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I dialoghi di Platone: Lo Ione

The safest general characterization of the European philosophical tradition is that it consists of a series of footnotes to Plato. (Alfred North Whitehead).

Dopo il Timeo, il Critone, il Simposio e l'Apologia di Socrate mi dedico ora a Lo Ione.
Per Platone l’arte non è un fatto di tèchne, ma una forma di "divina follia" che, come l’amore, invade l’uomo e lo possiede irresistibilmente. Non si è dunque artisti per scelta, ma per volontà divina, e l’ispirazione poetica viene concessa all’uomo ad arbitrio di Dio.

Lo Ione è stato a lungo considerato dalla critica come un dialogo "minore" all'interno della produzione letterario-filosofica di Platone. La poesia, soprattutto tramite l'arte rapsodica, costituiva l'educazione tradizionale dei greci. Platone, negando la scientificità dell'arte rapsodica, basata sull'oralità, non contraddice il primato dell'oralità sulla scrittura tematizzato nel Fedro. L'obiettivo della critica platonica concerne invece il tipo di oralità del rapsodo, che si può definire oralità "mimetica" e che corrompe gli animi facendoli partecipi delle passioni espresse poeticamente, mentre lascia intatto e, anzi, riafferma, per contrasto, il valore educativo dell'oralità' dialettica, basata sulla ricerca filosofica del vero.
Ione viene descritto all'inizio con l'articolo premesso al suo nome ( " tòn Iona " ), che indica personaggio noto ( come anche in Italiano, ad esempio, si dice il Manzoni, il Petrarca ... ), tuttavia , paradossalmente, il personaggio non é noto da altre fonti . Rappresenta in modo emblematico il rapsodo e la sua professione (come Timeo rappresenta il pitagorico). Il rapsodo per parecchio tempo presso i greci ebbe il ruolo di recitare le poesie e in particolare i poemi omerici .
Recitavano a memoria su una specie di palco, anche con abilità di attori, con attraenti vesti e ben adornati . Dapprima accompagnarono la recitazione dei poemi con il suono della lira; successivamente tennero in mano una verga a mò di scettro. Nelle grandi feste partecipavano a gare organizzate nelle maggiori città greche. Ebbero all'inizio molta importanza nella società greca in quanto costituirono uno strumento di comunicazione significativo nell'ambito della cultura consegnata prevalentemente all'oralità. Giova sottolineare che senza questi rapsodi, opere fondamentali come quelle di Omero sarebbero andate perse.
La massima diffusione dei rapsodi ebbe luogo nei secoli quinto e quarto; ma non tardarono le critiche, col nascere e diffondersi di una cultura critica . Erano giudicati in possesso di non adeguate e poco attendibili conoscenze . Lo Ione é appunto un documento esemplare di queste critiche , che sono poi particolarmente severe in Senofonte ( Memorabili, 4, 2, 10). Anche la diffusione della scrittura causò, in parte, la scomparsa dei rapsodi.
Tuttavia non é il rapsodo come tale il centro focale del dialogo: Platone, partendo dal rapsodo, mira a chiarire quale sia la natura del fatto artistico e del poeta: fondamento della poesia non é la scienza, ma l'ispirazione. Il luogo e il tempo dello Ione sono lasciati indeterminati. Invece, c'è un elemento che potrebbe aiutarci a datarne la composizione in modo abbastanza preciso. Ione dice che Efeso, la sua città natale, era governata dagli Ateniesi. Ora , nel 412 a.C. Efeso era contro Atene; nel 394 a.C. fu invece ancora sotto il dominio di Atene. Ma nel 390 a.C. tornò ad essere alleata di Sparta contro Atene. dunque, la composizione del dialogo va collocata tra il 394 e il 391 a.C. Perciò Platone dovette avere circa 35 anni quando compose lo Ione e quindi dovette già essere in pieno possesso di una ben matura concezione della poesia (e dei poeti ) quale frutto di ispirazione e non di scienza, come invece é la filosofia.
Sull'autenticità del dialogo non ci son più dubbi e i pregiudizi ottocenteschi sono stati definitivamente dissipati.
Ione dice di saper parlare di Omero meglio di chiunque altro; Socrate gli chiede se é esperto anche su Esiodo, ma lui dice di no. Socrate cerca di spiegargli che l'attività del rapsodo non é un'arte e chiede a Ione se non é vero che anche gli altri poeti han cantato le stesse storie di Omero (le guerre, i rapporti tra gli uomini, etc. ) e lui dice che é vero, ma che Omero l'ha fatto in modo superiore. Ma, dice Socrate, se dice che Omero é superiore agli altri vuol dire che deve conoscere anche gli altri, altrimenti come potebbe fare un paragone Ione riconosce che Socrate ha ragione. Socrate gli spiega poi che i poeti sono tali per divina ispirazione e non per scienza personale: é la Musa che rende " invasati " i poeti , che parla per bocca loro: la poesia é una forma di pazzia positiva .
E la divina ispirazione, continua Socrate, dopo aver preso i poeti, colpisce anche i rapsodi e poi gli ascoltatori: Ione ammette che Socrate ha ragione, e anche lui dal palco vede spesso gli spettatori guardare attoniti e allibiti, quasi come se fossero fuori di sè. La divina ispirazione innesca una catena alla quale é difficile sottrarsi, ma che comunque non é poi negativa: é una sorta di pazzia positiva in fin dei conti. Ma Ione continua a essere del parere di avere scienza e per difendersi recita a memoria qualche verso di Omero, ma Socrate gli spiega che questo non dimostra che la sua sia una scienza.
Poi, riprendendo i versi appena citati da Ione (che erano dedicati all'arte del cavalcare) , gli chiede se a riguardo ne sa più lui che li ha recitati in modo impeccabile o un auriga? Senz'altro un auriga. E senz'aaltro lo stesso confronto varrebbe tra un auriga e Omero stesso, che quei versi li ha scritti: ne saprebbe sempre più l'auriga. Dunque la poesia tratta di molte cose di cui nè i poeti nè i rapsodi sono conoscitori specifici. Dunque, in buona fine, in che cosa consisterà l'arte del rapsodo, chiede Socrate.
Riguarda ciò che é conveniente dire, risponde Ione, quali a un servo, quali a un uomo libero, quali a uno che comanda, quali a uno che é comandato. Ma ciò che va detto a un comandato lo sa meglio il rapsodo o il condottiero? E ciò che va detto a un servo lo sa meglio il rapsodo o il padrone? Dunque un buon rapsodo sarebbe anche un buon condottiero? Ione non può far altro che ammettere la propria disfatta e dar ragione a Socrate, che conclude il dialogo.

