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Il riscaldamento del pianeta tra bugie e mezze verità

Non può essere nobile un'azione che non è libera.

Seneca Lettere morali a Lucilio



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Premessa

Circa due anni fa Hans Labohm pubblicava, sul quotidiano olandese Trouw,  un articolo nel quale sosteneva che le politiche ambientali si erano spinte troppo in là nell’ipotizzare eventi catastrofici e che nella realizzazione delle normative ambientali non era stata condotta una seria analisi costi/benefici. Nel suo articolo criticava specificamente il Protocollo di Kyoto, l’accordo internazionale che mira a ridurre le emissioni antropiche di gas-serra, con particolare attenzione all’anidride carbonica.
Quell’articolo suscitò polemiche alquanto accese e Labohm, venne attaccato da tutto il mondo degli ambientalisti.
Dalla pubblicazione di quell’articolo, però,  sono cambiate molte cose, nelle basi scientifiche del contributo umano all’effetto serra, negli aspetti economici dell’intera questione del clima e infine negli avvenimenti politici internazionali relativi a Kyoto.

Il modello della mazza da hockey

Nel campo della climatologia è ormai evidente che il cosiddetto grafico “a mazza da hockey” di Mann, Bradley e Hughes è considerato errato. Il grafico a mazza da hockey è una ricostruzione, basata sui cosiddetti indicatori surrogati della temperatura media di superficie nell’emisfero nord del pianeta nel corso degli ultimi 1.000 anni (anelli di accrescimento degli alberi, coralli, campioni di ghiaccio e documentazione storica).  La curva mostra un graduale declino tra il 1000 e il 1900 (ossia l’“impugnatura” della mazza) seguito da un netto aumento dopo quella data (la “lama”).
Questo grafico ha rivestito grande importanza negli ultimi rapporti dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change, una rete di climatologi e altri scienziati che si riunisce periodicamente sotto l’egida delle Nazioni Unite al fine di valutare i progressi in campo climatologico e l’effetto dei mutamenti climatici sulla società).
Tuttavia è risultato che il grafico in questione era infondato. Nel novembre del 2003 Steven McIntyre e Ross McKitrick, due studiosi “scettici” (1) in merito al consenso prevalente in campo climatologico, hanno pubblicato, sulla rivista scientifica Energy & Environment, una severa critica del grafico. Sulle prime il loro articolo venne ignorato dai climatologi “ortodossi”. Fu solo nel febbraio del 2005, dopo la pubblicazione di una revisione aggiornata della loro indagine su Geophysical Research Letters, che i due iniziarono ad essere presi sul serio.
A loro favore giocò anche la pubblicazione, avvenuta qualche tempo prima, di un articolo sulla rivista Science firmato dall’eminente climatologo tedesco Hans von Storch (peraltro non appartenente alla schiera degli “scettici”) e da altri suoi colleghi. Nel suo articolo, von Storch definiva senza mezzi termini il grafico a mazza di hockey una sciocchezza.
McIntyre e McKitrick si erano serviti dei medesimi dati di Mann et al., ma i loro calcoli davano temperature nettamente più elevate per il Medioevo, addirittura superiori a quelle attuali.
In altri termini, McIntyre e McKitrick non furono in grado di replicare la ricostruzione dell’andamento delle temperature realizzata da Mann et al. In ambito scientifico, la riproducibilità è considerata un metodo insostituibile per confermare la validità di una ricerca. Si tratta, infatti, dello standard di riferimento che permette di saggiare l’affidabilità delle conclusioni. È buona norma che gli studiosi cooperino affinché i loro colleghi possano mettere alla prova le loro scoperte cercando di riprodurre i risultati ottenuti: ciò richiede che le fonti e i metodi utilizzati in una ricerca scientifica siano resi liberamente disponibili alla comunità scientifica. Tuttavia, secondo Labohm, Mann et al. si sarebbero mostrati alquanto restii a mettere a disposizione gli elementi necessari: solo dopo insistenti richieste avrebbero fornito i dati di cui si erano serviti, ma avrebbero, peraltro, mantenuto il riserbo sugli algoritmi utilizzati per la loro elaborazione.
Già in precedenza, tuttavia, altri studiosi “scettici” avevano fortemente criticato questa curva. Una delle principali obiezioni consisteva nel fatto che è necessario usare grande prudenza quando si costruisce un grafico grazie a una serie di misure prese con metodi diversi. Alcuni studiosi di statistica sostengono addirittura che tale procedimento dovrebbe essere rigorosamente proibito.
Sostiene Labohm, «La reticenza mostrata da Mann et al. in merito ai loro calcoli ha suscitato il sospetto che gli autori avessero qualcosa da nascondere. È possibile che abbiano volutamente selezionato i dati servendosi solo di quelli che si conciliavano con le loro idee preconcette? Il loro lavoro è forse una falsificazione scientifica?».
Al fine di rispondere a queste domande la Commissione Energia e Commercio della Camera degli Stati Uniti, che ha potere di convocazione legale, ha avviato un’indagine, invitando Mann e i suoi colleghi a presentare tutte le informazioni del caso. I sostenitori dell’ipotesi dell’origine antropica del surriscaldamento globale hanno energicamente protestato contro tale decisione, confrontandola alla caccia alle streghe maccartista degli anni Cinquanta. Afferma Labohm, «C’è del vero in questa accusa? Non credo. Ovviamente, in linea di principio la politica dovrebbe evitare di immischiarsi nelle questioni scientifiche, ma è vero altresì che da lungo tempo la climatologia è una disciplina profondamente politicizzata, sfortunatamente, peraltro, in modo unilaterale. Non è raro sentire esponenti politici di primo piano dichiarare che l’innalzamento globale delle temperature rappresenta una delle più gravi minacce per l’umanità, persino peggiore del terrorismo. L’ “industria della climatologia” può contare oggi sul loro sostegno, che si traduce in abbondanti sovvenzioni, a patto di confermare che al clima del nostro pianeta sta accadendo qualcosa di terribile, che l’umanità è responsabile del problema e che, per rimediare alla situazione, è necessario adottare gravi misure».
Gli esiti dell’inchiesta americana non sono stati ancora resi noti. In ogni caso, qualunque sia la conclusione di questa inchiesta, è importante sottolineare che le eventuali debolezze del grafico a mazza di hockey non rappresentano di per sé una confutazione dell’ipotesi dell’origine umana dell’innalzamento della temperatura del pianeta. Ciò nondimeno, il riconoscimento degli errori nella realizzazione del grafico indebolisce l’asserzione che il riscaldamento che si è verificato negli ultimi decenni non ha precedenti negli ultimi mille anni.

