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Nerone


Platone afferma non esserci alcun re che non sia discendente da schiavi e nessuno schiavo che non sia discendente da re.

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Busto di Nerone

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La dinastia giulio-claudia

In questa sezione ho illustrato la vita di grandi personaggi del passato, allo scopo di tratteggiare le caratteristiche e i valori che hanno portato questi uomini al successo. Da ciascuna sfumatura dei comportamenti di questi uomini ciascuno di noi può trarre insegnamenti, stimoli, coraggio, intuizioni, entusiasmo per intraprendere un percorso che possa condurre al successo personale o della propria impresa. Con questo articolo illustro la vita di Nerone come esempio di un leader che compì buone cose ma che non tenne conto della reale forza dell'avversario:l'oligarchia e il Senato.

Nerone (in latino: Nero Claudius Caesar Augustus Germanicus) nasce ad Anzio il 15 dicembre dell'anno 37, da Agrippina Minore e Gneo Domizio Enobarbo. Il padre appartiene a una famiglia considerata di nobiltà plebea, mentre la madre è figlia del condottiero Germanico, nipote di Marco Antonio, di Agrippa e di Augusto, nonché sorella dell'imperatore Caligola che di Nerone è pertanto zio materno.
Nato con il nome di Lucio Domizio Enobarbo, Nerone viene ricordato come quinto ed ultimo imperatore della dinastia giulio-claudia. Nell'anno 39 la madre Agrippina Minore si scopre essere coinvolta in una congiura contro il fratello Caligola: viene per questo mandata in esilio nell'isola di Pandataria. Il piccolo Lucio visse con la zia Domizia Lepida, che egli amò più della madre e dalla quale avrebbe imparato l'amore per lo spettacolo e per la danza. L'anno seguente il marito di lei, Gneo, morì e il suo patrimonio venne confiscato da Caligola stesso. Essendo la zia di non elevata condizione economica, in questi primi anni i precettori furono un barbiere e un ballerino, i quali anch'essi aiutarono Lucio a coltivare l'amore per le arti e la cultura.
Due anni dopo Caligola viene assassinato, Agrippina Minore può così fare ritorno a Roma per occuparsi del figlio. Lucio viene affidato a due liberti greci (Aniceto e Berillo) per poi proseguire gli studi con due sapienti dell'epoca: Cheremone d'Alessandria e Alessandro di Ege, grazie ai quali sviluppa un pensiero filoellenista.
Nel 49 Agrippina Minore sposa l'imperatore Claudio e ottiene la revoca dell'esilio di Seneca, allo scopo di servirsi del celebre filosofo quale nuovo precettore del figlio. Infatti, Seneca nel 31 aveva iniziato l'attività forense e la carriera politica (divenne dapprima questore ed entrò a far parte del Senato) godendo di una notevole fama come oratore, al punto di far ingelosire l'imperatore Caligola, che nel 39 lo voleva eliminare, soprattutto per la sua concezione politica rispettosa delle libertà civili. Seneca si salvò grazie ai buoni uffici di un'amante del princeps, la quale convinse Caligola che comunque Seneca sarebbe morto presto a causa di una grave malattia. Due anni dopo, nel 41, il successore di Caligola, Claudio, istigato dalla moglie Valeria Messalina, lo condannò all'esilio in Corsica con l'accusa di adulterio con la giovane Giulia Livilla, sorella di Caligola. Messalina ebbe da Claudio una figlia, Claudia Ottavia, e un figlio, Britannico, ma Messalina aveva cospirato, insieme al suo amante, il console Gaio Silio, per uccidere Claudio e prenderne il suo posto; la congiura fu scoperta e la stessa fu messa a morte nel 48. La scelta di una nuova moglie, anche grazie al consiglio del liberto Pallante, cadde su Agrippina minore.
Nerone fu, pertanto, adottato da Claudio all'età di tredici anni (nel 50), quale tutore di Britannico (di cinque anni più giovane), ottenendo nel 51 la toga virilis, il titolo di Princeps Iuventutis, l'imperium proconsolare fuori Roma, e nel 53 sposava Claudia Ottavia, figlia di Claudio. Claudio morì improvvisamente, dopo aver mangiato un piatto di funghi letali, della specie Amanita phalloides, il 13 ottobre 54, mentre venivano celebrate le Fontinalia, festività in onore del dio Fons. Non è difficile pensare che sia stato avvelenato da Agrippina per mano di Lucusta, anche se la donna era ormai sicura della successione di Nerone. Essa potrebbe aver desiderato vedere il figlio sul trono mentre era ancora abbastanza giovane per seguire i suoi consigli e le sue volontà. Morto Claudio, Agrippina si preoccupò di far sparire anche Britannico, figlio naturale di Claudio e aspirante al trono. Nerone sale al potere nell'anno 55, a soli diciassette anni.
