L’operare senza  regole è il più faticoso mestiere che esista.
    Manzoni


Questo è l’ottavo di una serie di articoli tutti mirati a illustrare i  vantaggi per l’impresa di un forte orientamento al marketing. Per il capitolo 7  clicca qui. Per il Capitolo 9 clicca qui. 
Con il termine comunicazione intendiamo,  sia quella che deve o dovrebbe circolare all'interno dell'impresa, sia quella  che l'impresa trasmette verso l'esterno nell'ambito delle proprie attività di  marketing mix. Di tutta l'attività del marketing operativo si ritiene utile  dedicare uno spazio maggiore alla comunicazione perché essa è un elemento  cruciale della vita aziendale e perché dipende da una serie di componenti  psicologiche che è necessario conoscere.
1. Comunicazione verso l'interno
La comunicazione all'interno dell'impresa  è uno degli strumenti base di successo; facile a dirsi, ma non a realizzarsi.  Ostacoli alla comunicazione nell’impresa, sono: le differenti esperienze del  personale, i diversi gradi di cultura, preparazione, addestramento e mentalità,  le diverse abitudini, una sottostima dell'importanza della funzione, una  volontà di non diffondere le informazioni, la gelosia. Esistono anche ostacoli  alla veridicità dell'informazione in base alla filosofia delle buone notizie o della bella figura nei confronti  dei capi; nella comunicazione si tende, spesso, a dar rilievo ai fatti positivi  e a trascurare quelli negativi. 
  In un'impresa moderna la gestione della  comunicazione è una funzione fondamentale; per ottimizzare questo processo il  l'imprenditore, o un suo stretto collaboratore, dovrà impegnare molte energie  al fine di sensibilizzare le persone a leggere e ad ascoltare, di creare un  clima per la libera circolazione delle informazioni e delle idee, di creare gli  strumenti per la circolazione delle informazioni, di far sì che la politica  aziendale sia recepita da tutti in modo chiaro (quest'attenzione facilita i  processi decisionali anche ai livelli più bassi), venga, in pratica, attuato il  modello dell'open-book management.
  Quando si è parlato d'impresa moderna è  stato più volte sottolineato il valore della responsabilizzazione dei  dipendenti in modo che essi, superato il ruolo della semplice dipendenza, si  sentano portati a giocare quello della partnership (Moglia, 1998); per arrivare  a questa conquista l'impresa deve comportarsi in modo trasparente. 
  Ogni dipendente deve essere messo nelle  condizioni di valutare come sta andando lui stesso, il suo reparto, l'azienda;  se non ha una chiara visione di che cosa ci si attende da lui, di come può  contribuire al raggiungimento dei traguardi aziendali e se quanto fa non gli  viene riconosciuto e non gli porta vantaggi concreti non potrà mai diventare un  partner di quell'impresa (Ivancic, 1998).
2 Il database marketing
In generale, un'impresa dispone di una  serie d'informazioni che vengono raccolte e gestite secondo il  vecchio modello della gestione per obiettivi.
  L'ufficio acquisti gestisce gelosamente il  proprio database fornitori, l'ufficio contratti quello delle offerte, la  direzione amministrativa quello dei contratti, la direzione marketing ha la  propria mailing list cui inviare cataloghi e materiale pubblicitario e attivare  le iniziative di direct marketing, l'amministratore delegato ha un proprio  elenco di "personalità" da coinvolgere in occasione di avvenimenti  topici per l'impresa, la direzione del personale dispone di curricula di potenziali collaboratori e  consulenti e ovviamente il nominativo e le funzioni di tutti i dipendenti. 
  D'altra parte, nel modello dell'impresa a  rete (Caruso, 2003), sappiamo che l'insieme dei dipendenti, dei fornitori, dei  clienti, dei collaboratori esterni costituisce l'insieme degli stakeholder, sul  quale si basa la struttura dell'impresa moderna; sembra pertanto paradossale che  le informazioni riguardanti tutti questi soggetti, che pure fanno parte di  un'unica realtà, vivano all'interno di archivi indipendenti non integrati tra  loro e spesso realizzati solo sotto forma cartacea.
Per superare questi inconvenienti, le  aziende più avanzate nell'adozione di strumenti di marketing innovativi hanno  introdotto la funzione del database marketing (Linton, 1996),  ovvero l'introduzione delle tecniche dell'information technology nel marketing  management. Questa funzione consente di tenere sotto controllo almeno i  seguenti elementi.
  - La gestione in tempo reale di un database  contenente dati su client, prospect (1) e suspect (2), sui contatti avvenuti, sulle offerte emesse e sulla  loro conclusione, sui motivi della non trasformazione di un'offerta in ordine,  sugli ordini ricevuti.
