Il lusso e il made in Italy


La felicità appartine a coloro che bastano a se stessi.
Aristotele


Il lusso è nel dna del made in Italy.
Non sorprende, pertanto, che tra le prime 75 grandi imprese del fashion nel mondo ben 23 siano italiane, come viene riportato dalla ricerca della Deloitte su Global powers of luxury goods. Però il plotoncino di società tricolori hanno "solo" il 18,6% di quota di mercato internazionale (all'interno del campione dei 75 super-top), mentre ad esempio le 11 società francesi hanno il 27,4% di quote di mercato e le americane - diciassette - si collocano al 24,1%.
Dunque, le imprese italiane del settore del lusso sono belle e apprezzate ma piccole - in relazione alle altre - anche se ovviamente ci sono le eccezioni: la prima e la più grande è Luxottica, che si piazza al quarto posto, seguita da Prada (al quattordicesimo) da Armani (ventesimo) dalla holding di Renzo Rosso (23esimo) e Max Mara al 26esimo. La più piccola tra le grandi è Pomellato (all'ultimo posto della classifica mondiale). Occorre comunque dire che si tratta di un settore molto concentrato: i primi dieci gruppi del lusso generano fatturato per circa il 55% del volume totale delle vendite, che vede la top Lvmh, seguita da Compagnie financiere Richemont e da Estee Lauder.
Il settore fashion comunque continua a crescere, più delle imprese specializzate nei prodotti di consumo e più delle economie globali e il fattore di traino, spiega Patrizia Arienti nell'ambito della ricerca, è sempre più legato "a fattori quali i flussi turistici". Complessivamente i 75 più grandi gruppi hanno registrato un tasso di crescita del fatturato pari al 12,6% nell'anno fiscale 2013 (che in realtà considera tutte le chiusure di bilancio entro giugno scorso). Il plotoncino delle italiane è nella media (12,4%) mentre la Francia è molto più forte (19,4%) e la Svizzera si piazza al 14,5%. C'è però tra le italiane chi fa meglio e registra tassi di crescita "francesi", come nel caso di Prada, Ferragamo e Moncler.

23 luglio 2014 - Eugenio Caruso

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