L’incertezza del contributo umano

La “conversione” del noto storico dell’ambiente, Wybren Verstegen, verso un approccio più scientifico al problema del riscaldamento del pianeta, è dovuta a una pubblicazione del Regio Istituto di Meteorologia dei Paesi Bassi (Royal Met), nella quale veniva analizzata l’importanza di svariati fattori che contribuirebbero alla crescita delle temperature, con particolare riferimento all’impatto del ciclo solare rispetto all’effetto serra.
A tal proposito, Verstegen scrisse: «Il risultato ultimo dell’indagine relativa al ruolo dell’attività solare consiste in un grafico ben equilibrato realizzato dal Royal Met, nel 1997, che mostra come fino al 1970 il sole abbia esercitato un’influenza decisiva sulle fluttuazioni della temperatura terrestre. Tale analisi spiegava la rapida crescita delle temperature fino al 1940, nonché il raffreddamento osservato di lì agli anni Settanta. Si tratta di un periodo durante il quale le emissioni di CO2 erano ancora limitate e i loro effetti venivano addirittura compensati dal raffreddamento prodotto dagli aerosol di solfati e dalle polveri presenti sulle aree industriali e agricole. Tuttavia, a partire più o meno dal 1980, il segnale relativo all’effetto serra si fa man mano più forte. La temperatura sale, mentre l’attività solare avrebbe dovuto causare una riduzione».
Nella pubblicazione del Royal Met menzionata da Verstegen si distingue tra cause naturali e cause antropiche del cambiamento della temperatura.
Tra le cause naturali vi sono, ad esempio, le grandi eruzioni di vulcani, che immettono nell’atmosfera particelle in sospensione di polvere e aerosol (2), o ancora gli effetti di El Niño, vale a dire il riscaldamento di un tratto di oceano a ovest della costa peruviana, nonché l’attività solare, che fluttua nel tempo. I fattori umani includono l’emissione di gas serra prodotti dall’uomo, il più importante dei quali è l’anidride carbonica.
Se si inseriscono tutti questi fattori, che variano nel corso del tempo, in un programma adeguato, il risultato è una curva con un andamento alquanto simile a quello delle temperature effettivamente osservate, il che conduce alla conclusione che il contributo umano è effettivamente osservabile ed è anzi perfino sostanziale. Ma, occorre chiedersi, questo metodo offre una prova irrefutabile?
Gli “scettici” concordano sul fatto che tutti i fattori appena menzionati hanno effetto sul mutamento delle temperature del globo, ma essi nutrono dei dubbi in merito alla corretta assegnazione della loro importanza relativa. Gli autori della pubblicazione del Royal Met riconoscono che i loro calcoli si basano sulla migliore stima possibile delle cause naturali, ma gli “scettici” ritengono che tale stima non sia adeguatamente corretta. Inoltre essi sostengono che dai calcoli sono stati esclusi altri importanti fattori, come gli effetti dell’interazione tra acqua e atmosfera, nonché quelli prodotti da vapor d’acqua e nubi. In breve, essi sospettano che il risultato sia un caso di “interpolazione della curva”, un fenomeno che il ben noto matematico John von Neumann descrisse così: «Interpolando quattro parametri posso ottenere un elefante, e con cinque riesco perfino a fargli muovere la proboscide».

La temperatura non ci aiuta

La conclusione degli “scettici” è che il contributo umano al mutamento climatico debba essere ancora dimostrato. Inoltre è il caso di sottolineare che, nel corso degli ultimi anni, l’andamento delle temperature non è stato d’aiuto nella dimostrazione dell’una o dell’altra tesi. Si è infatti avuto un picco di temperatura nel 1998, dopo di che la temperatura è nuovamente diminuita, per poi risalire e seguire un andamento piuttosto incerto. A partire dal 1998, tuttavia, non si riscontra chiaramente una tendenza a salire. Nel complesso, questa osservazione mal si concilia con l’idea di una temperatura impazzita in conseguenza delle emissioni di gas serra di origine umana. È vero che il grafico copre un periodo di tempo alquanto breve (prima del 1978 non esistevano satelliti in grado di effettuare questo genere di misurazioni) e pertanto non è il caso di giungere a conclusioni troppo affrettate.


(1) Vengono definiti “scettici” coloro che non condividono le teorie del catastrofismo ambientale.

(2) Nel luglio 1991 mi trovavo per lavoro a Manila dopo la terribile eruzione del vulcano Pinatubo. Dopo alcune settimane dall’ultima eruzione si doveva ancora circolare con mascherine antipolvere. I vulcanologi, in quel periodo, sostennero che le emissioni del vulcano filippino, tra aprile e giugno, potevano essere paragonate a diversi anni di emissioni antropiche nell’atmosfera.



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