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Modelli di marketing: dal marketing transazionale al web-marketing.


7 Il web marketing

Nonostante le limitazioni tecnologiche iniziali di Internet le aziende non hanno tardato a comprendere il valore del www in particolare come mezzo in grado di raggiungere qualsiasi cliente in ogni parte del mondo.
In breve tempo la rete è diventata un mezzo fondamentale di global marketing, in grado di disseminare a bassi costi informazioni sui prodotti e sui servizi dell'impresa. Secondo ricercatori usa alla fine del 1995 il 34% delle prime 500 aziende di Fortune avevano un sito web, solo un anno dopo la percentuale era salita all'80%, oggi siamo al 100%.
La maggior parte dei web di prima generazione erano costituiti da poco più che documenti statici e semplici multimedia. Il cliente interagiva con il web con la lettura di testi e l'osservazione di fotografie e disegni. Questo modo di trasferire informazioni dall'azienda al cliente era chiamato brochureware in considerazione della forte rassomiglianza con le tradizionali pubblicazioni stampate ed è, oggi, considerato un modo primitivo e inefficiente di utilizzare le potenzialità di Internet.
Nell'era pionieristica di Internet, gli strumenti preferiti dal direct marketing restavano il telefono, il fax, il porta-a-porta.

7.1 L'e-enterprise

  Esiste ancora la falsa idea che avere un web site dal design accattivante, tramite il quale proporre prodotti ed accettare ordini, sia sufficiente per portare le aziende verso il successo nel web marketing.
Per beneficiare delle molte opportunità offerte dal web marketing ed evitarne contestualmente le minacce, le imprese dovrebbero puntare a sviluppare una strategia per l'e-enterprise che permetta di garantirsi una sufficiente flessibilità per calibrarsi con le dinamiche di un mercato in continua evoluzione. Le imprese con un occhio rivolto al futuro riconoscono che la chiave per il successo è costruire un modello di e-enterprise che venga definito, sia dalle dinamiche di business, sia da quelle tecnologiche.
In un'ottica sistemica si può affermare che il centro dell'e-enterprise è costituito da una spina dorsale fatta da processi di e-business condivisi. Poiché un'e-enterprise è modellata su questi processi virtuali una piattaforma di successo per le sue e-applications deve coinvolgere non solamente clienti e fornitori, ma anche i processi interni, il personale, la funzioni di back-office ed i partner esterni. I processi che superano i confini dell'azienda per includere tutto il sistema degli stakeholder sono chiamati inter-organizational processes.
Una volta che gli inter-organizational processes sono stati definiti e progettati in dettaglio si può passare a sviluppare le e-applications che supportano particolari processi: ad esempio, l'e-application del b2c  supporta il consumatore nei suoi processi di acquisto.

7.2 Il business to customer

Il processo del b2c viene normalmente articolato in quattro fasi:

  • identificazione del prodotto/bisogno,
  • ricerca del catalogo,
  • confronto tra prodotti,
  • acquisto.

 L'identificazione del prodotto/bisogno spesso risulta da una combinazione di pubblicità on-line e di marketing one to one (o2o) in marketplaces virtuali. Sulla rete le opportunità di pubblicità sono i banners ads che si ritrovano sui siti web, sui siti dei vari motori di ricerca, sui portali orizzontali e verticali.
Per fornire un servizio personalizzato il web marketing offre la promozione di prodotti ritagliati su segmenti di mercato ben precisi allo scopo di attivare una fidelizzazione di quel segmento verso lo stesso prodotto. Se possibile, seguendone i percorsi di acquisto, vengono tracciati customer's browsing ritagliati sulle preferenze del cliente in modo che la sua navigazione sia facilitata e venga portato al repeat business.
Il catalogo virtuale è un componente essenziale di ogni e-application che abbia come obiettivo l'offerta di beni o servizi a customers o altri businesses. Il catalogo deve fornire prezzi pre-negoziati.
Quando la fase di ricerca su catalogo incrocia la fase del confronto tra prodotti, è essenziale che il navigatore possa utilizzare strumenti che gli consentano di confrontare con facilità le varie offerte. Per ovviare a questo esistono siti proprietari (siti web di intermediari di informazioni) che offrono queste forme di confronto tra prodotti similari e inoltre sono stati mesi a punto linguaggi (Extensible Markup Language) che consentono all'utente di confrontare informazioni provenienti da fonti diverse.
Quando finalmente il customer è pronto per l'acquisto l'e-application deve provvedere all'autenticazione del cliente e ad assicurare che la transazione venga effettuata in modo accurato e confidenziale. Una volta che l'ordine è stato effettuato, i dettagli sul prodotto acquistato e sulle abitudini di browsing del cliente vengono archiviate in modo che il successivo acquisto da parte del customer tenda verso l'obiettivo dell'o2o.

