Sezioni   Naviga Articoli e Testi
stampa

 

        Inserisci una voce nel rettangolo "ricerca personalizzata" e premi il tasto rosso per la ricerca.

Analisi degli strumenti necessari all'impresa per essere competitiva

Ognuno vede quel che tu sembri, pochi sentono quel che tu sei.

Niccolò Machiavelli



LOGO

1. Premessa

L’impresa, oggi, poggia la propria vitalità su un elemento fondamentale, il vantaggio competitivo. Concetto con il quale si sintetizzano i fattori che possono offrire un vantaggio nella competizione per la conquista, il mantenimento o l'ampliamento di una posizione di mercato.
L'idea di vantaggio competitivo ha cominciato ad attirare l'attenzione degli specialisti, quando ci si è accorti che alcune imprese riuscivano ad acquisire significative posizioni in segmenti specifici di mercato, grazie all'uso di strumenti di gestione, che altre imprese non riuscivano a sfruttare, almeno nella stessa misura.
Oggi, il vantaggio competitivo incorpora comportamenti strategici, rispetto ai  quali il vecchio universo di ispirazione classica appare lontano. Anche gli economisti classici parlavano di vantaggio competitivo, ma lo facevano individuando nel fattore lavoro l'elemento fondamentale che faceva la differenza. La specializzazione produttiva di ciascuna impresa era, quindi, il risultato della comparazione dei costi di produzione misurati  in termini di unità di lavoro. Già allora, tale schema rappresentava una pallida rappresentazione della realtà e, soprattutto, non prendeva in considerazione la capacità del mondo dell'impresa di mutare, al mutare delle condizioni dell'economia, della scienza, dei mercati.
L'economista statunitense Michael E. Porter è stato il primo ad affermare che il vantaggio competitivo è alla base del successo di un'azienda che operi in un mercato competitivo. 

2. Elementi per l'approccio al vantaggio competitivo

Per affrontare il tema del vantaggio competitivo, non si può fare a meno di descrivere e approfondire alcuni elementi e alcune funzioni aziendali che sono fondamentali per elaborare una valida strategia di competizione e che dovranno essere presi in considerazione per ottimizzare le catene del valore per ciascun business.

2.1 Il ciclo di vita del prodotto. 

 Il concetto di ciclo di vita di un prodotto viene elaborato da Levitt (Levitt, 1965) e si diffonde rapidamente. Esso si articola in quattro fasi: nascita, sviluppo, maturità, declino.

Il ciclo di vita, che fa riferimento ai cicli biologici, vale anche per un servizio, per una competenza, per un'impresa.

È interessante notare che il ciclo di vita di un prodotto:

  • era regolato dall'impresa quando essa era orientata alla produzione;
  • era diventato di pertinenza del mercato quando la customer satisfaction era il vangelo del sistema produttivo;
  • ora esso viene deciso dal complesso degli stakeholder.

 

Il ciclo di vita può essere valutato a priori da modelli probabilistici ove l'evoluzione del prodotto è il risultato dell'evoluzione convergente di un gran numero di variabili (Penati, 1994).

In genere è nella fase di maturità del prodotto che si pongono i maggiori interrogativi strategici: decidere cioè se investire nella protezione e nel rafforzamento delle posizioni di mercato, oppure se cercare nuove possibilità di sviluppo.
 
La storia industriale mostra che, generalmente, le aziende leader di un dato mercato sono quelle che incontrano maggiori difficoltà nell'affrontare le transizioni imposte dall'evoluzione del mercato; difficilmente questo accade per i produttori dei grandi beni di consumo come detersivi o prodotti alimentari le cui dimensioni sono oramai tali che difficilmente una sfida tecnologica li trova impreparati.
Spesso la sfida ad un leader viene da aziende che non operano nel settore; la crisi che colpì gli orologiai svizzeri, per parecchi anni, fu provocata dalla Timex, che abbatté i costi, ma, fondamentalmente, aggirò la rete di distribuzione convenzionale (gioiellieri e orologiai), vendendo nei grandi magazzini frequentati da clienti molto sensibili al prezzo.
La crisi dei produttori di calcolatori da tavolo fu provocata dalla Texas Instruments (inizialmente produttrice solo di dispositivi a stato solido) che, con il lancio dei calcolatori tascabili, provocò l'ecatombe dei concorrenti e, nel giro di pochi anni, divenne leader nel settore.
Quando, per applicazioni militari nel campo dei radar, vennero realizzati i generatori a microonde con frequenze superiori ai mille megahertz, nessuno avrebbe immaginato che da questa tecnologia sarebbero nati i forni a microonde che, a loro volta, avrebbero dato impulso al settore dei cibi precotti e congelati e un contributo decisivo alla diffusione dei fast-food, con conseguenze per il settore della ristorazione convenzionale.

La definizione del ciclo di vita del prodotto è fondamentale per arrivare alla descrizione del vantaggio competitivo poiché, l'entrata e l'uscita da un mercato devono essere studiati in funzione del raccordo ottimale tra azienda e mercato.

Entrare in un mercato nelle sue prime fasi e seguirlo fino alla sua maturità può rivelarsi un errore; la vita del prodotto è limitata, ma il mercato ha doti di longevità che consentono di sfruttare il momento migliore per il matrimoniotra l'offerta dell'impresa e il mercato.
Con il declino non è detto che il prodotto sia destinato alla scomparsa, ma può intervenire il meccanismo del riposizionamento, e non si può escludere che quello possa essere il momento migliore per entrare nel mercato. A esempio, quando la nascita delle musicassette ha estromesso dal mercato i dischi in vinile come produzione di massa, il vinile ha trovato un suo riposizionamento come prodotto di nicchia, per una categoria raffinata di clienti.

