Innocenti i tubi e la LAMBRETTA


Platone afferma non esserci alcun re che non sia discendente da schiavi e nessuno schiavo che non sia discendente da re.
Seneca Lettere morali a Lucilio


INVENTORI E IMPRENDITORI

In questa sottosezione illustrerò la vita di quei capitani d'industria e/o inventori che hanno sostanzialente contribuito al progresso industriale del mondo occidentale con particolare riguardo dell'Italia.

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Ferdinando Innocenti

Ferdinando Innocenti nasce a Pescia il 1 settembre 1891 da Dante Innocenti, fabbro, poi trasferitosi a Grosseto ove avviò due rivendite di ferramenta, sempre affiancate all'attività di fabbro. Ferdinando, dopo aver terminato la "3a classe tecnica" partecipò con il fratello Rosolino (figlio di prime nozze del padre) e il padre, alla conduzione delle "Ferramenta Innocenti" (1906) e già in quegli anni la famiglia si trova in una buona situazione economica.
Ferdinando, dopo aver appreso il mestiere si trova a 18 anni a condurre l'impresa familiare e incomincia a commerciare ferrame usato proveniente per lo più da cantieri impegnati nella bonifica della Maremma. Dal 1920 approfondisce e sperimenta l'uso di tubi in ferro e le loro applicazioni e nel 1923 si trasferisce a Roma dove, con la somma di circa lire 500.000 intendeva ampliare notevolmente l'attività, ma purtroppo la Banca presso cui aveva effettuato il deposito fallì. Iniziò a commercializzare i tubi prodotti dalla Dalmine su licenza Mannesmann (senza saldatura). In quegli anni, fino al 1928, l'esplosione edilizia e l'economia in genere conobbero una notevole crescita, facilitate dalle politiche autarchiche instaurate dal fascismo e dalla fine delle agitazioni sindacali che portarono a una riduzione dei salari reali dell'11-12% tra il 1921 e il 1924. Nel periodo compreso tra il 1921 e il 1931 il fascismo diede vita a un piano di costruzioni, soprattutto nella capitale che assunse l'aspetto di un enorme cantiere per dar vita ad una "rinascita monumentale dell'Urbe".
Ferdinando non perse l'occasione che gli si presentava aprendo nel 1926, a Roma, un deposito-officina di tubi ove allestiva manufatti per l'edilizia, che nel 1930 portava il nome di Fratelli Innocenti e che nel 1933 iniziò la produzione di ponteggi tubolari Innocenti adottando un sistema di montaggio/smontaggio rapido, originario della Scafolding britannica.
Nel 1931 iniziò la costruzione di un complesso di irrigazione a pioggia nei giardini Papali di Castelgandolfo (14 ettari) utilizzando l'acqua del lago di Albano, in seguito per i Giardini Vaticani, infine impianti antincendio e la centrale termoelettrica; inoltre Innocenti utilizzò il suo brevetto per il ponteggio nella Cappella Sistina, dimostrando la bontà del progetto in quanto lo smontaggio e rimontaggio avvenne in breve tempo senza rovinare i preziosi affreschi.
Questa introduzione venne favorita dai contatti con la Dalmine (di cui possedeva anche le azioni), in particolare con l'ing. Franco Ratti conte di Desio, nipote di Pio XI e di Leone Castelli dell'omonima impresa di costruzioni che lavorava in Vaticano. I lavori terminarono agli inizi del 1934. Alla fine del 1935 e all'inizio del 1936 venne chiamato per l'esposizione mondiale della stampa cattolica a montare un complesso coperto di 6.000 mq utilizzando tubi Innocenti. Questi lavori di sicuro prestigio trasformarono l'azienda artigianale in una impresa industriale di una certa importanza i cui cospicui profitti contribuirono al suo sviluppo. Nel 1932 la produzione industriale registra un crollo del 27% rispetto al 1928 ma Ferdinando Innocenti individua in Milano la sede adatta per impostare la sua attività. Infatti la città era in fermento per grandi ricostruzioni, per l'edilizia, per la nuova Stazione Centrale quindi la crisi era sicuramente meno sentita che altrove.
Al nord Innocenti ebbe una posizione privilegiata grazie anche ad appalti acquisiti. Dai 20 operai nel 1929 la ditta ne contava oltre 100 nel 1931, anno in cui iniziò la produzione di impianti irrigui mobili e fissi. Nel 1933 costruirono uno stabilimento a Milano Lambrate in Via Pitteri per produrre e commercializzare gli ormai collaudati ponteggi Innocenti. Su una striscia tra Via Pitteri e il Lambro, nell'ottobre 1933 era terminato un capannone con gli impianti necessari alla produzione con l'apporto di operai trasferiti da Roma. La ragione sociale divenne, nel novembre 1933 "Fratelli Innocenti società anonima per applicazioni tubolari in acciaio" con sede in XX settembre a Roma e capitale sociale di 5.000 azioni a 1.000 lire cad.di cui 3.100 a Ferdinando e 1.900 a Rosolino. Per coprire tutto il capitale sociale l'assemblea assunse un prestito obbligazionario di 5.000.000 diviso in 5.000 obb. da 1.000 cad.con interesse 4% annuo. L'amministratore unico era Ferdinando Innocenti.