- L'identificazione dei clienti a maggiore  potenzialità con cui sviluppare relazioni finalizzate a generare repeat businesses.
- La classificazione degli schemi e delle  abitudini d'acquisto dei clienti e delle loro risposte alle varie iniziative di  marketing.
- L'identificazione dei decision-maker e del loro atteggiamento nei confronti dell'impresa.
- L'identificazione dei principali concorrenti.
- L'identificazione dei clienti passati alla  concorrenza o strappati alla concorrenza e le possibili spiegazioni.
- Il marketing mix aziendale.
- Lo sviluppo di modelli previsionali che  consentano di comunicare da parte della persona giusta, nella forma giusta, al  momento giusto, alla persona giusta.
- Una mailing list per l'invio di comunicazioni  periodiche.
- Elenchi per lo sviluppo di offerte promozionali  mirate.
- Dati sul mercato, ricavati da: questionari,  contatti da fiere, reclami, ricerche ad-hoc, informazioni provenienti dai  canali della distribuzione.
- Dati sull'efficacia dei diversi tipi di  promozione commerciale condotti dall'azienda.
- Dati sui fornitori e sul legame di partnership  instaurato con l'azienda.
- Dati sui collaboratori esterni e sui risultati  ottenuti grazie alla loro collaborazione.
Va sottolineato che i dati archiviati devono  avere il massimo grado di attendibilità; il databasemarketing funziona efficacemente solo se le basi di partenza sono  certe. Chi ha gestito, a esempio, database di aziende sa che la percentuale di  modifiche, ogni anno, può superare il 30%. Il database ha un senso solo se  viene aggiornato con frequenza almeno annuale. Ciò comporta un costo non  indifferente pertanto l'impresa che decide di servirsi della  funzione del database marketing deve mettere in preventivo oltre ai costi di  realizzazione dell'archivio informatico centralizzato anche i relativi costi di  manutenzione. 
  La realizzazione del database  centralizzato e dei relativi programmi di gestione non è un'operazione  semplice. È opportuno partire dalla mailing listdella direzione marketing che normalmente contiene l'elenco di  client, prospect e suspect, attorno alla quale costruire il database completo,  con i tempi fisiologici necessari perché tutte le persone da coinvolgere  vengano coinvolte e addestrate e tutti gli elementi citati nell'elenco di cui  sopra vengano progressivamente inseriti.
  E’ utile ricordare che lo strumento del  data base è stato introdotto, inizialmente, nell'ambito delle attività di  direct marketing del modello classico. Con l'introduzione del modello  relazionale il direct marketing ha ampliato la portata della propria azione  introducendo il targeted relationship marketing, al fine di trasformare i  clienti in clienti fedeli (Stone, 1988) e il successivo customer relationship management (vedi Conquistare e fidelizzare il cliente)  ,  al fine di ottenere una vera e propria gestione del cliente (Caruso, 2009).  Giova ricordare che l'azienda, che utilizza un database contenente informazioni  su altre aziende e persone, deve attenersi alla regolamentazione imposta  dall'authority sulla privacy. 
  Di norma, responsabile della funzione database  marketing è un dirigente, o un quadro, al quale è affidato il compito della  corretta gestione del database centralizzato. È suo compito stabilire le  autorizzazioni e individuare i diversi livelli di accesso:
  - Abilitato a inserire o a modificare i programmi.
- Abilitato a inserire o a modificare i dati e le  informazioni di propria competenza. 
- Abilitato alla sola lettura di tutti i dati e le  informazioni.
- Abilitato solo alla lettura di alcuni dati e di alcune  informazioni. 
Il responsabile dovrà fare controlli per  verificare che chi inserisce i dati e le informazioni non lo faccia con  atteggiamenti troppo ottimistico (la filosofia delle buone notizie) o troppo  pessimistico (ispirato da atteggiamento lassista), tali da compromettere la  certezza dei dati e la solidità delle informazioni ricavabili.
Il data base marketing è un'attività che  richiede investimenti materiali e immateriali, essa, pertanto, deve essere  organizzata in modo che l'impresa, in tempo reale, possa ottenere risposte  certe ad un certo numero di domande, quali.
  - Chi sono e quanti sono i nostri clienti e i  nostri key-client.
- Quali sono le loro caratteristiche.
- Abbiamo individuato le loro aspettative.
- Siamo in grado di comunicare con i loro  decision-maker.
- Quali prospect hanno le stesse caratteristiche  dei clienti acquisiti.
- Che azioni dobbiamo compiere per trasformare un  prospect in un client.
- Sappiamo realizzare il massimo business con i  clienti fidelizzati.