7.3 Limiti del  Web marketing, oggi

 Oggi i banner sono in Internet un po' da tutte le parti, ma la loro efficacia ha valori diversi da quelli di un tempo: se all'inizio il rapporto tra il banner e i clic degli utenti era mediamente di 1 a 50, oggi ogni navigatore non clicca più di una volta ogni 300 banner che trova durante la sua navigazione.
Siamo ancora in un’ottica di interrupt marketing, ovvero in un modello di attività pubblicitaria stile Tv, che ha già saturato l'attenzione degli utenti. Man mano che la Rete si è evoluta, a cambiare non è stato soltanto l'approccio dei navigatori Internet, ma anche lo stesso aspetto del famoso rettangolo. Infatti, un tempo limitato alla sola forma rettangolare, oggi il banner è un oggetto multiforme che si presta ad ospitare informazioni in varie forme e modalità. Sorvolando sull'attuale incapacità della Rete nel supportare tali appesantimenti grafici, facendo così innervosire i navigatori, il successo di queste nuove forme del marketing promozionale online ha spinto l'Organizzazione internazionale delle aziende che fanno pubblicità in Rete a impegnarsi in prima persona per dare ordine al settore.
E' così nato un protocollo di regole che comprende nuovi formati e offre alle New media agencies, impegnate nella realizzazione di spot commerciali per il web, nuove spunti e opportunità per esprimere al meglio la creatività nel messaggio e ottenere un ritorno economico migliore di quello che si sta attualizzando in questi mesi. Ma è davvero questa la soluzione?
E’ sufficiente cambiare il formato e inserire qualche animazione in più per sperare di ottenere dei ritorni soddisfacenti, oppure manca ancora qualche altro ingrediente?
La realtà è che è venuto meno l’assioma iniziale, secondo cui una buona idea porta alla realizzazione di un sito capace di generare un traffico che attiri inserzionisti, i cui investimenti pubblicitari siano sufficienti a coprire le spese e a garantire il profitto.
La causa principale che ha portato al fallimento di questo business è da ricercare nell'aver fatto leva, anche per la pubblicità sul Web, sugli stessi criteri di efficacia della pubblicità televisiva e dei giornali. In buona sostanza si è fatto riferimento ai parametri principali del ricordo del marchio e della propensione all'acquisto, tipici della pubblicità dei media tradizionali, dimenticando le forti differenze tra i due.
Il bombardamento dei navigatori con i banner è stato così privilegiato rispetto ad un tipo di pubblicità interpretabile come momento di conoscenza e di informazione da parte del navigatore. Qualcuno si è già mosso ricorrendo al pagamento delle prestazioni che finora sono state offerte gratuitamente. Ma questo modello si scontra con alcune difficoltà, fra cui l'abitudine, consolidata nel tempo, di trovare le cose gratis e in abbondanza e l'assenza di forme consolidate e diffuse di micro pagamenti (è necessario abbonarsi ad un giornale per un anno anche se si vuole scaricare solo un articolo).
Sul fronte pubblicitario, cresce l'aggressività e l'invadenza: i banner si fanno sempre più grandi e animati e riemergono le terribili pubblicità interstiziali: si clicca su un indice per leggere il testo di una notizia, ma prima di arrivarci parte una pagina pubblicitaria infilata nell'interstizio tra le due, appunto. E' un po' l'analogo degli spot televisivi che interrompono un film, con la differenza che gli spot possono essere saltati con il telecomando, ma questi interstizi pieni di inserzioni no.
Non per questo, l'Internet gratuito sarà destinato a scomparire: semplicemente occorre mettere a punto e sperimentare volta per volta, le soluzioni più adeguate e flessibili. Quelli che si trovano in maggiore difficoltà sono i grandi portali: alcuni hanno chiuso, altri hanno ridimensionato drasticamente organico e bilanci. Se fino a ieri il bannering pesava per oltre il 90% degli introiti pubblicitari dei portali generalisti tipo Yahoo!, l'obiettivo sarà di passare entro pochi anni a un peso non superiore al 50%. Il resto degli introiti dovrebbero giungere per un 25% dai "premium service" (servizi a pagamento) e per il restante 25% da soluzioni per le imprese, le cosiddette "marketing solution".
Alessandro Pegoraro, amministratore delegato di Yahoo! Italia, riassume così il modo in cui Internet è uscito dalla "fase banner". «Le internet company finora hanno lavorato per produrre profitti per un solo grande operatore industriale, gli operatori telefonici: come se chi produce lavatrici le regalasse sperando di ottenere profitti dalla pubblicità infilata negli scatoloni. Questa era è finita».
Insomma, la pubblicità così come è stata, finora, proposta su Internet non funziona. La caduta di investimenti in campagne di banner pubblicitari e l’abbandono di modelli di e-business basati sulle entrate pubblicitarie testimoniano quindi un fenomeno destinato a scomparire. Doveroso allora trovare delle risposte, perché da queste può risultare utile ricavare indicazioni su come e quando fare comunicazione pubblicitaria sul web in modo profittevole.
Se si pensa alla pubblicità banner prima maniera, che rimanda a una comunicazione sempre a senso unico, non si può non concludere che si tratta di una forma di pubblicità che non veicola un servizio  e quindi non sfrutta le vere potenzialità del web, ma svolge una funzione puramente promozionale.
Per rilanciare il web marketing è necessario allargare il concetto di web, conferendo al banner nuove modalità e funzionalità. Sarà necessario coinvolgere fortemente, nella realizzazione del sito web il customer attivando delle chat-line o delle chat-room che possano consentire a tutto il sistema degli stakeholder di partecipare alla realizzazione del web.