Nell'estate del 1934 si dovevano disputare i campionati mondiali di calcio a Roma. Per l'ampliamento della capienza degli stadi venne affidato dal governo dell'epoca la costruzione delle tribune alla Innocenti. Questi lavori, con quelli terminati nello stesso anno in appalti, la costruzione di palchi, passerelle, strutture, tribune e altre svariate applicazioni, erano fonte di cospicue entrate tanto che lo stabilimento di Milano toccò i 200 operai in parte venuti da Roma. La struttura della società si divideva in due sedi e due stabilimenti: a Roma e a Milano; gli uffici e filiali per un totale di 9 a Genova, Napoli, Bologna, Trieste, Grosseto, Cagliari, Palermo, Padova, Firenze. La società era articolata in 4 sezioni separate per applicazioni:
Sez. 1: prodotti per edilizia, elettricità, ponteggi, antenne, tralicci per il trasporto elettrico, cancelli e recinzioni, pali per l'illuminazione.
Sez. 2: prodotti per l'agricoltura e lo sport, condotte per acquedotti, impianti per l'irrigazione a pioggia, recinzione per impianti sportivi, attrezzi per palestre.
Sez. 3: prodotti per l'industria. Impianti per centrali termoelettriche, tubazioni per aria, gas, vapore, bombole per gas liquidi e compressi, condotte forzate e sonde di perforazione.
Sez. 4: prodotti per l'industria meccanica. Tubi per autocarri, alberi di trasmissione, tubi per l'industria automobilistica, tubi per affusti di artiglieria, cilindri e pistoni idraulici per presse, cilindri e rulli per vetrerie.
La suddivisione era puramente commerciale mentre sotto l'aspetto tecnico produttivo non c'era divisione alcuna; infatti gli impianti erano potenzialmente in grado di fabbricare l'intera gamma di prodotti. In quel periodo però (1935) l'Innocenti si apprestava a concentrare tutta la produzione negli stabilimenti milanesi.
Nel 1935 ci fu il raddoppio del capitale sociale (30 aprile) con l'assemblea degli azionisti che ammontavano a 11, con l'emissione di altre 5.000 azioni a 1.000 lire cad.
Si stavano preparando i presupposti per l'aggressione in Etiopia scattata il 3 ottobre 1935 e in estate l'intervento in Spagna contro il governo repubblicano. L'industria nazionale si fece sorprendere impreparata dagli eventi bellici, ma in breve tempo la produzione poté essere convertita cosicché già alla fine del 1936 le imprese coinvolte nella produzione bellica videro lievitare i fatturati.. In quegli anni l'Innocenti partecipò alla fornitura di corpi per bombe per aereo di 150 e 250 kg, utilizzando spezzoni di tubo. L'impresa registrava un utile nel 1935 di 840.000 lire. Per sfuggire alla legge sui prelevamenti operata dal fisco sulla base di una legge del 1935 molti industriali furono costretti a investire ampliando le proprie strutture industriali; così fece l'Innocenti che per sostenere le forniture di proiettili fu costretta ad ampliare la propria struttura industriale, spostando gli impianti da Roma a Milano, ampliando il reparto MO/l con una deviazione del Lambro e costruendo la palazzina uffici in Via Pitteri. A Roma rimaneva solo il magazzino per la vendita dei tubi. Gli eventi bellici avevano portato al raddoppio dei dipendenti rispetto al 1934. La continua richiesta per la costruzione di hangar per l'aeronautica e la costruzione di bombe ricavate dai tubi (Dalmine) consentiva la rapida crescita della società. Con la nascita dell'IRI nel 1933 la Dalmine venne ad esserne conglobata, così che l'Innocenti, già in possesso di un ingente numero di azioni, accrebbe sempre di più la sua partecipazione, diventando uno degli azionisti privati più potenti.
Il rapido sviluppo della Fratelli Innocenti indusse Ferdinando alla creazione di un consiglio di amministrazione e un collegio sindacale nel 1936. Il consiglio era composto dai più fidati collaboratori: Rosolino Innocenti, prof. Giulio Giussani, Ing. Giuseppe Checchi, rag. Vittorio Verdarini con la presidenza a Ferdinando Innocenti. Il Collegio sindacale era composto dall'Avv. Renato Finocchi, l'Avv. Carlo Jurgens e il dott. Giuliano Mastrogiovanni.
