Il nucleare in Italia. Scenari al settembre 2010

Torna a eterno merito della scienza l'aver liberato l'uomo dalle insicurezze su se stesso e sulla natura.
Albert Einstein


Con l’entrata in vigore della Legge n. 99 del 23 luglio 2009 l’Italia ha definitivamente voltato pagina rispetto alle decisioni di politica energetica che, con l’esclusione dell’energia nucleare, hanno penalizzato l’efficienza del sistema elettrico italiano per oltre vent’anni. Il governo ed il Parlamento sono ora chiamati a fissare le nuove regole per la localizzazione, l’autorizzazione, la costruzione e l’esercizio degli impianti nucleari e per la sistemazione dei rifiuti radioattivi.
Per creare i presupposti per la realizzazione di un nuovo consistente programma nucleare, il governo dovrà anche promuovere (come richiesto espressamente dall’art. 25 della Legge 99), una campagna di comunicazione istituzionale sulle tematiche dell’energia, per costruire, attraverso una corretta  informazione, un ampio consenso sulla realizzazione di centrali nucleari, moderne e sicure. In considerazione di tutto ciò, l’Associazione Italiana Nucleare ha scelto di dedicare l’annuale Giornata di Studio AIN all’esame delle problematiche connesse con la costruzione e la gestione del consenso sul nuovo programma elettronucleare nazionale. Per meglio definire un programma di comunicazione integrato e coordinato che coinvolga le istituzioni, il sistema industriale e il mondo scientifico, sarà necessario un ampio concorso di competenze.
All’inizio della giornata di studio, il professor Ricci ha introdotto Renato Mannheimer che ha presentato i risultati di un sondaggio di opinione, commissionato dall’AIN all’ISPO, sull’evoluzione dell’atteggiamento della pubblica opinione italiana nei confronti dell’energia nucleare. Una sintesi dello studio è pubblicata nelle pagine seguenti.
Per quanto possibile, il nuovo programma elettronucleare nazionale dovrà nascere come programma condiviso dalla grande maggioranza dei cittadini e delle istituzioni locali, anche per limitare i problemi di accettazione degli impianti e garantire certezza sui tempi di realizzazione (e quindi sui tempi di ritorno degli ingenti investimenti che faranno le società elettriche). Da venti anni i cittadini italiani sono vittime di una informazione distorta, errata o incompleta su importanti realizzazioni di interesse nazionale (dalle grandi opere infrastrutturali, ai termovalorizzatori, agli impianti industriali ed energetici di ogni tipo). Giornali, televisioni ed alcune associazioni ambientaliste sono i principali responsabili di questa pessima informazione, che non riguarda solo il settore nucleare. Il danno prodotto in oltre venti anni da mode e ideologie contrarie alla scienza non sarà riparato in pochi mesi; occorre, quindi, essere consapevoli che su tali argomenti sarà difficile raggiungere nel Paese l’unanimità dei consensi. Per raggiungere questo scopo non bisognerà rincorrere gli oppositori del nucleare contestandoli sui vari social network o blog, ma occorrerà creare una cultura energetica, priva di ideologismi e prese di posizione politiche, ricorrendo ai vari programmi scientifici che hanno un buon successo di audience.

Il questionario Ispo.

