Saladino


Platone afferma non esserci alcun re che non sia discendente da schiavi e nessuno schiavo che non sia discendente da re.

Seneca Lettere morali a Lucilio


GRANDI PERSONAGGI STORICI

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In questa sezione ho illustrato la vita di grandi personaggi del passato, allo scopo di tratteggiare le caratteristiche e i valori che hanno portato questi uomini al successo. Da ciascuna sfumatura dei comportamenti di questi uomini ciascuno di noi può trarre insegnamenti, stimoli, coraggio, intuizioni, entusiasmo per intraprendere un percorso che possa condurre al successo personale o della propria impresa. In questo articolo analizzo la vita e i comportamenti di Saladino, che sovente, al confronto delle atrocità dei crociati mostrò compassione e tolleranza.

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Il Saladino

"Se nell’area del Mediterraneo orientale chiedeste a qualcuno di fare il nome del loro più grande eroe la risposta che quasi sicuramente otterreste è Saladino. Se in Europa o in America chiedeste del più grande eroe arabo, la risposta sarebbe, probabilmente, la stessa".
Prima di descrivere la vita di Saladino, giova farsi un quadro dell'Islam medievale. A dispetto di tutte le sue diversità e violenze, l'Islam era unito dalla religione e dalla cultura. Al centro c'era il Corano, che in un momento cruciale dell'evoluzione dell'Islam ne distillò e stimolò il linguaggio, dall'Hindu Kush alla Spagna meridionale, i musulmani adoravano tutti lo stesso Dio, onoravano il medesimo Profeta, consideravano l'arabo come lingua franca. Tutto l'Islam condivideva la stessa potenza economica con una rete di traffici che collegavano il Nordafrica, l'Europa, la Russia, il Medio Oriente, l'India e la Cina. Le monete arabe si diffusero fino al Nordeuropa.
Alimentato da un notevole benessere, l'Islam medievale era affamato di sapere e ispirò l'erudizione. La carta sostituì il papiro, i venditori di libri prosperavano, le biblioteche abbellivano le dimore dei ricchi. Guardando alle fondamenta della scienza e della filosofia poste dai greci, gli arabi tradussero i classici greci. Il filosofo Averroè fece molti commenti sulla filosofia aristotelica (Dante scrive " Averroè che il gran comento feo"). Molte altre lingue e culture, persiano, sanscrito, siriaco, facevano parte di questo ricco amalgama.
Una delle caratteristiche di quel modo era la tolleranza. In questa storia si pensi alle atrocità commesse dai cristianissimi: Riccardo I d'inghilterra e Rinaldo di Chatillon. E' vero che ebrei e cristiani erano considerati infedeli e ignoranti, tuttavia l'ebraismo e il cristianesimo erano visti come i primi gradini di una scala che saliva dalla barbarie alla rivelazione dell'Islam. Tutti e tre erano i "popoli del libro" quello che i cristiani chiamano il Vecchio Testamento. Le arti prosperavano, i cittadini colti apprezzavano la poesia, gli storici raccontavano con rigore le conquiste dell'Islam. Vennero realizzate splendide moschee a cupola prima del Rinascimento italiano. I numeri arabi, derivati da quelli indiani, fornirono uno strumento poderoso alla matematica. Le lingue europee contengono molti tributi della lingua araba: zero, algebra, zenit, nadir, azimnut. Avicenna è considerato il padre della medicina moderna.
Tra le grandi città la maggiore era Baghdad; affondando le sue radici nello splendore dell'antica Persia, la città attirava mercanti, studiosi e artisti anche da Spagna e Italia. Nell'anno mille Baghdad rivaleggiava solo con Costantinopoli con i suoi 1.200.000 abitanti; i moli del Tigri ospitavano vascelli che portavano porcellane e seta dalla Cina, avorio dall'Africa spezie e perle dalla Malesia cera e pelliicce dalla Russia.
Più a Est si trovava una parte dell'Islam che non era araba, ma persiana e turca; i suoi centri erano Samarcanda, Bukhara, Merv e Gurganj, tutte splendide città, seppur inferiori a Baghdad.
In teoria tutti erano uniti da Allah, IL Profeta e il Corano; tutti dovevano lealtà al rappresentante di Dio in Terra: il Califfo. In pratica, l'Islam era lacerato da divisioni di tipo religioso tra sunniti e sciiti. Da una parte la dottrina della sunnah, la parola e i precetti del Profeta e dei suoi successori, dall'altra i seguaci della shi'a di Alì, secondo i quali l'autorità discendeva dai discendenti di Maometto attarverso il genero del Profeta, Alì. I sunniti fondarono il califfato a Damasco per poi trasferiorlo a Baghdad. Per gli sciiti invece era la loro guida nella preghiera, l'imam, l'intermediario con Dio. Tuttavia anche un ramo della shi'a stabilì un califfato al Cairo.