In quell'occasione la società prende il nome di Innocenti Società Anonima per applicazioni tubolari acciaio. Il 1936 vide la proclamazione dell'impero che con l'allargamento della guerra e la stipulazione del patto d'acciaio con la Germania richiesero sempre di più l'impegno della Innocenti nella costruzione di proiettili che ora erano anche per l'artiglieria e la marina.
Il 1938 vide la costruzione del capannone Marina (MO/2) con conseguente spostamento più ad est del Lambro. Nello stesso periodo venne eretta l'attrezzeria ed il palazzo dei Servizi Sociali (attuale SOCI) e, malgrado le ingenti somme utilizzate per l'ampliamento, il bilancio si concluse con un utile di quasi 1.500.000 lire.
Innocenti, che dal 1933 impersonava l'idea dei tubi, volle nel 1936 realizzare uno stabilimento per la loro costruzione. Innocenti chiese ed ottenne i finanziamenti atti ad impiantare la SAFTA (Società anonima fabbricazione tubolari acciaio).
Il capitale fu composto da un pacchetto azionario di minoranza alla Dalmine e di maggioranza alla Innocenti. Nel 1939 iniziarono i lavori di costruzione dell'impianto per la fabbricazione di tubi senza saldatura che si conclusero nel 1942 con l'avvio, anche se parziale, della fornitura di tubi. Il complesso di circa 495.000 mq consisteva in 4 capannoni longitudinali paralleli e 3 trasversali che inglobavano 3 laminatoi di diverse lunghezze. Alla direzione e all'organizzazione dello stabilimento, in cui lavoravano oltre 500 operai, venne chiamato il lussemburghese ing. Alberto Calmes, esperto nella costruzione di tubi, che aveva acquisito una notevole competenza tecnologica in Germania da dove però era fuggito per motivi politici.
I tubi, grazie all'ingegno di Calmes vennero così prodotti direttamente dai lingotti anziché dai costosi laminati e poi saldati. La produzione però rimase allo stato iniziale in quanto Kesserling, nella ritirata, trasportò parte delle attrezzature industriali in Germania e semidistrusse le unità operative.
Nel novembre 1948 iniziò la produzione, dopo una rapida ricostruzione, con la fornitura di tubi per perforazioni petrolifere, per condotte, metanodotti e gasdotti. Nel 1948 la Dalmine entrò in possesso dell'intero pacchetto azionario trasformando la SAFTA nella sua seconda grande unità produttiva. Gli eventi bellici segnano un consistente impegno della Innocenti nella costruzione di impianti per la costruzione di proiettili; infatti si era già pensato alla costruzione di un enorme proiettificio negli stabilimenti di Lambrate, per diventare uno dei più grossi fornitori del Ministero della Guerra.
Il Ministero della Guerra aveva a sua volta elaborato un piano per la fornitura di proiettili dislocandone le unità produttive in diversi arsenali. Il primo fu il progetto Guerra I (G I) a Tor Sapienza (Roma), complesso per la produzione di circa 40.000 proiettili giornalieri. Fu realizzato dalla Innocenti in lizza con Fiat, Falck, ecc. in quanto dava maggiori garanzie sul rispetto dei tempi richiesti. Il progetto venne completato tra il 1939 e il 1940 come richiesto, cosicché Innocenti riscosse fiducia tanto che le vennero affidate le costruzioni (tra il 1940 e il 1941) del Guerra II e Guerra III a Milano.
Il Guerra III venne allestito con i macchinari provenienti da Guerra I dopo lo sbarco degli americani. Il Guerra II copriva una superficie di 75.000 mq e venne edificato nell'area tra Via Tanzi, Via Bistolfi, Via Pitteri, Via Trentacoste. Nel Guerra II si costruivano anelli per granate in rame sinterizzato (brevetto tedesco). Il Guerra III fu iniziato nel 1941 per produrre (su brevetto tedesco) bossoli estrusi in acciaio per far fronte alla carenza di rame. La costruzione fu bloccata, dagli eventi dell'8 settembre 1943 a due terzi della realizzazione. Il complesso era costituito da 4 grandissimi capannoni due dei quali già attrezzati con presse fornite dai tedeschi per l'estrusione dei bossoli.