Eugenio Caruso - 22 dicembre 2018

I DIALOGHI DI PLATONE
Platone è l'unico filosofo antico di cui ci sono giunti tutti gli scritti, raccolti in nove tetralogie dal grammatico alessandrino Trasillo di Mende (I secolo d.C.). Già a partire dai primi decenni dell'Ottocento, però, filosofi e filologi si sono posti il problema dell'autenticità e della datazione dei singoli dialoghi, e a questo scopo sono state percorse due strade: da un lato, si è studiata l'evoluzione del pensiero dell'autore, ordinando i dialoghi in base allo sviluppo delle sue dottrine principali (specie la dottrina delle idee); dall'altro, sapendo da fonti antiche che l'ultimo suo scritto dovrebbe essere Le leggi, si è tentato di individuare un'evoluzione stilistica in base alla somiglianza con lo stile di quest'ultima opera. A ciò si sono aggiunte, a fine Ottocento, le analisi stilometriche, che hanno confermato (eccetto che in rari e curiosi casi) i risultati fino ad allora raggiunti. Si è potuto così dividere la produzione di Platone grossomodo in tre momenti: uno giovanile, uno della maturità e uno della vecchiaia.
Da un punto di vista stilistico, invece, i dialoghi sono suddivisibili in dialoghi diretti (o drammatici) e dialoghi narrati (o diegematici): mentre i primi riportano direttamente le affermazioni e i discorsi dei personaggi, i secondi sono riportati da un narratore presente alla discussione. Spesso è lo stesso Socrate a ricordare interi dialoghi, talvolta narrandoli ad amici, talvolta rivolgendosi direttamente al lettore; altre volte, voce narrante del dialogo può essere un personaggio che ha assistito alla discussione senza prendervi parte (come nel Fedone), o che ne ha semplicemente sentito parlare da altri (come nel Simposio o nel Parmenide). Non mancano poi casi di dialoghi misti, in cui a una cornice in forma drammatica segue un dialogo narrato.
Inoltre, va ricordato che in nessun dialogo Platone compare in prima persona gli studiosi quindi, di volta in volta, hanno cercato di individuare un personaggio che fosse il portavoce dell'autore. Solitamente questo ruolo spetta a Socrate, sebbene con l'avanzare degli anni il maestro ceda il posto ad altri eminenti personaggi (Parmenide nel Parmenide, lo Straniero di Elea nel Sofista e nel Politico, e via dicendo). Tuttavia, come suggerisce la stessa natura letteraria di questi scritti, è bene tenere presente che per comprendere il pensiero platonico non ci si può attenere ai discorsi di un solo personaggio, ma bisogna prendere in esame la struttura stessa del dialogo, le strategie argomentative adottate, i riferimenti testuali interni ed esterni, e infine lo sfondo su cui Platone mette in scena le discussioni.
Dialoghi aporetici o giovanili
Il primo scritto di Platone, sulla cui autenticità non vi è controversia alcuna, è l'Apologia di Socrate, scritta probabilmente attorno al 395 a.C. e subito seguita dal Critone. I primi tempi successivi alla morte di Socrate, Platone, insieme ad altri socratici, aveva preferito riparare a Megara, presso la scuola del condiscepolo Euclide. Nei dodici anni seguenti, trascorsi tra brevi soggiorni ad Atene e una serie di viaggi dentro e fuori i confini dell'Ellade (Italia meridionale, Egitto), due fatti lo convincono a riprendere la scrittura a favore dell'insegnamento del maestro: l'opuscolo diffamatorio di Policrate contro Socrate, e l'apertura della scuola di retorica di Isocrate (390 a.C.).

