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Comunicazione d'impresa N. 7. Gli altri strumenti della Comunicazione.

Io per me sono consapevole di non essere sapiente affatto.

Socrate



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Premessa (seguito di Comunicazione d'impresa N. 6)

Questa serie di articoli (in fondo sono citati tutti gli altri) che, nell’insieme, costituiscono una sorta di manuale della comunicazione indirizzato prevalentemente alle piccole e medie imprese, si conclude con l’analisi di tutti gli altri strumenti della comunicazione che, pur interessando una percentuale minore delle piccole e medie imprese, in alcuni casi possono essere elementi efficaci ed unici.

1. La televisione

Nel campo della comunicazione di massa un discorso un po’ approfondito merita la televisione, importante strumento pubblicitario delle grandi e piccole imprese; le prime, grazie alle reti nazionali, le seconde, grazie alle reti locali.
Dagli anni cinquanta, in Italia, la televisione ha fatto passi da gigante e ha contribuito enormemente all'evoluzione della società.
Con il tempo la televisione è diventata la compagna e l'elemento di socializzazione di bambini, giovani, adulti e anziani; ciò che compare sul video è la realtà, o la proiezione immaginifica della realtà, il video è l'elemento per avere visibilità nella vita, schermo e realtà si sono fusi nell'immaginario della gente.
McLuhan afferma "Il medium è il messaggio" la televisione è immagine e il messaggio sta nell'immagine.
Uno studio recente ha mostrato che nelle trasmissioni delle grandi reti nazionali il “gossip” sta occupando fette di palinsesto sempre più importanti.
Fortunatamente, questo susseguirsi di "spazzatura" é alternato da prodotti di alta qualità: gli spot televisivi. In gran parte di essi si nota la mano di un'ottima regia e la fantasia di creativi, che in venti - trenta secondi sono in grado di trasmettere un messaggio pubblicitario che può decidere della sorte del prodotto reclamizzato, degli attori, del regista, dell'agenzia.

Ma per capire la pubblicità televisiva dobbiamo affrontare il problema in modo più vasto e generale. Possiamo, ad esempio, partire da due definizioni, apparentemente contrastanti, che due grandi teorici della televisione ci hanno fornito già negli anni sessanta:

  • da un lato Raymond Williams sostiene che «la pubblicità non è più semplicemente un modo di vendere beni, ma una vera e propria parte della cultura di una società»;
  • dall'altro lato Marshall McLuhan sostiene che «storici e archeologi scopriranno un giorno che i richiami pubblicitari della nostra epoca sono le riflessioni quotidiane più ricche e più fedeli che mai una società abbia fatto sull'intero campo delle sue attività».

Forse le idee di entrambi si equivalgono nel senso che queste riflessioni denoterebbero lo stato della civiltà che le ha prodotte e il grado cui è arrivata la pubblicità.
È, comunque, doveroso chiedersi la genesi di questo bombardamento pubblicitario che entra direttamente nelle case attraverso le centinaia di spot teletrasmessi in un sol giorno con un ritmo che è costante, ritmato, ininterrotto, su tutte le reti televisive.
Chi è l'inventore della tecnica del martellamento pubblicitario? Negli anni cinquanta - sessanta, chiamato persuasore occulto, il pubblicitario fa leva sui bisogni inconsci della gente per vendere un determinato prodotto: un po' tecnico, un po' artista, ma soprattutto grande esperto di relazioni umane, il creativo pubblicitario, nelle sue ricerche, si è sempre avvalso, ieri come oggi, di metodi scientifici quale psichiatria, psicanalisi, sociologia, statistica.
Molti anni sono passati da quando, negli stessi anni cinquanta - sessanta nacquero forti correnti di pensiero che contestavano la scienza del comportamento e la ricerca motivazionale, studiate per orientare i mercati; queste correnti contestavano una società dei consumi modellata da una comunicazione basata sul principio della persuasione dell’inconscio.
Giova, ora, analizzare che influenza questo principio può avere sui vari segmenti della popolazione.
La nostra società è passata attraverso la contestazione giovanile della fine degli anni sessanta e i giovani hanno acquisito nuovi valori, nuove abitudini e una grande autonomia che li porta, spesso, a trascorrere il proprio tempo libero fuori di casa con gli amici o in discoteca; se essi vivono una vita sana non è certo la pubblicità che può influenzare negativamente la loro crescita.
L'adulto, oggi, ha una vita sociale abbastanza vivace, ha riscoperto il cinema e il teatro, spesso ha del tempo libero da dedicare agli hobby, agli amici e allo sport, e le occasioni di socializzazione sono molteplici.
Da quanto posso osservare da amici che hanno dei bambini piccoli noto che è facile arricchire la loro vita di interessi e motivazioni che non siano strettamente legati alla televisione e quindi agli eventuali messaggi che essa può trasmettere; l'uso delle cassette e dei Dvd riduce drasticamente l'eventuale contaminazione.
Esiste, obiettivamente in tutti i paesi, un'importante fascia di forti "consumatori della pubblicità", specie tra gli anziani e le persone con scarsa scolarizzazione.
Ma, qual è l'influenza che la comunicazione pubblicitaria può avere su di essi?
Forse quella di creare un piccolo universo di fantasie e di sogni che aiuta a rendere più allegra la vita, forse quella di mitigare sentimenti drammatici, arcaici tabù o paure, stemperandoli nell'ironia e infondendo laicità alla vita, forse quella di consentire ad anime insonni o minate dall’ansia o dalla depressione di affacciarsi ad una finestra virtuale, che può fungere da placebo o da compagno.
È difficile trovare diabolica una scienza il cui obiettivo è dare al prossimo ciò che desidera.