Il sondaggio, che segue quelli condotti da altri istituti demoscopici nel corso del 2008, evidenzia la crescente consapevolezza degli italiani sul problema energetico, il livello di informazione circa la posizione dell’Italia sull’impiego dell’energia nucleare, le opinioni della popolazione sull’impiego dell’energia nucleare e le attese per il futuro. Ne risulta un quadro incoraggiante, che completa quello evidenziato dai sondaggi di opinione condotti nel corso del 2008, in concomitanza con la riapertura del dibattito che ha portato alle decisioni di politica energetica da parte del governo Berlusconi. Nell’ambito del sondaggio, condotto nell’ottobre 2009, è stato intervistato per via telefonica un campione di 800 italiani, statisticamente rappresentativo della popolazione maggiorenne residente in Italia.  Al campione è stato dato un questionario di tipo strutturato, composto da domande chiuse. Le risposte sono state confrontate con quelle ottenute in occasione di un analogo sondaggio svolto nel 2005. I risultati delle interviste mostrano che gli italiani sono sempre più sensibili al problema energetico. Dal 2005 ad oggi si è progressivamente diffusa la consapevolezza che le centrali elettriche attualmente impiegate in Italia “sono davvero troppo inquinanti” (+ 10 punti percentuali), che il costo dell’energia elettrica è diventato “troppo alto” (+ 4 punti percentuali) e che “è importante pensare fin da ora” a fonti diverse da quelle oggi utilizzate (+ 6 punti percentuali). In questo panorama di crescente “allarme ambientale”, l’ISPO ha indagato se e come l’impiego e la produzione di energia nucleare possono essere percepiti come una soluzione alternativa al problema energetico. Innanzitutto si è indagato sul livello di informazione della popolazione sul nucleare. Il quadro che è emerso è piuttosto positivo. Non solo gli italiani sanno che, già da tempo, sono attive molte centrali nucleari vicine al confine italiano (80%), ma anche che il quadro legislativo italiano si sta muovendo verso un ritorno al nucleare (58%). Un po’ meno diffusa, la consapevolezza che l’Italia acquista energia nucleare prodotta in altri Stati: il 49% non ne è al corrente. Prima di chiedere agli intervistati di assumere una posizione, pro o contro, il nucleare in Italia, si è registrato il grado di accordo su alcune affermazioni sul tema. Ne è emerso che gli italiani sono consapevoli dei benefici che potrebbero derivare dalla produzione di energia nucleare in Italia. Sono stati individuati vantaggi per il paese in generale, che ridurrebbe la sua dipendenza energetica dall’estero (65%), per l’economia, che beneficerebbe di un’accelerazione nello sviluppo scientifico e tecnologico (50%) e per i consumatori, che confidano in una riduzione della spesa energetica (56%). C’è un buon livello di fiducia anche sui livelli di sicurezza delle centrali: il 57% ritiene che le centrali di oggi siano più sicure del passato. Nonostante le opinioni verso il nucleare siano molto positive, resta controversa la questione dell’inquinamento: metà del campione ritiene che “la produzione di energia nucleare in Italia consentirebbe di ridurre l’inquinamento”, l’altra metà non è d’accordo. Per quanto riguarda ciò che dovrebbe fare l’Italia, in tema di nucleare per il futuro, la maggioranza relativa del campione (44%) vorrebbe che l’Italia cominciasse anche a produrre energia nucleare, mentre il 33% esprime un rifiuto verso questa soluzione e il restante 23% non si sbilancia. Tra gli “informati” sul nucleare cresce la percentuale di chi vota in favore della produzione (49%), mentre tra i non informati cresce la percentuale di chi non si sbilancia. Il rifiuto categorico al nucleare, invece, appare trasversale al livello di informazione. Il confronto dei risultati con quelli dei sondaggi di opinione svolti in Italia nel corso del 2008 evidenzia che, in termini generali, la pubblica opinione italiana è in maggioranza (53%) favorevole all’impiego dell’energia nucleare.

Prosegue la campagna “antinucleare”