I dialoghi "socratici" di Platone vengono dunque a contrapporsi agli scritti polemici e retorici che circolavano ad Atene. Anzitutto, il dibattito verte sulla figura di Alcibiade e sul suo rapporto con Socrate: com'era stato possibile che il più famoso discepolo del filosofo si fosse reso protagonista dello scandalo delle erme, e fosse poi risultato un politico corrotto? E inoltre, era lecito equiparare Socrate ai sofisti? In questo clima di dubbi e accuse, in cui anche la letteratura apologetica socratica sembrava incapace di rendere merito alla levatura di Socrate, Platone inizia la composizione di una serie di dialoghi (scritti generalmente in forma drammatica) che hanno come argomento la figura del maestro e la sua arte confutatoria: l'Apologia di Socrate e il Critone, l'Alcibiade primo e Secondo (di autenticità dubbia), il Teage (spurio), l'Ippia maggiore e Minore (anche questi ultimi di autenticità contestata), il Lachete, l'Eutifrone, lo Ione, il Carmide e il Liside.
Anzitutto, Platone difende la figura di Socrate come educatore, mostrando come il giovane Alcibiade, fortemente legato al filosofo, fosse stato da lui ammonito a non cadere in un facile entusiasmo per la carriera politica: il suo comportamento nefando non è dunque da imputare a Socrate, bensì alla scarsa applicazione dell'allievo allo studio della filosofia. Inoltre, connessa alla difesa di Socrate è anche la critica della cultura tradizionale ateniese, che investe l'ipocrisia religiosa (Eutifrone), la poesia (Ione), la vacuità dell'oratoria democratica (Menesseno). In tutti questi dialoghi Socrate pone delle domande ai suoi interlocutori, solitamente alla ricerca di una definizione a cui però il dialogo non giunge mai, poiché il filosofo si limita a confutare le affermazioni, mostrandone le contraddizioni (per questo motivo si parla di "dialoghi aporetici"). Oltre a ciò, Platone si discosta via via dalla pura dottrina socratica per formulare un quadro introduttivo alla sua indagine, dimostrando che la filosofia:
- deve mirare a un sapere “misurato”, e non a un numero indeterminato di nozioni (Amanti, dialogo che però è considerato generalmente spurio);
- si qualifica come «scienza di sé e delle altre scienze» e «conoscenza del bene e del male» (Carmide);
- mira alla conoscenza dell'«amico primo, a causa del quale diciamo che tutte le altre cose sono amiche tra loro» (Liside).
A chiusura del periodo giovanile trovano posto il Gorgia, il Protagora e il Menone. Questi dialoghi concludono una fase della produzione platonica per aprirne un'altra, e vediamo Platone mettere in campo temi che verranno poi approfonditi negli anni a venire (etica e politica, primato del bene, reminiscenza e via dicendo). A questo gruppo è ascrivibile anche il Libro I della Repubblica (il cosiddetto Trasimaco).
Dialoghi centrali o della maturità
L'apertura dell'Accademia nel 387 a.C. spinse Platone a indicare gli obiettivi del suo insegnamento, cercando di far leva sugli aspetti della disciplina che sarà oggetto di studio. A tale scopo, Platone adotta una nuova forma letteraria, passando dal dialogo diretto a quello narrato: come scrive nel Libro III della Repubblica, un uomo saggio, quando riporta un fatto, deve preferire la forma narrata a quella mimetico-drammatica, tipica invece dei poeti. In questi anni, che vengono definiti "della maturità", Platone continua a nascondersi dietro la figura del maestro, dedicandosi però allo studio della «scienza del bene»: il filosofo formula infatti quella che poi sarà ricordata come la dottrina delle idee, sviluppando temi che erano già presenti negli ultimi dialoghi aporetici. Nel Fedone, il dialogo dedicato alla morte di Socrate, Platone torna sulla dottrina della reminiscenza e fornisce l'unica definizione di «idea» dell'intero corpus; nel Simposio tema centrale è l'Eros filosofico, che tanta fortuna avrà nella filosofia e nella letteratura occidentale successiva; vi sono poi il Cratilo, dedicato ad argomenti di carattere semantico, e l'Eutidemo, teso a dimostrare l'inconsistenza dell'eristica.
Infine, non si può non ricordare La Repubblica, il secondo dialogo per lunghezza e senza dubbio la sua opera più importante. Qui Platone espone le sue tesi sulla costituzione della città-stato ideale, la Kallipolis, una città governata dai filosofi in vista del bene e del meglio, la cui popolazione è organizzata in tre classi a immagine dell'anima umana. Inoltre, il filosofo discute anche di dottrina della conoscenza, attraverso la metafora della linea e il mito della caverna (Libri VI e VII), e affronta il problema dell'immortalità dell'anima (il mito di Er, nel Libro X).
Dialoghi della tarda maturità
Al periodo della tarda maturità (tra il 368 e il 365 a.C.) vengono solitamente ricondotti tre dialoghi, che chiudono la seconda fase della produzione platonica per aprire la terza: il Fedro, il Parmenide e il Teeteto. Con questi dialoghi Platone inizia a porre in campo le questioni che saranno centrali nei dialoghi della vecchiaia (detti anche "dialettici"). Nel Parmenide, invece, Socrate e l'Eleate affrontano temi di carattere ontologico, che già presagiscono le analisi del Sofista. Anche la forma cambia, avvicinandosi allo stile degli ultimi dialoghi: dal dialogo narrato, nella prima parte, si passa ad un vero e proprio monologo di Parmenide, interrotto solo dalle frasi di assenso del suo interlocutore. Con il Fedro Platone torna in grande stile al dialogo drammatico, scelta che indusse qualche studioso ad inserirlo tra i dialoghi giovanili. Tuttavia, recenti analisi stilometriche hanno autorevolmente dimostrato una datazione ben più tarda. Infine, il Teeteto segna un punto di svolta verso il definitivo ritorno al dialogo diretto. Euclide, infatti, nel riportare il dialogo all'amico Terpsione, sceglie di leggere un resoconto che si era appuntato dopo averne sentito parlare da Socrate, e che aveva successivamente corretto e aggiustato con l'aiuto del filosofo: nel fare questo, spiega Euclide, ha però evitato di inserire frasi come «disse» oppure «convenne», che appesantiscono inutilmente la lettura. Segno questo di un cambio di rotta da parte di Platone, che a partire da questo dialogo torna alla forma drammatica.
Dialoghi dialettici o della vecchiaia
Con l'avanzare degli anni, Platone sembra dedicarsi a riformulare sotto una nuova luce le dottrine avanzate negli anni precedenti. Lo stile cambia: dal dialogo narrato si passa, per tramite del Teeteto, alla forma drammatica. Anche il portavoce dell'autore muta, e progressivamente la figura di Socrate si riduce a semplice garante delle tematiche trattate, il cui contributo nella discussione è nullo. Oltre al Filebo, l'ultimo scritto in cui è il maestro a condurre il dialogo, vediamo Socrate perdere il ruolo di protagonista (Sofista, Politico), diventare un personaggio secondario (Clitofonte, Timeo, Crizia, scritti in forma di trattati), e infine scomparire del tutto (Leggi ed Epinomide).
Diogene Laerzio racconta che Platone morì a 80 anni mentre lavorava ad una revisione del prologo della Repubblica. L'ultima sua opera pare sia Le leggi, che al momento della morte si trovava ancora su tavolette cerate - quindi non ancora completata. Questa fu ricopiata dall'allievo e segretario del filosofo, Filippo di Opunte, il quale, sempre secondo Diogene, dovrebbe essere anche l'autore dell'Epinomide.

Platone - Ione

SOCRATE

Salve, Ione. Da dove arrivi qui da noi? Forse da Efeso, [1] da casa tua?

IONE

No, Socrate, vengo da Epidauro, [2] dalla festa di Asclepio. [3]

SOCRATE

Come mai? Forse gli Epidauri dedicano al dio anche una gara di rapsodi?[4]

IONE

Certo, e gli dedicano anche gare in ogni altra arte riguardante le Muse.

SOCRATE

E allora? Hai partecipato anche tu a qualche gara per rappresentarci? Hai vinto qualche premio?

IONE

Socrate, abbiamo vinto il primo premio.

SOCRATE

Bene! Ma cerchiamo di vincere anche le Panatenee. [5]

IONE

Così sarà, se il dio lo vuole.

SOCRATE

Ione, certo spesso ho invidiato voi rapsodi per la vostra arte: infatti desta invidia il fatto che andiate sempre adorni nel corpo in modo appropriato alla vostra arte, che siate al massimo della vostra bellezza e nel contempo è da invidiare la necessità che vi porta a frequentare molti altri bravi poeti e soprattutto Omero, il migliore e il più divino tra i poeti, e a comprenderne non solo le parole ma anche il pensiero. Poiché mai si potrebbe essere rapsodi se non si comprendessero le parole del poeta, del cui pensiero il rapsodo deve farsi interprete per gli ascoltatori: è impossibile interpretarlo correttamente senza capire ciò che il poeta dice. Pertanto tutto questo è degno di essere invidiato.

IONE

è vero, Socrate: questa necessità imposta dalla mia arte è quella che mi ha dato più da fare e credo di saper trattare di Omero molto meglio degli altri, poiché né Metrodoro di Lampsaco né Stesimbroto di Taso né Glaucone, [6] nessuno insomma di quanti sono mai esistiti, ha saputo esprimere così tanti bei pensieri su Omero come me.

SOCRATE

Dici bene, lone, e certamente è chiaro che non ti rifiuterai di dimostrarmelo.

IONE

E in effetti vale la pena ascoltare, Socrate, come ho infiorato bene Omero, cosicché credo di essere degno di ricevere una corona d'oro dagli Omeridi. [7]

SOCRATE

Sicuramente io troverò ancora il tempo di ascoltarti, ma ora rispondi a questa sola domanda: la tua abilità riguarda solo Omero o anche Esiodo [8] e Archiloco? [9]

IONE

No, solo Omero, e certo mi sembra che sia sufficiente.

SOCRATE

Esiste qualche argomento intorno al quale Omero e Esiodo dicono le stesse cose?

IONE

Credo di sì, e credo che siano anche molti.

SOCRATE

Forse dunque su questi argomenti sapresti interpretare meglio ciò che Omero dice rispetto a ciò che dice Esiodo?

IONE

Socrate, io saprei interpretare allo stesso modo gli argomenti riguardo ai quali dicono le stesse cose.

SOCRATE

E come ti comporteresti nei confronti di quegli argomenti sui quali non si esprimono allo stesso modo? Ad esempio tanto Omero quanto Esiodo trattano della divinazione.