- Quali altri prodotti potrebbero essere offerti a  quel segmento di mercato.
- Quali segmenti offrono le maggiori probabilità  di crescita.
- Quali sono i segmenti più remunerativi.
- Quali sono i clienti più importanti di ciascun  segmento.
- I clienti sono soddisfatti dei nostri servizi  after-sale.
- Quanto ci costa la promozione verso ogni  key-client.
- Abbiamo una visione chiara del perché alcune  nostre offerte non si sono trasformate in ordini.
- Abbiamo un'idea dei problemi che l'offerta  dell'impresa incontra sul mercato.
- Sappiamo quale è l'attività promozionale della  concorrenza nei confronti dei nostri key-client.
- Abbiamo un'esatta visione dei reali bisogni dei  nostri clienti.
- Siamo certi che le nostre attività di marketing  siano le più adatte, in relazione ai bisogni e alle caratteristiche dei  clienti.
- Quali sono le iniziative di marketing che riescono  meglio a influenzare la loro decisione d'acquisto.
- A fronte dei bisogni manifestati dai clienti,  abbiamo individuato cosa dobbiamo fare per soddisfare quei bisogni.
- Siamo certi che le informazioni possedute  dall'impresa raggiungano tutti coloro che ne potrebbero avere bisogno.
- Quali sono stati i risultati di una campagna di  direct marketing.
- Che tasso di redemption hanno le  nostre attività di direct marketing.
- Abbiamo un sistema di controllo della nostra  comunicazione.
- Siamo in grado di valutare l'efficacia dei  nostri canali di distribuzione.
- Siamo in grado di compilare un questionario per  un direct mail, una ricerca di marketing o un'attività di telemarketing.
- Siamo in grado di dare al mercato le  informazioni esatte sulla nostra azienda.
- La comunicazione verso l'esterno è omogenea e  chiara.
- Siamo in grado di segmentare il mercato per le  nostre attività promozionali.
- Siamo in grado di segmentare l'offerta.
- Cosa potrebbe accadere se decidessimo di  cambiare la nostra strategia di marketing.
- Conosciamo la nostra concorrenza e la sua  strategia di marketing.
Disporre di dati informatizzati e di  facile leggibilità, che possano dare risposte alle domande succitate, consente  un approccio più scientifico a tutte le attività di marketing dell'azienda,  facilita la compilazione dei piani di marketing, è un supporto fondamentale per  l'area degli obiettivi globali e per la scelta delle strategie. 
  È evidente che acquisire la capacità di  rispondere, in tempo reale, alle domande sopra elencate richiede la costruzione  di un sistema informatico aziendale che dovrà crescere in modo omogeneo, con  continuità, con la certezza da parte di tutti del suo valore e senza l'angoscia  di dover finire (infatti non si finirà mai); è un'attività da grande, come da  piccola impresa, tutto dipende dalle risorse che l'impresa può dedicarvi.
  Il database marketing è una funzione  fondamentale del marketing relazionale. Quando il valore economico di  un'impresa nasce dal tessuto delle sue relazioni, il database delle relazioni è  in, un certo senso, la cassaforte dei valori aziendali. Nel database  non solo vengono classificate le relazioni, ma vengono archiviate anche le  decisioni riguardanti il loro sviluppo, mantenimento o abbandono. 
  Nel  modello relazionale gli obiettivi primari da conseguire, grazie alla funzione  del database marketing, sono indicati  nel seguito:
  - La fidelizzazione totale del cliente (il valore  di un cliente dura tutta la vita).
- La conservazione di ciascuna relazione e il suo  progressivo inserimento nelle catene del valore dell'impresa.
- La trasformazione di una relazione (in  particolare un fornitore importante o un cliente la cui produzione dipenda dal  nostro prodotto) in partnership.
- La conoscenza, sia delle caratteristiche del  mercato, che delle strategie di produzione e di vendita dei clienti.
- La conoscenza delle attività di riorganizzazione  aziendale dei clienti.
- La capacità di formulare una "specifica  offerta" per uno "specifico cliente".
- La definizione di strategie adatte ad  influenzare le modalità d'acquisto dei clienti.
- La definizione del prezzo ottimale per ciascuna  categoria di cliente.
- Favorire le vendite con la tecnica del  telemarketing o del direct mail, grazie alla capacità di stabilire un rapporto  quasi del tipo one to one con ciascun cliente.
- Fare sentire il cliente come socio di un  "club esclusivo".
- Personalizzare l'assistenza ai clienti.
- Valutare, con un buon grado di affidabilità,  l'efficacia delle azioni promozionali condotte e migliorarne i risultati.
- Avviare iniziative volte al coinvolgimento di  fornitori e clienti nella realizzazione del commercio elettronico.
 
