Inquinamento: polveri e ozono fuori controllo


Scrivo per i posteri, è a loro che voglio essere utile, affidando alle mie pagine consigli salutari, come se fossero ricette di medicine, delle quali io stesso ho sperimentato l'efficacia sulle mie ferite.
Seneca, Lettere a Lucilio


Il 2015 è appena iniziato e la situazione dell’inquinamento atmosferico è già fuori controllo, con 32 capoluoghi che hanno registrato, dall’inizio dell’anno a oggi, oltre 10 giorni di superamento della soglia massima giornaliera consentita di Pm10 e 14 che hanno registrato un superamento un giorno su due. Tra queste, tutti i principali centri urbani dell’area padana e alcune grandi città del centro sud, come Roma (12 giorni di superamento) e Napoli (11).
Ad aprire la classifica delle città più colpite dalle polveri sottili del 2015 ci sono Frosinone e Parma con 20 giorni di superamento del limite. Un dato in linea con l’anno appena concluso, come dimostrano i dati relativi al 2014 sull’inquinamento atmosferico derivante dalle polveri sottili (o particolato atmosferico), dall’ozono troposferico (Vedi nota a margine) e dagli ossidi di azoto nelle nostre città.
Dal monitoraggio fatto dalla campagna di Legambiente "Pm10 ti tengo d’occhio" infatti, nel 2014 sono risultati ben 33 su 88 i capoluoghi (il 37% di quelli monitorati) in cui almeno una centralina di monitoraggio urbana ha superato il limite di 35 giorni oltre la soglia massima ammissibile per il Pm10. Anche qui, al primo posto Frosinone con 110 giorni di superamento, seguita da Alessandria (86) e al terzo posto a pari merito Torino, Vicenza e Benevento (77).
Per gli altri inquinanti il bilancio è relativo al 2013: sono 11 su 63 le città in cui sono stati superati i limiti previsti per il Pm2,5 (26mg/mc come media annuale); situazione critica anche per il biossido di azoto dove il 18% dei capoluoghi sono risultati fuori dal limite medio annuo e decisamente più critica la situazione relativa all’ozono troposferico (O3) in cui il 59% delle città monitorate (50 su 86) ha superato i 25 giorni previsti dalla legge.
Anche se si registra un miglioramento generalizzato dell’inquinamento atmosferico nelle nostre città e una riduzione nelle emissioni di alcuni inquinanti negli ultimi anni, i livelli di esposizione dei cittadini rimangono elevati e spesso ancora ben oltre le soglie consentite dalla normativa. La cattiva qualità dell’aria nelle aree urbane inoltre è alla base di una procedura d’infrazione relativa alla mancata applicazione della direttiva 2008/50/Ce aperta nel luglio scorso. Eppure l’Italia era stata già condannata tre anni fa relativamente ai superamenti di Pm10 per il periodo 2006-2007 in 55 diverse zone e agglomerati italiani. Nonostante ciò, 13 delle 55 aree già condannate hanno continuato a superare costantemente i limiti per il PM10 anche nel periodo 2008-2012 e si ritrovano di nuovo sotto indagine insieme ad altre 6 nuove zone.
