Alessandro Magno. Un leader di ieri che ha lasciato testimonianze ai leader di oggi.

Non può vivere felice chi guarda esclusivamente a se stesso, chi volge ogni attenzione ai propri interessi: è importante vivere per un altro, se vuoi vivere per te stesso.

Seneca Lettere morali a Lucilio


alessandro

Busto di Alessandro scolpito da Lisippo

1. Premessa

Tempo fa mi era capitato di acquistare un libro dal titolo The wisdom of Alexander the Great di Lance Kurke; il libro, ripercorrendo alcune tappe della vita di Alessandro Magno mostrava come l’eroe macedone fosse dotato di una serie di “virtù” che lo facevano un vero grande leader,  e come queste virtù potevano essere considerate fondamentali anche per un leader moderno: un imprenditore o un manager d’impresa.
Il libro mi incuriosì e mi “costrinse” a rileggermi la vita di Alessandro dalle opere di Plutarco e di Quinto Rufo Curzio; dopo queste letture ripresi in mano il testo di Lance Kurke.
Effettivamente l’autore aveva centrato alcune doti che caratterizzano il leader moderno, doti che aveva individuato nei comportamenti di Alessandro.
Dopo questa esperienza della vita di Alessandro ho voluto ripercorrere anche quella di altri grandi personaggi (Cesare, Pietro il grande, Nabucodonosor, Elisabetta I, Sargon e altri) che hanno lasciato un'impronta importante nei libri di storia. Anche di questi altri personaggi ho evidenziato quelle doti che ne esaltano le qualità di leadership.

Le virtù "manageriali" che Kurke ha riconosciuto e analizzato dalle gesta di Alessandro sono.

  1. Riformulare un problema.
  2. Costruire alleanze.
  3. Stabilire un’identità alla propria missione.
  4. Utilizzare i simboli.

Giova notare che in questo capitolo sono presi in considerazione solo alcuni episodi che supportano l'idea che dalle azioni di un grande personaggio storico si possano ricavare modelli di comportamento.

2. Riformulare un problema.

Se un problema appare irrisolvibile è possibile individuare e risolvere un altro problema, correlato e risolvibile; a volte, risolto il secondo, il primo appare irrilevante o banale. Si tratta, in genere, di individuare i propri punti di debolezza e cercare di non utilizzarli, sfruttare invece i punti di forza e attaccare il “nemico” nei suoi punti di debolezza. Nel seguitovengono illustrati alcuni esempi che mostrano l’abilità di Alessandro nello spostare il bersaglio da un problema irrisolvibile a uno facilmente risolvibile.

2.1 Il problema dei rifornimenti

Dopo aver sconfitto i persiani a Granico (1) (334 a.C.) e ad Isso (2) (333 a.C.), Alessandro si accingeva ad invadere l’impero persiano, ma un problema lo preoccupava. La continuità dei rifornimenti dalla Grecia, rifornimenti che potevano essere intercettati dalla potente flotta di Dario. Ecco allora Alessandro riformulare il problema: sconfiggere la flotta persiana sulla terraferma dove il suo esercito aveva dimostrato di essere più forte. Qual era il punto debole della flotta persiana? La necessità di rifornirsi giornalmente di acqua fresca presso i vari porti della terraferma. L’armata di Alessandro fece presidiare con nutrite guarnigioni tutti i porti nei quali la flotta nemica avrebbe potuto trovare acqua e fece avvelenare tutte le sorgenti che non era possibile presidiare; in tal modo la flotta persiana fu immobilizzata.