Un data base relazionale aggiornato e  dinamico consente di contattare i singoli soggetti della rete al momento  opportuno e con la proposta più appropriata. Senza questo strumento, e nella  necessità di dover adottare il modello del marketing relazionale, si rischia il  caos all'interno dell'impresa (nessuno sa cosa fare esattamente e tutti fanno  tutto) e il disorientamento del cliente.
3 Comunicazione verso l'esterno
Come già detto, oltre alla comunicazione  interna all'azienda, esiste anche quella che l'impresa rivolge verso l'esterno, quella che nell'ambito del marketing  operativo, abbiamo chiamato Promotion.
     La conoscenza, da parte del potenziale  acquirente, dell'esistenza sul mercato di un bene o di un servizio e delle sue  caratteristiche è alla base di qualsiasi attività di vendita (Caruso, 2005). 
  È questo un argomento particolarmente  importante e complesso, ma se ne farà solo un breve cenno. Va comunque detto  che, come il prezzo, di cui si è già parlato, anche la comunicazione sul  prodotto è essa stessa un prodotto. 
  Esistono vari mezzi che consentono di  effettuare la comunicazione verso l'esterno: la stampa (in particolare le  riviste specializzate), le fiere, il call center, la posta, la radio, la televisione,  Internet, il direct marketing, il contatto diretto, la cartellonistica; ognuno  di questi ha un costo e una specificità rispetto al prodotto o all'impresa.
  In generale l'ideazione, lo sviluppo e  l'attuazione di una strategia di comunicazione dovrebbero rispettare gli otto  principi introdotti da Brochand e Lendrevie (Brochand, 1987).
  - Principio  di esistenza.  La strategia di  comunicazione deve essere scritta, conosciuta e accettata da tutti coloro che  sono direttamente coinvolti.
- Principio  di continuità. Una strategia di comunicazione deve essere concepita per  durare.
- Principio  di differenziazione. Va creato un codice di comunicazione che sia in grado  di dare al "prodotto" un'identità precisa e di assegnare, agli occhi  del cliente, un valore esclusivo a quel "prodotto".
- Principio  di chiarezza. Una buona comunicazione deve basarsi su idee forti e  semplici.
- Principio  di realismo. Non fissare obiettivi sproporzionati alla capacità di offerta.
- Principio  di adattamento. La comunicazione deve adattarsi ai diversi strumenti usati:  Pr, stampa, etere, riviste specializzate.
- Principio  di coerenza. In nessun caso vanno create situazioni in cui le informazioni  trasmesse sul "prodotto" possano essere percepite dal cliente come  incoerenti.
- Principio  di accettabilità interna. È necessario che la comunicazione e i suoi  messaggi siano compresi non solo dai clienti ma anche dalle risorse umane  interne all'azienda.
Un altro elemento da chiarire è la  differenza tra comunicazione, informazione e pubblicità (Di Stefano, 1997);  questa precisazione è importante poiché esiste uno strumento di comunicazione  l'infomercial,  che consiste in pubblicità data sotto forma di informazione oggettiva. 
  Questo strumento, che è,  deontologicamente, scorretto, è stato oggetto di contestazione da parte degli  ordini dei giornalisti. È di qualche anno fa, ad esempio, l'episodio di una  giornalista che nel corso di un telegiornale della Fininvest fu protagonista,  come testimonial, di uno spot  pubblicitario per un detersivo, spot che poteva chiaramente ingenerare nel  pubblico l'impressione che quanto il testimonial andava dicendo fosse un'informazione data proprio nell'ambito del telegiornale;  la giornalista si vide inflitta dall'ordine un avvertimento orale. 
  D'altra parte, la tecnica di mantenere  fluidi i confini tra l'informazione e la pubblicità consente alle agenzie  pubblicitarie di ottenere risultati estremamente vantaggiosi per l'impresa  pubblicizzata e pertanto l'infomercialè usato sempre più frequentemente specie con i cosiddetti articoli  redazionali.
  Sarebbe comunque opportuno che gli  ordini dei giornalisti facessero ogni sforzo per mantenere ben demarcato il  confine tra informazione e attività pubblicitaria. Nel mese di maggio '98,  anche l'ordine dei medici ha dichiarato guerra alla pubblicità mascherata sotto  forma di informazione, comportamento che è anche vietato dal codice  deontologico della categoria.
  Informazione e pubblicità, fanno parte  entrambe della comunicazione, ove però l'informazione deve limitarsi alla  trasmissione di una notizia o di un oggettivo elemento di conoscenza, mentre  solo alla seconda è affidato il compito di influenzare il destinatario della  comunicazione e indirizzarlo verso un acquisto.
  Un'altra forma di comunicazione che  dovrebbe essere evitata è la "pubblicità avversativa"; in Italia  ricordiamo quella dell'Alitalia che per esaltare il comfort e la comodità dei  suoi voli evocava la sciagura del Titanic o quella dell'impresa delle ferrovie  dello stato che per esaltare la "sicurezza" dei treni evocava i  disservizi dell'inaugurazione di Malpensa 2000. 
  Nell'advertising bisognerebbe, sempre, tener  presente che la pubblicità è l'arte di fare desiderare qualcosa, non  disprezzare qualcos'altro e che i comportamenti scorretti non ripagano  perché generano reazioni e spesso l'innesco di un circolo vizioso nocivo per  tutti i contendenti.
3.1 La communication satisfaction
La communication satisfaction comprende il sistema di attese e di ideali relativi ai seguenti fattori  (Trevisani, 2003).
  - La  qualità dell’informazione e la soddisfazione per l’informazione aziendale: riguardano  la qualità di informazioni sulle caratteristiche tecniche che corredano il  prodotto (completezza dei manuali d'uso, etichette di istruzioni, ingredienti),  ma anche la modalità di organizzazione delle informazioni e la fruibilità delle  interfacce informative. 
- La qualità  dei linguaggi utilizzati nei prodotti e nelle comunicazioni:  appropriatezza, comprensibilità, stile, assenza di imperfezioni. 
- La consonanza  d’immagine:  deriva dalla conformità  tra l'immagine veicolata del prodotto e la self-image ideale del fruitore. 
- La trasparenza delle condizioni commerciali: la comunicazione aperta, chiara, delle condizioni  tecniche e di vendita.
In riferimento al tema della  consonanza d’immagine, qualora l'immagine di prodotto si discosti, o sia in  opposizione alla immagine di sé ideale, può nascere dissonanza cognitiva  rispetto all'intenzione di acquisto del prodotto.
