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Il manuale della fonderia. Capitolo 17. Marketing e comunicazione


2.7 Internet

Nonostante le iniziali limitazioni tecnologiche, le aziende non hanno tardato a comprendere il valore del www in particolare come mezzo in grado di raggiungere qualsiasi cliente in ogni parte del mondo. In pochi anni, la rete è diventata un mezzo fondamentale di comunicazione globale, in grado di disseminare a bassi costi informazioni su un'impresa.
La maggior parte dei web di prima generazione erano costituiti da poco più che documenti statici. Il cliente interagiva con il web con la lettura di testi e l'osservazione di fotografie e disegni. Questo modo di trasferire informazioni dall'azienda al cliente è stato chiamato "stile brochure" ed è, oggi, considerato un modo primitivo di utilizzare le potenzialità di Internet. Esiste ancora, però, la falsa idea che avere un sito web dal design accattivante, tramite il quale proporre prodotti ed accettare ordini, sia sufficiente per portare le aziende verso il successo nella comunicazione su Internet.
Un notevole salto di qualità è stato fatto quando ci si è resi conto che Internet non era solo macchine, connessioni, software e protocolli, ma era, sostanzialmente, fatto di persone e che le relazioni tra le persone ne erano l'ossatura.
Per beneficiare delle molte opportunità offerte dal web ed evitarne, contestualmente, le minacce, le imprese dovrebbero sviluppare una strategia per la realizzazione dell'impresa digitale che permetta di garantire la flessibilità necessaria per stare al passo con le dinamiche del mercato. Le aziende con un occhio rivolto al futuro riconoscono che la chiave per il successo è costruire un modello di impresa digitale che venga definito, sia dalle dinamiche di business, sia da quelle tecnologiche. In un'ottica sistemica si può affermare:

  • che il cuore dell'impresa digitale è costituito da una spina dorsale costituita da processi,
  • che una piattaforma di successo deve superare i confini dell'azienda ed includere tutto il sistema degli stakeholder.

Una volta che i processi siano stati definiti e progettati si può passare a sviluppare le applicazioni digitali (6) che supportano ciascun processo: ad esempio, l'applicazione digitaledel business to business supporta il processo di acquisto da parte del cliente.
Per fornire un servizio personalizzato il web offre la promozione di prodotti ritagliati su segmenti di mercato ben precisi, allo scopo di attivare una fidelizzazione di quel segmento verso lo stesso prodotto. Seguendone i percorsi di acquisto vengono tracciati i customer's browsing, ritagliati sulle preferenze del cliente, in modo che la sua navigazione sia facilitata e il "navigatore" venga portato al repeat business.
Il catalogo virtuale è un componente essenziale di ogni e-application che abbia come obiettivo l'offerta di beni o servizi. Quando la fase di ricerca su catalogo incrocia la fase del confronto tra prodotti, è essenziale che il cliente possa utilizzare strumenti che gli consentano di confrontare con facilità le varie offerte. Per ovviare a questo esistono siti proprietari (siti web di Intermediari di informazioni) che offrono queste forme di confronto tra prodotti similari e inoltre sono stati messi a punto linguaggi (Extensible Markup Language) che consentono all'utente di confrontare informazioni provenienti da fonti diverse.
Quando finalmente il cliente è pronto per l'acquisto l'applicazione digitale deve provvedere alla sua autenticazione e ad assicurare che la transazione venga effettuata in modo accurato e confidenziale.
Giova osservare che la pubblicità, così come è stata finora proposta su Internet non funziona. La caduta di investimenti in campagne di banner pubblicitari testimonia, infatti, un fenomeno destinato a scomparire. Doveroso allora trovare delle risposte, perché da queste può risultare utile ricavare indicazioni su come e quando fare comunicazione pubblicitaria sul web in modo profittevole.
Se si pensa alla pubblicità banner prima maniera, che rimanda a una comunicazione sempre a senso unico, non si può non concludere che si tratta di una forma di pubblicità che non veicola un servizio e che non offre soluzione a problemi  e quindi non sfrutta le vere potenzialità del web, ma svolge una funzione puramente promozionale.
Per rilanciare il web marketing è necessario allargare il concetto di web, conferendo al banner nuove modalità e funzionalità. Risulta necessario coinvolgere, nella realizzazione del sito web, principalmente il cliente, attivando delle chat-line che possano consentire, peraltro, a tutto il sistema degli stakeholder di partecipare alla sua realizzazione.

