XII Conferenza del sistema nazionale per la protezione dell'ambiente.


E' inutile essere ottimisti se non si è, allo stesso tempo, attivi.
Elsa Triolet


Un percorso lungo vent'anni
La legge 61/1994 ha condotto alla riorganizzazione dei controlli ambientali e all’istituzione dell’Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente (Anpa); una legge, scaturita dagli esiti del referendum popolare che ha di fatto sancito la separazione tra i settori della sanità e dell’ambiente, conferendo a quest’ultimo la piena dignità di settore autonomo di politiche di sviluppo. Con l’istituzione dell’Anpa è stato, tra l’altro, colmato un altro gap che caratterizzava l’Italia rispetto ad altre avanzate democrazie occidentali, dove strutture analoghe hanno cominciato a operare a cavallo tra gli anni 60 e 80. La legge 61/94, conferendo il mandato alle Regioni e alle Province autonome di istituire analoghi organismi a livello territoriale, ha posto le premesse per la nascita di un sistema federale di Agenzie per l’ambiente (Anpa, poi Apat, oggi Ispra a livello nazionale, e le Arpa/Appa a livello territoriale), come in parte era stato anticipato con una proposta di riforma del ministero dell’Ambiente che prevedeva la costituzione di un Servizio nazionale per l’ambiente.
Tuttavia, non sono poi seguiti i passaggi, in particolare normativi, necessari alla realizzazione istituzionale e formalmente riconosciuta del sistema, la cui esistenza è ascrivibile soprattutto, se non unicamente, alla volontaristica adesione all’idea fondativa e coesione operativa delle diverse componenti del sistema. è infatti necessario giungere all’istituzione di Ispra e al suo regolamento attuativo (decreto interministeriale 123/2010) affinché venga ufficialmente riconosciuto il Sistema nazionale delle Agenzie e dei controlli in materia ambientale e il ruolo del suo Consiglio federale.
Il regolamento stabilisce che obiettivo prioritario di tale organismo sia lo sviluppo del Sistema, assicurando principalmente l’accuratezza delle misurazioni e il rispetto degli obiettivi di qualità e di convalida dei dati, anche attraverso l’approvazione di sistemi di misurazione, l’adozione di linee guida e l’accreditamento dei laboratori.
Per perseguire tale finalità, è stato predisposto il primo Piano triennale di attività interagenziali, approvato nel gennaio 2010 e portato a termine nel 2013; è in avanzata fase di definizione il secondo piano per il periodo 2014-2016. Nell’ambito del primo piano, il Consiglio federale, mediante l’adozione di proprie delibere, ha reso esecutivi, quantomeno all’interno del Sistema, numerosi strumenti per la regolamentazione delle attività operative, quali linee di indirizzo, linee guida, manuali, criteri metodologici e rassegne. Tuttavia, ancor oggi, tali atti – dove non adottati e ufficializzati da parte dell’Autorità ministeriale, delle Regioni e delle Provincie autonome – non hanno una reale efficacia regolatoria esterna al Sistema ma solo un riconoscimento di autorevolezza e di indirizzo qualificato ed esperto anche da parte del potere giudiziario, a cui frequentemente le diverse componenti del Sistema sono chiamate in forma singola o associata a dare un supporto tecnico e scientifico. A tale problematiche, tra molte altre, dovrebbe dare adeguata risposta la proposta di legge d’iniziativa dei deputati Bratti, Realacci e altri, che oggi, dopo un lungo periodo di gestazione ed elaborazione attraverso diverse legislature, appare prossima alla meta.
Da quel gennaio del 1994 sono passati 20 anni, ma non invano e la dodicesima Conferenza nazionale cade in un momento simbolico, oltre che particolarmente importante per il futuro del Sistema. Infatti, ritengo assolutamente necessario che questo evento rappresenti un’occasione per svolgere un’accurata analisi delle esperienze relative all’ ampio arco temporale di operatività del Sistema, con l’obiettivo di valutarne le positività da consolidare e sviluppare e le criticità da superare.
Si è poi nell’attesa che si completi il processo di riforma del settore attraverso la formale costituzione del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente che, con il superamento delle criticità dell’attuale assetto istituzionale legislativo, ne dovrebbe sancire il definitivo decollo e porlo nel contesto economico-sociale e istituzionale come uno degli attori principali per il successo delle politiche di sostenibilità. Su queste premesse, risultano abbastanza evidenti le soluzioni adottate per il titolo e per l’articolazione del programma della conferenza. "Vent'anni di controlli ambientali. Esperienze e nuove sfide." Il titolo, infatti, vuole essere un chiaro riferimento a questi primi venti anni della riforma dei controlli e i contenuti sono finalizzati essenzialmente a fornire i più significativi elementi di bilancio, sia consuntivo – con riferimento alle esperienze sin qui accumulate –, sia preventivo dei possibili ulteriori contributi che il Sistema può fornire.