IONE

Certo.

SOCRATE

E allora? Sapresti spiegare quando questi due poeti hanno idee concordi sulla divinazione e quando invece divergono nelle loro idee meglio tu o qualche bravo indovino?

IONE

Un indovino.

SOCRATE

E se tu fossi un indovino, non sapresti dare una spiegazione anche di ciò su cui essi hanno idee discordi, se fossi capace di spiegare ciò su cui essi si esprimono nello stesso modo?

IONE

è chiaro.

SOCRATE

Dunque come mai la tua abilità riguarda solo Omero e non Esiodo e nemmeno gli altri poeti? Forse Omero tratta argomenti diversi rispetto a quelli trattati da tutti gli altri poeti? Non ha narrato per lo più la guerra, le reciproche relazioni tra uomini buoni e malvagi, tra gente del mestiere e profani, i rapporti tra dèi e dèi e tra dèi e uomini, cioè quali relazioni hanno, le vicende celesti e quelle dell'Ade, le generazioni di dèi e di eroi? Non sono questi i temi sui quali Omero ha incentrato la sua opera poetica?

IONE

Socrate, dici il vero.

SOCRATE

E allora gli altri poeti? Non hanno essi composto le loro opere sui medesimi temi?

IONE

Sì Socrate, ma non hanno fatto poesia alla stessa maniera di Omero.

SOCRATE

In che senso? Sono stati dei poeti peggiori?

IONE

Sì, e di molto.

SOCRATE

Omero è stato poeta in modo migliore?

IONE

Certo che è stato un poeta migliore, per Zeus!

SOCRATE

Dunque, mio caro Ione, qualora tra molti che parlano di numeri, uno ne parli benissimo, senza dubbio si riconoscerà chi parla bene?

IONE

Dico di sì.

SOCRATE

Sicché è la stessa persona che riconoscerà anche quelli che parlano male o è un'altra?

IONE

La stessa, senza dubbio.

SOCRATE

Quindi questo è chi possiede l'arte dei numeri?

IONE

Sì.

SOCRATE

E allora? Qualora, tra molti che parlano di quali cibi siano salutari, qualcuno ne parli benissimo, uno riconoscerà chi parla benissimo perché parla benissimo e un altro riconoscerà colui che parla peggio perché parla peggio, o sarà la stessa persona a riconoscerli?

IONE

Senza ombra di dubbio è chiaro che sarà la stessa persona.

SOCRATE

Chi è costui? Come si chiama?

IONE

Medico.

SOCRATE

Dunque ricapitolando diciamo che, tra molti che parlano degli stessi argomenti, sarà sempre la stessa persona a riconoscere chi parla bene e chi parla male; altrimenti, se non sarà in grado di distinguere chi parla male, chiaramente non distinguerà neppure chi parla bene dello stesso argomento.

IONE

è così.

SOCRATE

Dunque la stessa persona è versata in entrambe le cose?

IONE

Sì.

SOCRATE

Quindi tu dici che Omero e gli altri poeti, tra i quali rientrano anche Esiodo e Archiloco, trattano gli stessi temi ma non allo stesso modo, bensì l'uno bene e gli altri peggio?

IONE

Appunto.

SOCRATE

Sicché se riconosci chi parla bene potresti anche riconoscere quelli che parlano peggio perché parlano peggio.

IONE

Così pare.

SOCRATE

Dunque, carissimo, non sbaglieremo dicendo che l'abilità di Ione riguarda Omero e gli altri poeti, dal momento che proprio lui ammette che la stessa persona sarà giudice competente di tutti coloro che trattano gli stessi temi e che quasi tutti i poeti trattano gli stessi temi.

IONE

Qual è mai dunque il motivo per cui io, Socrate, quando si parla di qualche altro poeta neanche presto attenzione e non sono capace di mettere insieme nulla che si possa definire un discorso, ma a dire la verità sonnecchio e invece ogni volta che qualcuno menziona Omero mi sveglio subito, faccio attenzione e ho molte cose da dire?

SOCRATE

Non è difficile capire ciò, amico mio, ma è chiaro a tutti che tu non sei in grado di parlare di Omero per capacità artistica e per scienza: se infatti tu fossi capace di parlarne per una virtù artistica, saresti capace di parlare anche di tutti gli altri poeti, poiché l'insieme in qualche modo costituisce l'arte poetica. Oppure no?

IONE

Sì.

SOCRATE

Dunque quando si sia presa in considerazione qualsiasi altra arte nel suo complesso, lo stesso criterio di analisi non vale forse per tutte le arti? Vuoi ascoltare da me in che modo affermo ciò, Ione?

IONE

Sì, per Zeus, Socrate: infatti io mi diletto ad ascoltare voi sapienti.

SOCRATE

Vorrei che tu dicessi la verità, Ione, ma forse voi rapsodi, gli attori e coloro di cui cantate i poemi siete sapienti: io invece non dico nient'altro che la verità, come è verosimile che la dica un profano. Poiché anche riguardo a ciò su cui poco fa ti interrogavo, guarda come è semplice e facile anche per un uomo qualsiasi comprendere ciò che ti dicevo, cioè che l'esame è il medesimo, quando si sia presa in considerazione un'arte nel suo complesso. Mettiamoci dunque a ragionare: c'è in generale un'arte che possiamo definire pittorica?

IONE

Sì.

SOCRATE

Quindi ci sono e ci sono stati molti pittori bravi e molti pittori scadenti?

IONE

Certo.

SOCRATE

Dunque hai già visto qualcuno che sia capace di comprendere quali opere Polignoto, figlio di Aglaofonte [10] abbia dipinto bene e quali no, e che sia invece incapace di comprenderlo riguardo agli altri pittori? E quando si passano in rassegna le opere degli altri pittori non presta attenzione, si trova in difficoltà e non sa cosa dire, mentre quando bisogna manifestare un'opinione su Polignoto o su qualsiasi altro pittore, purché sia solo quello, si sveglia, fa attenzione e ha molte cose da dire?

IONE

No per Zeus, certamente no.

SOCRATE

E allora? Nell'arte della scultura hai già visto qualcuno che sia capace di mostrare riguardo a Dedalo, figlio di Metione o a Epeo, figlio di Panopeo, o a Teodoro di Samo [11] o a qualche altro scultore quali opere abbia scolpito bene, mentre riguardo alle opere degli altri scultori si trova in difficoltà e sonnecchia, non sapendo cosa dire?

IONE

No, per Zeus, non ho visto nessuno comportarsi così.

SOCRATE

E certo, credo, non hai mai visto né nel suonare il flauto né nel suonare la cetra, né nell'accompagnare il canto con la cetra, né nella rapsodia un uomo che sia capace di mostrare quali versi recitino bene e quali no Olimpo o Tamiri o Orfeo o Femio, il rapsodo di Itaca, [12] e invece si trovi in difficoltà per Ione di Efeso e non sappia giudicare quali versi recita bene e quali no.