2.2 La battaglia del fiume Hydaspes (3)

Verso la fine della sua decennale campagna militare Alessandro combattè, nel 326 a.C. l’ultima delle sue grandi battaglie, nell’attuale Punjab pakistano.
Attraversato il fiume Hydaspes i macedoni si trovarono ad affrontare l’esercito del re indiano Poros la cui consistenza si stima fosse almeno tre volte quella dell’esercito di Alessandro. Inoltre, Poros disponeva di 200 elefanti, distribuiti strategicamente in mezzo alla fanteria. Alessandro era consapevole che i cavalli hanno una grande paura degli elefanti e pertanto non avrebbe potuto sfruttare al meglio la punta di diamante del proprio esercito, la cavalleria. D’altra parte gli eserciti, sia in Asia, che in Africa, che utilizzano elefanti e cavalli, abituano questi animali a vivere insieme sin da piccoli, così come i cornac, i guidatori degli elefanti, sono abituati sin da piccoli a vivere in simbiosi con gli elefanti. L’esercito di Alessandro era stremato per la lunga marcia e per l’attraversamento del fiume. La situazione era oggettivamente molto complessa, era, pertanto, assolutamente prioritario capovolgere il problema.
Il pensiero laterale del grande condottiero, anche questa volta trovò una soluzione banale: volgere a proprio favore e contro Poros la forza distruttiva degli elefanti. Fece avanzare la falange macedone che, con le lunghe sarisse, riusciva a non fare avvicinare il fronte nemico armato di piccole spade; tra le file della sua fanteria fece infiltrare i mercenari Sogdian (4) provetti arcieri a cavallo. Alla prima ondata gli arcieri uccisero tutti i cornac, alla seconda accecarono gli elefanti e alle successive ondate colpivano uomini ed elefanti, mentre la falange avanzava. I soldati di Poros si trovarono pertanto sotto un’ondata di frecce, pressati dalla selva delle sarisse macedoni, calpestati dagli elefanti impazziti e decimati dalla “polizia militare” che Poros aveva disposto alle spalle della sua fanteria per evitare le diserzioni. Poros perse 4.000 cavalieri e 21.000 fanti, Alessandro 220 cavalieri, dieci arcieri e pochissimi fanti.

2.3 Repressione della rivolta di Tebe

Poco dopo la sua nomina a Re dei macedoni, Alessandro fu costretto a reprimere la ribellione di Tebe. Alessandro intuì che se la Lega di Corinto, fondata da suo padre Filippo, si fosse ribellata al dominio macedone le sue ambizioni di affrontare i persiani sarebbero svanite. Si mise rapidamente in marcia verso la Beozia tanto che i tebani si accorsero delle intenzioni di Alessandro solo quando videro il suo esercito sotto le mura della città. La città fu messa sotto assedio e le sue fortificazioni espugnate. A questo punto Alessandro si tolse i panni del macedone e si mise quelli di Capo della Lega; questa decise che Tebe meritava di essere punita severamente. La mano dei macedoni fu pesante: la città fu rasa al suolo, i tebani massacrati e i territori tebani distribuiti tra le città della Lega di Corinto. Le città greche furono impressionate e spaventate e decisero che sarebbe stato più conveniente avere Alessandro come alleato piuttosto che come nemico. In particolar modo Atene, che aveva parteggiato per Tebe, si sentì particolarmente graziata e “grata”. Con questa politica Alessandro riuscì a coalizzare le città greche nella sua lotta contro il comune nemico persiano. Filippo II aveva per anni cercato di sottomettere la Grecia con la forza, Alessandro ci riuscì con l’unità di obiettivi.

2.4 Come conquistare una rocca ritenuta imprendibile

Dopo essere diventato re dei persiani de jure e de facto (dopo la morte di Dario) Alessandro si trovò a dover affrontare un problema che aveva sempre preoccupato i re persiani: le scorrerie delle popolazioni delle montagne. Queste tribù scendevano a valle facevano scorrerie e razzie e, se inseguite dall’esercito, trovavano un facile rifugio nella Rocca di Aornos. La rocca aveva, da una parte, una difesa naturale costituita da una ripidissima parete rocciosa e, dall’altra, altissime mura difensive assolutamente non scalabili. A rendere più ostile l’impresa non mancava la leggenda che raccontava come lo stesso Ercole aveva dovuto desistere dall’impresa di catturare la rocca. Quando Alessandro cinse d’assedio Aornos constatò che abili scalatori avrebbero potuto scalare la parete naturale sorprendendo i difensori dal lato che non era vigilato perché ritenuto sicuro. La conquista della Rocca amplificò la fama di Alessandro più di quanto avessero fatto le battaglie vinte.