Nel 2014 sono stati monitorati 88 capoluoghi di provincia (raccogliendo i dati dai siti delle Arpa, delle Regioni o delle Province disponibili) di cui 33 (cioè il 37%) hanno registrato superamenti del limite in almeno una delle centraline. Da sottolineare che Frosinone ha superato il limite addirittura di tre volte, Alessandria di due volte e mezza, Benevento Vicenza Torino Lodi e Cremona sono oltre il doppio dei giorni consentiti mentre Avellino, Milano, Venezia e Asti non lo doppiano per poco. Tra le situazioni più preoccupanti relativamente al Pm10, va segnalato come in Veneto il 92% delle centraline urbane monitorate abbiano superato il limite dei 35 giorni consentiti (solo a Belluno non ci sono stati superamenti); in Lombardia il 68% delle centraline urbane ha superato il limite e tutte le centraline urbane presenti a Milano, Brescia, Lodi, Mantova, Monza e Pavia hanno superato il limite dei 35 giorni; Como, Lecco, Sondrio e Varese non hanno registrato superamenti. In Piemonte il 50% delle centraline ha superato il limite; particolarmente difficile la situazione ad Alessandria e Torino che presentano tutte le centraline ampiamente oltre il limite. In Campania il 44% delle centraline urbane è fuori dai limiti, con Benevento e Avellino dove tutte le centraline hanno superato il limite dei 35 giorni, mentre nel Lazio ed in Emilia Romagna, si è avuta la stessa situazione rispettivamente per il 33% e 30% delle centraline.
L'associazione chiede un piano di intervento urgente che incida sulle politiche relative alle fonti di inquinamento: da più rapide approvazioni delle Autorizzazione Integrate Ambientali all'emancipazione dei combustibili fossili, dalla riqualificazione energetica alla questione dei trasporti: l’Italia continua ad avere il record per numero di auto per abitante, 65 ogni 100 contro una media europea di 48. Altro record negativo: in Europa l'Italia vanta il triste primato delle morti premature dovute a inquinamento da ozono (“Rapporto sulla Qualità dell’aria 2014”, Agenzia Europea per l’Ambiente): circa 3.400 vittime all’anno (dato relativo al 2011), mentre per quanto riguarda le morti premature dovute alle polveri sottili (Pm2,5), nello stesso anno ci siamo attestati al secondo posto con circa 64.000 vittime, dietro alla Germania. Secondo le ultime stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e della Commissione Europea l’inquinamento atmosferico in Europa ha causato oltre 400mila morti premature con costi, per i vari sistemi sanitari, che oscillano tra i 330 e i 940 miliardi di euro all’anno.
A livello europeo - ricorda Legambiente - sarà determinante l’approvazione del pacchetto europeo sulla qualità dell’aria presentato a fine 2013. Uno strumento che porterebbe alla riduzione di 58mila morti premature e a benefici economici stimabili in 40 – 140 miliardi di euro per anno.
Ma non è il solo tipo di inquinamento che preoccupa i Paesi europei, come evidenziano le stime del recente rapporto dell’Agenzia Europea per l’Ambiente, “Noise in Europe 2014” infatti, quasi il 20% della popolazione dell’Unione Europea (oltre 125 milioni di persone) è sottoposta a livelli di inquinamento acustico considerati inaccettabili, per lo più derivanti dal traffico. L’Italia su questo fronte è ancora in grande ritardo, come dimostra anche in questo caso l’apertura di una procedura di infrazione specifica avviata nell’aprile del 2013 e in fase di messa in mora: l’inadempienza riguarda l’incompletezza dei dati forniti sulla mappatura del territorio, dei piani di azione per la riduzione dell'inquinamento da rumore e l’inadeguatezza della comunicazione ai cittadini, previsti dalla normativa.
ADNCRONOS