  A esempio, un'autovettura  fuoristrada può essere pubblicizzata tramite uno spot in cui essa venga utilizzata  per un safari di caccia, visualizzando l'inseguimento dell'animale e la sua  uccisione. L'accostamento tra il modello di fuoristrada e la caccia potrebbe  essere del tutto antitetica rispetto all'immagine di sé ideale (ideal self-image) di un animalista. Un  animalista che intenda acquistare il fuoristrada come strumento di lavoro  cercherà un marchio non connotato da una pubblicità per lui negativa.
  La vicinanza dell'immagine di  marchio al sé ideale del cliente-target diviene un fattore di successo della  comunicazione aziendale. Al contrario, l'associazione del marchio a un'immagine  indesiderata, o a comportamenti considerati negativamente dal cliente-target,  sono in grado di deprimere persino l'intenzione di acquisto di prodotti  giudicati dal consumatore intrinsecamente validi.
  Un tema importante tra quelli  trattati è la trasparenza dell’informazione. Un esempio di scarsa trasparenza è  dato dal trovare difformità tra prezzo comunicato e prezzo rilevato, anche se  la comunicazione è formalmente veritiera. A parte le difformità fraudolente,  esistono infatti anche le difformità celate. 
3.2 La relationship satisfaction
In ogni tipo di esperienza di  acquisto è possibile individuare due componenti: una componente tecnica legata  alla prestazione in sé, e una componente relazionale costituita dal rapporto  umano che si instaura tra acquirente e venditore.
  Pertanto, di particolare  importanza risulta la distinzione tra elementi tangibili del prodotto e  elementi intangibili, poiché la soddisfazione del consumatore non si limita  alla soddisfazione circa gli attributi del prodotto, ma comprende anche la  soddisfazione verso gli aspetti relazionali e di servizio che accompagnano  l'acquisto.
  In altre parole, la soddisfazione  verso il prodotto si trasforma in soddisfazione verso l'esperienza di acquisto,  intesa nella sua globalità: qualità e imballaggio del prodotto, prestazioni  percepite durante l'utilizzo, chiarezza delle istruzioni, capacità di  rassicurazione da parte della forza di vendita, rinforzi positivi nel post-vendita,  garanzie, rapporto interpersonale con i rappresentanti dell'azienda,  soddisfazione per il prezzo.
  A livello di prodotto è possibile  identificare quindi due componenti.
  - Aspetti  tangibili: rendimento, caratteristiche, opzioni, stile, durata, resistenza.
- Aspetti  intangibili: qualità del servizio, qualità della comunicazione, cortesia,  competenza del personale, qualità del servizio post-vendita, qualità  dell'assistenza, garanzie, cordialità, capacità di ascolto del cliente.
Le relazioni hanno un alto impatto  emotivo. In molte situazioni di acquisto ad alto coinvolgimento, il consumatore  può restare colpito più dalle componenti relazionali del venditore che non  dalle componenti tecniche del prodotto. Un atto di grave scortesia del  venditore difficilmente verrà rimediato da una buona prestazione di prodotto.
  Prodotti molto simili dal punto  di vista del contenuto, come la benzina o la tazzina di caffè al bar, risentono  ancora maggiormente del peso della componente relazionale, l'elemento in grado  di fare la differenza.
  Nel consumare un caffè,  l'avventore del bar non si limita a ricercare il prodotto generico, ma spesso  respira le atmosfere del locale, è alla ricerca di un momento di svago o di  socializzazione, o di un rapporto umano.
  Proprio a causa della crescente  uniformità tecnica di fondo, la competizione si sposta dalla differenza sul  prodotto alla differenza sulla comunicazione e sulla relazione tra fornitore e  cliente. Caratteristiche relazionali come affidabilità, trasparenza, sicurezza,  competenza, capacità di recupero di situazioni critiche, capacità di ascolto,  assumono un peso sempre maggiore nella scelta di un fornitore. 
  La capacità empatica di  avvicinamento all'altro, per la fornitura di un servizio, costituisce un  elemento di fondamentale importanza.
  Realizzare prodotti discreti o  accettabili non rappresenta più un traguardo per l'impresa che punti al vertice  della competitività. Il traguardo si sposta verso l'immissione nel prodotto di  caratteristiche in grado di avvicinarlo al "prodotto ideale" e di  componenti relazionali, uno stato di qualità basato su caratteristiche, che a  volte il consumatore riesce a percepire solo in maniera inconsapevole.
  Il modello consente un  allargamento del concetto di customer satisfaction. Ne consegue che anche la  politica della qualità, così come viene contemplata oggi dalle imprese,  richiede una sostanziale trasformazione, passando da un focus, molto orientato  al prodotto, per dirigersi verso un nuovo modello basato su una comunicazione  che sia in grado di far affiorare nel consumatore bisogni che sono o ancora  latenti o a livello di percezione.
4 L'abilità  nella comunicazione
Costruire relazioni  "produttive" all'interno e all'esterno dell'impresa presuppone la  capacità di comunicare adattandosi ai diversi interlocutori; spesso le  difficoltà che si incontrano nel realizzare una corretta politica di  comunicazione sono, infatti, da attribuirsi ai diversi comportamenti degli  interlocutori che non consentono di attivare efficaci interfacce di  collegamento. 
    Da qualche anno è arrivato dagli Usa il modello degli stili sociali (Sproccati,  1997) che si pone, appunto, i seguenti  obiettivi:
  - Riconoscere le differenze di comportamento tra  gli individui.
- Migliorare la comunicazione attraverso la  corretta interpretazione    dei diversi  comportamenti.
- Identificare e gestire l'eventuale tensione che  si manifesta durante la relazione e che potrebbe trasformarsi in potenziale  conflitto.
- Utilizzare la migliore strategia per rendere  produttivo il rapporto.
    Il modello degli stili sociali si basa sui seguenti presupposti:
  - Gli esseri umani, con il tempo, sviluppano  comportamenti relativamente stabili.
- Elaborano impressioni immediate sui loro  interlocutori.
- Il comportamento reciproco è influenzato da  queste impressioni.
- I comportamenti più significativi che vengono  recepiti sono riconducibili alle dimensioni dell'assertività (controllo  sugli altri) e dell'espressività (controllo di sé). 
Tab. 1  I vari livelli dell'asssertività - controllo  sugli altri
  