In questo ambito culturale, religioso ed economico nasce Saladino a Tikrit, in Mesopotamia (attuale Iraq). Il suo nome era "Yusuf", mentre "?ala? al-Din" è un epiteto descrittivo che significa "restauratore della religione". La sua famiglia aveva avuto origine dalla città di Dvin in Armenia. Il clan Rawwadi della tribù dei Hadhbani, dal quale proveniva, s'era parzialmente arabizzato al periodo della sua nascita. Nel 1132 l'esercito sconfitto di ?Imad al-Din Zangi, che governava Mossul, durante la sua ritirata si trovò bloccato dal fiume Tigri, di fronte alla fortezza di Tikrit, dove il padre di Saladino, Najm al-Din Ayyub, serviva come guardiano. Ayyub fornì traghetti per l'esercito, consentendo che esso trovasse rifugio a Tikrit. Mujahid al-Din Bihruz, un ex schiavo greco nominato governatore militare della Mesopotamia settentrionale grazie al servizio da lui reso ai suoi signori Selgiuchidi, rimproverò Ayyub per aver dato rifugio a Zengi. Nel 1137 lo bandì da Tikrit, dopo che il fratello di Ayyub, Asad al-Din Shirkuh, aveva ucciso un amico di Bihruz in un delitto d'onore. Secondo Badr al-Din ibn Shaddad, Saladino nacque la notte stessa in cui la sua famiglia lasciò Tikrit.
Nel 1139 Ayyub e la sua famiglia si trasferirono a Mossul, dove ?Imad al-Din Zengi per riconoscenza nominò Ayyub comandante della fortezza di Baalbek. Dopo la morte di Zengi nel 1146, il figlio Nur al-Din divenne il governatore di Aleppo e il capo degli Zengidi. Si racconta che Saladino, che viveva a Damasco, avesse una particolare predilezione per quella città, ma sono assai scarse altre informazioni sulla sua gioventù, anche se sappiamo che studiò a lungo e con brillanti risultati tanto le materie giuridiche quanto quelle letterarie. Secondo uno dei suoi biografi, al-Wahrani, Saladino era in grado di rispondere a domande su Euclide, sull’Almagesto (importante opera astronomica scritta intorno al 150 da Tolomeo che per più di mille anni costituì la base delle conoscenze astronomiche in Europa e nel mondo islamico), sull'aritmetica e sulla Shari?a. Lo studio del Corano e delle "scienze religiose" (?ulum al-din) completava infatti il suo bagaglio conoscitivo.
Con suo zio Shirkuh, acquisì un'ottima preparazione anche militare, seppure sembra che egli preferisse lo studio, dal quale si sentiva particolarmente attratto. Diverse fonti riferiscono che, nel periodo degli studi, Saladino fosse più interessato alla religione che all'esercito. Saladino si appassionava alla storia, alle biografie, alle genealogie degli arabi). In particolare conosceva a memoria la raccolta di poesie della ?amasa di Abu Tammam. Oltre all'arabo e al curdo, parlava, molto probabilmente, anche il turco.
La carriera militare di Saladino iniziò sotto la tutela dello zio Shirkuh, divenuto un importante comandante militare di Norandino, l'Emiro di Damasco e Aleppo di cui Shirkuh era vassallo. Nel 1163 Shawar, il visir del califfo fatimide al-?A?id, fu cacciato dall'Egitto dal rivale Dirgham, un membro della potente tribù dei Banu Ruzzik. Chiese il sostegno militare di Norandino, che acconsentì, e nel 1164 inviò Shirkuh per aiutare Shawar nella sua spedizione contro Dirgham. Saladino, all'età di 26 anni, andò con loro. Reintegrato con successo come visir, Shawar chiese a Shirkuh di ritirare il suo esercito dall'Egitto, offrendo una somma di 30.000 dinar, ma Shirkuh non volle, insistendo che la volontà di Norandino fosse di farlo rimanere. Il ruolo di Saladino in questa spedizione fu minore. Si sa che gli fu ordinato dallo zio Shirkuh di raccogliere provviste dalla città di Bilbays prima che venisse assediata dalle forze congiunte di Crociati e truppe di Shawar. Dopo il saccheggio di Bilbays, la forza egiziano-crociata e l'esercito di Shirkuh dovevano impegnarsi in una battaglia sul confine desertico del Nilo, appena ad ovest di Giza. Saladino ha svolto un ruolo importante, comandando l'ala destra dell'esercito zengide, mentre una forza di curdi comandavano quella sinistra e Shirkuh era di stanza nel centro. Fonti musulmane, al momento, però, mettono Saladino nel "gruppo del centro", con l'ordine di attirare il nemico in una trappola mettendo in scena una falsa ritirata. La forza crociata all'inizio ebbe successo contro le truppe di Shirkuh, ma il terreno era troppo ripido e sabbioso per i suoi cavalli, e il comandante Ugo di Cesarea venne catturato mentre attaccava l'unità di Saladino. Dopo aver combattuto sparsi in piccole valli a sud della posizione principale, la forza centrale zengide restituì l'offensiva; Saladino si unì agli altri dalle retroguardie. La battaglia si concluse con la vittoria zengide. Secondo Ibn al-Athir, a Saladino è attribuito il merito di aver aiutato Shirkuh in un quella che alcuni storici musulmani definiscono una delle "più straordinarie vittorie che si ricordino nella storia", anche se molti uomini di Shirkuh vennero uccisi e la battaglia è considerata dalla maggior parte delle fonti come una vittoria non totale.