Nel 1939 la Innocenti, che Starace durante la visita del 27 ottobre 1939 dichiarò "modello di stabilimento fascista" era infatti un proiettificio. Il 90% della manodopera veniva impiegata infatti nella produzione bellica. Nel 1939 gli operai della Innocenti impiegati nella produzione di proiettili era solo il 5,5% del totale delle industrie italiane di munizioni, ma produceva il 17% del totale dell'industria meccanica. L'Innocenti triplicò gli impianti in 4 anni e decuplicò la produzione con 36.000 proiettili al giorno nel 1943. Gli addetti negli stabilimenti di Milano che erano circa 800 nel 1938 diventarono 2000 nel 1940, 3000 nel 1941, 6000 nel 1942 e oltre 7000 nella primavera del 1943, per lo più operai senza qualificazione e per il 50% composto da donne. I profitti ammontavano a l. 2.119.000 nel 1939; a L. 4.231.500 nel 1940; a L. 10.118.500 nel 1941; a L. 12.298.000 nel 1942 e a L. 10.832.000 all'8 settembre 1943.
Nel 1942 Innocenti sentì la necessità di scindere la società in due:
la Lambro e la Innocenti ATA (Applicazioni Tubolari Acciaio); la prima per gestire gli stabilimenti, la seconda per commercializzare i prodotti. Gli eventi bellici del 1943 consigliarono Innocenti di soprassedere e l'assemblea del 29/4/1943 conferiva a Innocenti le cariche di presidente, amministratore delegato e direttore generale della società.
Dopo 1'8 settembre anche la Innocenti non si sottrasse alle traversie dell'occupazione militare tedesca anche se con notevole resistenza dall'interno. La produzione bellica non è mai venuta a mancare. Ferdinando Innocenti da Roma seguiva da vicino gli eventi che coinvolgevano la fabbrica e intratteneva costruttivi ed equilibrati rapporti politici tra tedeschi, RSI, CLN e forze democratiche; tanto meno fece mancare aiuti in denaro alle forze partigiane tanto che il gen. Poletti era entusiasta della brillante collaborazione di Ferdinando Innocenti e anche per questi meriti non venne in seguito epurato dalle Forze Alleate.
Certamente da Roma già intravedeva l'eventuale ripresa industriale dopo la fine della guerra e in questa ottica cercava di mantenere gli impianti più integri possibile per il rilancio. Non fu per caso che i bombardamenti alleati, su precise sue informazioni, colpirono solo reparti isolati di produzione bellica di poco valore, salvando i complessi industriali più importanti. Anche la diminuzione della produzione andava nel giusto verso in quanto le materie prime accantonate serviranno in gran parte a coprire le spese di ricostruzione. Cessata la guerra Ferdinando Innocenti ritorna a Milano e, convocata una assemblea dei lavoratori, riesce a conquistare la loro collaborazione, dando così inizio al piano di riconversione.
Il piano di riconversione era così concepito:
- produzione di un veicolo di grande diffusione popolare a costi bassi
- costruzione di macchinari siderurgici ed impianti industriali
- sviluppo dei processi di sinterizzazione.
Il veicolo da trasporto sarebbe stato poi la Lambretta. L'ispirazione venne nel vedere a Roma i mezzi paracadutabili dei parà inglesi. Innocenti si convinse che un mezzo simile poteva incontrare i favori del pubblico in una Italia bisognosa di rapidi spostamenti. Innocenti venne in contatto, a Guidonia, con il colonnello D'Ascanio ma presto insorsero discordanze sul modello di impostazione del veicolo cosicché il D'Ascanio se ne andò alla Piaggio dove diventerà il padre della "Vespa".
Si mise in contatto allora con un altro colonnello in forza al Centro Sperimentale di Guidonia, l'ing. Torre, che diverrà il padre della Lambretta. Nel settore della siderurgia Ferdinando Innocenti voleva sfruttare gli studi e l'esperienza di Calmes ad Apuania sulle macchine per la produzione di tubi senza saldatura. Nel campo dei sinterizzati si voleva realizzare boccole e bronzine per motori elettrici ed endotermici. Questo era da ritenersi un ambizioso progetto di ristrutturazione/riconversione che presupponeva una revisione qualitativa e quantitativa delle forze impiegate. La manodopera era così composta: 691 operai qualificati, specializzati, capisquadra; 969 manovali e operai senza qualifica; 729 donne; 146 fattorini, guardie, portinai, autisti; 252 impiegati, progettisti dirigenti, per u totale di 2767 lavoratori: 1900 a Lambrate, 500 al Guerra III, 367 al Guerra II. Un centinaio erano occupati all'esterno, alla ATA ecc.
Il progetto prevedeva la riduzione degli organici a circa 970 unità complessive con un licenziamento di circa 2000 persone. Alla fine del 1945 le scarse attività (solo un centinaio di operai lavoravano per costruire carcasse di motori elettrici della Bezzi), non permettevano di sostenere le spese e quindi si provvide alla vendita delle scorte di materie prime, al recupero di 42.000.000 di Buoni del Tesoro bloccati a Roma, 3.000.000 per la vendita del pacchetto Dalmine; ma era necessario per l'azienda il recupero di 175.000.000 di crediti in gran parte dai tedeschi.