    | A | B | C | D | 
  
    | AFFERMARE | DOMANDARE | 
  
    | Comportamenti percepiti | Comportamenti percepiti | 
  
    | Indica,    dirige, impone | Offre    suggerimenti | 
  
    | È competitivo    e protagonista | Collabora | 
  
    | Agisce e    pensa con rapidità | Agisce e    pensa con pacatezza | 
  
    | Vede e si    assume i rischi | Minimizza i    rischi | 
  
    | Prende    l'iniziativa | Asseconda | 
  
    | Fa delle    affermazioni | Fa delle    domande | 
L'assertività è quella  tendenza, percepita dall'interlocutore, secondo la quale la persona tende a  influenzare e controllare i pensieri e le azioni dell'altro. La tab. 1 mostra i  vari livelli dell'assertività; da A a D si passa dallo stadio nel quale è forte  il comportamento dell'affermare a quello in cui prevale il comportamento del  domandare, con B e C, stadi intermedi.
L'espressività è quella tendenza,  percepita dall'interlocutore, secondo la quale la persona controlla o manifesta  le proprie emozioni nel relazionarsi con gli altri. La tab. 2 mostra i vari  livelli dell'espressività; da 1   a 4 si passa dallo stadio nel quale è forte il controllo  delle emozioni a quello in cui prevale l'esternazione delle emozioni, con 2 e  3, stadi intermedi.
Tab. 2  I vari livelli dell'espressività - controllo  su di se
  
