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Marchionne sulla stessa lunghezza d'onda di Renzi

Ha detto esattamente quello che volevo sentire». Sergio Marchionne è in prima fila al Festival dell’Economia di Trento, mentre sul palco parla il premier Matteo Renzi. Un discorso che il numero uno di Fiat Chrysler apprezza. «Vorrei che quello che abbiamo sentito oggi dal presidente Renzi si facesse», dice, parlando soprattutto di riforme e misure per creare il lavoro. Poi, mette in agenda - a settembre - una visita a Detroit insieme al presidente del Consiglio. «Lo aspetto volentieri», dice, convinto che «l’agenda di Renzi è oggi l’unica che abbiamo in Italia e in Europa, spero lo ascoltino».
L’ad del Lingotto, al Festival dell’Economia, fa il punto sui suoi dieci anni alla Fiat. «E’ cambiato il mondo intero» spiega, ma alla crisi di questi anni, secondo il manager, «abbiamo reagito malissimo». Ora «non ci sono alternative, come dice Renzi dobbiamo muoverci». Da quando è arrivato in Fiat ha fatto degli errori?, è la domanda dell’intervistatore, il direttore del Sole 24 ore Napoletano. «Sì, ma non sono disposto a discuterne in pubblico», risponde Marchionne, con un sorriso.
A proposito di cambiamenti, deve muoversi anche l’Europa, spiega il manager. «La Fiat ha aspettato che Bruxelles si muovesse, ma Bruxelles non lo ha fatto. Considerando l’opportunità che si è aperta per noi in America, abbiamo sfruttato quella capacità globale, quella robustezza di risultati per far ripartire il sistema produttivo italiano sfruttando un marchio che è stato storicamente venduto, prendendosi l’impegno a fare ripartire la rete industriale italiana», dice Marchionne, che ribadisce: «La Fiat in questo momento non ha bisogno di Confindustria». Piuttosto, ammette senza peli sulla lingua, «ho bisogno della cassa americana per finanziare l’attività europea».
Racconta Marchionne: «Abbiamo fatto una scelta molto semplice per quanto riguarda Confindustria. Abbiamo trovato tante difficoltà all’interno di Confindustria per fare cambiare le regole confindustriali, per dare la possibilità alla Fiat di avere una serie di contratti direttamente con i nostri lavoratori. Ci è stato detto che per tantissime ragioni non ci saremmo riusciti e la Confindustria non si è messa disposizione per far sì che quella parte di regole che avrebbero impattato sulle relazioni sindacali tra Fiat e i suoi lavoratori potessero essere cambiate». Confrontati con quella scelta e considerati gli impegni che la Fiat doveva prendere per svilupparsi come azienda globale, sottolinea Marchionne, «avevamo bisogno di tranquillità sindacale e ci siamo chiamati fuori» da Confindustria. «Abbiamo continuato un processo con i sindacati firmatari che ha portato grandissimi risultati per la Fiat e per i nostri dipendenti. Chi rimane in Confindustria lo fa per altre ragioni».
Per quanto riguarda il futuro, la prossima mossa è la quotazione in Borsa di Fca. «Entro quest’anno, il mio obiettivo è il primo ottobre», dice Marchionne , che conferma l’impegno per Alfa Romeo, ricordando che nel piano sono previsti «5 miliardi di investimenti per lo sviluppo di architettura e motori. Alla fine andremo a rioccupare tutta la forza lavoro e non avremo eccedenze». Il marchio Lancia, invece, «diventerà un prodotto per il mercato italiano. La Lancia non ha nessun valore sul mercato internazionale - ricorda il manager-. Abbiamo provato in tutti i modi, ma non c’è speranza, la Lancia avrà una contrazione di produzione e resterà nel mercato italiano. Mi spiace ma in tempo di crisi bisogna fare delle scelte» e «senza investire miliardi non riusciamo a darle credibilità che le restituisca sopravvivenza». «Mi spiace -conclude- daremo al presidente della Repubblica un’altra macchina, gli faremo una Maserati».
Avanti tutta, invece, con il Biscione. «Fino al 2018 non costruiremo Alfa Romeo fuori dall’Italia, poi forse, se ci sarà il successo di vendite che ci aspettiamo, bisognerà forse produrre anche all’estero», spiega Marchionne. «Pensate a tutti i modelli Bmw e pensate anche che tra 5 anni ci sarà una sorella Alfa che li batterà». C’è spazio anche per il mercato cinese. «Arriviamo tardi ma apriremo un secondo stabilimento prossimamente. Prevediamo di vendere circa mezzo milione di Jeep entro il 2018. Occorre ragionare bene sui modelli da proporre a quel mercato».
Per quanto riguarda l’occupazione, dice l’ad di Fca, «mi piacerebbe dare un bonus anche ai lavoratori italiani, ma vorrei un punto di riferimento nella ripartenza dell’industria, ma l’industria non riparte. Alla Chrysler è stato fatto, ad esempio». Nel suo intervento, Renzi ha parlato di Termini Imerese. Un nodo difficile da sciogliere. La Fiat è «a disposizione di tutti i governi» per risolvere la questione di Termini Imerese ma lo stabilimento «continua a essere non utilizzabile per la produzione di auto», ribadisce Marchionne, invitando a «stare attenti» a parlare di aiuti ricevuti dalla casa automobilistica: «attenti a credere in tutto». «Il sussidio, se ricevuto, la Fiat l’ha ripagato in multipli, è costato finanziariamente una barca di soldi - ha spiegato - Per ogni vettura prodotta a Termini Imerese perdevano 1500-1600 euro».
Marchionne non glissa sulla questione sindacale. - «Ho ottimi rapporti con i sindacati firmatari. Se Fiom e Cgil vogliono aggiungersi li aspettiamo», dice. «Il 60 per cento dei lavoratori - ha ricordato - ha scelto il contratto. Mi sembra che basti». Il contratto è aperto, prosegue. « La Cgil e la Fiom possono possono associarsi quando vogliono». «Se parla con la Camusso - dice rispondendo ad una domanda proveniente dal pubblico - le dica che l’attendo volentieri, lo firmiamo insieme il contratto».
Da lastampa.it
1 giugno 2014

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Tratto da lastampa.it

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