Ai primi del 1946 gli operai erano ancora 800 più 150 impiegati. Il 12 novembre 1946 arrivarono i primi finanziamenti per la ricostruzione e produzione (300.000.000 di lire), che doveva iniziare nel 1947. La carenza di carbone e di energia elettrica provocò non pochi ritardi al programma che era nel frattempo alleggerito del punto 3 (esperienza sui sinterizzati) a causa della tecnologia divenuta ormai superata. Alcune ordinazioni nel settore industriale cominciavano a vedersi già alla fine del 1946; 6 macchine speciali per la Dalmine per 200 tonnellate in totale, costruzione di laminatoi per tubi per la Jugoslavia per 3200 tonn. e 1150 tonn. di macchinari per la Polonia.
La produzione scooteristica segnava ancora ritardi a causa delle forniture esterne per carenze energetiche e per la messa a punto di un prodotto sostanzialmente nuovo per l'azienda. Il primo lotto di 25 Lambrette erano in fase di completamento mentre 2 Lambrette più 1 furgoncino erano pronti per il Salone di Parigi. Una rete commerciale di concessionari era pronta in ben 33 province e c'erano in tasca ben 3300 prenotazioni che si pensava di soddisfare già nel marzo 1948. La fonderia funzionava a pieno ritmo per le fusioni in alluminio mentre si stava terminando l'allestimento delle attrezzature per le fusioni in ghisa. La situazione finanziaria, ancora delicata, vedeva qualche schiarita all'inizio del 1948 con l'arrivo dei pagamenti per le commesse straniere e decisamente sicura in aprile con la concessione di 100.000.000 do9llari all'industria italiana dalla Eximbank U.S.A.
Purtroppo però invece delle 150 Lambrette giornaliere, la produzione non superava le 10 unità a causa soprattutto dalla mancanza di organizzazione e al ritardo dei programmi oltre che dalla mancanza di risorse finanziarie. Aveva inizio una riorganizzazione ad opera di Calbiani nella Divisione Motori che prevedeva subito il raggiungimento della produzione di 25/30 scooter al giorno e a breve, massimo nella primavera, le 50 unità. La fonderia veniva utilizzata totalmente per produrre parti necessarie all'approntamento delle Lambrette non più come mentita a sviluppo autonomo come previsto da Innocenti nel suo progetto a 3 punti. Ricostruito lo stabilimento di Apuania, Francesco Innocenti si assicurava, con abili manovre finanziarie e costituendo società, un posto preminente nella costruzione dei tubi. Lo stabilimento di Lambrate veniva diretto da Lauro che, oltre a vantare conoscenze importanti negli ambienti industriali, godeva di grande stima provenendo dalla Navalmeccanica, azienda IRI.
La produzione di Lambrette del modello M (1° tipo) raggiunge alla fine del 1948 la potenzialità di 80-85 unità giornaliere ma in realtà, ne venivano prodotte solo 70 per le difficoltà di collocazione sul mercato nazionale. Nell'autunno si cominciò ad esportare, verso gli USA e l'Argentina, un primo lotto di 2000 macchine; contemporaneamente veniva iniziato lo studio per la costruzione di un nuovo modello (tipo B) che doveva essere prodotto nel 1949 e che doveva ovviare agli innumerevoli difetti della serie precedente. Infatti, simile di aspetto al primo, mantenendo essenzialmente lo stesso propulsore, veniva adottato un nuovo sistema di sospensione anteriore e introdotta la sospensione posteriore, cambio a mano (non più a pedale) ruote da 8" anziché da 7", infine colori metallizzati. Il settore della meccanica pesante non destava preoccupazioni in quanto gli ordini garantivano lavoro per un anno e mezzo anche se veniva affermato che "in questo periodo ci siamo mangiati il 30% finanziando la produzione della Lambretta". L'azienda si era data una struttura direttiva ed organizzativa veramente moderna ed efficiente. Accanto al presidente Ferdinando Innocenti c'era un ufficio di presidenza con a capo Fioramonti e Fumagalli, Lauro direttore generale e amministratore delegato, direttore centrale Guani, direttore centrale amministrativo Moro.
Al 31 ottobre 1948 erano state prodotte 9.660 unità di Lambretta A, data di cessazione della produzione del modello. Il consuntivo fatto a febbraio del 1949 indicava una perdita d'esercizio superiore agli 800.000.000, passivo che non impensierì più di tanto Ferdinando Innocenti, perché già nei primi 3 mesi di produzione del modello 125 B il passivo si era ridotto di 200 milioni, recuperati dalle vendite di questo nuovo modello che, come abbiamo detto in precedenza, eliminava i difetti del precedente modello A. La produzione, ormai organizzata industrialmente, passava dalle 70 unita prodotte al giorno del gennaio 1949, alle 150 circa di luglio dello stesso anno e riusciva a malapena a seguire le richieste. Veicoli leggeri da trasporto con meccanica dello scooter, dal marzo 1949 venivano approntati al ritmo di 4 al giorno.