2.8 Il marchio

Quando, in Europa, si affermano le  corporazioni artigiane la cultura del simbolo, inteso come segnale visuale distintivo di un'attività commerciale è già nella consuetudine sociale; ad esempio nella marchiatura di ceramiche,  tessuti, carta, oggetti in argento e ferro. Il processo innestato sui simboli, evolutosi con l'evolversi della produzione, ha contribuito ad intensificare l'insieme dei messaggi che il marchio trasmette.

  • Oggi, nessuno che si occupi di comunicazione negherebbe che il nome del marchio è un elemento fondamentale della comunicazione.
  • I produttori investono creatività, tempo e denaro per sviluppare e proteggere i lori marchi.
  • I consumatori si basano sui marchi per identificare i prodotti e, nelle situazioni in cui non sono in grado di valutare attributi intrinseci di un prodotto, si basano su attributi estrinseci come, appunto, il marchio.

Fino ad una decina di anni fa, generalmente, il marchio "doveva" associare categoria merceologica e nome del produttore. Questa strategia si è rivelata, successivamente, debole, in quanto solo descrittiva e lontana da un uso narrativo ed emozionale del marchio. Una fase più evoluta è quella in cui il marchio perde la categoria merceologica; il nome è in grado di proiettare l'identità di uno o più prodotti. Questa prassi si riferisce alla capacità acquisita dal nome del marchio di condensare il corpo di tutta la comunicazione e di costituire la chiave del recupero mnemonico dell'immagine del prodotto sottostante.
Nel momento in cui il marchio viene considerato come la chiave d'accesso al reticolo mnemonico, diventando una sorta di detonatore semantico, allora si innesca il suo potenziale di comunicazione che rappresenta la punta più avanzata ed efficace.
Occorre mettere in evidenza che il marchio non è un'esclusività della grande impresa che si rivolge al mercato del consumo di massa, ma esso ha un valore,  a volte anche maggiore, nella piccola e media impresa che opera nel b2b e il cui marchio è sinonimo  di competenza, affidabilità, qualità, serietà, e capacità di mantenere e accrescere, nel tempo, questi valori.
Le ricerche più recenti hanno mostrato che la familiarità con un marchio è un fattore di selezione più decisivo della qualità percepita; questo comportamento sembra dovuto al ruolo propriamente simbolico che il marchio assume nel momento in cui condensa in sé sia gli aspetti tangibili che quelli intangibili (Aaker, 1997).

2.9 Merchandising e punti di vendita

Il merchandising può essere definito come l'insieme delle tecniche, a differenti livelli, orientate a vendere, alle condizioni migliori, e nei più appropriati punti di vendita e cioè a meglio comunicare l'attrattiva dei prodotti agli occhi del consumatore.
I negozi che hanno gettato i primi semi del visual merchandising sono stati i supermercati, ora queste tecniche sono adottate anche nei piccoli negozi e sono state recepite anche dalle farmacie o dai negozietti di prodotti etnici, che appaiono, oggi, come piccoli supermercati.
Merchandising e punti di vendita sono elementi di marketing la cui comunicazione è quotidianamente osservata e posta in discussione; essi sono infatti le arene nelle quali si confrontano, nella concreto, offerta e domanda.
Oltre all'allestimento interno, un aspetto fondamentale del successo di un punto vendita è la sua localizzazione. Non merita approfondimenti la constatazione che un piccolo negozio dovrà localizzarsi nel centro della città e il centro commerciale alla periferia, vicino a veloci strade di accesso.
Dall'individuazione della sua sede fisica dipende gran parte del successo di un punto vendita.
Un paio di anni fa, da un argentiere di una media città, mi era stata chiesta una consulenza per migliorare il fatturato di vendita; la strategia commerciale prevedeva di far concorrenza, con l'offerta di prodotti di minor costo, ad un esercizio localizzato nel centro storico e abbastanza raffinato. Il negozio era situato in un ambiente molto valido e sofisticato dal punto di vista architettonico, ma completamente decentrato rispetto al percorso di shopping abituale dei cittadini, con un ingresso in salita e privo di marciapiede. Per di più, esso non aveva nelle vicinanze una farmacia, un tabaccaio, un negozio alimentare, la fermata di un autobus tutte condizioni che consentono di incanalare un flusso di potenziali clienti. La mia diagnosi è stata "cercatevi immediatamente una nuova collocazione". La strategia del commerciante prevedeva di attirare una clientela non molto sofisticata, ma la localizzazione del negozio richiedeva al potenziale cliente uno sforzo per superare tutta una serie di barriere psicologiche: entrare in un grazioso cortiletto, fare una sia pur breve rampa di scale, affrontare l'incognita del negozio chiuso. Il consiglio non venne accettato con conseguenze catastrofiche per il commerciante.
Tutte le grandi marche cercano spazi nei centri storici o nelle grandi aree commerciali; è una vera e propria corsa alle insegne che comunicano.
Le prime imprese che hanno cercato un accesso diretto al dettaglio sono stati i nomi della moda, che hanno costruito reti diffuse a scala globale. Oggi non c'è settore dove le marche più note non abbiano iniziato a sperimentare l'apertura di propri punti di vendita; è il ritorno allo spazio fisico attuato in perfetta sinergia, peraltro, con quello virtuale di Internet.
Se l'impresa non vuole vedere indebolire il proprio status deve rafforzare il posizionamento dei punti di vendita perché è lì che si gioca la battaglia della credibilità.
In molti avevano creduto che il web potesse agevolmente coprire il ruolo di relazione tra prodotto e cliente finale. In parte è vero, ma si è dovuto anche ammettere che nulla può sostituire le vetrine, gli scaffali di esposizione, il contatto fisico con il prodotto.
È ovvio che per molte imprese diventare retailer significa imparare un nuovo mestiere, peraltro, non solo devono essere messi in gioco investimenti cospicui, ma, principalmente, il punto di vendita deve creare  un ambiente che sia fedele con l'immagine che il cliente ha della marca, altrimenti si rischia il fallimento.
In questi punti di vendita vengono creati ambienti in grado di connotare non solo i prodotti, ma i valori e i simboli a cui essi si richiamano e la rivalutazione dello spazio fisico sottende la volontà di individuare nuovi percorsi di comunicazione.