    | 1 | 2 | 3 | 4 | 
  
    | CONTROLLARE LE EMOZIONI | ESTERNARE LE EMOZIONI | 
  
    | Comportamenti percepiti | Comportamenti percepiti | 
  
    | Freddo | Caloroso | 
  
    | Orientato al    problema | Orientato al    rapporto | 
  
    | Si basa sui    fatti | Si basa sulle    intuizioni | 
  
    | Controllato | Spontaneo | 
  
    | Compassato | Amichevole | 
  
    | Non esterna    le proprie emozioni | Esprime le    proprie emozioni | 
La tab. 3  mostra la matrice degli stili sociali: gli individui vengono classificati in  quattro principali categorie in funzione dei livelli di assertività ed  espressività.
Gli analytical sono orientati al metodo e al processo; essendo più interrogativi e molto  controllati tendono a fare poco uso del potere personale e dell'espressività  emotiva.
  I driver sono più orientati al risultato che alle relazioni interpersonali; esercitano  il proprio potere personale e controllano le emozioni.
  Gli expressive sono orientati alle relazioni interpersonali e sociali; grazie all'elevato  livello d'assertività e d'espressività manifestano liberamente le proprie  emozioni e fanno uso del proprio potere personale.
  Gli amiable sono orientati alle azioni di sostegno; tengono a freno il potere personale, ma  esprimono liberamente sentimenti ed emozioni.
Tab. 3  Matrice degli stili  sociali
  
    |   ANALYTICAL (D, C, 1, 2) 
        Controlla le emozioniDomanda |   DRIVER (1, 2, A, B) 
        Controlla le emozioniAfferma | 
  
    |   AMIABLE (D, C, 4, 3) 
        Esterna le emozioniDomanda |   EXPRESSIVE (A, B, 4, 3) 
        AffermaEsterna le emozioni | 
La teoria che trae  origine da queste premesse afferma che ciascuno di noi ha una propria  "zona di comfort", definita da una particolare combinazione dei  livelli di assertività e di espressività. Muoversi nella propria zona di  comfort ci fa sentire più efficienti, ma non sempre il risultato è produttivo. 
  Il nostro  interlocutore potrebbe sentirsi, infatti, più a suo agio se abbandonassimo la  nostra "zona di comfort". Questo cambiamento di stato non è facile da  adottare, specie se gli interlocutori sono all'oscuro dei comportamenti  percepiti uno dall'altro, ma è indispensabile se si vuole realizzare  un'interfaccia che faciliti la comunicazione tra i due soggetti. Gli strumenti  predisposti per facilitare la comunicazione interpersonale vanno anche sotto il  nome di tecniche assertive (Schuler, 1998).
  Un altro elemento  da prendere in considerazione, durante lo sviluppo del rapporto, concerne la  "tensione" che si crea tra gli interlocutori se le rispettive  "zone di comfort" non sono gradite dall'altro. 
  Essa è una  componente motivazionale importante purché non diventi eccessiva e sia di  ostacolo al rapporto. Quando si supera "il limite di guardia",  ciascun interlocutore cerca gli strumenti per scaricare la tensione e, in  generale, i comportamenti di sfogo riflettono le modalità adottate nell'infanzia  e perciò sono detti regressivi. 
  A tutti è capitato  di osservare un folto gruppo di bambini che giocano in un cortile della scuola  o in casa, in occasione di una festicciola. Ebbene è facile notare il bambino  aggressivo, quello che tende ad essere autoritario, quello che si ritrae in un  cantuccio e gioca da solo, quello che continua a piagnucolare per ogni piccolo  motivo.
I  comportamenti regressivi dipendono dagli stili sociali di ciascuno, come  mostrato in tab. 4. 
Gli analytical diventano elusivi ovvero evitano il conflitto, rimandano e temporeggiano per non dover affrontare  il problema.
I driver tendono a diventare autocratici ovvero ad imporsi sugli altri con la logica accentuando il controllo delle  proprie emozioni.
Gli amiable tendono ad essere remissivi ovvero non mostrano apertamente il proprio disaccordo ma ostentano  atteggiamenti vittimistici.
Gli expressive diventano aggressivi,  attaccano l'altro, anche sul piano personale nel tentativo di colpevolizzarlo e  trasformano i propri sentimenti in arma.
Tab. 4  Stili regressivi di fuga, a sinistra, e di  attacco, a destra, che consentono di   dare sfogo alla tensione
  
    |     Stili regressivi di
 fuga
   |   Analyticaldiventa
 Elusivo
 |   Driverdiventa
 Autocratico
 |     Stiliregressivi di
 attacco
   | 
  