3. Costruire alleanze

Realizzare forti alleanze sotto forma di partnership è una delle strategie più importanti per un moderno leader d’impresa. Spesso la partnership tra imprese nasce dopo furiose battaglie per la supremazia di mercato; la forza di un leader sta, anche, nel trovare un accordo con l’impresa concorrente sconfitta, allo scopo di creare maggior valore. La stessa cosa valeva nell’antichità; Alessandro, ad esempio, costruì forti alleanze con persone, organizzazioni, città e popolazioni, durante tutto il corso della sua vita. Alessandro è considerato un conquistatore, ma in molte occasioni il macedone preferì l’alleanza alla conquista.

3.1 Dopo la battaglia del fiume Hydaspes

Prima di allora mai nessun re persiano era riuscito a sconfiggere militarmente un esercito indiano; la vittoria di Alessandro apriva, pertanto, nuovi scenari ai confini orientali della Persia. Poros aveva assistito alla decimazione del suo esercito, aveva perso alcuni figli, il suo regno era perduto senza il sostegno di un esercito, era ferito e come un semplice cornac cercava di fuggire cavalcando un elefante bianco. Raggiunto da Alessandro questi gli chiese “Come devo trattarti?” e Poros rispose “Uccidimi o trattami da re, quale sono”. Alessandro fu colpito da questa  risposta? A noi non interessa. Quello che importa fu l’accordo di alleanza che Alessandro e Poros sottoscrissero e che obbligò moralmente Poros e i suoi eredi a restare fedeli ad Alessandro e ai suoi successori.

3.2 Dopo la battaglia di Isso

Alessandro sconfisse l’esercito persiano, per la seconda volta, a Isso e il suo esercito catturò la moglie di Dario, la madre, il suo harem, numerosi schiavi e oggetti di valore. Tra le varie opzioni che si presentavano ad Alessandro egli scelse quella di trattenere i preziosi ostaggi: consentì loro di mantenere lo stato reale, se li fece amici, e stabilì un ottimo rapporto con Sisygambis, la madre di Dario. Successivamente Alessandro sposò Barsine la più anziana delle figlie di Dario, cementando così la sua identità di re persiano. Questa sua tattica gli guadagnò la stima e la riconoscenza della nobiltà persiana e avviò il processo di integrazione.

3.3 Dopo la conquista della Fortezza di Sogdian

Quando Alessandro conquistò la fortezza di Sogdian catturò il nobile Oxyartes, la cui figlia, Roxana, era una donna di rara bellezza. Alessandro non la prese come bottino di guerra, ma la sposò e la amò per tutta la vita; Roxana fu l’unica delle donne di Alessandro che partorì un erede maschio, evento ritenuto molto felice tra la popolazione della Bactria. Lo stesso atteggiamento non ebbero le truppe dell’esercito macedone perché consideravano Roxana una donna barbara; vi furono anche alcuni tentativi di ammutinamento contro la politica di integrazione avviata da Alessandro. Alessandro da tempo aveva cercato di integrare le due popolazioni; egli aveva adottato il modo di vestire, le abitudini, i modi e la cultura degli orientali e faceva di tutto perché le varie popolazioni vivessero in pace grazie ad alleanze e a mutui riconoscimenti. Il matrimonio tra circa 10.000 macedoni e donne asiatiche e persiane, avvenuto a Susa nel 324 a.C., fu l’estremo tentativo di favorire l’integrazione. Alessandro favorì l’ingresso nella sua amministrazione di ministri, governatori, generali e soldati persiani, sposò altre due donne persiane e facilitò l’insediamento di suoi soldati che avessero creato una famiglia con donne del posto.