  • Passare dalla customer satisfaction al tentativo di individuare e di soddisfare bisogni fortemente connotati da elementi immateriali.
  • Cercare piattaforme che consentano di sviluppare relazioni più strette e personalizzate con il cliente.
  • Riscoprire la potenzialità della dimensione fisica nel rapporto diretto con il cliente.
  • Tendere ad annullare la tradizionale suddivisione tra produttore e distributore. Nel momento in cui chiunque voglia svolgere una funzione attiva di analisi della domanda e di ricerca di risposte per soddisfarla necessita di una "finestra" fisica sul mercato.

2.10 L'identità

Storicamente l'impresa che ha creato il concetto di "identità" è stata la tedesca AEG. Subito dopo la seconda guerra mondiale presso la grande azienda tedesca viene sviluppata l'idea che l'impresa debba superare il paradigma in base al quale la comunicazione debba concentrasi sulla sola qualità della produzione, ma che debba poter esprimere, con continuità, anche informazioni sulla reputazione e sull'autorevolezza dell'impresa.
Il management della AEG impone, quindi, una drastica rivoluzione alla comunicazione aziendale, proponendo al mercato una qualità espressa non solo dalle capacità funzionali del prodotto, ma anche dal valore del suo design e del suo processo di produzione. I cataloghi informano sui materiali costruttivi e sui componenti, il logo diventa informativo e familiare, le fabbriche e i negozi sono sottoposti ad interventi architettonici innovativi e unificanti; nasce un nuovo concetto di design che viene veicolato al cliente come strumento in grado di influenzare le caratteristiche funzionali del prodotto.
Inconsapevolmente, nascono la comunicazione sull'immagine e sull'identità d'impresa, categorie, oggi, irrinunciabili per garantire vitalità ad una marca o ad un prodotto.
L'immagine aziendale si articola in due categorie:

  • L'immagine proiettata è come l'impresa vuole essere vista e percepita da terzi.  Le componenti che influenzano l'immagine proiettata sono sostanzialmente:
  • il comportamento di ciascun dipendente nei riguardi del mondo esterno,
  • il design, rappresentato dal marchio dell'impresa, dalla piacevolezza e dalla facilità di lettura dei cataloghi, delle brochure, del sito web, dallo stile di progettazione del prodotto, dall'edificio dell'azienda e dai suoi punti di vendita,
  • l'ambiente di lavoro,
  • la qualità della comunicazione.
  • L'immagine percepita è l'insieme dei valori e dei messaggi percepiti ed elaborati dal mondo esterno all'impresa. Essa è, quindi, la restituzione, sia delle effettive capacità dell'azienda, che delle azioni messe in atto per andare oltre quello che l'azienda è già.