2.2 Il ciclo di vita dell'impresa

Il ciclo di vita di un'impresa è raffigurabile con una curva sigmoide del tipo di quella che descrive il ciclo di vita di un prodotto.
Anche per le imprese le fasi sono quattro, nascita, sviluppo, maturità, declino. Il ciclo di vita dell’impresa è stato analizzato dettagliatamente in un precedente articolo a cui si rimanda.

2.3 La transizione generazionale

Il passaggio generazionale da genitori a figli di una piccola impresa è sempre un momento di discontinuità che può rappresentare, sulla sigmoide del ciclo di vita dell'impresa, un punto di rilancio, come di declino.
Prima di affrontare, sia pure sinteticamente, l'argomento è necessario evidenziare il ruolo fiduciario che svolge l'imprenditore nell'economia di mercato. Se gli imprenditore hanno coscienza del fatto che non si è padroni  dell'uso, ma solo dei mezzi, e che questi devono essere gestiti nel modo ritenuto più adeguato per la creazione di ricchezza e quindi per un bene condivisibile, si possono ottenere risultati clamorosi nella gestione dell'impresa.
In primo luogo, infatti, si sposta il problema dal lato del soddisfacimento dei bisogni dell'imprenditore a quello del bene dell'azienda, la quale è la risultate di una continua armonizzazione e crescita del sistema degli stakeholder. In secondo luogo, la consapevolezza, da parte dell'imprenditore, di essere investito di una responsabilità fiduciaria di fronte al corpo sociale, crea una prospettiva di totale libertà alle generazioni che sono chiamate alla successione. Esiste un'ampia letteratura che mostra come, spesso, i figli non hanno intenzione di seguire le orme dei padri, in tal caso, per il bene dell'azienda, è meglio che non se ne occupino ed è bene che i genitori non influiscano sulle scelte dei figli.

2.4 La differenziazione

La differenziazione (Fiocca, 1994) è un elemento base della competizione. Infatti, il successo di un "prodotto" può essere dovuto alla sua capacità di essere o di apparire diverso rispetto al "prodotto" della concorrenza; di conseguenza, uno dei compiti più importanti dell'impresa deve essere quello di perseguire con creatività e originalità tutte le possibili strade della differenziazione.
La differenziazione può avvenire secondo due criteri (orizzontale e verticale). È verticale quella differenziazione che consente al cliente di apprezzare differenze oggettive e misurabili, è orizzontale quella apprezzabile solo con criteri soggettivi (la percezione che quel prodotto sia diverso dagli altri, obiettivo perseguibile nell'impresa marketing oriented).
È doveroso sottolineare che la differenziazione esiste solo se la riconosce il mercato; ad esempio, nel settore dei prodotti tecnologici, un'azienda può realizzare un prodotto particolarmente innovativo che si differenzia da quelli della concorrenza, ma se il potenziale acquirente non riesce a vedere le differenze, per lui non esistono, e se non esistono per l'acquirente non esistono per il mercato.
A volte la differenziazione se cattura un mercato ne «disgusta un altro» (Davidow, 1986); ad esempio Steve Jobs, una personalità nel business del personal computer, creò un rapporto speciale con i giovani, con il mondo della grafica e con quello dell'arte, diventando una sorta di «eroe contro un mondo dominato dagli uomini in grigio». Ebbene gli «uomini in grigio» tennero lontano il marchio Apple dal mondo delle imprese.
Alcuni operatori sono soliti dire «tutti i prodotti sono uguali». Per mostrare l'erroneità di questa affermazione Levitt ha dato un'interessante definizione di cosa realmente sia un prodotto e di come esso abbia sempre una valenza di differenziazione.

Il prodotto, preso nella sua interezza e complessità, può essere diviso in quattro livelli; il prodotto generico, quello atteso, il prodotto aumentato, quello potenziale. Visivamente, si può descrivere un prodotto a partire da una serie di cerchi concentrici.
Il prodotto generico è «la cosa», il prodotto alimentare, il microprocessore, la macchina utensile, il viaggio nei Caraibi, l'automobile, l'immobile.
Il prodotto atteso indica l'aspettativa minima del cliente, ad esempio, nel caso di un prodotto alimentare l'aspettativa minima si identifica con la facilità di acquisto, la sicurezza della qualità, la pulizia dell'ambiente di vendita, la semplicità dell'imballaggio, la facilità del parcheggio; nel caso di una vacanza in un villaggio turistico l'aspettativa minima si identifica con l'assicurazione dei bagagli, l'assistenza in loco, corsi e attività sportive, attività di animazione, il baby club.  In genere si può affermare che quello generico non è un prodotto, ma un'idea, e che solo quello atteso diventa prodotto.
Con il prodotto aumentato le attese del cliente possono essere aumentate, in modo da metterlo in condizione di fruire meglio il prodotto: ad esempio un produttore di computer inserisce un software di auto diagnostica, un produttore di detersivi per lavatrici offre un dispositivo per una migliore diffusione del detersivo nella biancheria, un produttore di videoregistratori offre una cassetta per la pulizia delle testine, un tour operator offre vari plus quali il giornale la mattina, il caffè dopo pranzo, l'aperitivo, un'escursione non programmata.
 Le aggiunte spontanee e inattese dal cliente, con la creazione del prodotto aumentato, sono le forme di differenziazione più utilizzate dalla strategia competitiva.
Il prodotto potenziale consiste in tutto ciò che è potenzialmente adatto ad attirare e conservare i clienti, ma che non è stato ancora realizzato: è il potenziale di differenziazione che le aziende più avvedute hanno già pronto nel cassetto. 

1 | 2 | 3 | 4 | 5

www.impresaoggi.com