    |   Amiablediventa
 Remissivo
 |   Expressivediventa
 Aggressivo
 | 
 
La diversità di stili sociali nei  rapporti interpersonali può sfociare quindi in un conflitto che sarà tanto più  aspro quanto più alto sarà il livello di assertività affermativa degli  interlocutori; è facile sentir dire «Io con quella persona non riesco a  parlare».
È necessario che individui in posizioni  conflittuali e ai quali stia a cuore la soluzione del problema oggetto del  conflitto imparino a gestire il rapporto interpersonale ricorrendo a due  strumenti:
  - Il compromesso, per mezzo del quale  le controparti rinunciano a parte dei propri obiettivi (4).
  - La collaborazione, con la quale si  cercano soluzioni comportamentali che consentano di comprendere gli obiettivi  di entrambe le parti in causa.
Un'importante dimensione del modello degli  stili sociali è, infatti, la versatilità, cioè la capacità di un  individuo di adattare il proprio comportamento alle esigenze altrui; qualità  grazie alla quale lo stile sociale di una persona può diventare più efficace.
  La tab. 5 mostra una scala comparativa  della dimensione della versatilità e come i diversi gradi di versatilità  consentono di percepire l'altro.
Tab. 5  Livelli di versatilità
  
    | W | X | Y | Z | 
  
    | Limitata | Sufficiente | Buona | Eccellente | 
  
    | Minore versatilità percepita | Maggiore versatilità percepita | 
  
    | Limitata adattabilità agli altri | Dimostra adattabilità agli altri | 
  
    | Preferisce le certezze | Accetta la bivalenza dei    rapporti | 
  
    | Si attiene ai principi | È disposto a negoziare | 
  
    | Conta sul potere di posizione | Valorizza il potere personale | 
  
    | La coerenza è un valore in sé | La flessibilità è un valore in    sé | 
  
    | Assume una sola prospettiva | Considera tutte le prospettive | 
L'utilizzo della versatilità migliora le  comunicazioni sul lavoro, aiuta a lavorare in team, valorizza le diversità,  favorisce l'elaborazione di soluzioni più valide e, in ultima analisi, assicura  risultati più produttivi.
   
  L'abilità nel modello degli stili  sociali consiste quindi:
  - nel modificare il proprio stile, operazione  difficile e di lungo periodo se si vuole ottenere un risultato vero e non solo  una modifica di facciata;
- nel migliorare la propria versatilità,  operazione sulla quale si può lavorare più facilmente e che consente maggiori  ritorni in termini comportamentali.
Non  va trascurato che se una persona vuole rifuggire dagli stati regressivi  dovrebbe, in prima analisi, avere una   buona consapevolezza di come essa è vista dagli altri. Questo è un punto  assolutamente oscuro, sia alla psicologia, sia alla filosofia. 
  Osserva  Wittgenstein che nel momento in cui cerchiamo di osservare dentro di noi con la  nostra osservazione alteriamo i nostri sentimenti (5), «Ne consegue che  possiamo solo inferire nel mondo interno degli altri». 
  Pertanto,  la nostra osservazione deve essere diretta ad una profonda osservazione del  comportamento degli altri e all'analisi di come questi comportamenti sono  interpretati da terzi: successivamente, possiamo confrontare i nostri  comportamenti esteriori ed ottenere una prima valutazione sommaria su come gli  altri potrebbero vedere noi stessi.
Biblografia
Brochand B., J. Lendrevie, Le regole del gioco, Lupetti editore,  1987.
  Caruso E. L’impresa in un mercato che cambia,  Tecniche Nuove, 2003
  Caruso E. Comunico, quindi esisto, Tecniche Nuove.  2005
  Caruso E. Conquistare e fidelizzare il cliente,  Tecniche Nuove, 2009
  Di Stefano P. M., Il marketing del terzo millennio,  FrancoAngeli, 1997.
  Heaton J., Judy Groves, Wittgenstein,  Feltrinelli, 1994
  Ivancic C., J. Bado, Open-book  management, FrancoAngeli, 1998.
  Linton I., Il database marketing, FrancoAngeli,  1996.
  Moglia T., Partner nella performance, FrancoAngeli,  1998.
  Schuler E., Le tecniche assertive, FrancoAngeli,  1998
  Sproccati C., Il modello degli stili sociali per  migliorare i comportamenti, Qualità, dicembre 1997.
  Stone B., Metodi di successo del marketing diretto,  Sarin, 1988.
Trevisani D., Psicologia di Marketing e Comunicazione. FrancoAngeli, 2003.
NOTE
  - Il  cliente potenziale.
- Il  contatto che potrebbe diventare cliente potenziale.
- Risposte  a un questionario, a una lettera con una domanda specifica, a un'offerta  promozionale, a una visita porta-a-porta, ecc.
- Non  si tratta di rinunciare ad obiettivi di carattere tecnico (la vendita o  l'acquisto di un impianto, ad esempio), ma ad obiettivi di assertività ed  espressività che risultano fastidiosi all'altro. 
- Anche  in fisica, il principio di indeterminazione di Heisemberg sostiene che la  misura precisa di una grandezza genera imprecisione nella contemporanea misura 
Eugenio Caruso
27 febbraio 2009  
Tratto da
 Il circolo virtuoso impresa mercato