L'immagine deve risultare chiara, deve cioè mettere in rilievo che l'eccellenza dell'impresa si fonda su competenze distintive essenziali per il segmento di clientela scelto. La creazione dell'immagine deve basarsi su prove che hanno suscitato testimonianze da parte dei clienti; si tratta quindi di gestire queste prove.

2.11 Il prodotto

Fino ad una ventina di anni fa il prodotto era considerato come un semplice componente del marketing operativo, e quindi lo si analizzava e lo si monitorava in base alle sue prestazioni funzionali, alla qualità, al posizionamento sul mercato, al segmento di mercato, al prezzo.
Successivamente, questo paradigma è stato superato al punto che, spesso, le caratteristiche simboliche e comunicative del prodotto sono diventate più importanti di quelle funzionali. Oggi, nell'impresa il prodotto viene visto, sia come elemento fondamentale per il conto economico, sia per il ruolo che esso gioca nell'ambito della comunicazione. Le principali caratteristiche che consentono al prodotto di svolgere la funzione di tipo comunicativo sono sostanzialmente quattro: la forma, il design, il colore e il packaging.
La forma di un prodotto non può ovviamente prescindere dalla funzione che il prodotto deve svolgere, tuttavia è possibile "adeguare" la forma rispetto a tre principali tipologie formali: cubo, sfera, piramide.

  • Il cubo simboleggia la stabilità, la solidità, la razionalità, la saggezza.
  • La sfera può simboleggiare il tempo, la divinità, la protezione materna, la creazione.
  • La piramide con la punta verso l'alto o verso il basso rappresenta rispettivamente i simboli maschile e femminile; essa può rappresentare inoltre convergenza, integrazione e sintesi.

Il design può incrementare sensibilmente il valore di un prodotto grazie ad un'accentuata differenziazione rispetto alla concorrenza. Giova osservare che in un mercato nel quale prestazioni funzionali e qualità tendono alla standardizzazione il design può essere l'unico elemento di differenziazione.
Il colore può essere un elemento fondamentale nel processo di acquisto, sia se è legato al design, sia per una sua specificità diretta che tocca una sfera percettiva profonda e difficilmente modificabile. Tra le sensazioni visive il colore è quella più viva; è interessante osservare che i bambini sono in grado di accoppiare tra loro i colori prima di essere capaci di verbalizzarli. Alcune ricerche hanno mostrato che il blu è il colore preferito dalla cultura occidentale, seguito dal bianco, dal verde e dal rosso. I bambini amano il rosso. In genere, i giovani preferiscono i colori caldi, gli adulti quelli freddi.
Il packaging è un elemento in grado di esaltare le caratteristiche comunicazionali del prodotto essendo l'interfaccia "sensoriale" tra il prodotto e l'acquirente. Il packaging nasce per l'esigenza di assicurare l'integrità del prodotto nei vari passaggi tra il produttore e il cliente finale. Successivamente, al packaging è stato assegnato un compito molto più importante: facilitare la vendita di ciò che esso protegge. Il ruolo della confezione, nel suo rapporto con il prodotto, si articola, oggi, in, almeno quattro funzioni (Vescovi, 1990).

  • La funzione di protezione che è quella per cui nasce il packaging. Il fallimento di questa funzione rende vane le altre.
  • La funzione di stoccaggio deve facilitare la gestione dei magazzini.
  • La funzione di utilizzo riguarda la facilitazione nell'uso del prodotto (7), oppure la possibilità di un utilizzo indipendente della confezione.
  • La funzione di stimolo all'acquisto riguarda la capacità di "vendere" il prodotto attraverso una comunicazione serrata e immediata al confronto con altri prodotti. A volte il packaging può assumere un'importanza comunicativa superiore al prodotto; esso possiede, infatti, una vita comunicativa specifica, rispetto agli altri mezzi di comunicazione, una vita basata sul carattere sensoriale della visione o del tatto.

2.12 Gli interventi nel sociale

La comunicazione della responsabilità sociale delle imprese è un elemento assolutamente nuovo nel panorama italiano della vita d'impresa, ma non per questo meno interessante.
Giova notare, peraltro, che, nel passato, le imprese esitavano a rendere ufficiale il proprio impegno sociale per timore che esso venisse interpretato come un'operazione opportunistica o che potesse trasformarsi in un pericoloso boomerang, come il noto caso della Benetton insegna (8). Alcune ricerche hanno, invece, sorprendentemente, mostrato i seguenti risultati.

