 1974-12 febbraio 1976). Scopo della DC è guadagnare qualche mese nell’immobilismo, operazione nella quale Moro è maestro, mentre Fanfani si prepara ad affrontare le elezioni regionali e provinciali della primavera 1975, «scegliendo, questa volta, anziché il tema del divorzio, quello dell’ordine pubblico» (Galli, 1993), mentre i comunisti impostano la loro battaglia con lo slogan delle “mani pulite”.
Il 15 giugno 1975 la DC esce sconfitta dalle elezioni regionali, con il 35% dei voti e con il Pci che la tallona con il 33% (la sinistra, complessivamente, si assesta a soli tre punti sotto il 50%). I democristiani ora non sono più disposti a seguire Fanfani sul percorso del “blocco d’ordine” e gli fanno pagare l’intransigenza tenuta nella campagna antidivorzista e la sconfitta alle regionali. Cosicché, al consiglio nazionale del giugno 1975, Moro, da grande illusionista, “estrae dal cilindro” il nome di Benigno Zaccagnini, il segretario che dovrebbe dare la certezza della volontà di rinnovamento della DC ed «esprimere l’oscillazione della DC verso il Pci» (Galli, 1993). Zaccagnini viene salutato dai suoi sostenitori al canto di Bella Ciao, quasi a rappresentare una continuità con i valori della Resistenza; peraltro alla presidenza viene nominato Fanfani per testimoniare, invece, la continuità di una linea politica che escluda collaborazioni con il Pci. Nel dicembre 1975 De Martino toglie l’appoggio al Governo Moro e chiede la costituzione di un Governo d’emergenza che ottenga l’appoggio del Pci. La DC rifiuta e vara il quinto Governo Moro, un monocolore DC (12 febbraio-31 luglio 1976). Nel marzo 1976 si apre, a Roma, il XIII congresso della DC, che vede contrapposti due schieramenti quasi equivalenti come forze, quello della segreteria e il Daf (dorotei, andreottiani e fanfaniani), che presentano per la segreteria due candidature contrapposte: Zaccagnini, che viene riconfermato con il 51,6% dei voti, e Forlani. A questo punto alla DC si presentano due alternative: avviare un dialogo con i comunisti o andare alle elezioni anticipate. Prevale questa seconda ipotesi e la campagna elettorale del giugno 1976 viene condotta dalla DC puntando sul pericolo di vittoria delle sinistre.
Il Pci non è già più di moda, industriali e grande stampa sono ancora spaventati dal risultato ottenuto dai comunisti nel 1975; per dare un segno tangibile della sintonia con la DC, Confindustria offre la candidatura di Umberto Agnelli, dopo che il fratello Gianni ha rifiutato di presentarsi come candidato del Pri, nelle cui liste entra invece la sorella Susanna. I democristiani, a scapito della destra, mantengono il 38,7% di quattro anni prima e possono essere soddisfatti del risultato; nel 1972 era stata bloccata l’ondata di destra, il 20 giugno 1976 viene bloccata quella di sinistra, la quale raggiunge complessivamente il 46,7% dei voti.
I democristiani vengono premiati da una campagna elettorale basata sul pericolo del sorpasso delle sinistre e sulla tesi della battaglia agli “opposti estremismi”, favorita dall’uccisione – pochi giorni prima delle elezioni – di un comunista da parte di neofascisti al seguito di Saccucci, e del magistrato Francesco Coco e di due poliziotti della sua scorta da parte delle Brigate Rosse. La DC riesce a “tenere”, ma l’elettorato manda un segnale eloquente: quasi tutti i capi storici (Rumor, Piccoli, Bisaglia, Andreotti, Emilio Colombo, Forlani, Gaspari, Carlo Donat Cattin, Vittorino Colombo, Luigi Granelli) perdono consensi, mentre a Milano emergono Massimo De Carolis, leader della maggioranza silenziosa, e Andrea Borruso, dirigente di Comunione e Liberazione. La situazione politica vede comunque contrapposti due schieramenti di uguale forza e alla DC appare evidente la necessità di operare una svolta che le consenta di mantenere il proprio potere.

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18 aprile 2014

Eugenio Caruso da L'estinzione dei dinosauri di stato.



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