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Comunicazione d'impresa. N.2 - La rivista specializzata


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2. Come impostare un articolo tecnico

Come illustrato finora gli articoli della rivista specializzata rivestono un ruolo rilevante nell’ambito della formazione continua delle risorse umane, sia dell’impresa, sia della pubblica amministrazione.
Pertanto tali articoli devono soddisfare una serie di requisiti.

  1. Avere un contenuto informativo che crei valore per il lettore.
  2. Non deludere dal punto di vista del rigore scientifico.
  3. Essere scritti in modo chiaro.
  4. Rendere scorrevole la sua lettura.

Nel mio percorso professionale mi è capitato spesso di svolgere il compito di supervisore interno di articoli scientifici o tecnici e di referee per riviste italiane e straniere. Ho avuto, pertanto, l’occasione di constatare che, a volte, gli articoli scritti dalle strutture tecniche sono pesanti e poco chiari.
La mia esperienza parte dal periodo in cui, giovane professore universitario, ero stato accolto sotto la protezione di un professore anziano che non perdeva, però, occasione di umiliarmi (così credevo) mostrandomi come fossero poco chiari gli articoli scientifici che mi apprestavo ad inviare a qualche rivista.
Il rispetto che provavo per il mio mentore mi consentì di far tacere l’orgoglio e di imparare a scrivere un articolo tecnico o scientifico, avendo come obiettivi i seguenti punti.

  1. Fare in modo che l’articolo aggiunga valore al settore tecnico o scientifico cui fa riferimento.
  2. Rendere l’articolo invitante per il lettore.
  3. Ottimizzare la comprensione.
  4. Rendere la lettura più fluida e veloce possibile.

Con il tempo si acquisiscono le tecniche della comunicazione scritta e ciascuno può elaborare il proprio articolo secondo i vari schemi che si trovano nei manuali della comunicazione.
Io personalmente, ho elaborato il seguente schema, che, con alcune semplici regole, consente di rendere gli articoli "leggibili".

Articolare l'elaborato in tre periodi.

  1. Una presentazione, che ha la funzione di catturare l'interesse del lettore e spingerlo a proseguire; un modo efficace è rifarsi  a ciò che è familiare o noto. Questo approccio predispone favorevolmente alla lettura.
  1. Una parte centrale, cui è affidato il compito di sviluppare gli argomenti per i quali l'articolo viene scritto. In questa fase dell’articolo chi scrive deve verificare che ogni frase sia in grado di creare valore e, cioè, di soddisfare uno dei seguenti obiettivi: trasferire nuove conoscenze, addestrare, indurre all’azione, trasmettere informazioni. Se la frase non crea valore va o rafforzata o eliminata.
  1. Una conclusione che specifichi in modo conciso il messaggio che l'autore vuole trasmettere.

Altre regole sono.

  1. Dividere l'articolo in paragrafi. I paragrafi introducono sinteticamente gli argomenti, segnalano al lettore che è iniziata un'altra fase della trattazione, rendono la lettura più fruibile.
  1. Limitare il numero di argomenti trattati per ciascun paragrafo.
  1. Articolare ogni argomento in tre fasi: ciò che è familiare, ciò che è noto, ciò che è nuovo.
  1. Creare raccordi efficaci tra le frasi all'interno del paragrafo e tra i paragrafi. In assenza di raccordi, i lettori faticano ad individuare il collegamento tra le idee e a seguire lo sviluppo logico della trattazione. Mantenere una forte continuità logica tra le varie parti dell’articolo; le discontinuità sono causa di disagio per il lettore.
  1. Utilizzare elementi di stacco (senza esagerazioni). I grassetti, gli elenchi puntati o numerati, gli spazi bianchi, la grafica riducono lo sforzo mentale da parte del lettore. I blocchi di testo troppo lunghi vanno sempre spezzati.

Ulteriori regole importanti per la compilazione di un buon articolo tecnico scientifico sono.