Realacci e Franceschini (da ora ReF) hanno presentato il 12 gennaio 2010 l’ennesima interrogazione contro la scelta nucleare operata dal governo. Che serva solo per fare propaganda elettorale essendo, all’epoca prossimi alle elezioni regionali del marzo 2010,  è dimostrato dall’irrilevanza del quesito sottoposto al termine della lunga serie di premesse critiche: “Ritiene il governo che la nuova mappa dei siti per la realizzazione delle centrali nucleari possa essere diversa da quella redatta dal CNEN nel 1975?”. In  attesa che il governo consulti lasfera di cristallo, ReF sottolineano cheil nucleare comporta costi elevati,tempi lunghi e problemi legatiallo smaltimento delle scorieradioattive. Si tratta dei cavalli di battaglia storici del movimento antinucleare ai quali, evidentemente, ReF non possono rinunciare. ReF sostengono che, anziché sul nucleare, occorre puntare su efficienza, risparmio energetico e innovazione  tecnologica per ridurre le emissioni di CO2 “come ribadito nel summit mondiale sul clima di Copenaghen”. Ebbene, tra le misure di riduzione delle emissioni il summit di Copenaghen (peraltro miseramente fallito) ha incluso in primo luogo il nucleare. Quanto alle risorse energetiche virtuali citate da ReF  i governi del centrosinistra hanno costretto per vent’anni il Pese a puntare esclusivamente su di esse (oltre che, ovviamente, sulle fonti fossili, altrimenti saremmo tutti al buio), con il risultato di arricchire i petrolieri e di portare il sistema elettrico al dissesto economico, costringendo i cittadini italiani a pagare il chilowattora più caro del mondo. Nonostante ciò, nell’interrogazione si invocano ulteriori provvedimenti di sostegno in favore della green economy. Ovviamente, sarebbe invece una bestemmia invocare quegli stessi provvedimenti per il nucleare. Si dice che sul costo del nucleare incide “tantissimo” lo smantellamento e la chiusura del ciclo (in Germania si è deciso di prolungare di 12 anni la vita delle centrali esistenti). Naturalmente non è vero: l’incidenza di queste voci sul costo di produzione del kWh nucleare è pari a 0,2 centesimi di euro, mentre i cittadini italiani pagano oggi sulla bolletta elettrica dai 30 ai 48 centesimi di euro per ogni kWh prodotto, rispettivamente, con l’eolico o il fotovoltaico. ReF dicono che il nucleare non è competitivo, citando selettivamente l’unico studio che sostiene questa tesi e trascurando la ventina di studi internazionali che mostrano il contrario. Si afferma che “in occidente sono in costruzione solo due reattori” (in realtà sono 17 solo in Europa, ci sono 26 nuovi reattori in corso di autorizzazione negli Usa, mentre anche Svezia, Regno Unito, Svizzera e Olanda hanno avviato, come l’Italia, l’autorizzazione di nuove centrali nucleari). Ma in definitiva, di cosa si preoccupano? Se, come dicono loro, il nucleare non è economicamente conveniente, sarà ben difficile che l’ENEL decida di costruire  centrali nucleari solo per il gusto di rimetterci del denaro; d'altra parte è già attiva in questo settore all'estero. Si stigmatizza l’aumento dei costi di costruzione della nuova centrale di Olkiluoto (Finlandia), trascurando di dire che è dovuto all’incapacità tecnica di alcune aziende (finlandesi) alle quali il committente (finlandese) ha voluto a tutti i costi affidare alcune fasi della costruzione. Si cita una presunta “messa in mora” dei nuovi impianti francesi da parte delle agenzie di sicurezza nucleare, travisando il significato di una normalissima richiesta di approfondimenti tipica dell’istruttoria che prelude alla certificazione di qualsiasi impianto nucleare. ReF proseguono ricordando l’esito dei referendum dell’87 (che peraltro non avrebbero impedito di mantenere in funzione gli impianti nucleari italiani e neppure di realizzarne di nuovi) e la presunta volontà del governo di imporre militarmente la realizzazione dei nuovi impianti. A riprova si citano i ricorsi presentati da undici regioni, trascurando di dire che si è trattato di un’azione orchestrata politicamente, in previsione delle elezioni regionali, e prima ancora che fosse presentata la bozza di decreto (approvato dal consiglio dei ministri solo il 22 dicembre 2009) che definisce un percorso autorizzativo che è un vero e proprio esempio di “democrazia partecipativa applicata”. Da tutto ciò ne deriva l’uso elettorale e demagogico che gli interroganti fanno della questione, alla ricerca dei facili consensi basati sul terrorismo psicologico che sono stati per vent’anni patrimonio dello schieramento antinucleare. A danno esclusivo degli italiani.

La Corte costituzionale respinge i ricorsi contro il nucleare

All’inizio dell’estate è giunta la notizia che la Corte costituzionale ha respinto i ricorsi contro la legge delega del 2009 sul nucleare, dichiarandoli in parte infondati e in parte inammissibili. Occorrerà ovviamente attendere le motivazioni della sentenza per conoscere quali siano i punti giudicati infondati e quali quelli giudicati inammissibili. Ma, sostanzialmente, si può fin d’ora affermare che il respingimento dei ricorsi presentati dalle Regioni Toscana, Umbria, Liguria, Emilia Romagna, Marche, Lazio, Molise, Puglia, Calabria, Piemonte (quest’ultimo ritirato dal neo-presidente Cota) elimina uno degli elementi che avrebbero potuto vanificare il programma governativo di rilancio del nucleare. “Le decisioni della Consulta - ha detto il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo - fugano ogni dubbio circa la legittimità dell’impostazione del Governo su questo tema chiave per lo sviluppo del Paese”. Per quanto importante sia il parere espresso dalla Corte con la sentenza attuale, essa non dissipa tuttavia i dubbi che serpeggiano in molti ambiti scientifici e tecnologici sulle capacità del Sistema Paese di rispondere con efficacia allo straordinario impegno richiesto, da un lato dalla necessità di ricostruire ex novo conoscenze e professionalità in buona parte andate perdute dopo il referendum del 1987, dall’altro dalla pressione esercitata dal governo per fare subito e fare presto. La tempistica fissata dal Presidente del Consiglio e dall’ex ministro Scajola per l’operatività degli impianti prevede infatti inaugurazione ed entrata in esercizio della prima centrale nucleare nel 2013. Mancano 30 mesi al 2013, 20 ne sono occorsi per emanare i provvedimenti legislativi (ancora in parte da completare)!!!!.

Eugenio Caruso
9 settembre 2010

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