Non sappiamo se una macchina potrà mai diventare cosciente né come riconoscerlo,
ma dobbiamo prepararci all’eventualità e decidere come ci comporteremo nel caso
Simone Gozzano
Insegna filosofia della
mente e metafisica
all’Università degli
Studi dell’Aquila

Optimus, noto anche come Tesla Bot, è un robot umanoide per scopi generici in fase di sviluppo da Tesla Motors
«Non puoi spegnermi tutte le sere e mollarmi
lì al buio, a non fare niente e a non ricevere
stimoli». «E perché non posso? Sei una macchina,
no?». «Certo, sono una macchina per i vostri
standard umani, ma sono pur sempre una entità
cosciente. E questo anche per i vostri standard!».
Davvero potrebbe essere questa un’interazione
con una macchina divenuta cosciente? E se lo
fosse, dovremmo quindi preoccuparci del benessere
di queste macchine? L’argomento è stato
esplorato da un gruppo di ricercatori del centro
Eleos AI, guidato da Robert Long e dedicato proprio
a questo tema, con studiosi di prestigiose
università come Oxford, New York University
e simili, in un articolo depositato in un archivio
aperto al pubblico di pubblicazioni non sottoposta
a peer review (arxiv.org).
Robot usato per sollevare lastre di vetro
Una caratteristica elusiva
L’idea di base di questi studiosi è piuttosto
semplice: non sappiamo se le macchine diventeranno
coscienti, ma se lo diventassero, sorgerebbe
subito il problema delle condizioni in cui lavorano,
quindi del loro benessere. Siccome sarà un
problema potenzialmente complicato, dovremmo
iniziare a stilare delle linee guida al riguardo.
Beh, è un tema carico di molte problematiche.
Vediamole.
La coscienza è una caratteristica molto elusiva.
Ciascuno di noi sa di averla, di essere cosciente.
Ma sulla coscienza altrui abbiamo solo indicazioni
indirette. Per esempio, le altre persone
sono simili a noi e si comportano in modo simile
in circostanze analoghe, ma davvero questo è
sufficiente? Si può simulare un dolore o un piacere,
oppure si può dissentire in merito a un’esperienza
(davvero ti sembra dolce/amaro?), e come
potremmo mai contestare tali differenze? Se poi
ci inoltriamo nel confronto non più tra membri
di una medesima specie ma tra membri di specie
differenti, le distanze e le difficoltà aumentano.
Per ragioni legate all’antropomorfismo, siamo
inclini a concedere capacità e stati coscienti a
molti animali, certamente ai nostri cuccioli di
casa, ma gli etologi sono molto più cauti di noi. E
d’altro canto non siamo pronti a ritenere coscienti
i corvi o i polpi, che invece mostrano capacità
sorprendenti in termini cognitivi e sociali pur
avendo, nel caso dei polpi, strutture cerebrali
ben diverse dalle nostre.

Asimo, uno dei più avanzati robot
Precauzioni morali
Questa elusività ha condotto ad adottare un
principio di precauzione nel caso degli animali,
per esempio di quelli costretti in allevamenti
intensivi. Riconoscendo che in linea di principio
non si possono escludere condizioni simili alla
coscienza, e in genere non si può escludere che
gli animali soffrano, adesso si tendono a privilegiare
allevamenti con spazi maggiori, con condizioni
specifiche (galline allevate a terra), e con
metodi non drammatici per la loro soppressione
a fini produttivi. Ma perché il principio di precauzione
dovrebbe essere limitato al mondo biologico?
Se il cuore del principio è di minimizzare
le condizioni di dolore o stress di tutti gli individui
coscienti, allora in questo indirizzo dovrebbero
ricadere anche le condizioni delle macchine,
se queste dovessero sviluppare una qualche
forma di coscienza.
Come si è detto, l’articolo non si propone di
affermare se e quando le macchine saranno coscienti,
ma di informare le società che lavorano
a progetti di IA di essere consapevoli che potrebbero
trovarsi di fronte a questo tema, e che tale
tema si affaccia anche per le forme di agency,
ovvero per le capacità delle macchine di pianificare
e gestire azioni con obiettivi che riguardano
sé stesse o gli altri. Ne segue che queste società
dovrebbero realizzare dei piani per considerare
le macchine intelligenti come agenti con valori
morali, da trattare in modo conseguente. Naturalmente
resta aperto il problema di fondo: e se
facessimo di più per gli altri esseri umani?
I diritti delle macchine
Non sappiamo se una macchina potrà mai diventare cosciente né come riconoscerlo,
ma dobbiamo prepararci all’eventualità e decidere come ci comporteremo nel caso

Robot industriale
Eugenio Caruso - 14 aprile 2025
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Tratto da le scienze