Saladino e Shirkuh si spostarono verso Alessandria d'Egitto dove furono accolti, gli furono dati denaro e armi. Di fronte a una forza crociato-egiziano superiore, che tentò di assediare la città, Shirkuh divise il suo esercito. Con la maggior parte della sua forza egli si ritirò da Alessandria, mentre Saladino rimase col compito di difendere la città. Shirkuh si impegnò in una lotta di potere sull'Egitto contro Shawar e Amalrico I del Regno di Gerusalemme. Nel 1169 si disse che Shawar fosse stato assassinato da Saladino e Shirkuh morì in quello stesso anno. Norandino scelse un successore per Shirkuh mentre al-?A?id non poté fare altro che nominare come vizir Saladino in sostituzione di Shawar. L'Imam ismailita al-?A?id "dovette" scegliere Saladino come visir, nella speranza che le sue capacità concedessero alla dinastia fatimide di sopravvivere alla profonda crisi che l'aveva colpita da tempo. Al-Wahrani scrisse che Saladino era stato scelto a causa della reputazione della sua famiglia e della sua "generosità e valore militare." ?Imad al-Din al-I?fahani scrisse più realisticamente nel suo al-Barq al-Shami che, dopo il breve periodo di lutto per la morte di Shirkuh, durante il quale "le opinioni erano divergenti", gli emiri fatimidi decisero per Saladino e costrinsero l'Imam a "investire lui del visirato". La maggior parte dei governanti siriani sostenne Saladino a causa del suo ruolo nella spedizione egiziana, in cui si era conquistato l'ammirazione dei militari.
Avendo guadagnato potere e indipendenza, più di quanto ne avesse mai avuto nella sua carriera, affrontò quindi la questione della propria lealtà, se cioè scegliere in definitiva al-?A?id o Norandino. Girarono voci secondo le quali lo zengide sarebbe stato sospettoso circa le inconfessate ambizioni del suo sottoposto e che fosse anzi clandestinamente ostile verso la nomina di Saladino. Il Sultano zengide scrisse diverse lettere a Saladino, che le ignorò di fatto, pur senza mai abbandonare la sua formale fedeltà nei confronti del suo signore zengide.
Più tardi, nel corso dell'anno, un gruppo di soldati egiziani e di emiri tentò di assassinare Saladino, ma conoscendo le loro intenzioni, grazie al capo delle sue spie, ?Ali b. Safyan, Saladino arrestò e uccise il capo della cospirazione, Naji, il sovrintendente civile del palazzo fatimide. Il giorno dopo 50.000 soldati africani neri, provenienti dai reggimenti dell'esercito fatimide, si opposero al governo di Saladino mentre un certo numero di emiri egiziani e di gente comune inscenarono una rivolta. Entro il 23 agosto Saladino sedò però in maniera decisiva la rivolta, e non dovette affrontare mai più una simile sfida militare dal Cairo.
Verso la fine del 1169 Saladino, con rinforzi giuntigli da Norandino, sconfisse una massiccia forza crociato-bizantina nei pressi di Damietta. In seguito, nella primavera del 1170, Nur al-Din Zengi inviò il padre di Saladino in Egitto in ottemperanza alla richiesta del visir, così come fece pervenire l'incoraggiamento dal califfo abbaside di Baghdad, al-Mustanjid, che mirava a che Saladino deponesse l'Imam fatimide suo rivale, al-?A?id. Saladino stesso aveva rafforzato la sua presa sull'Egitto e aveva ampliato la sua base di consenso. Iniziò ad assegnare posizioni di rilievo nella regione egiziana ai membri della sua stessa famiglia e a garantirsi una maggiore influenza sunnita al Cairo.
Dopo essersi stabilizzato in Egitto, Saladino lanciò una campagna contro i crociati, assediando Darum, l'odierna Dayr al-Balah, nel 1170. Amalrico richiamò la sua guarnigione di cavalieri templari da Gaza per aiutarlo nella difesa di Darum, ma Saladino eluse la loro forza e piombò su Gaza. Distrusse la città costruita al di fuori del castello e uccise la maggior parte dei suoi abitanti dopo che fu da loro rifiutato il suo ingresso nel castello. Non è chiaro esattamente quando (probabilmente nello stesso anno) egli abbia attaccato e catturato il castello crociato di Eilat, costruito su di un'isola al largo della testa del Golfo di Aqaba. Eilat non rappresentava certo una minaccia per il passaggio di una flotta militare musulmana, ma avrebbe potuto molestare i piccoli gruppi di navi musulmane e Saladino decise di cancellarlo dal suo cammino.
Secondo ?Imad al-Din al-I?fahani, Norandino scrisse a Saladino nel giugno 1171, ingiungendogli di restaurare in Egitto l'obbedienza formale al califfato abbaside: cosa che Saladino organizzò due mesi più tardi, dopo l'incoraggiamento di Najm al-Din al-Khabushani, il faqih sciafeita che si era opposto con veemenza al dominio sciita-ismailita nel paese. Molti emiri egiziani furono così uccisi da Saladino durante questa lotta, ma ad al-?A?id fu detto che essi erano morti per essersi ribellati contro l'Imam. Poi quest'ultimo si ammalò, o fu avvelenato, secondo un'altra versione. Mentre era malato, chiese a Saladino di fargli visita per affidargli i suoi figli, ma Saladino rifiutò, temendo di commettere un tradimento contro gli Abbasidi, e si dice che abbia rimpianto la sua azione dopo aver realizzato ciò che al-?A?id avrebbe voluto. L'Imam morì il 13 settembre e cinque giorni più tardi, la khu?ba in nome degli Abbasidi fu pronunciata nelle moschee del Cairo e di al-Fus?a?, riconoscendo come califfo al-Musta?i?. Saladino depose lo stesso Imam del Cairo, ponendo fine alla dinastia ismailita che aveva regnato dal X secolo. L'Egitto divenne così, anche ai vertici, di nuovo ufficialmente sunnita. Saladino ne divenne il sultano e avviò una dinastia che, dal nome di suo padre, prese il nome di ayyubide.