3.4 La battaglia di Gaugamela

Dopo aver sconfitto i persiani a Isso e a Granico e aver svernato in Egitto Alessandro mosse verso il cuore dell’impero persiano, gli attuali stati di Irak e Iran. Nella primavera del 331 a.C. Dario aveva assemblato un formidabile esercito; gli autori dell’epoca affermano che esso era molto più numeroso di quello macedone. Alessandro sfruttò l’ampiezza del fronte nemico e con una serie di attacchi e ritirate, senza farsi accerchiare, riuscì a creare una sorta di lancia che penetrò nel cuore della schieramento persiano dove si trovava Dario; questi visto l’andamento del combattimento si dette alla fuga, ma fu ucciso dai suoi stessi generali. La tattica di Alessandro è chiara al giudizio di oggi, senza dare tregua al nemico, nel giro di quattro anni gli infligge tre formidabili sconfitte che annullano qualunque desiderio di rivincite; l’ultima con 100.000 morti persiani contro 500 macedoni, con Dario in fuga ucciso dai suoi, segna definitivamente la fine di qualunque possibilità di riscossa. E’ arrivato quindi il momento di stabilire con i persiani, non una tregua ma un’alleanza fondata sul rispetto e sull’integrazione.

4. Stabilire un’identità

L'immagine di un’impresa deve poter sfumare nell'identità aziendale e cioè nella sua anima e nel suo cuore, nell'allineamento di tutti agli obiettivi dell'impresa e nel conseguente impegno comune verso il perseguimento della vision, della mission e dei valori dell’impresa. Il processo di creazione di un’identità crea l’unità. L’identità può essere costruita da un individuo, da individui diversi, da città, da popoli. Alessandro gestì con grande perizia il principio dell’identità, sia tra le proprie truppe, sia tra le popolazioni che andava man mano conquistando.

4.1 Stabilire l’identità del proprio stato

Alessandro era stato indicato da Filippo come proprio erede al trono, ma l’ultima moglie di Filippo, Eurydice, con il sostegno di uno zio, importante generale macedone, convinse Filippo che la loro unione era favorita dagli dei e che l’erede al trono dovesse nascere da questa unione. La furia di Alessandro ocostrinse Filippo ad esiliare lui e la madre Olympia. Alla morte di Filippo, Alessandro rientrò, rapidamente, in patria e fece assassinare Eurydice, fratelli, sorelle e cugini, tutti coloro che potevano essere contendenti al trono. Organizzò immediatamente una riunione della Lega di Corinto convincendo i partecipanti a nominarlo come unico successore di suo padre; quindi con la rapidità d’azione che contraddistinguerà sempre la sua abilità militare, sconfisse le città che si erano ribellate. Sia pure facendo scorrere fiumi di sangue, Alessandro stabilì in modo inequivocabile l’identità dello status: chi comandava in Macedonia e in Grecia era lui. Nello stesso modo, al termine della campagna di Persia, Alessandro uccise l’amico fraterno Cleto, che, sia pure in uno stato di ubriachezza, lo aveva pubblicamente criticato per essersi adattato alle usanze persiane. Anche in questo caso Alessandro stabilì un concetto inderogabile l’identità del suo status.

4.2 Identificazione con gli eroi del passato

Quando Alessandro transitò con le sue truppe in prossimità della città di Troia fece una serie di gesti simbolici in onore degli eroi omerici. Volle essere il primo a calpestare il suolo troiano, gettò, simbolicamente, dei semi sul suolo “sacro”, pianse la sorte degli eroi greci e troiani, si recò al tempio di Atena ove raccolse un completo di armature, che si diceva risalissero al tempo della guerra di Troia, e che portò sempre con sé. Con questi gesti Alessandro volle simbolizzare due principi: la sua identità di eroe degno di essere posto a livello di Achille, Ettore, Ajace, Ulisse, Agamennone e la sua identità di ponte e di traghettatore dell’integrazione tra occidente e oriente.

4.3 Restaurazione della tomba di Ciro.

Dopo aver sconfitto tre volte l’esercito persiano, Alessandro, prima di chiudere definitivamente la partita con Dario, si recò a Pasargade, che era stata la città reale degli Achemenidi, per moltissimi anni. Quando Alessandro visitò la città soprì che la tomba di Ciro il Grande era stata dissacrata e spogliata. Alessandro comandò che la tomba venisse al più presto restaurata. Questo gesto, oltre ad andare nella direzione di favorire l’integrazione tra greci e persiani aveva anche l’obiettivo di rafforzare l’identità reale di Alessandro. Infatti, Alessandro era destinato a sostituire gli Achemenidi nel regno persiano, ma nello stesso tempo doveva figurare come il continuatore della tradizione e della cultura orientale. Veniva, pertanto, testimoniata l’identità di un re, che partito con l’obiettivo della conquista aveva assimilato la cultura delle popolazioni conquistate e ne rappresentava la continuità storica.