Dove e perchè si forma l'ozono troposferico.
Introduzione
Con il termine ozono troposferico s'intende l'ozono (molecola composta da tre atomi di ossigeno) presente nei bassi strati dell'atmosfera, in quello strato d'aria cioè che è a diretto contatto con la superficie terrestre . Ricordiamo, a tal proposito, che la troposfera si estende alle medie latitudini fino ad un'altezza media di circa 10-12 Km. L'ozono troposferico è il principale e più facilmente misurabile tracciante dell’inquinamento fotochimico. Con questo termine si intende l’insieme estremamente elevato di reazioni chimiche, la maggior parte delle quali vengono catalizzate dalla radiazione solare (da qui il prefisso "foto" = luce) che avvengono nella bassa troposfera. Tali reazioni portano, in condizioni critiche, a ciò che viene denominato "smog fotochimico", l'insieme dei composti inquinanti presenti in aria che si formano, soprattutto durante i mesi estivi quando la radiazione solare è molto elevata.
I processi di formazione dell'ozono troposferico
- produzione naturale
Nell'affrontare il discorso relativo alla produzione dell'ozono troposferico occorre ricordare che questo è un inquinante "secondario", cioè non viene direttamente immesso in atmosfera ma si forma per reazioni tra composti che vengono generalmente definiti "precursori". Queste specie sono essenzialmente schematizzabili in due grandi categorie - ossidi di azoto e composti organici volatili - perciò, a parte alcuni casi che verranno elencati si dovrà considerare l'immissione in atmosfera di precursori che in seguito, reagendo con l'ossigeno e le altre specie chimiche già presenti, danno origine a ozono e altri prodotti dello "smog fotochimico".
Eventi particolari che portano a un aumento delle concentrazioni di ozono nella troposfera non riconducibili direttamente ai meccanismi chimico-fisici, né imputabili all'intervento dell'uomo sono:
a) episodi di "intrusione" da parte di ozono proveniente dalla stratosfera, causati da particolari condizioni meteorologiche quali forti scambi verticali verso i bassi strati;
b) fenomeni elettrici atmosferici
Relativamente alla produzione di precursori si può schematicamente parlare di origine biogenica ed antropogenica, differenziando quest'ultima in una produzione naturale ed una dovuta alle attività umane.
Per quanto riguarda la produzione naturale, l’apporto al fenomeno è diversificato in funzione delle località: a esempio negli USA, per via della più elevata superficie a foreste, è sicuramente più rilevante che in Europa. Relativamente agli ossidi di azoto, ogni processo di combustione, naturale o artificiale che sia, porta alla loro produzione: esempi sono dati dalle emissioni vulcaniche, dagli incendi spontanei e dai processi di fermentazione batterica.
Più articolato invece è il discorso per i composti organici biogenici.
Si possono distinguere essenzialmente due contributi: uno dato dagli idrocarburi alifatici e aromatici e l’altro dal terpene ed i suoi derivati. I primi entrano in atmosfera attraverso una serie di processi biogeochimici alcuni dei quali ancora sconosciuti. Si sa con certezza invece che vengono emessi dalla fermentazione enterica (intestinale) negli animali, dalle coltivazioni intensive di alcuni prodotti (ad esempio il riso), dai rifiuti domestici e dalle zone umide della Terra.
Relativamente alle emissioni di terpene e composti derivati i problemi sono maggiori in quanto se per gli idrocarburi alifatici ed aromatici una loro misurazione risultava sufficiente per determinare il probabile contributo alla formazione di ozono, per questo gruppo di composti il numero e la complessità delle reazioni in atmosfera è tale per cui i tentativi di correlare le concentrazioni rilevate con l’apporto fornito alla crescita di O3 risultano di difficile attuabilità. Le fonti principali di emissioni in atmosfera di terpeni sono le foreste, i quantitativi emessi dipendono dal tipo di vegetazione e di clima. I composti non metanici prodotti dalle piante sono oltre 400 (compresi aldeidi, chetoni, acidi organici, alcoli, alcani, alcheni, isoprene e derivati del terpene), però le conoscenze sull’andamento delle emissioni e sul comportamento si limitano soprattutto all’isoprene e alle specie del monoterpene. Per queste ultime non è ancora del tutto chiaro il meccanismo di formazione: si pensa comunque sia correlato alla fotosintesi e non alla fotorespirazione. Le emissioni di monoterpene dipendono fortemente dalla temperatura ma non dall’intensità della luce, infatti queste continuano anche durante le ore notturne. Per contro la produzione dell’isoprene è dipendente da entrambi i fattori e si riduce praticamente a zero durante la notte. Da ciò si capisce come tali fenomeni abbiano degli andamenti stagionali con i valori di picco nei mesi estivi.
Si può affermare che gli alberi decidui sono produttori di isoprene mentre le conifere emettono monoterpene, anche se questa generalizzazione può mascherare una situazione più complessa, data dal fatto che all’interno di una stessa famiglia di piante ci sono alcune specie emettitrici ed altre non-emettitrici. Alcuni studi suggeriscono comunque che sotto particolari condizioni, basse concentrazioni di NOx, il terpene e i suoi derivati possono agire come distruttori di ozono. Come si può intuire le problematiche aperte restano numerose.
- Produzione antropica
Anche per quel che riguarda la produzione antropica vengono considerate le emissioni degli inquinanti primari maggiormente responsabili della produzione di smog fotochimico. Si tratteranno in particolare le emissioni di ossidi di azoto (NOx)e di composti organici volatili (COV). Le sorgenti di ossidi di azoto sono concentrate soprattutto nelle aree industrializzate e densamente popolate dove la presenza di agglomerati urbani e di fabbriche incide fortemente sullo stato di inquinamento dell’aria. La fonte di maggior emissione è rappresentata dal traffico veicolare, in particolar modo nei centri urbani, mentre nelle periferie risulta dominante la produzione industriale, in particolare quella delle centrali energetiche a combustione fossile, di una certa entità sono anche i contributi dati dagli impianti di riscaldamento. Riguardo ai composti organici emessi, le sorgenti antropiche sono rappresentate dai processi industriali, in particolare dall’uso di solventi, e dal traffico urbano. Risulta in ogni caso difficile indicare un tipo di sorgente come emettitrice di un determinato composto in concentrazioni note a causa dell’enorme quantità di sostanze organiche liberate in atmosfera. Non tutte queste inoltre giocano il medesimo ruolo nella formazione degli ossidanti fotochimici poichè, a causa della diversa reattività, hanno tempi di residenza diversi.

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Impresa Oggi - 04-02-2015


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