Il 25 settembre, Saladino lasciò Il Cairo per partecipare ad un attacco congiunto su Kerak e Montreal, i castelli del deserto del Regno di Gerusalemme, congiuntamente a Norandino, che avrebbe attaccato dalla Siria. Prima di arrivare a Montreal, Saladino si ritirò, rendendosi conto che se avesse incontrato Norandino a Shawbak, questi non gli avrebbe permesso di ritornare in Egitto. Norandino non avrebbe accettato di buon grado che Saladino controllasse un territorio così ampio. Inoltre, c'era la possibilità che il regno crociato, che agì come stato cuscinetto tra la Siria e l'Egitto, avrebbe potuto crollare con i due leader che lo attaccavano da est e dalla costa. Ciò avrebbe dato a Norandino l'opportunità di annettere l'Egitto. Saladino motivò il suo ritiro con la necessità di stroncare complotti fatimidi contro di lui, ma Norandino non accettò di buon grado la sua giustificazione.
Durante l'estate del 1172, venne segnalata la presenza di un esercito proveniente dalla Nubia alleato ad un contingente di Armeni rifugiati al confine con l'Egitto. I nubiani si preparavano per un assedio contro Aswan. L'emiro della città chiese l'assistenza di Saladino, che gli mandò rinforzi comandati dal figlio Turan Shah. Di conseguenza i Nubiani fuggirono, ma tornarono nel 1173 e vennero di nuovo cacciati. Questa volta le forze egiziane avanzarono da Aswan e catturarono la città nubiana di Ibrim.
Diciassette mesi dopo la morte di al-?A?id, Norandino non aveva intrapreso alcuna azione per quanto riguardava l'Egitto, ma attendeva un qualche ritorno economico per i 200.000 dinar che aveva stanziato per l'esercito di Shirku?. Saladino pagò questo debito con 60.000 dinar, "meravigliosi manufatti", alcuni gioielli, un asino della migliore razza e un elefante. Mentre trasportava questi beni a Damasco, Saladino colse l'occasione per devastare il territorio crociato. Egli non portò un attacco contro i castelli del deserto, ma tentò di scacciare i beduini musulmani che vivevano in territorio crociato con l'obiettivo di privare gli Ifranj di guide. Il 31 luglio 1173, il padre di Saladino, Ayyub, morì in un incidente di cavallo.
Nel 1174, Saladino mandò il figlio Turan-Shah per conquistare lo Yemen (fatimide) e annettere il suo porto di Aden ai territori della dinastia ayyubide. Lo Yemen era visto anche come un territorio d'emergenza, nel quale Saladino avrebbe potuto fuggire in caso di un'azione ostile nei suoi riguardi di Norandino. All'inizio dell'estate del 1174, Norandino era occupato nel radunare un esercito, inviare messaggi a Mossul, Diyarbakir, e al-Jazira. Apparentemente stava preparando un attacco contro Saladino in Egitto. La dinastia ayyubide, scoperti i suoi preparativi, tenne un consiglio, per discutere della possibile minaccia. Saladino raccolse le sue truppe al di fuori del Cairo. Il 15 maggio, Norandino morì, dopo essere stato avvelenato la settimana precedente e il suo potere passò a suo figlio al-Malik al-?ali? Isma?il, di appena undici anni. La sua morte determinò l'indipendenza politica di Saladino. In una lettera ad al-Malik al-?ali?, promise di "agire come una spada" contro i nemici del giovane e si riferì alla morte di suo padre come a una "scossa di terremoto".
Sulla scia della morte di Norandino, Saladino dovette affrontare una difficile decisione; poteva muovere il suo esercito contro i crociati dall'Egitto o attendere fino a quando non fosse stato invitato da al-Malik al-?ali? in Siria per venire in suo aiuto e lanciare una guerra da lì. Poteva anche decidere di annettersi la Siria, prima che fosse caduta, con molta possibilità, nelle mani di un rivale, ma temeva che attaccare una terra che precedentemente apparteneva al suo padrone, lo poteva far passare per un traditore ipocrita. Quindi, non adatto a guidare la guerra contro i crociati. Saladino capì che, al fine di acquisire la Siria, egli aveva bisogno di un invito in tal senso da parte di al-Malik al-?ali?. Altra mossa che poteva aiutarlo nella conquista della Siria era mettere in guardia il giovane sovrano sui due pericoli cui andava incontro: l'anarchia interna e gli attacchi dei crociati.
Quando al-Malik al-?ali? fu trasferito ad Aleppo nel mese di agosto, Gumushtigin, l'emiro della città e uno dei capitani veterani di Norandino, assunse la tutela su di lui. L'emiro si preparò a scalzare tutti i suoi rivali in Siria e al-Jazira, a cominciare da Damasco. In questa emergenza, l'emiro di Damasco si appellò a Sayf al-Din (un cugino di Gumushtigin) di Mossul per ricevere aiuto contro Aleppo. Ma Mossul rifiutò, costringendo i siriani a richiedere l'aiuto di Saladino che soddisfece invece la richiesta. Saladino guidò attraverso il deserto 700 cavalieri scelti, passò per al-Kerak e poi raggiunse Bosra. Secondo il suo racconto, si unirono a lui "emiri, soldati e beduini, le emozioni dei loro cuori si vedevano sui loro volti". Il 23 novembre, arrivò a Damasco, tra le acclamazioni generali e riposò nella vecchia casa di suo padre, fino a quando le porte della Cittadella di Damasco si aprirono per lui quattro giorni dopo senza colpo ferire. Si installò nel castello e ricevette l'omaggio e i saluti dei cittadini.