Per l’elaborazione di quest’analisi è richiesta un’ampia partecipazione di soggetti esterni e in particolare dei principali stakeholder del sistema, tra i quali ritengo si debba annoverare di diritto la popolazione nel suo complesso. Proprio per perseguire quest’ultima finalità, per la prima volta un tema della conferenza è scelto attraverso un sondaggio pubblico via Internet. Il sondaggio ha anche la finalità di dare una prima risposta – con tutti i limiti dovuti alla statistica che si riuscirà a realizzare – sul livello di conoscenza diffusa delle principali problematiche ambientali. Una partecipazione più diretta degli stakeholder si avrà in sede di Tavola rotonda che avrà la finalità di far conoscere al Sistema quali sono le principali aspettative di tali soggetti.
Se per le valutazioni circa i prossimi sviluppi del sistema è prevista un’ampia apertura a soggetti esterni, l’analisi delle esperienze, le problematiche incontrate, le diverse soluzioni adottate, più o meno efficaci e soprattutto per gli aspetti di natura più meramente tecnica, è stata programmata una sessione più interna al sistema, una sorta di convention nella conferenza.
In tale sede i tecnici del sistema si confronteranno sulle tematiche di maggiore impatto per le attività operative, con l’obiettivo di enucleare le migliori soluzioni adottate nel corso di questi venti anni e selezionare quelle criticità tecniche da affrontate prioritariamente nell’ambito dei piani di attività interagenziali. D’altra parte, le prime conferenze del Sistema, peraltro con cadenza annuale, avevano proprio la finalità di affrontare problematiche tecniche, oltre che creare una maggiore familiarità tra i tecnici del sistema e sviluppare spirito di corpo. Per alcuni temi di particolare spessore, si è ritenuto necessario non imbrigliare la discussione entro i ristretti limiti temporali imposti alle sessioni della conferenza, ma dare la possibilità di un più ampio dibattito per pervenire a tesi condivise da portare successivamente nella sede dell’evento generale nazionale. Per questo motivo la conferenza è preceduta da due side event tematici.
Il primo di questi, sulla qualità dell’aria con particolare riferimento al sistema conoscitivo, certamente tratta una tematica per la quale le competenze del sistema sono piene, sia sul piano tecnico, sia in relazione alle attribuzioni di legge. Per questa tematica, pertanto il sistema è chiamato a dire la sua, soprattutto in termini di soluzioni innovative, per migliorare la situazione complessiva sul piano delle conoscenze e concorrere alle più efficaci azioni di prevenzione. Più complessa la tematica scelta per il secondo evento collaterale, in quanto riguarda i rapporti tra i due ambiti, salute e ambiente, che proprio per effetto della richiamata legge di riforma si sono separati.
Forse, e non voglio entrare in questa sede nel merito di eventuali responsabilità, la riforma è stata intesa troppo letteralmente: separazione nel senso di non comunicazione.
Ora, se è vero e corretto che la riforma è ispirata a un concetto di ambiente più ampio, ovvero come l’insieme delle risorse necessarie al sostentamento dell’umanità, è pur vero che tra le risorse a diritto va collocata la salute pubblica.
Nel prevenire, pertanto, gli impatti delle mutate condizioni ambientali, un posto di tutto rilievo va attribuito a quelli di natura sanitaria.
Ciò non significa che questi debbano diventare una competenza del Sistema, ma certamente sarebbe auspicabile una maggiore collaborazione e l’esistenza, pur nella reciproca autonomia e nella chiara distinzione di ruoli e competenze, di un rapporto realmente efficace e strutturalmente operativo tra i due sistemi sanitario e ambientale: in questi 20 anni, a mio avviso, è stato fatto troppo poco a tal fine ed è quindi assolutamente necessario e non oltre dilazionabile porre il raggiungimento di tale obiettivo tra le priorità dei prossimi anni.
Bernardo De Bernardinis


LOGO ... Tratto da Ecoscienza 1/2014

21 aprile 2014

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