Il settore della meccanica pesante andava a gonfie vele e aveva un portafoglio ordini di almeno 2 anni, soprattutto per una commessa di fornitura con l'Austria. La produzione di due nuovi modelli di Lambretta, decisamente migliorati rispetto ai modelli precedenti (125 C e 125 LC carenata) iniziò il gennaio 1950 con un programma di produzione di 60.000 scooters, il doppio rispetto al 1949. L'allargamento della produzione comportò la costruzione di un nuovo impianto di verniciatura e l'ammodernamento delle attrezzature produttive soprattutto per la lavorazione degli ingranaggi e la pressofusione delle parti in alluminio. La produzione iniziò con anticipo rispetto all'approntamento definitivo della linea di produzione, in quanto il magazzino era rimasto vuoto del modello precedente, ma già a maggio venivano prodotti 5.500 unità mensili, a luglio si raggiungevano le 260 unità giornaliere composte da 160 C e 100 LC equivalenti a 6200 al mese. La produzione nel 1951 passò da 6200 scooter a 7000 mensili. Le vendite, nel 1951, superarono decisamente anche le più rosee previsioni per cui, per il 1952, fu deciso un ulteriore aumento portando la produzione mensile da 7000 a 8000 unità. Nel dicembre 1951 vennero messi in produzione il nuovo modello D e LD il primo di tipo economico, il secondo carenato, di forma più elegante e pulita.
Intanto si era concesso alla NSU (1950) la licenza di costruzione della Lambretta in Germania; anche in Francia si conseguì un accordo analogo con la Fenwick con produzione annua iniziale di 13.000 scooter; l'Innocenti possedeva la maggioranza del capitale sociale. Con il cambio della gamma dal modello C al modello D fu raggiunto e superato il numero di 8.000 scooter al mese; nel 1952 si produssero un totale di 96.000 veicoli di cui 16.000 esportati. Una produzione cosi elevata trovava difficoltà a collocarsi sul solo territorio nazionale mentre all'estero si opponeva resistenza alla penetrazione, così si decise di approntare un modello più economico, modello E, con una produzione di 70/80.000 unità e 40/50.000 mod.LD, questo nel 1953, per mantenere costante il fatturato. L'andamento della domanda non raggiunse però i livelli desiderati e programmati anche se registrò un incremento dell'11% rispetto al 1952. Il motofurgone venne prodotto nel 1952 in 1063 unità, nel 1953 in 4780 unità e le esportazioni rappresentarono pur sempre il 25% degli scooters prodotti. Nel 1955 l'Innocenti portò a termine uno dei più grandi contratti che gli fossero mai capitati. Infatti la costruzione di uno stabilimento in Venezuela rappresentava una commessa colossale, pari a 350 milioni di dollari. Alla gara alla quale partecipava anche la Fiat, si presentarono insieme (Fiat + Innocenti) e i lavori cominciarono all'inizio del 1956. Ben presto la Fiat ruppe la joint-venture e così l'Innocenti poté assicurarsi un introito di 40 miliari per la società. Il lavoro venne completato anche se la Giunta Democratica, dopo aver estromesso il dittatore Jmenez, stabilì che il costo da pagare per lo stato era eccessivo e quindi non sarebbe stato saldato; in realtà il successivo governo si presentò su posizioni più morbide rispettando gli accordi conclusi. La produzione scooteristica nel 1955 era ad un buon livello anche se non raggiunse quelli del 1953 tanto che molti particolari venivano costruiti dalla Innocenti. Venne lanciato, agli inizi dell'anno, un ciclomotore di 48 cc. a ruote alte e a 2 velocità (il Lambrettino 48), con una produzione di 6.000 unità e 22.000 unità nel 1956, con un aumento globale della produzione del 20% (scooter + ciclomotore).
Gli anni tra il 1958 e il 1963 rappresentarono un periodo di grande crescita industriale italiana. Nel 1961 si superò del 97% i valori del 1953. La Innocenti si sviluppa di pari passo: la produzione di motoveicoli fatta uguale a 100 nel 1957 sale a 103,5 nel 1958, a 120 nel 1959 e a 148 nel 1960. Nel settore della meccanica pesante vennero costruite, nel 1950, 2800 tonnellate di macchinari, 21.550 nel 1960 e gli utili alla fine del 1960 erano aumentati del 59% rispetto al 1950; il capitale sociale del 2000%; notevole incremento e' stato dato dall "affare" venezuelano. Il figlio Luigi (vicepresidente nel 1958) vissuto in realtà sempre all'ombra della personalità paterna, riuscì ad imporre (fu l'unica volta) il sogno sempre cullato fin dall'infanzia: la costruzione di una automobile.