  • Un elevato livello di consenso dei consumatori a proposito della partecipazione delle aziende alla soluzione dei problemi sociali.
  • Un altrettanto elevato consenso, da parte della gente, al fatto che le imprese comunichino il proprio impegno sociale.
  • Una percentuale molto bassa di persone scettiche, diffidenti o perplesse sull'attivismo delle imprese nell'ambito sociale.
  • Una percentuale molto elevata di consumatori ha dichiarato di sentirsi impegnata a privilegiare il prodotto di un'azienda attiva in qualche iniziativa sociale.

Queste ricerche mostrano che la comunicazione dell'impegno sociale di un'impresa è diventata una parte integrante dell'orchestrazione della comunicazione d'impresa. Peraltro, le dichiarazioni pubbliche di alti dirigenti di medie e grandi imprese mettono in luce che l'impegno sociale di un'impresa non rappresenta solo un costo ma può rivelarsi un'eccellente leva di vantaggio competitivo.

2.13 Le promozioni

Come è noto la promozione è un elemento del marketing che utilizza un bene aggiunto al prodotto o al servizio in un periodo di tempo determinato. Più estesamente si può affermare che il ruolo della promozione è quello di incoraggiare un acquisto attraverso un miglioramento temporaneo del valore del prodotto.
Hugh Davidson sostiene che «La pubblicità non è in grado di concludere una vendita, ma la promozione è in grado di farlo e lo fa»; obiettivo delle promozioni, infatti, è tradurre una disponibilità del consumatore verso un prodotto, indotta dalla pubblicità, in una decisione di acquisto. Nell'orchestrazione della comunicazione aziendale, non va però dimenticato che compito della promozione non è solo quello di aggiungere valore ad un prodotto, ma anche quello di richiamare i valori della marca.
La promozione intesa come strumento della comunicazione è abbastanza recente; prima degli anni settanta la promozione era uno degli strumenti del marketing operativo e veniva utilizzata in modo prevalentemente tattico, generalmente, per risolvere problemi legati al mancato raggiungimento dei target di vendita, oppure, per liberare i magazzini dai prodotti con scadenza ravvicinata o dai prodotti stagionali.
Con la nascita della grande distribuzione cresce l'importanza della comunicazione direttamente dal punto di vendita  e il produttore, in un contesto altamente competitivo, trasforma la promozione da elemento tattico in elemento strategico integrato nell'orchestrazione della comunicazione aziendale.
Il produttore deve fare solo attenzione a non generare nel consumatore un'assuefazione alla promozione che potrebbe, con il tempo, danneggiare l'immagine della marca. Inoltre l'eccesso di promozioni genera "consumatori infedeli", le imprese attivano le promozioni per attirare i consumatori infedeli, ma, in un circolo perverso, così facendo favoriscono l'infedeltà, poiché il consumatore troverà sempre una marca concorrente in promozione.
In generale possiamo affermare che da una campagna promozionale attuata con scopi strategici e non tattici, l'impresa possa attendersi una serie di vantaggi:

  • stimolare la propria forza vendita verso un nuovo prodotto,
  • spingere un prodotto che si trovi nel suo stato di maturità,
  • facilitare l'introduzione di un nuovo prodotto presso la distribuzione,
  • neutralizzare l'azione di un'impresa concorrente,
  • stimolare una prova da parte del cliente,
  • spingere il cliente a creare delle scorte al fine di togliere mercato alla concorrenza,
  • spingere i dettaglianti all'approvvigionamento,
  • sostenere l'azione pubblicitaria,
  • sviluppare fedeltà al prodotto dell'impresa.

2.14 La comunicazione economico finanziaria

Sempre più spesso il sistema degli stakeholder è interessato a ricevere informazioni sulla strategia dell'impresa, sui suoi risultati economici, sulle prospettive future. Affinché un'impresa possa realizzare la propria strategia è fondamentale che sia in grado di legare a sé i soggetti chiave necessari al proprio sviluppo (Caruso, 2003); d'altra parte i vari interlocutori "critici" possono avere attese diverse rispetto ai contenuti della comunicazione aziendale. Possono risultare importanti, di volta in volta, informazioni sulle caratteristiche dei prodotti, sulla rete di vendita, sulla forza della marca, sui risultati aziendali passati, presenti e previsti, sulle performance economico-finanziarie. La comunicazione riguardante la gestione dell'impresa deve riguardare, pertanto, anche i risultati sull'assetto reddituale, finanziario e patrimoniale, definita comunicazione economico-finanziaria.
Questo tipo di informazione interessa, prevalentemente, il mondo finanziario e degli investitori e, pertanto, riguarda, fondamentalmente, le grandi imprese, specie se quotate. Non va, peraltro, trascurata la sua importanza anche per le Pmi che, se vogliono costituire un sistema coeso e sinergico di stakeholder, dovranno essere in grado di comunicare a tutti, in modo trasparente e corretto, la propria situazione economico finanziaria.