7.4 La experience economy

Joseph Pine e James Gilmore, due specialisti del marketing dei beni di consumo, affermano che «siamo passati dalla vendita del prodotto, a quella del servizio, per entrare nella experience economy, della quale, il caso più clamoroso è rappresentato dal gruppo Walt Disney. I suoi parchi tematici sono in grado di offrire un'esperienza indimenticabile, nella quale i lavoratori sono definiti "attori", i clienti "ospiti" e il parco "palcoscenico"».
Certamente l'attività della Walt Disney si presta facilmente a trasformarsi in un'indimenticabile esperienza, ma la stessa logica sta entrando nelle aziende di ogni settore: che si tratti di produzione o di distribuzione, di beni o di servizi, le imprese dovrebbero coordinare tutte le attività proprio come se fossero i "produttori" di un evento. Una regia magistrale dovrebbe saper individuare, coordinare e gestire grandi risorse e renderle capaci di agire e reagire in una costante "improvvisazione", finalizzata a creare, per ogni cliente, un evento memorabile. Ciò presuppone la conoscenza di ogni singolo cliente, delle sue esigenze, preferenze, aspettative. Prima dell'esperienza, dunque, la conoscenza del singolo "individuo" è al centro della trasformazione in atto nell'era dell'interconnessione.
Sebbene negli ultimi anni si sia prestata molta attenzione alla complessità del cambiamento in atto, nell'era "rifkiana" dell'accesso, altrimenti definita l'era dell'interconnessione (Rifkin, 2000), di fatto la sensazione è che si sia ancora lontani dalla comprensione di tutte le implicazioni che la rivoluzione digitale può avere su comunicazione e marketing.
L'evaporazione della capitalizzazione del Nasdaq, come il fallimento di promettenti dot.com d'oltreoceano, ci hanno, fortunatamente, imposto una pausa di riflessione, facendoci intravedere nuove strategie per navigare nel mare della nuova economia.
È ben chiaro che la rivoluzione portata da Internet sta nell'interconnessione, i computer sono interconnessi, le aziende sono interconnesse, le nostre case sono interconnesse.
Giova però tenere ben presente che dietro le cpu interconnesse ci sono persone. Persone che comunicano, si incontrano, condividono risorse e conoscenze, costruiscono relazioni, più per esigenze "personali" che professionali". Il numero delle connessioni a Internet delle abitazioni è superiore a quello relativo all'accesso dal posto di lavoro. In una rete che non ha un centro, il centro sta nell'individuo e questo è il principio di base del cambiamento.
Troppo spesso, nella discussione sui modelli di e-business, abbiamo abusato degli acronimi, come b2b o b2c, considerando, erroneamente, la rete solo come un nuovo "mercato" o un nuovo "canale" per il business, la comunicazione e la vendita, tralasciando l'unico acronimo che ha una logica, proprio nella nuova economia, la h2h, la human to human. Solo partendo da questa considerazione le aziende potranno avviare un efficace programma di marketing one to one. 