IONE

Io non ho argomenti con cui contraddirti su questo punto, Socrate, ma per conto mio ho coscienza del fatto che recito Omero assai meglio degli altri e ho un mucchio di cose da dire su di lui e sono conscio del fatto che tutti gli altri dicono che io recito bene, mentre non lo dicono riguardo agli altri poeti. Certo guarda tu perché accade questo.

SOCRATE

Lo vedo, Ione, e vengo da te per dimostrarti perché mi sembra che accada. Infatti questa che ti permette di recitare bene Omero e di cui appunto parlavo non è una capacità artistica, ma è una forza divina a spingerti, come avviene nella pietra che Euripide chiamò Magnete e la gente chiama Eraclea. [13] E infatti questa pietra non solo attrae gli stessi anelli di ferro, ma infonde agli anelli anche una forza tale che permette loro di esercitare a loro volta questo stesso potere esercitato dalla pietra, cioè di attrarre altri anelli, di modo che talvolta si forma una fila assai lunga di anelli di ferro collegati l'uno con l'altro, ma per tutti questi la forza dipende da quella della pietra. Così è la Musa stessa a rendere ispirati e attraverso questi ispirati si riunisce una catena di altri ispirati. Infatti tutti i bravi poeti epici non per capacità artistica ma in quanto ispirati e posseduti compongono tutti questi bei poemi, e la cosa vale anche per i bravi poeti melici; come i coribanti [14] danzano solo quando sono fuori di senno, così anche i poeti melici compongono queste belle poesie solo quando sono fuori di senno. Ma una volta che siano entrati nella sfera dell'armonia e del ritmo, cadono in preda a furore bacchico e a invasamento, così come le baccanti [15] che attingono miele e latte dai fiumi quando sono possedute, ma quando sono in sé non lo fanno; e l'anima dei poeti melici si comporta allo stesso modo, come appunto essi dicono. Infatti i poeti certo ci raccontano che, attingendo i loro versi da fontane di miele, da giardini e dalle valli boscose delle Muse, li portano a noi come le api, volando anche loro come esse, e dicono la verità, poiché il poeta è un essere etereo, alato e sacro e non è capace di comporre prima di essere ispirato e fuori di sé e prima che non vi sia più in lui il senno. Finché lo possiede, ogni uomo è incapace di poetare e di vaticinare. Perciò dunque, componendo molti bei versi per cantare vari argomenti come tu reciti Omero, non per una virtù artistica ma per dono divino ciascuno è capace di comporre bene solo nel genere a cui la Musa lo ha indirizzato: uno compone ditirambi, [16] un altro encomi, un altro iporchemi, [17] un altro poi compone poemi epici, un altro ancora giambi, ma negli altri generi ciascuno di essi non vale nulla. Infatti non compongono i loro versi per capacità artistica ma per una forza divina poiché, se sapessero parlare bene per arte di un argomento, saprebbero parlare bene anche di tutti gli altri. Per questi motivi il dio, facendoli uscire di senno, si serve di questi vati e dei profeti divini come ministri, perché noi ascoltatori possiamo comprendere che non sono costoro nei quali non c'è senno coloro che compongono versi tanto pregevoli, ma è proprio il dio che parla e per mezzo di questi poeti ci fa sentire la sua voce. La prova più evidente per il nostro ragionamento è Tinnico di Calcide [18] che non compose mai nessun'altra poesia degna di essere ricordata tranne il peana [19] che tutti cantano, forse la più bella opera poetica in assoluto, che egli stesso definisce «un'opera delle Muse». Infatti in questo soprattutto mi sembra che il dio ci si manifesti, perché non abbiamo dubbi sul fatto che queste belle poesie non siano opere umane né di semplici uomini, ma divine e di dèi e che i poeti nient'altro siano che interpreti degli dèi, quando sono invasati, qualunque sia il dio da cui ciascuno è posseduto. Per dimostrare questo il dio di proposito ha cantato il carme in assoluto più bello attraverso un poeta assolutamente mediocre; o non ti pare che io dica il vero, Ione?

IONE

Per Zeus, a me sembra proprio di sì: infatti in qualche modo con le tue parole tocchi la mia anima e mi sembra che i buoni poeti interpretino per noi, per un dono di natura divina, queste parole che vengono dagli dèi.

SOCRATE

Dunque, per parte vostra, voi che siete rapsodi non interpretate forse le opere dei poeti?

IONE

Dici anche questo secondo verità.

SOCRATE

Quindi non siete interpreti di interpreti?

IONE

Senza dubbio.

SOCRATE

Su, dimmi questo, Ione, e non mascherare ciò che ti domando: quando reciti bene i poemi e rendi attoniti gli spettatori e quando canti Odisseo che balza sulla soglia rendendosi visibile ai Proci e gettando i dardi ai loro piedi, [20] o Achille che si lancia contro Ettore [21] o anche qualche passo sui lamenti di Andromaca [22] o di Ecuba [23] o di Priamo, [24] allora sei in te, o sei fuori di te e l'anima ispirata crede di assistere ai fatti che dici avvengono o a Itaca o a Troia o dovunque si svolgano i poemi?

IONE

Socrate, che spiegazione chiara mi hai dato riguardo a questa prova! Dunque parlerò senza nasconderti nulla. Infatti quando recito qualche avvenimento pietoso i miei occhi si riempiono di lacrime e quando recito un evento spaventoso e terribile mi si drizzano i capelli per la paura e il cuore batte forte.

SOCRATE

E allora, Ione? Diremo che è in sé quest'uomo che, adornato di una veste variopinta e di corone d'oro, piange durante sacrifici e feste, pur non avendo perso nulla di questi ornamenti, o che dà segni di paura pur essendo in mezzo a più di ventimila persone ben disposte nei suoi confronti, senza che nessuno lo spogli di questi ornamenti o gli faccia del male?

IONE

No, per Zeus, certamente no, a dire il vero, Socrate.

SOCRATE

Dunque sai che voi create questi stessi effetti sulla maggioranza degli spettatori?

IONE

Lo so e molto bene: infatti ogni volta che dall'alto della tribuna li vedo piangere, fare la faccia atterrita o stupefatta per quel che racconto, devo prestare molta attenzione a loro, poiché se li farò piangere riderò io intascando denaro, se invece li farò ridere, piangerò io perdendo denaro.