2. La radio

Il potere di questo medium lo si scopre, quando i giovani si chiudono nella loro camera per ascoltare l’emittente preferita, quando il pensionato passeggia nei viali dei giardini con la radiolina all'orecchio, quando l'adulto viaggia in macchina con la compagnia di una radio; i notiziari, i segnali orari, i bollettini meteorologici, le notizie sul traffico, le notizie sportive hanno trasformato la radio nel sistema nervoso dell'informazione.
Se l'alfabetizzazione aveva portato all'individualismo, la stampa al nazionalismo, la radio riporta al localismo, al nucleo familiare e ad una sorta di arcaico tribalismo.
Secondo l’ultimo rapporto del Censis sui media, la radio si conferma nella sua vocazione musicale, giovanile e amicale e gli ascolti sono in continua leggera crescita. Si ascolta essenzialmente per la musica che trasmette (50%), soprattutto fra i giovani (67%) e per i servizi informativi e formativi per un pubblico adulto.
Il Censis ha riscontrato una significativa fidelizzazione con l'emittente, dato che il 30% del campione interpellato afferma che la propria radio è quasi sempre sintonizzata sulla stazione preferita.
Dagli anni sessanta la radio offre ai giovani, sia la possibilità di chiudersi in una propria privacy, sia di stabilire un legame tribale con gli altri membri del gruppo.
Occorre notare che la radio è un medium bifronte, da un lato restringe il mondo alle dimensioni della propria camera o della propria auto e si rivolge alle necessità personali dell'individuo nelle diverse ore del giorno, dall'altro partecipa all'estensione sensoriale dell'uomo, avviata dall'era dell'elettricità, inserendo il parametro della velocità nella trasmissione delle informazioni, e diventando, pertanto, un elemento di stimolo per gli altri media.
Giova notare che, per lo più, l’utente della radio è diverso dall’utente televisivo; forti ascoltatori della radio sono i giovani e le persone che per ragioni di lavoro si muovono molto in macchina. Generalmente i due diversi gruppi ascoltano radio diverse e queste, pertanto, trasmettono messaggi pubblicitari diversi.
Questa considerazione generale non è sempre vera e un esperto di marketing si accorge immediatamente che, a volte, il messaggio pubblicitario è rivolto a un target sbagliato.
Se un’impresa si appoggia a un’agenzia pubblicitaria per proporre messaggi pubblicitari alla radio faccia sempre un serio monitoraggio sulla tipologia dell’emittente proposta, sull’ascoltatore tipico di quella radio, sull’ora in cui il messaggio verrà trasmesso.
Per la radio valgono le stesse considerazioni fatte per la televisione; le reti nazionali interessano i grandi gruppi allo scopo di rafforzare il marchio, le radio locali o minori sono efficaci strumenti di comunicazione per le piccole e medie imprese.

3. I quotidiani

Secondo l’ultimo rapporto del Censis sui media i quotidiani non mostrano, rispetto agli anni precedenti, nessuna novità sul piano della diffusione, che resta sostanzialmente stabile e decisamente bassa, rispetto al resto dell’Europa (da circa vent'anni il numero giornaliero di quotidiani letti in Italia è di circa sei milioni).
Viene, peraltro, confermato il loro ruolo imprescindibile nell'ambito della comunicazione.
I quotidiani sono percepiti, da chi li legge, come:

  • uno strumento fondamentale "per capire i fatti che accadono" (40%),
  • "un'abitudine difficile da interrompere" (30%),
  • “un’abitudine indiretta”, dato che circa il 29% dice di leggerlo "perché qualcuno in casa lo compra".

Di un certo interesse sono anche le indicazioni su come dovrebbe essere il quotidiano ideale:

  • facile da maneggiare (26%),
  • meno costoso (24%),
  • con articoli brevi (20%),
  • che sappia raccontare i fatti, non in maniera agguerrita e ansiogena, bensì con un tono pacato (18%).

Da alcuni anni è andata diffondendosi, anche in Italia, la free-press; si tratta di quotidiani distribuiti gratuitamente nelle grandi città e che riportano solo notizie. Questi quotidiani sono anche chiamati "giornali radio stampati", infatti, alle notizie, date in forma molto stringata, si alternano brevi inserzioni pubblicitarie che rendono economicamente vantaggiosa l'iniziativa. Su questi quotidiani trovano spazio inserzioni pubblicitarie anche di piccole e medie imprese che hanno l’ambizione di farsi conoscere a livello nazionale, senza dover sostenere i costi elevati dei quotidiani nazionali.
Come per televisione e radio anche nel settore dei quotidiani esiste il segmento distribuito a livello nazionale e quello a livello locale; ad esempio, dove vivo, nella Brianza lecchese ha una buona diffusione La Provincia di Lecco.
Questi giornali locali sono molto ricchi di inserzioni pubblicitarie riguardanti il settore del piccolo e medio commercio (abbigliamento, arredamento, autosaloni, giardinaggio) i servizi locali, anche di grandi gruppi (assicurazioni, agenzie di viaggi, centri di telefonia, centri di autonoleggio, agenzie per il lavoro, ambulatori e studi medici privati, agenzie immobiliari), il settore dell’intrattenimento (ballo, palestre, ristoranti, pizzerie, centri benessere, libri che parlano dell’area).

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