« A diciassette anni, quando fu divulgata la morte di Claudio, si avanzò verso le sentinelle di guardia tra l'ora sesta e l'ora settima [...]. Salutato imperatore sulla gradinata del palazzo, venne portato al Castro in lettiga e, rivolta una rapida allocuzione ai soldati, andò in Curia, uscendone che già era il vespero, dopo aver rifiutato, a causa dell'età, soltanto il titolo di Padre della Patria fra tutti gli immensi onori che gli venivano attribuiti. » (Svetonio, Vite dei Cesari, Nerone, 8)
Britannico, figlio legittimo dell'imperatore Claudio, sarebbe stato fatto uccidere per volere di Sesto Afranio Burro.
Il primo scandalo del regno di Nerone coincide con il suo primo matrimonio, considerato incestuoso, con la sorellastra Claudia Ottavia, figlia di Claudio; Nerone più tardi divorzia da lei perchè si innamora di Poppea. Quest'ultima, descritta come una donna di rara bellezza, prima del matrimonio con l'imperatore sarebbe stata coinvolta in una storia d'amore con Marco Salvio Otone, amico di Nerone stesso. Nel 59 Poppea viene sospettata di avere organizzato l'omicidio di Agrippina, mentre Otone viene spedito lontano, promosso governatore in Lusitania (l'odierno Portogallo).
Dopo aver ripudiato Claudia Ottavia per sterilità e averla relegata in Campania, Nerone sposa Poppea nell'anno 62. Nello stesso periodo introduce una serie di leggi sul tradimento che provocano l'esecuzione di numerose condanne capitali. Nel 63 nasce Claudia Augusta, figlia di Nerone e Poppea, ma muore ancora in fasce. L'anno seguente (64) è l'anno dello scoppio del grande incendio di Roma: quando accade il tragico fatto l'imperatore si trova ad Anzio, ma raggiunge immediatamente l'Urbe per conoscere l'entità del pericolo e decidere le contromisure, organizzando in modo efficiente i soccorsi, partecipando in prima persona agli sforzi per spegnere l'incendio. Nerone mette sotto accusa i cristiani residenti a Roma, già malvisti dalla popolazione, quali autori del disastro; alcuni di loro vengono arrestati e messi a morte.
Dopo la morte, Nerone sarà accusato dai cristiani di aver provocato egli stesso l'incendio. Nonostante la ricostruzione dei fatti sia incerta e molti aspetti della vicenda siano ancora controversi, gli storici concordano sul valutare come poco attendibile l'immagine iconografica dell'imperatore che suona la lira mentre Roma brucia.
Nerone apre addirittura i suoi giardini per mettere in salvo la popolazione, attirandosi l'odio dei patrizi e facendo sequestrare imponenti quantitativi di derrate alimentari per sfamare le vittime. In occasione dei lavori di ricostruzione di Roma, Nerone detta nuove e lungimiranti regole edilizie, che tracciano un nuovo impianto urbanistico sul quale è tutt'ora fondata la città. In seguito all'incendio fa recuperare una vasta area distrutta, facendo realizzare il faraonico complesso edilizio noto come Domus Aurea, la sua residenza personale, che giunge a comprendere il Palatino, le pendici dell'Esquilino (Oppio) e parte del Celio, per un'estensione di circa 80 ettari.
Nel 65 viene scoperta la congiura pisoniana (così chiamata da Caio Calpurnio Pisone); i cospiratori, tra cui anche Seneca, vengono costretti al suicidio. Secondo la tradizione cristiana in questo periodo Nerone ordina inoltre la decapitazione di San Paolo e, più tardi, la crocifissione di San Pietro. Ma le persecuzioni per la congiura non finirono, tra cui quella di Caio Petronio, l'arbiter elegantiarum, di cui Tacito scriverà negli Annali:
"Un voluttuoso raffinato, e i suoi atti e le sue parole tanto più avevano piacevole sembianza di semplicità quanto più mostravano di trascuratezza e di abbandono... fu nella corte dell'imperatore l'arbitro del buon gusto, il regolatore di tutto ciò che nello sfarzo fosse leggiadria e finezza. Tigellino lo odiò avendo in lui visto il rivale, un rivale più esperto nell'arte della voluttà. Egli pertanto eccitò la crudeltà, quel sentimento cioè che era più forte nell'animo del principe, e accusò Petronio di amicizia con Scevino. Fu corrotto uno schiavo perché facesse da delatore, fu proibita la difesa; la maggior parte dei servi venne arrestata. Era l'imperatore in quei giorni partito per la Campania; Petronio, che lo seguiva ebbe a Cuma l'ordine di fermarsi. Ma egli non fu trattenuto dal timore o dalla speranza né, d'altro canto, volle morire precipitosamente. Si tagliò le vene, poi le legò, indi di nuovo le riaprì: e si intrattenne con gli amici a parlare giovialmente di cose né gravi ne grandi che restassero ad esempio della sua fermezza; né rimase ad ascoltare sentenze di filosofi o precetti sull' immortalità dell'anima, ma canzonette e facili poesie. Premiò alcuni schiavi, altri ne punì. Volle pranzare e dormire affinché la morte, sebbene imposta, sembrasse naturale. Nei suoi codicilli non adulò Nerone o Tigellino come soleva fare la maggior parte dei condannati alla pena capitale, ma sotto i nomi di giovinastri e di cortigiane egli scrisse il racconto delle turpitudini imperiali fino alle ultime vergogne."