SOCRATE

Ora, sai che costui, lo spettatore, è l'ultimo degli anelli che, dicevo, prendono l'uno dall'altro la forza che deriva dalla pietra di Eraclea? Tu invece, rapsodo e attore, sei l'anello di mezzo, mentre il primo è il poeta stesso; il dio, per mezzo di tutti questi, trascina l'anima degli uomini dove vuole, trasmettendo la potenza dall'uno all'altro. E, come accade con quella pietra, una lunga catena di coreuti, maestri e sottomaestri di cori, appesi di lato, dipende dagli anelli sospesi che dipendono dalla Musa; un poeta poi dipende da una Musa, l'altro da un'altra (e noi diciamo "è posseduto", il che è quasi lo stesso: infatti è posseduto); quindi da questi primi anelli, i poeti, altri poeti a loro volta dipendono chi dall'uno e chi dall'altro e sono ispirati alcuni da Orfeo, altri da Museo [25] e molti sono invasati e posseduti da Omero. Tu sei uno di quelli, Ione, e sei posseduto da Omero e ogni volta che qualcuno canta versi di qualche altro poeta ti addormenti e non sai cosa dire; quando invece si declama un canto di questo poeta, subiti ti desti, l'anima tua si mette a danzare e hai un mucchio di cose da dire. Infatti tu dici tutto quello che sai dire di Omero non per capacità artistica né per conoscenza ma per un dono divino e in preda a esaltazione. Come coloro che danzano al modo dei coribanti sentono profondamente solo quel canto proprio del dio dal quale sono posseduti e improvvisano a quel canto figure di danza e versi, mentre non si curano degli altri canti, così fai anche tu, Ione, quando qualcuno menziona Omero, mentre non sai cosa dire degli altri: e la causa di ciò che mi chiedi, cioè della tua fecondità di pensiero e di parola a proposito di Omero e non degli altri poeti è il fatto che sei un eccellente intenditore di Omero non per arte ma per dono divino.

IONE

Tu discorri bene, Socrate: certamente mi meraviglierei se tu parlassi così bene da persuadermi del fatto che io declamo Omero quando sono in preda a invasamento e a delirio. Io invece credo che non la penseresti così se mi udissi dissertare su Omero.

SOCRATE

Ebbene, voglio ascoltarti, ma non prima che tu risponda a questo mio quesito: tra gli argomenti di cui tratta Omero, di quale parli bene? Infatti certo non parli bene di tutti.

IONE

Sai bene che non ce n'è nessuno di cui io non parli bene, Socrate.

SOCRATE

Certo non puoi parlare anche degli argomenti che tu non conosci e che Omero tratta.

IONE

E quali sono questi temi di cui Omero parla e che io non conosco?

SOCRATE

Omero non parla anche delle arti in più luoghi e molte volte? Per esempio tratta persino della competenza dell'auriga: se mi verranno in mente i versi te li dirò.

IONE

Ma te li dirò io, io infatti me li ricordo.

SOCRATE

Recitami dunque i versi che Nestore dice al figlio Antiloco, esortandolo a fare attenzione alla meta nella corsa in onore di Patroclo.

IONE

Tu stesso - dice - sul carro ben levigato, piegati un poco a sinistra dei due cavalli e il cavallo di destra incitandolo sprona e lasciagli con le mani le redini. Il cavallo di sinistra si accosti alla meta, cosicché il mozzo della ruota sembri sfiorarne la punta: evita però di toccare la pietra! [26]

SOCRATE

Basta. Chi, Ione, può sapere meglio se Omero usa una terminologia appropriata o no, un medico o un auriga?

IONE

Certo un auriga.

SOCRATE

Perché ha questa capacità tecnica, o per qualche altro motivo?

IONE

No, perché ha questa competenza.

SOCRATE

Quindi a ciascuna capacità tecnica non è stato forse concesso dal dio di essere in grado di conoscere un oggetto? Infatti ciò che conosciamo con l'arte nautica non lo conosceremo anche con la medicina.

IONE

No di certo.

SOCRATE

Né ciò che conosciamo con la medicina lo conosceremo anche con l'ingegneria.

IONE

Certo che no.

SOCRATE

Dunque questo non vale forse anche per tutte le capacità tecniche e certo non potremo conoscere con un'arte ciò che conosciamo con un'altra arte, vero? Ma prima che a questa domanda rispondi a quest'altra: dici che vi sia differenza tra un'arte e l'altra?

IONE

Sì.

SOCRATE

Pertanto non è come la penso io? Se una capacità tecnica è conoscenza di taluni oggetti e un'altra di altri, non le chiamo allora in modo diverso una dall'altra, come fai anche tu?

IONE

Sì.

SOCRATE

Quindi se vi fosse una scienza avente i medesimi oggetti, perché diremmo esserci differenza tra un'arte e l'altra, dal momento che sarebbe possibile ricavare le stesse conoscenze da entrambe? Come io so che queste dita sono cinque, anche tu come me hai lo stesso tipo di conoscenza di questi oggetti. E se io ti domandassi se noi abbiamo lo stesso tipo di conoscenza tramite la stessa arte, cioè l'aritmetica, o tramite un'altra, tu certamente mi risponderesti tramite la stessa.

IONE

Sì.

SOCRATE

Ora rispondi a quello che poco fa stavo per chiederti, cioè se ti sembra che questo valga per tutte le arti: mi riferisco alla necessità di conoscere i medesimi oggetti tramite la stessa arte e con un'altra arte oggetti differenti; ma se si tratta di un'altra arte, occorre comunque conoscere anche altri oggetti.

IONE

Così mi pare, Socrate.

SOCRATE

Dunque chi non abbia una competenza tecnica non sarà in grado di riconoscere quel che sia ben detto o ben fatto in virtù di questa capacità, vero?

IONE

Dici il vero.

SOCRATE

Pertanto, riguardo ai versi che hai recitato, giudicherai meglio tu o un auriga se Omero parla bene o no?

IONE

Un auriga.

SOCRATE

Infatti tu sei un rapsodo, non un auriga.

IONE

Sì.

SOCRATE

E l'arte del rapsodo è diversa da quella dell'auriga?

IONE

Sì.

SOCRATE

Se dunque è diversa, comporta anche una conoscenza di oggetti differenti.

IONE

Sì.

SOCRATE

E quando Omero racconta che Ecamede, la concubina di Nestore, porge da bere a Machaone [27] ferito, dice pressapoco così: vi grattò sopra formaggio pecorino con una grattugia di bronzo, e cipolle come companatico per la bevanda [28] è proprio dell'arte medica o di quella rapsodica capire se Omero dice queste cose in modo corretto o no?

IONE

è proprio dell'arte medica.

SOCRATE

E quando Omero dice: e lei [29] arrivò nell'abisso simile a una palla di piombo che scende impetuosa nel corno di un bue selvaggio, portando morte tra i pesci voraci, [30] affermeremo che giudicare se le cose che dice le dice bene o no è proprio dell'arte della pesca più che dell'arte rapsodica?

IONE

Socrate, è chiaro che è proprio dell'arte della pesca.