4.4 Lettera di Alessandro a Dario

Dopo la battaglia di Isso Dario scrisse una lettera diplomatica ad Alessandro, da Re a Re, chiedendo la restituzione dei suoi familiari. Secondo lo storico Arrian, Alessandro rispose a Dario con un capolavoro di oratoria; evidentemente l’insegnamento di Aristotele aveva lasciato i suoi frutti. La lettera toccava i seguenti punti:

  1. Voi persiani avete cercato sempre di sottomettere Grecia e Macedonia.
  2. Io ho invaso l’Asia per punirvi della vostra tracotanza.
  3. Voi avete sempre fomentato le ribellioni all’interno della Lega di Corinto.
  4. Avete invaso la Tracia che fa parte dei nostri domini.
  5. Avete commissionato l’assassinio di mio padre Filippo.
  6. Avete ucciso Serse e quindi, Dario, siede illegalmente sul trono.
  7. Avete sobillato i greci perché si ribellassero contro di me.
  8. Ho sconfitto i vostri satrapi.
  9. Ho sconfitto Dario stesso in battaglia.
  10. Sono io a dettare le condizioni in questo paese.
  11. Se volete la vostra famiglia venite da me come un nobile tra tanti.
  12. Venite personalmente e io vi garantisco per la vostra incolumità.
  13. Venite e chiedete.
  14. La prossima volta che mi scriverete indirizzate la lettera al Re di tutta l’Asia e non da Re a Re.
  15. Se insisterete nel considerarvi Re sappiate che ovunque vi nasconderete io vi troverò.

Un atto di identità regale che non richiede commenti.

5. L’uso dei simboli

Un leader può sfruttare l’uso dei simboli e influenzare tutto il sistema degli stakeholder, in gran parte, grazie all’autorevolezza del ruolo e in parte grazie al significato cognitivo esplicato dai simboli. Alessandro utilizzò con maestria i simboli per modificare l’ambiente esterno a suo favore.

5.1 Distruzione totale

Dopo la battaglia di Granico, Alessandro dovette affrontare l’ostacolo della conquista di numerosissime piccole e medie cittadelle, dotate di limitate risorse militari, ma che avrebbero rallentato la sua marcia. Alessandro doveva trovare il modo di conquistare tutte queste fortificazioni, senza assedi, senza perdite umane e in breve tempo. Inviò, pertanto,ambasciatori in tutte queste città chiedendo loro di allearsi con le forze macedoni e di abbandonare i persiani. Alcuni risposero favorevolmente, altri avrebbero voluto ma i persiani tenevano in ostaggio i familiari dei governanti, altri erano decisamente favorevoli ai persiani.
Alessandro, allora, fece uso del simbolismo. Individuò una delle cittadelle che si era dichiarata favorevole ai persiani, la conquistò e ordinò ai suoi soldati di commettere ogni sorta di orrore verso uomini, anziani, donne, bambini; la città venne completamente distrutta , i campi bruciati e Alessandro diede ordine che il nome di quella città venisse cancellato da ogni atto ufficiale in modo che la storia ne perdesse la traccia. Infine fece in modo che l’orribile fine di quella fortezza venisse conosciuta da tutte le altre fortificazioni. Tutte le cittadelle che non erano presidiate da forti contingenti persiani fecero atto di sottomissione. Ciò permise ad Alessandro di lasciare poche guarnigioni lungo il suo cammino verso Est, situazione che gli consenti di avere sicure strade di transito per i rifornimenti e per il rafforzamento dell’esercito stesso in termini di risorse umane provenienti da Macedonia e Grecia