Poi sigillò e mandò lo scritto a Nerone e ruppe l'anello perché non servisse in seguito a far delle vittime. Nel 66 muore la moglie Poppea: secondo le fonti sarebbe stata uccisa da un calcio al ventre dello stesso Nerone durante una lite, mentre era in attesa del suo secondogenito. L'anno successivo l'imperatore viaggia fra le isole della Grecia, a bordo di una galea sulla quale divertiva gli ospiti con prestazioni artistiche. Nerone decide di rendere la libertà alle città elleniche, rendendo più difficili i rapporti con le altre province dell'impero.
A Roma intanto, Ninfidio Sabino andava procurandosi il consenso di pretoriani e senatori. Il contrasto di Nerone con il senato si era acuito già dagli anni 59-60 in seguito alla riforma monetaria che l'imperatore aveva introdotto: secondo la riforma veniva privilegiato il denarius (la moneta d'argento di cui si serviva soprattutto la plebe urbana) all'aureus (la moneta dei ceti più agiati). E Nerone non era Cesare o Augusto per poter opporsi al Senato.
Nel 68 le legioni stanziate in Gallia e in Spagna, guidate rispettivamente da Vindice e da Galba, si ribellano all'imperatore, costringendolo a fuggire da Roma. Il Senato lo depone e lo dichiara nemico pubblico: Nerone si suicida il 9 giugno dell'anno 68, probabilmente aiutato dal liberto Epafrodito. La sua salma viene sepolta in un'urna di porfido, sormontata da un altare di marmo lunense, collocata nel Sepolcro dei Domizi, sotto l'attuale basilica di Santa Maria del Popolo. L'immagine di Nerone è stata tramandata dagli storici cristiani quale autore della prima persecuzione contro i cristiani, nonché responsabile del martirio di moltissimi cristiani e dei vertici della Chiesa Romana. In realtà Nerone non emise alcun provvedimento nei confronti dei cristiani in quanto tali, limitandosi a condannare i soli giudicati colpevoli di aver provocato l'incendio di Roma. A riprova di questo va ricordato che lo stesso San Paolo si era appellato al giudizio di Nerone per avere giustizia, finendo assolto delle colpe imputategli. Ancora San Paolo, nella sua Epistola ai Romani, raccomanda l'obbedienza a Nerone. Le persecuzioni contro i cristiani ebbero invece inizio nel II secolo con la prima persecuzione ordinata da Marco Aurelio, quando la presenza dei cristiani cominciò a rappresentare un serio pericolo per le istituzioni di Roma.
Negli anni di regno di Nerone la situazione militare dell'Impero era rimasta buona per la fedeltà dell'esercito che solo all'ultimo venne meno. Nel 58 Corbulone aveva riconquistato ai Parti l'Armenia; quando il re dei Parti l'invase di nuovo (61), Nerone scese a patti e ottenne (63) che il re d'Armenia proposto dai Parti si riconoscesse vassallo di Roma. Poco dopo, coll'annessione alla provincia di Galazia del regno vassallo del Ponto, migliorò la situazione militare del Mar Nero. In Britannia, qualche anno prima (60), era stata domata la rivolta della regina Boudicca (o Bodicca). Nel 66, scoppiata la ribellione giudaica, Vespasiano fu mandato a domarla con un forte esercito.
È difficile dare un giudizio complessivo della figura di Nerone dal momento che già le fonti storiche subirono l'influenza dell'opposizione senatoria (Tacito). Intorno a essa fiorì la leggenda, fra le classi più basse e soprattutto in Oriente, ch'egli non fosse morto e dovesse tornare (Nero redivivus). La tradizione apocalittica cristiana lo identificò con l'Anticristo. La tradizione popolare credette di individuarne la tomba sulla Via Cassia e localizzò nella Torre delle Milizie, in realtà costruzione medievale, il luogo da cui avrebbe contemplato l'incendio di Roma, cantando la distruzione di Troia. La tradizione letteraria moderna si è impadronita di questa singolare personalità (A. Dumas padre, P. Cossa; opere in musica di A. Rubinstein, A. Boito, P. Mascagni; romanzo Quo vadis? di H. Sienkiewicz). Il suo ritratto, oltre che dalle monete, ci è noto anche da una serie di teste marmoree: giovinetto lo raffigura la testa del Palatino, ora al Museo Nazionale di Roma, e giovanile è il suo ritratto nelle teste di Monaco e di Worcester; poi fu rappresentato con barba ricciuta nella testa bronzea alla Biblioteca Vaticana, e i tratti si fanno più pesanti e lo sguardo ispirato nelle teste agli Uffizi, al Louvre, ecc. Zenodoro lo raffigurò come Elio nel colosso dinanzi alla domus aurea.

Eugenio Caruso

25/12/2016

Tratto da

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www.impresaoggi.com