Lasciando il fratello Toghtigin come governatore di Damasco, Saladino procedette nella conquista di altre città che erano appartenuti a Norandino, ma ora erano praticamente indipendenti. Il suo esercito conquistò ?ama con relativa facilità, ma evitò di attaccare Homs, temendo la resistenza della sua cittadella. Saladino si spostò a nord verso Aleppo, assediandola il 30 dicembre, dopo che Gumushtigin rifiutò. Al-Malik al-?ali?, temendo di essere catturato da Saladino, uscì dal suo palazzo e si appellò agli abitanti di non consegnare lui e la città alla forza d'invasione. Uno dei cronisti di Saladino affermò "il popolo cadde sotto il suo incantesimo". Gumushtigin chiese a Rashid al-Din Sinan (ibn Salman al-Ba?ri), Gran Maestro degli Assassini di Masyaf (Siria), che erano già in contrasto con Saladino, da quando aveva soppiantato i Fatimidi d'Egitto, di assassinare il suo rivale nel suo campo.
L'11 maggio 1175 un gruppo di tredici Assassini penetrò nel campo di Saladino, ma venne scoperto. Uno degli assassini fu eliminato da un generale di Saladino e gli altri furono uccisi mentre cercavano di fuggire. Per scoraggiare i progressi di Saladino, Raimondo di Tripoli raccolse le sue forze a Nahr al-Kabir, dove erano in posizione per un attacco in territorio musulmano. Saladino si mosse invece verso Homs, ma si ritirò dopo aver saputo che Sayf al-Din stava inviando alla città dei soccorsi.
Nel frattempo, i rivali di Saladino in Siria e Jazira condussero una guerra di propaganda contro di lui, affermando che "dimenticata la propria condizione [di servitore di Nur al-Din]" non aveva mostrato alcun segno di gratitudine per il suo vecchio maestro. Saladino mirava a contrastare questa propaganda ponendo fine all'assedio, affermando di aver difeso l'Islam dai crociati. Il suo esercito tornò a ?ama per impegnare una forza crociata e i guerrieri cristiani si ritirarono in anticipo e Saladino proclamò questa vittoria, in grado "di aprire le porte del cuore degli uomini". Poco dopo, Saladino entrò a Homs e catturò la sua cittadella nel marzo 1175, dopo un'ostinata resistenza dei suoi difensori. I successi di Saladino allarmarono Sayf al-Din. Come capo degli Zengidi, tra cui Gumushtigin, egli considerava la Siria e la Mesopotamia come il suo feudo di famiglia e si adirò, quando Saladino tentò di usurpare le proprietà della sua dinastia. Sayf al-Din raccolse un grande esercito e lo inviò ad Aleppo, dove i difensori della città lo avevano atteso con ansia. Le forze combinate di Mossul e Aleppo marciarono contro Saladino a ?ama. In condizione di pesante inferiorità numerica, Saladino inizialmente tentò di venire a patti con gli zengidi, rinunciando a tutte le conquiste a nord della provincia di Damasco. Ma essi rifiutarono, insistendo sul suo ritorno in Egitto. Vedendo che il confronto era inevitabile, Saladino si preparò per la battaglia, prendendo una posizione in alto sulle colline vicino alla gola del fiume Oronte. Il 13 aprile 1175, le truppe zengidi marciarono per attaccare le sue forze, ma ben presto si trovarono circondati da veterani ayyubidi di Saladino, che li schiacciarono. La battaglia si concluse con una vittoria decisiva per Saladino, che inseguì i fuggitivi zengidi alle porte di Aleppo, costringendo i consiglieri di al-Malik al-?ali? a riconoscergli il controllo delle province di Damasco, Homs e ?ama, così come un certo numero di paesi al di fuori di Aleppo come Ma?arrat al-Nu?man.
Dopo la sua vittoria contro gli zengidi, Saladino si proclamò re e soppresse il nome di al-Malik al-?ali? nelle preghiere del venerdì e nelle monete islamiche. Da allora, ordinò preghiere in tutte le moschee della Siria e dell'Egitto, come re sovrano, e fece battere monete d'oro (dinar) dalla zecca del Cairo, in cui figurava il suo nuovo laqab di al-Malik al-Na?ir Yusuf ibn Ayyub: "il Sovrano vincitore, Yusuf figlio di Ayyub".
Alla morte di Norandino (maggio 1174), Saladino ne sposò la vedova e iniziò la sua personale opera di conquista dell'area siro-palestinese: riuscì a prendere il controllo di Damasco nel novembre 1174. Nel marzo 1175 conquistò la cittadella di Homs e il 21 giugno Azaz. L'anno successivo mise sotto assedio Aleppo; mentre era accampato fuori dalle mura della città, il 22 maggio 1176, scampò a un tentativo di assassinio da parte di tredici appartenenti alla setta dei Nizariti. Dopo un'inutile spedizione (forse solo di facciata) sulle montagne dove avevano rifugio gli Assassini, Saladino si ritirò al Cairo.