Le aziende più lungimiranti hanno sempre incoraggiato la partecipazione attiva dei clienti, coinvolgendoli nello sviluppo dei prodotti, dei servizi e di nuove possibili soluzioni, e, tuttavia, hanno quasi sempre considerato il cliente "tipo" o il cliente "medio" e, raramente, il singolo cliente.
Le aziende incominciano ad interessarsi al marketing o2o per due motivi. Sia perché si tratta di una strategia che consente di fidelizzare il cliente. Sia perché è possibile instaurare una learning relationship, quella relazione, cioè, attraverso la quale impariamo da ciascun cliente come personalizzare e migliorare la fornitura e attraverso la quale riusciamo a mettere il cliente nella condizione di considerare un'esperienza carica di simboli l'acquisizione di un nostro prodotto.

Bibliografia
Caruso E., L'impresa in un mercato che cambia, Tecniche Nuove, 2003.
Caruso E., Come vincere le sfide della concorrenza, Tecniche Nuove, 2003.
Davidow W.H., Marketing high technology, The Free Press, 1986.
Di Stefano P. M., Il marketing del terzo millennio, Franco Angeli, 1997.
Fiocca R., The best of marketing, (Articolo di D.F. Abell, pag. 69) Ed. Bridge, 1994
Grandinetti R., Reti di marketing, Etaslibri, 1993.
Manzoni P., Multi project management MPM, FrancoAngeli, 1998.
Millier P., Le marketing de l'innovation technologique, Institut de recherche de l'entreprise, 1989.
Porter M.E., Il vantaggio competitivo, Ed. Comunità, 1987.
Rifkin J., L'era dell'accesso, Mondadori, 2000
Schreiber A.L., B. Levison, Lifestyle and event marketing: building the new customer partnership, Mc Graw-Hill, 1994.

NOTE

  • (1) Per post-fordismo si intende, normalmente, l'inizio dell'automazione in fabbrica.
  • (2) Afferma Porter, «Non si può capire il vantaggio competitivo se si considera l'azienda come un tutto unico. Tale vantaggio deriva dalle varie attività separate che un'impresa svolge nel progettare, produrre, promuovere, vendere e assistere i suoi prodotti. ... La catena del valore disaggrega un'azienda nelle sue attività strategicamente rilevanti allo scopo di comprendere l'andamento dei costi e le fonti esistenti o potenziali di differenziazione. Un'azienda acquisisce un vantaggio competitivo quando svolge queste attività più efficacemente dei suoi concorrenti».
  • (3) L'appartenenza a un club, a uno stile di vita, a un ambiente.

Eugenio Caruso

26 dicembre 2007

Per un approfondimento sul marketing si rimanda a Il circolo virtuoso impresa mercato.



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Tratto da Eugenio Caruso Il circolo virtuoso impresa - mercato, Tecniche Nuove, 2004

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