Questa svolta si rendeva necessaria per impiegare le ingenti risorse ottenute dagli anni precedenti. Già nel 1957 all'ing. Torre era stato affidato il progetto di una piccola vettura, ma in seguito Torre venne tolto dal progetto da Parolari (pupillo di Lauro) che voleva essere l'unico responsabile del settore motori. Nel 1957/1958 Torre studiò un prototipo di autovettura utilitaria costruibile totalmente dalla Innocenti, ma il progetto venne nuovamente accantonato agli inizi del 1959 in quanto si presero contatti con la Gogomobil Iseria per la costruzione di una vetturetta di 400 cm3. Innocenti inoltre non voleva urtare Fiat in questo settore.
Nel 1959 si presero contatti con BMC di Birmingham per la realizzazione di una berlina dell'Austin di 900 cm3: la A40. L'accordo stipulato prevedeva il montaggio, il sotto assemblaggio, la verniciatura dei pezzi forniti dalla BMC. Un accordo molto lacunoso e sfavorevole per la Innocenti, di durata settennale. In poco più di un anno venne approntata la linea della A40 e alla fine del 1960 si iniziò la produzione con circa 100 vetture al giorno. La produzione era realizzata con metodi di assemblaggio antiquati, decisamente più vetusti dei sistemi introdotti alla Fiat. Nel 1961/1962 venne impiantato anche un reparto di stampaggio per la produzione di pezzi necessari all'assemblaggio della A40, dello spider e del coupè di Bertone con la stessa meccanica della A40. La produzione complessiva delle auto ammontò a 20.900 unità nel 1962 e si incrementò nel 1963 quando venne messa in produzione la IM3 nelle versioni normale e super sicché alla fine del 1963 la produzione toccava le 30.600 unità.
Il cambio alla presidenza della società avviene in un periodo particolare della storia politica, sociale ed economica di questo paese. Questo momento politico è caratterizzato dalla scarsa stabilità dei governi alla guida del paese e possiamo dire che la classe politica e i partiti erano più impegnati a creare punti di potere più che a mantenere e a incrementare quella grande spinta produttiva industriale italiana conosciuta come "miracolo economico" che aveva portato l'Italia ad un benessere elevatissimo e a una posizione di rilievo in campo internazionale. I governi di quel tempo, condizionati dalle sinistre, non sapevano sfruttare la grande potenzialità della quale poteva disporre un'industria di questo livello. Va ricordato che l'Innocenti, fin dal suo nascere, è sempre stata un'azienda fortemente politicizzata in cui il sindacato era in grado di mobilitare in poche ore la massa operaia . In quei tempi ci si batteva per ottenere condizioni di lavoro più umane e vantaggi reali; molte volte sventolando la bandiera dell'uguaglianza spesso le semplici e sacrosante richieste venivano trasformate in lotte di classe. Queste agitazioni raggiungevano l'obiettivo di danneggiare la produzione e di sottrarre risorse agli investimenti e alla ricerca. Non passava settimana senza che l'azienda dovesse subire scioperi e cedere ai ricatti sindacali. Ormai la situazione sindacale condizionava anche le scelte dell'azienda. Gran parte dei tradizionali utilizzatori dello scooter, visto come veicolo utilitario, si erano orientati all'acquisto di automobili di piccola cilindrata ; la Fiat 500, nel 1967, aveva raggiunto un grandissimo grado di affidabilità e di comfort (relativamente alla sua classe) e veniva posta in vendita al prezzo record di Lit. 475.000 mentre la SX 200 ne costava ben 219.000. La popolare vetturetta torinese era conveniente anche nei consumi, non molto distanti da quelli della Lambretta. La richiesta di scooter, in lento ma inesorabile calo, non era sufficiente a sostenere una produzione così articolata e a sviluppare nuovi progetti. La produzione totale di veicoli (scooter, ciclomotori e furgoni) da 144.000 unità annue nel 1963 è gradualmente scesa a 107.105 nel 1966, a 84.885 nel 1967, a 82.121 nel 1968 e a 62.209 nel 1969.
Venendo a mancare la figura carismatica del fondatore, i nuovi manager non sentendo lo scooter una propria creatura non cercarono di sviluppare la progettazione nella direzione che i tempi richiedevano e cioè l'industrializzazione di un progetto ormai diventato troppo costoso. Alla Piaggio, che pure soffriva della stessa situazione di mercato, robotizzando le linee di montaggio grazie a un progetto che già in origine risultava facilmente adattabile alla tecnologia automobilistica, riusciva, anche con il massiccio intervento finanziario della Fiat, a superare questo periodo molto difficile per il settore.