Nel 1177 si rivolse verso il Regno di Gerusalemme. Venuto a conoscenza dei piani di Saladino, Baldovino IV lasciò Gerusalemme con 500 cavalieri per tentare la difesa di Ascalona, ma venne bloccato sul posto da Saladino, forte di 30.000 uomini. I Cavalieri Templari cercarono di prestare soccorso a Baldovino ma vennero posti sotto assedio a Gaza. Saladino giustiziò i suoi prigionieri cristiani e continuò la sua marcia verso Gerusalemme, conquistò Ramla e prese d'assedio Lidda e Arsuf, ma poiché non considerava più Baldovino come una minaccia, permise al suo esercito di sparpagliarsi in una vasta area, per razziare e riposare. Nel frattempo, sia Baldovino sia i Templari riuscirono a liberarsi dai rispettivi assedi, e marciarono lungo la costa, nella speranza di intercettare Saladino prima che raggiungesse Gerusalemme. Il 25 settembre 1177 si scontrarono con Saladino a Montgisard, nei pressi di Ramla, cogliendolo del tutto di sorpresa.
I musulmani furono messi in rotta. Molti vennero uccisi e Saladino stesso riuscì a fuggire solo perché cavalcava un cammello da corsa. Saladino tornò in Egitto, subendo continui attacchi dalle tribù di beduini lungo il tragitto. Soltanto un decimo del suo esercito riuscì a tornare in Egitto con lui. Anni dopo, avrebbe definito quella sconfitta “grande come una catastrofe”. Baldovino tallonò Saladino fino nella penisola del Sinai, ma non riuscì a trarne vantaggio e in seguito Saladino tentò un nuovo attacco nel 1179. Saladino quindi si impegnò nella conquista di Aleppo (1183) e di Mossul (1186), grandi empori commerciali. Nel 1187 inviò a Tiberiade una piccola armata guidata da suo figlio al-Afdal, per rappresaglia nei confronti di un precedente attacco a una carovana musulmana da parte di Rinaldo di Chatillon; questo personaggio si macchio più volte di spergiuro e di malvagità inaudite. Raimondo III di Tripoli nutriva la speranza che Saladino si potesse alleare con lui contro Guido di Lusignano e per questo permise alla spedizione di attraversare Tiberiade il 30 aprile; ma Gerardo di Ridefort, maestro dei Cavalieri Templari, radunò velocemente un piccolo contingente di 140 cavalieri in tutto; la forza di Saladino era composta da 7000 uomini. Si scontrarono a Cresson, presso Nazaret il 1º maggio. Narra l'Itinerarium Peregrinorum et Gesta Regis Ricardi:
"Così Saladino radunò il suo esercito e marciò velocemente verso la Palestina. Egli inviò l'emiro di Edessa, Manafaradin (al-Muzaffar), a capo di 7.000 Turchi per razziare la Terra Santa. Ora, quando questo Manafaradin giunse nella regione di Tiberiade, si scontrò con il maestro del Tempio, Gerardo de Ridefort, e con il maestro dell'Ospedale, Ruggero des Moulins. Nello scontro inaspettato che seguì, egli mise in fuga il primo ed uccise il secondo."
I musulmani finsero una ritirata, Gerardo ordinò una carica, nonostante il parere contrario di Ruggero, e i cavalieri si separarono così dalla fanteria. I musulmani riuscirono a contrastare facilmente la carica diretta dei cristiani, uccidendo prima i cavalieri esausti e poi la fanteria. Gerardo sopravvisse ma tutti gli altri cavalieri vennero uccisi. Saladino raccolse un esercito ancora più potente, forte di 20.000 uomini, e invase il regno a giugno: ebbe strada facile anche grazie alla insipiente smania aggressiva del Reggente del regno, Guido di Lusignano, di Rinaldo di Chatillon, di Umfredo II di Toron e del nuovo Patriarca Eraclio, arcivescovo di Cesarea (che erano riusciti a vanificare l'assennata linea strategica del defunto re lebbroso di Gerusalemme, Baldovino IV, orientata a un accordo con le forze musulmane dell'area).
L'esercito del Regno di Gerusalemme, mossosi dalla Città Santa in direzione nord per contrattaccare, fu distrutto nella battaglia di Hattin (4 luglio 1187), durante la quale vennero catturati sia il re Guido, sia il Gran Maestro templare, che vennero usati da Saladino come ostaggi da rilasciare in cambio della consegna di piazzeforti. La reliquia della vera Croce, portata in battaglia dai crociati come miracolosa insegna, fu presa e di essa si persero le tracce. Saladino decapitò di propria mano Rinaldo di Châtillon, adempiendo al voto solenne che aveva espresso in precedenza di vendicare una carovana di pellegrini musulmani diretti alla Mecca e spietatamente trucidati da Rinaldo. Tutti gli Ospitalieri e i Templari catturati vennero uccisi, perché la loro regola vietava di pagar riscatti per la loro liberazione e imponeva ai guerrieri liberati di tornar subito a combattere.
Il 10 luglio Saladino otteneva anche la città e il porto di San Giovanni d'Acri; il sultano voleva mantenere intatto questo centro commerciale che portava ricchezza ai suoi domini e infatti nei termini della resa concedeva che gli abitanti cristiani avrebbero avuto salva la vita e conservate le loro proprietà, ma per la maggior parte, costoro rifiutarono l'offerta ed emigrarono senza essere molestati.