  1. Effettuare un editing finale sui contenuti, sullo stile e sull'accuratezza. Una regola d'oro è “Un paragrafo non deve contenere frasi non necessarie e la frase non deve contenere parole non necessarie. Quindi eliminare ogni verbosità (3) accorciando le frasi e finalizzando ogni parola!". Eliminare frasi e parole gergali, il linguaggio burocratico e ridurre al minimo l’uso di parole ed espressioni anglosassoni. Seguendo la regoletta “Soggetto, predicato, complemento” si guadagna in stringatezza e chiarezza.
  2. Controllare che l’introduzione sia coinvolgente e in grado di catturare l’attenzione del lettore.
  3. Molti autori fanno un uso esagerato dei superlativi o degli aggettivi che esprimono gradevolezza o forza: formidabile, superiore, impressionante, buono, bello, forte. Giova tener presente che non sono gli aggettivi che convincono il lettore, ma gli aspetti di novità illustrati nell’articolo e la sua scorrevolezza. L’abuso di aggettivi e superlativi può diventare irritante.
  4. Limitare l’ampiezza e la profondità dell’articolo, rimandando, se del caso, a note o appendici, oppure distribuire l’argomentazione tecnico o scientifica su due o più articoli.
  5. Individuare alcune frasi chiave che restino impresse nella memoria del lettore.
  6. Molte frasi e parole possono essere sostituite da istogrammi e grafici a torta che non fanno risparmiare spazio ma che offrono al lettore uno stacco visivo ed hanno, in genere, un impatto superiore al testo scritto.
  7. Fare leggere l’articolo a qualcuno di cui ci si fidi; l’occhio di un’altra persona vede con una prospettiva diversa da quella dell’autore.

3. La pubblicità nella rivista specializzata

Un ruolo altrettanto importante svolge, nella rivista specializzata, l’inserzione pubblicitaria. Basta pensare che gli investimenti pubblicitari  nei giornali di settore sono in continua crescita segnando addirittura un +30% nel 2005.

In generale, in questo ambito la pubblicità non sottostà alle regole e alle mode imposte dagli art directors perché, anch’essa, svolge un ruolo prevalentemente informativo, anche se non può sfuggire ad alcuni principi base che la rendono efficace.
Decenni di pubblicità e di esperienze sul campo hanno mostrato, infatti,  l'importanza degli aspetti scientifici della pubblicità.
Oggi si sa come e perché la pubblicità funziona, come costruire una strategia della pubblicità che dia ai creativi la possibilità di sviluppare il proprio ingegno,  come superare le "obiezioni" di un cliente sempre più smaliziato e preparato, come superare le critiche di coloro che affermano che la saturazione pubblicitaria porta a limitare la forza del messaggio.

Va comunque sottolineato che la pubblicità è una comunicazione persuasoria che, paradossalmente, spesso, non parte dall'impresa ma dal cliente. Infatti, mode, struttura dei bisogni, sistema dei valori, atteggiamenti, comportamenti professionali condizionano fortemente il messaggio pubblicitario in una sorta di circolo virtuoso tra i bisogni consci o inconsci dei clienti e la risposta in termini di offerta pubblicitaria.
È ovvio che il messaggio pubblicitario, destinato al cliente, raggiunge indirettamente tutto il sistema degli stakeholder, pertanto l'immagine che si vuole trasmettere deve essere chiara e veritiera, deve mettere in rilievo che l'eccellenza dell'impresa si fonda su competenze distintive reali ed essenziali per il fruitore del messaggio. Pertanto.

  1. La creazione dell'immagine dell'impresa dovrà basarsi su prove che hanno suscitato testimonianze da parte degli stakeholder; si tratta quindi di gestire queste prove.
  2. Un'accorta gestione dell'immagine viene confermata, sia dalla fierezza dell'appartenenza che mostra il personale, sia dal compiacimento o dall'orgoglio dei clienti di essere serviti da quell'impresa.
  3. L'immagine deve poter sfumare nell'identità aziendale e cioè nella sua anima e nel suo cuore, nell'allineamento di tutti agli obiettivi dell'impresa e nel conseguente impegno comune verso il perseguimento degli obiettivi e dei valori aziendali.