SOCRATE

Considera allora se, mentre stiamo conversando, tu mi domandassi: «Socrate, poiché pertanto trovi in Omero quegli oggetti che a ciascuna di queste arti conviene discernere, su, trovami i passi che sono di competenza dell'indovino e dell'arte divinatoria, cioè quei versi riguardo ai quali un indovino sarà capace di distinguere se sono ben costruiti o meno», considera come ti risponderei con facilità e secondo verità. In molti passi dell'Odissea, infatti, Omero ne parla: per esempio le parole che Teoclimeno, l'indovino dei Melampodidi, [31] dice ai Proci: Miseri, quale sciagura è questa che subite? A voi le teste, i volti, le membra inferiori sono avvolte da tenebre. Un lamento risuona e le guance sono solcate da lacrime, il portico e il cortile si affollano di ombre che discendono all'Erebo fra le tenebre; il sole si è dileguato dal cielo, è scesa una caligine funesta. [32] E anche in molti passi dell'Iliade, come nel libro della battaglia delle mura; infatti pure lì dice: Un uccello, un'aquila che volava alta nel cielo, lasciando a sinistra l'esercito, si lanciò contro quelli bramosi di scavalcare le mura, portando negli artigli un serpente insanguinato, vivo, che ancora palpitava e lottava: e infatti, piegatosi indietro, colpì l'aquila che lo teneva, nel petto, vicino al collo, ed essa per il dolore lo scagliò lontano da sé, lo lasciò cadere in mezzo alla folla. Quindi fuggì a volo stridendo tra i soffi di vento. [33] Dirò che spetta all'indovino esaminare e giudicare questi versi e versi simili.

IONE

Socrate, affermando questo diresti la verità.

SOCRATE

Ione, anche tu parli secondo verità. Suvvia, come io ti ho distinto quali versi tratti dall'Odissea e dell'Iliade sono di pertinenza dell'indovino, quali del medico e quali del pescatore, così anche tu, Ione, poiché sei più competente di me sui poemi di Omero, distinguimi quali versi sono di competenza del rapsodo e dell'arte rapsodica, cioè quei versi che spetta al rapsodo piuttosto che agli altri esaminare e giudicare.

IONE

Socrate, io dico che lo sono tutti i versi.

SOCRATE

Ma tu, Ione, prima non dicevi che lo sono tutti i versi, o sei a tal punto smemorato? Eppure un rapsodo non dovrebbe essere smemorato.

IONE

Dunque di che cosa mi dimentico?

SOCRATE

Non ricordi che dicevi che l'arte rapsodica è diversa da quella dell'auriga?

IONE

Me ne ricordo.

SOCRATE

Quindi eri d'accordo anche sul fatto che, essendo diversa, conosce oggetti differenti?

IONE

Sì.

SOCRATE

Sicché l'arte rapsodica, secondo quanto hai detto, non conoscerà tutto e neppure il rapsodo.

IONE

Socrate, conoscerà tutto eccetto forse alcuni oggetti.

SOCRATE

Con «eccetto alcuni oggetti» intendi forse gli oggetti delle altre arti: ma quali oggetti conoscerà, dal momento che non li conosce tutti?

IONE

Io credo che saprà quali parole deve dire un uomo e quali una donna, quali uno schiavo e quali un uomo libero, quali un suddito e quali chi governa.

SOCRATE

Dunque, tu dici, il rapsodo saprà meglio del timoniere quali parole deve dire chi dirige la nave in mare quando essa è in preda ai marosì?

IONE

No, il timoniere saprà ciò.

SOCRATE

Il rapsodo saprà meglio del medico quali parole deve dire chi ha in cura un ammalato?

IONE

Neppure questo saprà meglio.

SOCRATE

Ma, tu dici, saprà quali parole deve dire uno schiavo?

IONE

Sì.

SOCRATE

Per esempio, dici, il rapsodo e non il contadino saprà quali parole uno schiavo contadino deve dire per rabbonire i buoi inferociti?

IONE

No di certo.

SOCRATE

E dici che saprà quali parole deve dire una tessitrice sulla lavorazione della lana?

IONE

No.

SOCRATE

E il rapsodo saprà cosa deve dire uno stratega per incitare i propri soldati?

IONE

Sì, questo il rapsodo lo saprà.

SOCRATE

Ma come, l'arte rapsodica equivale a quella strategica?

IONE

Di certo io saprei quali parole deve dire uno stratega.

SOCRATE

Forse hai anche abilità strategica, Ione? E infatti se tu fossi competente di cavalli e nel contempo un citarista, sapresti quali cavalli sono addestrati bene e quali male; ma se io ti domandassi: «Grazie a quale arte, Ione, riconosci i cavalli bene addestrati? Per merito dell'arte per cui sei cavaliere o per merito di quella per cui sei citarista?», che cosa mi risponderesti?

IONE

Con quell'arte grazie alla quale sono cavaliere.

SOCRATE

Quindi anche se tu sapessi riconoscere quelli che suonano bene la cetra, ammetteresti di riconoscerli grazie all'arte per cui sei citarista, e non grazie a quell'arte per cui sei cavaliere.

IONE

Sì.

SOCRATE

Dal momento che conosci le questioni militari, le conosci per quell'arte grazie alla quale sei uno stratega o per l'arte grazie a cui sei un buon rapsodo?

IONE

A me non sembra che ci sia differenza.

SOCRATE

Come? Dici che non c'è nessuna differenza? Sostieni che l'arte del rapsodo e quella dello stratega siano una sola arte o due?

IONE

A me sembra una.

SOCRATE

Chi dunque è un bravo rapsodo è anche un abile stratega?

IONE

Sicuramente, Socrate.

SOCRATE

Dunque anche chi è un abile stratega è un buon rapsodo.

IONE

Non mi sembra che sia così.

SOCRATE

Ma ti sembra che sia giusta l'affermazione secondo la quale chi è un buon rapsodo è anche un abile stratega?

IONE

Certamente.

SOCRATE

Quindi tu sei il migliore rapsodo tra i Greci?

IONE

Di gran lunga, Socrate.

SOCRATE

E sei anche il migliore stratega tra gli Elleni?

IONE

Lo sai bene, Socrate, poiché ho appreso questa competenza da Omero.

SOCRATE

Perché mai dunque, per gli dèi, Ione, dal momento che sei il migliore dei Greci in entrambi i campi, cioè sei il migliore stratego e rapsodo, eserciti l'arte rapsodica girando per tutta la Grecia e non eserciti l'arte strategica? Ti sembra che i Greci abbiano una stringente necessità di un rapsodo incoronato con una corona d'oro e non abbiano bisogno di uno stratega?

IONE

Perché la nostra città, Socrate, è retta e governata da voi [34] e non necessita di uno stratega, mentre la vostra città e quella degli Spartani non sceglierebbero me come stratega: infatti voi credete di bastare a voi stessi.

SOCRATE

Carissimo Ione, non conosci Apollodoro di Cizico? [35]

IONE

Chi è costui?