5.2 La malattia a Tarso

Prima della battaglia di Isso, Alessandro cadde gravemente ammalato nella città di Tarso; tutti i medici sostenevano che non sarebbe guarito ad eccezione di uno, Filippo di Acarnania. Peraltro, Alessandro aveva ricevuto una lettera anonima che accusava Filippo di volerlo avvelenare. Il rimedio di Filippo consisteva proprio in una potente miscela di droghe e tutti gli altri medici contestavano questo rimedio. Alessandro accettò di bere la pozione tenendo in mano e mostrando a tutti la lettera anonima. La denuncia era falsa, Alessandro guarì e Filippo fu ricompensato magnanimamente. Questo episodio ha un forte valore simbolico, esso mostra che Alessandro crede ed ha fiducia nelle persone;  l’immagine di Alessandro che beve, mentre Filippo legge la lettera che lo accusa di volerlo uccidere è una delle più deliziose immagini della storia dell’uomo.

5.3 Il leader può tornare

Durante la sua marcia verso Babilonia Alessandro attraversò molte delle unità amministrative che aveva creato durante il suo primo passaggio. I governatori di queste aree pensavano che Alessandro non sarebbe mai più passato di lì. Molti avevano assunto il rango di Re (e non di amministratori per conto di Alessandro) e avevano usurpato territori che non ricadevano sotto la loro giurisdizione. La presunzione dell’immunità costò la vita a molti di questi governatori, altri persero l’incarico; Alessandro si mostrò molto duro nei loro riguardi, anche se molti di essi lo avevano seguito in tutte le sue battaglie.
Il simbolismo sotteso è inculcare la certezza della punizione verso amministratori corrotti.

5.4 Il taglio del nodo Gordiano

Gordio, nella mitologia greca, fu uno dei re di Frigia. Nella mitologia i re di Frigia erano chiamati alternativamente Gordio e Mida. I Frigi, trovandosi senza sovrano, consultarono l'oracolo di Sabazio ed ebbero come responso che avrebbero dovuto eleggere come re il primo uomo che fosse salito al tempio con un carro. Fu così che apparve il fattore Gordio, sul suo carretto guidato da buoi. Gordio fondò l'omonima città di Gordio, che divenne la capitale della Frigia. Il suo carro venne conservato nell'acropoli della città e il suo giogo venne assicurato con un intricatissimo nodo detto, da allora, Nodo di Gordio. La leggenda voleva che chiunque fosse riuscito a “sciogliere” quel nodo sarebbe diventato signore dell'Asia. Tre secoli durò il mito del nodo, quando, nel 333 a.C., Alessandro Magno lo tagliò a metà con la sua spada. La macchina di pubbliche relazioni di Alessandro si mise in moto testimoniando il significato simbolico dell’operato di Alessandro destinato a diventare Re dell’Asia per volere divino.

5.5 Dopo la battaglia di Granico

Gli storici affermano che dopo la battaglia di Granico l’esercito macedone catturò ben 15.000 mercenari greci che avevano combattuto sotto le bandiere persiane. Tra le varie ipotesi sulla sorte dei greci mercenari la più plausibile sembra essere quella che sostiene che i greci furono inviati in Macedonia per essere ridotti in schiavitù. Alessandro volle inviare un chiaro messaggio ai greci. Contemporaneamente fece un gesto simbolico fortemente amichevole. Fece dono all’acropoli di Atene di 300 splendide armature catturate ai satrapi persiani. Questo ennesimo gesto di amicizia verso Atene facilitò ad Alessandro l’avvio della sua lunga campagna in Asia essendo assicurata la lealtà delle popolazioni che avrebbero dovuto sostenere la logistica dell’impegno bellico.

6. Conclusioni

Alcuni episodi della vita di Alessandro sono un po’ forzati rispetto alla classificazione delle quattro virtù di un leader; inoltre i quattro valori sono forse un po’ poco per definire un leader d’impresa.
Di converso la lettura del libro è piacevole e coinvolgente; essa trae ispirazione dall’oratoria greco – latina della narrazione.

Impero di Alessandro

Mappa dell'Impero di Alessandro


L. Kurke, The wisdom of Alexander The Great, American Management Association, 2004


Eugenio Caruso
10 gennaio 2007

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