3 Conclusione

Le argomentazioni che sono state trattate indicano un tracciato che conduce l'impresa ad orientarsi verso una gestione centrata sul marketing e a relazionarsi ad altri soggetti al fine di creare valore insieme. È stato messo in evidenza come il marketing sia una sorta di lubrificante del motore aziendale e  la comunicazione il suo spirito vitale.
Occorre sottolineare che allacciare relazioni che siano durature e in grado di creare valore non è sempre un'impresa facile, specialmente se i soggetti non sono preparati psicologicamente a creare rapporti e che la capacità di creare un tessuto relazionale giova sia al marketing che alla comunicazione.
D'altra parte questa capacità può essere considerata, forse, la più importante nel mondo dell'impresa, specialmente oggi, nell'era del villaggio globale. Imprenditori e manager devono saper creare un tessuto relazionale e pertanto devono, necessariamente, imparare le tecniche del relazionamento attraverso l'ottimizzazione delle funzioni di marketing e di comunicazione. Ritengo sia interessante chiudere questo capitolo ricordando le frasi di tre esperti della psicologia umana.
Sostiene Dale Carnegie «C'è un solo modo per ottenere da qualcuno quello che vogliamo. Fare in modo che l'altra persona sia indotta a desiderare quello che vogliamo noi». Ma di solito la gente che cosa vuole? La maggior parte degli psicologi sostiene che il bisogno più sentito della natura umana, soddisfatti i bisogni materiali, è "il desiderio di essere importante"; questo concetto deve essere tenuto sempre a mente ed è fondamentale nello sforzo che ciascuno compie per creare relazioni costruttive.
Un altro principio guida, volto a fluidificare le relazioni, è stato espresso da Henry Ford il quale scrisse: «Se esiste un segreto del successo nel campo dei rapporti sociali, direi che sta tutto nel riuscire a vedere dal punto di vista dell'altra persona, a mettersi nell'angolo di visuale altrui».
Infine nel VI secolo a.C. il grande Esopo osservava «Quando nei tempi che furono, Prometeo ebbe fabbricati gli uomini, appese loro al collo due bisacce piene l'una dei vizi altrui e l'altra dei vizi propri; quella dei vizi altrui la pose loro davanti e l'altra la appese di dietro. Ecco perché gli uomini scorgono a prima vista i difetti altrui, mentre i propri non li hanno mai sotto i propri occhi».

Eugenio Caruso


Bibliografia
Aaker D. A., La gestione del valore della marca, FrancoAngeli, 1997
Biondi F., (a cura di) Fatti, Fonderia - Anno 54°, aprile 2005, pag. 14
Caruso E., Gestire l'impresa del 2000, FrancoAngeli, 1999.
Caruso E., L'impresa in un mercato che cambia, Tecniche Nuove, 2003
Caruso E., Il circolo virtuoso impresa - mercato, Tecniche Nuove, 2004
Caruso E., Comunico quindi esisto, Tecniche Nuove, 2005
Drucker P., Manuale di management, Etaslibri, 1986
Guaglione E., Il futuro sta nella comunicazione, Fonderia - Anno 54°, luglio 2005, pag. 48
Invernizzi E., La comunicazione organizzativa. Teorie, modelli e metodi, Giuffrè, 2000
Kotler P., Il marketing secondo Kotler, Il Sole 24 Ore, 1999
Kotler P., 300 risposte sul marketing, Tecniche Nuove, 2005
Vescovi T., Il marketing del prodotto, Cedam, 1990

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((6) Note anche come e-applications.

(7) È il caso, ad esempio degli imballaggi dei kit di montaggio.

(8) La Benetton, dopo aver impostato la propria campagna pubblicitaria a difesa dei diritti dell'uomo, venne accusata di sfruttare il lavoro minorile in Turchia, attraverso un'azienda subfornitrice.


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Tratto da Il manuale della fonderia

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