SOCRATE

Parlo di colui che gli Ateniesi spesso hanno scelto come loro stratega, benché straniero; e Fanostene di Andro [36] ed Eraclide dì Clazomene [37] che, per quanto stranieri, poiché hanno dimostrato di essere degni di stima, la nostra città eleva alla carica di strateghi e alle altre cariche. Dunque la nostra città non sceglierà come stratega e non onorerà Ione di Efeso, qualora appaia degno di stima? E allora? Forse che non siete voi Efesini d'origine ateniese [38] o è Efeso meno importante di un'altra città? Ma tu, Ione, se dici la verità, e cioè sei in grado di declamare Omero per capacità artistica e per scienza, agisci scorrettamente, tu che, dopo avermi assicurato che sai recitare in tanti bei modi Omero e promettendo che me ne avresti dato un saggio, mi inganni e sei ben lontano dal farlo, tu che non vuoi dire quali sono gli argomenti nei quali si esercita la tua abilità, sebbene io da un pezzo te lo domandi. Ma proprio come Proteo [39] assumi ogni forma, sfuggendo da tutte le parti, finché finalmente mi riappari come stratega per non darmi un saggio del fatto che sei bravo per la tua conoscenza di Omero. Se dunque mi inganni pur essendo abile, ciò che appunto io ora dicevo, e avendo promesso di darmi un saggio della tua bravura su Omero, sei ingiusto; se invece non è abilità tecnica la tua, ma è un dono divino, ed è perché sei posseduto da Omero e in realtà non sai nulla che proferisci molte belle parole sul poeta, come io dicevo di te, non hai colpa. Pertanto scegli se vuoi essere considerato da noi un uomo scorretto o un essere divino.

IONE

C'è molta differenza, Socrate, dal momento che l'essere considerato divino è molto più bello.

SOCRATE

Ebbene, questa definizione più bella, cioè di essere un declamatore divino di Omero e non un abile tecnico, da parte nostra ti spetta, Ione.

Note

1) Efeso era una città ionica sulla costa dell'Asia Minore.

2) Epidauro era una città dell'Argolide nel Peloponneso, celebre per il culto di Asclepio.

3) Asclepio è il dio della medicina ed è figlio di Apollo.

4) Il rapsodo con la sua recitazione aveva il compito di trasmettere a memoria quanto il poeta aveva composto e, nell'epoca di Platone, aveva anche la funzione di interprete del poeta.

5) Due erano le feste in onore di Pallade Atena, dea protettrice di Atene: le Piccole Panatenee, che erano annuali, e le Grandi Panatenee, che erano quinquennali e durante le quali si tenevano anche gare di recitazione omerica.

6) Metrodoro di Lampsaco e Stesimbroto di Taso (quinto secolo) cercarono di dare un'interpretazione allegorica di Omero; di Glaucone non si hanno notizie.

7) Sono poeti dell'isola di Chio che si proclamavano discendenti di Omero.

8) Esiodo visse in Beozia a cavallo tra l'ottavo e il settimo0 secolo; di lui ci restano due poemi conservati integralmente: la Teogonia e le Opere e i giorni.

9) Originario di Paro, Archiloco visse intorno alla metà del settimo secolo e fu autore di giambi ed elegie. Omero e Archiloco furono considerati rispettivamente modelli per la poesia epica e per quella giambica.

10) Celebre pittore di Taso vissuto nel quinto secolo: dipinse ad Atene il famoso Portico, più tardi sede della scuola stoica. Era stato indirizzato alla pittura dal padre Aglaofonte, anch'egli pittore.

11) Rispettivamente il costruttore del celebre Labirinto a Creta, il costruttore del cavallo di Troia e l'inventore della tecnica di fondere il bronzo e il ferro.

12) Socrate cita personaggi del mito e della poesia: Olimpo, frigio, era considerato l'inventore della tecnica di suonare il flauto e si narrava di lui che avesse appreso a suonarlo da Marsia; Tamiri e Orfeo erano cantori traci: Tamiri sarebbe stato il primo a suonare la cetra autonomamente, senza usarla per accompagnare il canto, mentre Orfeo era figlio della Musa Calliope e celebrato per la soavità del canto; Femio era il cantore di corte a Itaca, l'isola di Odisseo.

13) La pietra in questione è la nostra calamita, che Euripide chiamò Magnete - probabilmente in una tragedia per noi perduta - perché pare che ne fosse ricca Magnesia, città della Lidia, mentre altri la chiamavano Eraclea dall'omonima città della Caria, in Asia Minore.

14) Sacerdoti e seguaci della dea Cibele, la Magna mater, una divinità frigia i cui riti erano accompagnati da danze orgiastiche.

15) Le seguaci di Dioniso che, nel delirio orgiastico, si abbandonavano a danze frenetiche al suono dei flauto e credevano di attingere latte e miele dai fiumi.

16) Canti in onore di Dioniso.

17) Canti accompagnati da danza e mimica.

18) Questo poeta, contemporaneo di Eschilo, viene citato solo da Platone e dal filosofo neoplatonico Porfirio.

19) Canto in onore di Apollo.

20) Omero, Odissea, libro 12, verso 1 e seguenti.

21) Omero, alias, libro 12, verso 312 e seguenti.

22) Omero, alias, libro 6, versi 407-439; libro 22, versi 437-515; libro 24, versi 723-746.

23) Omero, alias, libro 22, versi 79-89; 405 e seguenti; libro 24, versi 747-760.

24) Omero, alias, libro 22, versi 33-78 e 408-428; libro 24, versi 224-227; 253-264; 486-508.

25) Altro mitico cantore tracio.

26) Omero, alias, libro 23, versi 335-340.

27) Re della Tessaglia e figlio di Esculapio, dunque dotato di capacità mediche.

28) È una citazione a memoria dal canto 11 dell'Iliade, che mette insieme il verso 639, la prima metà del verso 640 e la seconda del verso 630.

29) Iride, la messaggera degli dèi. Il suo nome è quello dell'arcobaleno che simboleggia visivamente l'unione di cielo e terra: questo spiega la funzione della divinità nel pantheon greco.

30) Omero, alias, libro 24, versi 80-82. I commentatori antichi spiegano che il filo della lenza, al di sopra dell'amo, passava dentro un tubo di corno provvisto di piombo che doveva impedire ai pesci di mordere il filo.

31) La popolazione della Ftiotide che combatté agli ordini di Achille.

32) Omero, Odissea, libro 20, versi 351-353; 355-357.

33) Omero, alias, libro 12, versi 200-207

34) Efeso era infatti sotto il dominio ateniese.

35) Apollodoro di Cizico aveva avuto incarichi militari in Atene pur non essendo cittadino ateniese.

36) Fanostene di Andro fu scelto nel 407 a.C. per sedare una rivolta dei suoi compaesani contro gli Ateniesi ai quali l'isola di Andro era sottomessa.

37) Eraclide di Clazomene - città dell'Asia Minore nella Ionia e alleata di Atene - fu di parte democratica ed ebbe una notevole influenza al tempo della restaurazione democratica di Trasibulo.

38) Secondo la leggenda Efeso era stata fondata da Androclo, figlio di Codro che era re di Atene.

39) Divinità marina che possedeva il dono della divinazione ma, poiché era restia a raccontare ciò che vedeva, cercava di sfuggire alle domande assumendo forme diverse.


Eugenio Caruso - 23-12-2018

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