L'estinzione dei dinosauri di stato. I rampanti anni ottanta.


Il sovrano si rivolge al mercante e con atteggiamento benevolo e disponibile gli chiede: «Che cosa posso fare per voi?» Il mercante risponde: «Maestà, dateci buona moneta e strade sicure, al resto pensiamo noi»
Kant


Copertina

Con questo articolo proseguo la pubblicazione di alcuni stralci del mio libro storico-economico L'estinzione dei dinosauri di stato. Il libro racconta i primi sessant'anni della Repubblica soffermandosi sulla nascita, maturità e morte delle grandi istituzioni (partiti, enti economici, sindacati) che hanno caratterizzato questo periodo della nostra storia. La bibliografia sarà riportata nell'ultimo articolo di questa serie di stralci. Il libro può essere acquistato in libreria, in tutte le librerie on-line, oppure on line presso la casa editrice Mind.
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I RAMPANTI ANNI OTTANTA
Gli anni Settanta si erano chiusi con una lunga scia di sangue lasciata dal terrorismo rosso. Vengono uccisi: il 29 novembre 1977, a Torino, il giornalista Carlo Casalegno; il 24 gennaio 1979, a Genova, il sindacalista Guido Rossa; il 29 gennaio, a Milano, il magistrato Emilio Alessandrini; il 9 marzo, a Torino, uno studente; il 31 marzo, a Cuneo un imprenditore; il 29 marzo, a Roma, un consigliere provinciale DC; il 3 maggio, di nuovo a Roma, due agenti; il 21 settembre, a Torino, un dirigente Fiat; il 31 novembre, a Genova, un maresciallo e un carabiniere. La follia terrorista, di matrice sia brigatista sia neofascista, non ancora sazia di sangue, lutti e sofferenze, continua ad accanirsi contro vittime innocenti. Negli anni Ottanta prosegue, infatti, la lunga serie di uccisioni: il 28 gennaio 1980 viene assassinato a Venezia, il vicedirettore del Petrolchimico di Marghera; il 2 febbraio, a Monza, i responsabili della produzione dell’Icmesa di Seveso; il 12 febbraio, a Roma, il magistrato Vittorio Bachelet; il 10 aprile, a Torino, un agente di una polizia privata; il 18 maggio, in Campania, un assessore regionale democristiano; il 28 maggio, a Milano, il giornalista Walter Tobagi; il 23 giugno, a Roma, il sostituto procuratore Mario Amato; il 23 dicembre, ancora nella capitale, il generale Enrico Riziero Galvaligi.
Il 2 agosto 1980 il Paese è colpito da un’orrenda strage: un ordigno esplosivo, collocato nella stazione di Bologna, provoca 85 morti e 200 feriti; le responsabilità del massacro non saranno mai accertate, anche se la lapide apposta sull’edificio sentenzia che gli attentatori furono fascisti.
Nel novembre 1980 alle stragi si aggiungono le calamità naturali: un terremoto colpisce l’Irpinia, facendo 2.914 morti, quasi 9.000 feriti, creando 280.000 sfollati e distruggendo centinaia di paesi. Per la ricostruzione il Governo stanzia 60mila miliardi ma, nonostante questo notevole sforzo, dopo più di dieci anni, i senzatetto saranno ancora numerosi. Gran parte della somma stanziata dallo Stato finisce, infatti, nelle mani del sottobosco criminale locale e servirà a costruire enormi fortune personali. Afferma Mack Smith: «Quest’episodio confermò in molti osservatori l’opinione che nel Mezzogiorno d’Italia vigessero standard inconsueti di comportamento sociale; e furono fatti confronti schiaccianti con il terremoto di quattro anni prima in Friuli, dove fondi pubblici molto più esigui avevano in breve tempo rivitalizzato un vasto territorio» (Mack Smith, 1997). Nell’estate 1980 il Cossiga bis prepara un “pacchetto economico” sulla cui urgenza i parlamentari sembrano d’accordo; il pacchetto però impone sacrifici ed espone i politici all’impopolarità. Tutti, a parole, sono convinti della necessità di un provvedimento di austerità, ma tra Montecitorio e Palazzo Madama i parlamentari, con una moltitudine di emendamenti, cercano di scaricare i sacrifici da una categoria all’altra, nella più collaudata logica del corporativismo. Nella votazione a scrutinio segreto il “decretone” viene bocciato e Cossiga rassegna immediatamente le dimissioni. L’opinione pubblica mostra segni di irritazione, ma la logica dei partiti è un’altra: qualunque cosa accada, nulla cambia, morto un Governo se ne fa un altro. Così nell’ottobre 1980, il segretario della DC Arnaldo Forlani, politico senza nemici, grazie al suo carattere accomodante e alla mancanza di contenuti delle sue enunciazioni politiche, vara una riedizione di centro-sinistra “organico” (quadripartito DC, Psi, Psdi, Pri; 18 ottobre 1980-28 giugno 1981) e cerca di arginare l’inflazione, con un forte aumento del tasso di sconto. La recessione è immediata e, con la benedizione del Pci, inizia un periodo di scioperi duri. Ma questa volta l’atteggiamento dei lavoratori non ha più quella caratteristica di compattezza di una volta; la Triplice (Cgil, Cisl e Uil), inoltre, è sottoposta a forti pressioni di tipo corporativo che ne indeboliscono l’azione.
Il Governo Forlani ha vita dura e travagliata, viene battuto più volte alla Camera e al Senato, e perde anche sul fronte del referendum sull’aborto. Il 17 maggio 1981 ben il 68% dei votanti dice sì alla legalizzazione; in sostanza vota no all’abrogazione di alcune norme della legge 194 sull’aborto per restringere i casi di liceità. Il Governo passa definitivamente dall’infanzia alla morte quando, nel maggio 1981, “inciampa” nello scandalo P2.
Il 13 dicembre dello stesso anno il generale Wojciech Jaruzelski impone la legge marziale in Polonia; i carri armati dilagano nelle strade delle maggiori città e l’intero stato maggiore del sindacato Solidarnosc viene imprigionato. Berlinguer è costretto ad ammettere: «Ciò che è avvenuto in Polonia ci induce a considerare che effettivamente la capacità propulsiva di rinnovamento delle società, o almeno di alcune società che si sono create all’Est europeo, è venuta esaurendosi».

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13 giugno 2014

Eugenio Caruso da L'estinzione dei dinosauri di stato.



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