Saladino partì poi alla conquista di altri centri costieri, di Giaffa e Beirut. La strada per Gerusalemme era ormai aperta per Saladino ed egli pose l'assedio alla città, ma non ebbe bisogno di espugnarla: il suo difensore, Baliano di Ibelin, ebbe la saggezza di negoziare una resa onorevole in cambio di un'evacuazione ordinata dei circa 16.000 abitanti cristiani che vi erano asserragliati, i quali vennero fatti uscire e imbarcare senza subire perdite. Saladino entrò trionfante nella città il 2 ottobre 1187. Ai Crociati rimase solo il controllo di Tiro, Tripoli ed Antiochia, che pure Saladino attaccò nel 1188, ma senza successo. Il regno crociato si riduceva così a una sottile striscia costiera.
La notizia della perdita di Gerusalemme e della Palestina fu sconvolgente per l'Europa cristiana e vi fu presto la richiesta di una nuova Crociata, proclamata da Papa Gregorio VIII e dal suo successore Papa Clemente III. Nel 1189 giunsero numerosi contingenti militari per la liberazione della Terrasanta. Il 4 ottobre 1189 Saladino mosse ad est della città di San Giovanni d'Acri verso il campo di Guido di Lusignano e schierò le sue truppe in un semicerchio ad oriente della città; l'esercito crociato era in mezzo e mantenne la sua posizione di fronte alle forze di Saladino, con i balestrieri dotati di corazza leggera in prima linea e la cavalleria pesante in seconda. Nello scontro i Templari prevalsero sui musulmani a tal punto che Saladino dovette richiedere rinforzi da altre parti del campo di battaglia; ma i balestrieri cristiani prepararono la strada per la carica della cavalleria pesante crociata e la costante avanzata del centro cristiano contro le truppe di Saladino non incontrò grande resistenza. Il centro e il fianco destro di Saladino furono messi in fuga. Ma i vincitori cristiani si sparsero per saccheggiare, allora Saladino radunò i suoi uomini e quando i cristiani cominciarono a ritirarsi con il bottino, scatenò la sua cavalleria leggera su di loro. I crociati dovettero ritirarsi soffrendo gravi perdite, ma alla fine sconfissero le truppe di Saladino al costo della perdita di 7.000 uomini.
Nel 1191 Riccardo Cuor di Leone giunse in Terrasanta per tentare la riconquista di Gerusalemme. Riccardo conquistò Acri e per procedere più rapidamente verso Gerusalemme fece trucidare ben 2.600 prigionieri musulmani. Saladino optò spesso per la tolleranza , Riccardo optò per l'atrocità.
Con lo scopo di prevenire la presa di Giaffa da parte dei Crociati, Saladino attese l'esercito nemico ad Arsuf, a nord di Giaffa, per bloccarne il passaggio. Lo schieramento musulmano era superiore numericamente e la cavalleria era dotata di armamenti leggeri; al contrario, i cavalieri crociati montavano cavalcature massicce e robuste, e portavano armamenti pesanti. I cristiani erano, però, ben preparati; i templari all'avanguardia, gli altri contuingenti (angioini, bretoni, inglesi e normanni), al centro assieme a Guido e Riccardo, la retroguardia era tenuta dagli ospitalieri "Stavano così serrati che se fosse stata lanciata una mela questa non sarebbe caduta a terra"
La battaglia si aprì con una carica della fanteria di Saladino, che effettuò una serie di lanci ripetuti di lance e giavellotti contro lo schieramento serrato dei crociati; poi la fanteria musulmana si aprì per lasciare spazio alla cavalleria, che caricò a ondate le file cristiane. Nonostante i ripetuti inviti di attaccare da parte dei suoi comandanti, Riccardo continuava a tenere serrato lo schieramento, finché si pose al comando della carica e spezzò le file dei musulmani, stanchi dall'attacco sferrato senza esito. La battaglia durò solo pochi minuti e l'esercito musulmano fu messo in rotta e costretto alla fuga.
Saladino non subì perdite eccessivamente pesanti, anzi riuscì a riorganizzare il suo esercito subito dopo; ma nel campo crociato le conseguenze psicologiche per il morale furono enormi, poiché questo era il primo vero e proprio scontro diretto con l'invincibile Saladino dopo il disastroso massacro di Hattin. Saladino non aveva altra scelta che ritirarsi e controllare le strade verso Est. Riccardo marciò verso Jaffa città che doveva diventare la base per la sua avanzata verso Gerusalemme e, successivamente, puntò verso Ascalona. Ma Saladino fu più veloce arrivò ad Ascalona fece uscire tutta la popolazione musulmana e distrusse completamente la città per fare terra bruciata all'avanzata dei crociati. Con l'esercito crociato insediato a Jaffa e quello musulmano nei pressi di Gerusalemme iniziarono colloqui di pace; Riccardo, infatti, era ansioso ddi tornare in Inghilterra dove il fratello Giovanni stava tentando di usurpare il trono. Dopo altre brevi scontri si giunse alla pace che prevedeva la possibilità ai pellegrini cristiani di raggiungere Gerusalemme; ai cristianii rimaneva un piccolo stato simbolico lontano da Gerusalemme e Ascalona sarebbe rimasta, diremmo oggi, smilitarizzata.
Saladino ebbe col sovrano plantageneto rapporti di stima, ma il re d'Inghilterra non rimase in Terra Santa abbastanza a lungo per mettere a frutto le sue indubbie qualità guerriere.