Gradualmente, all'interno, chi si sentiva legato alla leggendaria Lambretta e con nostalgia ne riproponeva lo sviluppo, risultava perdente rispetto a chi vedeva nell'auto la sola via per il rilancio dell'azienda. Storicamente non esistono casi di aziende che siano passate con fortuna dal settore motociclistico alle quattro ruote. Nel 1967, ci si affida a Nuccio Bertone per rinnovare la linea della Lambretta. La produzione si concretizza già nel gennaio 1968 con il modello DL nelle cilindrate 125-150 200, inoltre, con base meccanica derivata dallo J 50, viene messo in produzione un nuovo ciclomotore di 50 e 75 cc con la linea totalmente originale, sempre dello stesso stilista torinese, che uscirà dalle linee di montaggio nel marzo del 1968. Malgrado quest'ultimo tentativo di modernizzazione della linea estetica della Lambretta, che però manteneva sostanzialmente inalterata la parte meccanica, sino dal 1968 era chiaro alla Innocenti che la sospensione della produzione degli scooter sarebbe stata solo una questione di tempo. Nel 1971 Luigi Innocenti che, per ragioni di salute, non poteva essere presente in azienda come la difficile situazione del momento richiedeva, abbandonava il campo. L'ultimo modello (DL) finiva di essere prodotto nell'aprile dello stesso anno, il J 50 il mese successivo ; i motofurgoni nelle diverse versioni invece vennero prodotti fino a dicembre in un discreto quantitativo. Il totale dei veicoli prodotti nel 1971 risultarono essere 11.222 di cui 3.400 DL, 2.153 J50 nella versione De Luxe e Special e 5.669 motofurgoni dei quali gli ultimi 72 completati nella prima decade di gennaio del 1972.
Gli stabilimenti vennero svuotati e le linee di produzione dell'ultimo modello vennero cedute all'India (Scooterindia) che produrrà ancora la Lambretta con il Modello DL 150 e 200 per molti anni ancora. Nei padiglioni di Lambrate vennero prodotte automobili che mantennero il marchio Innocenti e che ebbero motorizzazioni prima BMC (il motore era lo stesso della Mini) poi di produzione giapponese (Daiatsu). La Innocenti, in questa ultima e poco illuminata gestione affidata a De Tomaso, ospitò anche il montaggio della Maserati riuscendo a immettere sul mercato una vettura di ottimo livello di 2.000 cc. (Maserati Biturbo) in diverse versioni a 2 e a 4 porte, spyder, coupè, che però non ebbe la meritata fortuna più per motivi pubblicitari che per la qualità intrinseca del prodotto. La produzione della Maserati venne spostata a Modena e l'enorme complesso della Innocenti abbandonato da ogni attività produttiva. Una parte delle maestranze venne assorbita dalla Maserati, parte da altre strutture pubbliche, altri dipendenti vennero prepensionati altri incoraggiati alle dimissioni. Anche in India, dove continuava dal 1971 ad essere prodotta, con la denominazione Grand Prix, la Lambretta, ormai largamente modificata nei dettagli estetici, cessava la produzione. Gli stampi e le attrezzature utilizzate per oltre 25 anni, nel 1997 venivano posti in vendita al miglior offerente; le offerte, risultate troppo basse, non sono state prese in considerazione così le linee di montaggio rimangono abbandonate e sono ora aggredite dall'incuria e dal tempo. Il marchio Innocenti e la rete di vendita venivano rilevati dal Gruppo Fiat e attualmente sono utilizzati ad identificare alcuni modelli di vetture prodotte per lo più da stabilimenti del Gruppo in Brasile.
Come era Ferdinando Innocenti
Temperamento da pioniere, di formidabile coraggio, era nel contempo modesto e schivo, paternalistico, parlava poco, a bassa voce e lentamente, non amava mettersi in vista ma risoluto nell'orchestrare le sue operazioni anche tramite suoi uomini di fiducia.Uno tra i più geniali industriali italiani, si meritava facilmente la stima di tutti per il suo carisma ma non amava la mondanità tipica degli imprenditori di successo di quel periodo. Abile nell'intrecciare rapporti politici senza palesare troppo evidentemente le proprie scelte, le utilizzava, esclusivamente, per appoggiare le proprie esigenze industriali. Suo grave torto fu non aver pensato alla transizione generazionale; il figlio non era in grado di sostenere una così grande responsabilità, pertanto avrebbe dovuto far crescere un alter ego di spessore. I suoi manager tutte persone di grande valore non avevano una visione globale e unitaria, pertanto la grande industria si sgretolò rapidamente.

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Eugenio Caruso - 30 dicembre 2016


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