Occorre inoltre osservare che la crescente omogeneità e standardizzazione dell'offerta e la sua preponderanza sulla domanda, uniti ad una concorrenza, spesso sleale  dei paesi di nuova industrializzazione, portano, necessariamente, a dematerializzare il messaggio pubblicitario e a creare un mondo complesso e fatto di sfumature che vanno trattate con estrema sensibilità, proprio come se il prodotto fosse una persona della quale apprezzare la personalità, il carattere, lo stile, i valori, la  missione.
Tradizionalmente si distinguono, a grandi linee, due stili di messaggio pubblicitario che sono funzione del fatto che ci si voglia rivolgere alla testa o al cuore del cliente.

  1. Il primo, atto a creare una risposta logica, è razionale, informativo e diretto a stimolare l'acquisto di un prodotto perché migliore.
  1. Il secondo atto a creare una risposta basata su sentimenti e atteggiamenti, è emozionale, sottile e indiretto nello stimolare atmosfere, sensazioni, desideri positivi nei confronti del prodotto .

Lo stile emozionale tocca un vasto spettro di stati d'animo. Specialmente quando si deve vendere un bene del quale il cliente non ha un bisogno immediato e prioritario, la pubblicità deve saper offrire la risposta ai bisogni di sicurezza e di appagamento, perché essi sono gli elementi che rendono desiderabile il prodotto e, soprattutto, lo differenziano dalla concorrenza.
L’importanza dello stile emozionale è stato messo in evidenza dal rinnovato interesse dei pubblicitari (negli spot televisivi e nella cartellonistica) per i messaggi subliminali che fanno riferimento al sesso.

È interessante notare che, nel settembre 2006, Ernesto Pala, Presidente del centro media Zenith Optimedia, e quindi persona neutrale rispetto ai vari strumenti della Comunicazione, ha osservato. «Noi pubblicitari usiamo solitamente questo tipo di prodotti come complemento a campagne di più ampio respiro che coinvolgono più mezzi». Confermando che le inserzioni sulle riviste di settore sono tra le più efficaci in assoluto ha completato il proprio pensiero concludendo «A ben vedere nei momenti di maggiore intimità, come può essere quello in cui si va a letto, si porta con sé  la propria rivista preferita. E, solitamente, la si legge dalla prima all’ultima pagina. In altre parole, l’empatia tra lettore e il prodotto editoriale è altissima».

3.1  La pubblicità nel business to business

Un discorso specifico merita la pubblicità nel business to business (4), in particolare quello che riguarda la piccola e media impresa.
È difficile che la piccola e media impresa abbia le risorse economiche per ricorrere alla televisione o alla radio, d'altra parte, nel b2b, anche la grande impresa, generalmente, non ha interesse a questi mezzi di comunicazione, in quanto, per lo più, poco efficaci. Fanno eccezione le multinazionali e i grandi gruppi che con la pubblicità mediatica sostengono la forza del marchio.
L'azione pubblicitaria delle piccole e medie imprese, nel b2b, si sviluppa sostanzialmente con inserzioni nelle riviste specializzate, altroché con qualche sponsorizzazione e la presenza su Internet.

S'è detto, precedentemente, che la pubblicità si articola in due momenti, quello razionale e quello emozionale.
Lo stile logico razionale è rappresentato dalla pubblicità comparativa, dalla comparazione indiretta (5), dagli articoli tecnici e dalla pubblicità che troviamo nelle riviste specialistiche.

Ma, le moderne tecniche di comunicazione fanno entrare lo stile emozionale anche in quello razionale. Sfogliando le riviste tecniche possiamo trovare compressori sui quali sono adagiate belle ragazze, impianti chimici utilizzati come strutture per acrobati da circo, macchinari con lo sfondo di una superficie lunare o di una catena montuosa. Molto apprezzata è stata, ad esempio, l’inserzione pubblicitaria di una marca di trattori, apparsa nel 2006 su riviste di settore, che mostrava la notissima locandina del film Il Signore degli Anelli ove il titolo era sostituito da Il Signore dei Trattori.