Saladino governò con energia ed efficienza l'Egitto, la Siria e lo Hijaz, tenendo sotto il proprio controllo anche le due principali città sante dell'Islam: Mecca e Medina. Morì nel marzo 1193, appena due anni dopo la partenza del suo grande antagonista, il re d'Inghilterra Riccardo Cuor di Leone.
Giova sottolineare che la storia di Saladino e dei suoi antagonisti crociati, con i tanti omicidi inspiegabili, fu molto determinata dagli Assassini (una setta degli ismailiti) che protetti nelle loro roccaforti inespugnabili si offrivano come sicari prezzolati per uccidere islamici o crociati, era solo un problema di prezzo. Essi costituirono un cancro nel Medio Oriente finchè non furono spazzati via da Gengis Khan, assieme ai tanti emirati, califfati e visirati di quell'area.
A ereditare i possedimenti di Saladino, che andavano dall'Eufrate alla Terrasanta al Sudan, non furono tuttavia ovunque i suoi figli perché, se al Cairo, a Damasco e ad Aleppo regnarono rispettivamente al-?Aziz ?Uthman, al-Af?al ?Ali e al-Zahir Ghazi, la Jazira fu governata invece dal fratello Safedino (al-Malik al-?Adil Sayf al-Din), i territori al di qua del fiume Giordano dal nipote al-Mu?a??am ?Isà, figlio di Safedino, e ?im? dai discendenti di Shirkuh. Con essi si compì il frazionamento di un territorio così vasto conquistato da Saladino, che inizialmente era composto solo dai due sultanati di Damasco e di Cairo; il primo si frammentò all'inizio del XIII secolo, il secondo venne acquisito nel 1250 dai mamelucchi (schiavi) dell'ultimo Sultano ayyubide, al-?ali? Ayyub, morto senza eredi. I Mamelucchi regneranno fino al 1517, anno in cui le forze ottomane del sultano Selim II avranno la meglio sui loro avversari.
Dante Alighieri porrà, oltre un secolo più tardi, Saladino tra i valorosi non cristiani del Limbo, a testimoniare la sua duratura fama di uomo retto ed esempio di virtù cavalleresca. Questo non vuol dire, naturalmente, che Saladino non operasse con la durezza tipica dei suoi tempi verso i suoi avversari, senza però scadere nell'efferatezza fine a se stessa o nella crudeltà gratuita. Saladino valentissimo signore e allora soldano di Babilonia è protagonista della Novella nona (Panfilo), della Decima Giornata del Decamerone di Boccaccio (ma appare anche nella terza novella della prima giornata, Filomena). Del pari, il suo nome, talvolta celato dietro l'espressione fantasiosa di "Soldano di Baghdad", appare sovente nel Novellino, come esempio di rettitudine, di saggezza e di buon governo.

ayyubide

Il sultanato ayyubide di Saladino (in giallo).



La leadership di Saladino

Una delle chiavi del successo di Saladino risiede nella combinazione di due stili di comando, esercitando quello che i teorici moderni chiamano potere duro e potere morbido. Spesso, nel corso della storia la leadership è stata fatta equivalere al semplice e spietato esercizio del potere. Gli esseri umani sarebbero pigri, avidi, pavidi, codardi, sciocchi, inclini al tradimento e disonesti. L'unico modo per avere a che fare con loro è allettarli, terrorizzarli, ricompensarli e punirli.
Saladino avrebbe potuto assumere lo stesso approccio imponendo la sua volontà a sciiti e sunniti per poi rivolgersi contro i cristiani. Ma non lo fece. Scelse di unire la persuasione alla forza ed è stato proprio questo comportamento a fare di lui un esempio di moderna leadership. Nel suo libro Outliers, Malcolm Gladwell sostiene che uno dei fattori chiave per essere un leader è avere avuto un mentore, una guida. Se il padre di Saladino gli offrì un esempio di buon comportamento e lealtà, i veri due mentori furono lo zio Shirkuh, un duro guerriero e Nur al-Din, signore di Aleppo e Mosul, nemico dei crociati e con l'obiettivo dell'unificazione dell'Islam. Qust'ultimo fu il signore di Saladino, l'uomo che gli diede la possibilità di prendere il potere in Egitto. Senza queste due figure, il guerriero e l'uomo di governo, forse, Saladino non sarbbe diventato l'eroe dell'Islam.
Un'altra caratteristica di un leader è avere la vision. Una vision in grado di ispirare è una rara combinazione tra oppportune cisrcostanze, il giusto programma e la giusta persona che sia in grado di creare un proprio piano, comunicarlo agli altri e fare in modo che i propri seguaci gli credano. Nel caso di Saladino la vision consisteva nell'idea di un Islam libero dalle minacce dei non islamici o degli anti-islamici. Sostiene Daniel Goleman, i capi con una visione "emanano importanza, essi hanno una genuina passione per la loro missione e questa è contagiosa".
Un altro elemento centrale della capacità di Saladino era la sua prontezza a condividere le avversità, cosa tipidca e necessaria in un leader. James MacGregor Burns afferma "i capi devono assolutamente essere dediti alla causa e capaci di dimostrare tale dedizione investendo tempo e sforzi per essa, rischiando la propria vita, accettando il carcere, l'esilio, le persecuzioni le sconfitte e ogni genere di durezza".
Saladino aveva altre due qualità, connesse alla sua disponibilità a condividere le avversità: la sua austerità e la sua integrità.

Eugenio Caruso

21/12/2016


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