Giova, però, notare che l’abuso o il ricorso banale all’emozione possono portare ad un rifiuto da parte del potenziale cliente che si accorge dell’intento manipolatorio della comunicazione pubblicitaria..

3.2 Come avviare una campagna pubblicitaria

Un’indagine condotta dall’ANES ha messo in evidenza che il 90 % degli inserzionisti delle riviste specializzate, una volta presa la decisione di avviare una campagna pubblicitaria, si rivolge direttamente alla redazione della rivista individuata come più adeguata per le proprie intenzioni comunicative.
Il rimanente 10 % si rivolge a ad uno studio di grafica pubblicitaria oppure ad un’agenzia pubblicitaria.
Io stesso ho avuto modo di verificare la professionalità dei grafici e dei creativi delle case editrici di periodici specializzati. Inoltre, una casa editrice ben strutturata è spesso in grado di offrire un servizio più completo come l’organizzazione di convegni, eventi o altre manifestazioni.
Nel caso in cui un imprenditore decida di avviare una campagna di comunicazione può pertanto affidarsi a tre soggetti.

  1. La casa editrice che produce la rivista specializzata del proprio settore.
  2. Uno studio di grafica con il quale, probabilmente, ha da tempo contatti per la produzione di cataloghi e depliant.
  3. Un’agenzia pubblicitaria, nel caso in cui l’impresa voglia avviare una campagna pubblicitaria a tappeto su quotidiani, radio e Tv locali.

Una volta individuato, il soggetto cui affidare l’incarico di avviare la campagna pubblicitaria, esso deve essere messo al corrente sul messaggio che si vuole trasmettere, e sul mercato target al quale si vuole far pervenire il messaggio.
Avendo come vincoli il "cosa dire" e "a chi dirlo", il soggetto attuatore si preoccupa del "come dirlo", anzitutto attraverso la scelta dei mezzi.
A livello di pianificazione della strategia pubblicitaria si suole affermare che occorre essere in grado di dare risposta alle seguenti domande: «A chi vogliamo dire cosa, perché, quando, con quali effetti».

Tuttavia la campagna pubblicitaria deve nascere sulle fondamenta di un’idea precisa del ruolo che la pubblicità deve giocare e qui si sviluppa la strategia creativa, il momento cardine della campagna pubblicitaria. Infatti la strategia creativa deve identificare gli elementi da evidenziare perché il cliente scelga quel prodotto e non quello della concorrenza.

Gli elementi sui quali agire sono sostanzialmente tre.

  1. La promessa di offrire un beneficio al cliente, o di risolvergli un problema, o di dargli maggiore sicurezza. La promessa deve diventare la prima associazione che il cliente collega al prodotto.
  1. La prova e cioè le argomentazioni che rendono credibile ed esclusiva la promessa. A volte questo elemento è il più difficile da identificare; ma è meglio non avere argomentazioni che adottarne di superficiali o irrilevanti, nel qual caso si avrebbe un effetto boomerang.
  1. La personalità e il carattere del prodotto: tecnologico, amico dell’ambiente, dal design accattivante, ad esempio.

Occorre sottolineare che una “buona promessa” è la forza competitiva del prodotto se punta sul miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza del lavoro, sul risparmio di tempo, sulla riduzione di discussioni e riunioni, se incide sui costi e migliora la rapidità di intervento sul mercato.


(3) Frase verbosa: «Io penso che, a questo punto, sia chiaramente necessario mostrare come una frase chiara e scorrevole abbia una forza decisamente superiore ad una frase verbosa». Frase stringata: «Affronto ora l’argomento della necessità che il discorso sia chiaro e scorrevole».

(4) Ricordiamo che il business to business, spesso sintetizzato con b2b, rappresenta il rapporto di scambio tra due imprese. Si differenzia dal business to consumer (b2c) ove il rapporto è tra un’impresa e il consumatore.

(5) Ad esempio: I nostri elettro generatori funzionano a gasolio e a gas (sottinteso quelli della concorrenza no).



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