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Come preparare e leggere lo stato patrimoniale. Bilancio d'impresa N. 2.


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1 Attività

Lo schema adottato dal legislatore per lo stato patrimoniale è riportato in dettaglio, nelle figure 2 e 3, rispettivamente per le attività e le passività.
Il legislatore nazionale tra lo schema scalare (articolo 10 della IV direttiva) e lo schema a sezioni divise (art. 9 della IV direttiva) ha scelto quest'ultimo ritenendolo più idoneo a rappresentare la struttura degli impieghi e delle fonti, così come si presenta nella realtà aziendale.
Gli impieghi sono raggruppati nelle due macroclassi B e C in relazione alla destinazione:

  • Gli investimenti destinati a durare nel tempo sono raggruppati nella macroclasse B (immobilizzazioni).
  • Gli investimenti destinati alla produzione e alla vendita , e quindi destinati a trasformarsi in denaro a breve, e gli investimenti in fattori produttivi generici sono raggruppati nella macroclasse C (attivo circolante).

Le due pseudo macroclassi A e D sono, sostanzialmente, crediti, normalmente, a breve.

Fig. 2 Schema di redazione dell'attivo dello stato patrimoniale

ATTIVO

 

 

A) Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti
(di cui già richiamati x)

 

 

Totale A

 

X

B) Immobilizzazioni con separata indicazione di quelle concesse in locazione finanziaria

I. Immobilizzazioni immateriali:

  1. costi di impianto e di ampliamento;
  2. costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità;
  3. diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell'ingegno;
  4. concessioni, licenze, marchi e diritti simili;
  5. avviamento;
  6. immobilizzazioni in corso e acconti;
  7. altre.

 

Totale I.

 

 

 

 

x

x

x

 

x
x

x

 

x

 

X

II. Immobilizzazioni materiali:

  1. terreni e fabbricati;
  2. impianti e macchinario;
  3. attrezzature industriali e commerciali;
  4. altri beni;
  5. immobilizzazioni in corso e acconti.

Totale II.

 

 

x
x
x
x

x

X

III. Immobilizzazioni finanziarie:
 
1)  partecipazioni in:

  1. imprese controllate;
  2. imprese collegate;
  3. imprese controllanti;
  4. altre imprese;

 

2)    crediti:

  1. verso imprese controllate;
  2. verso imprese collegate;
  3. verso controllanti;
  4. verso altri;

3)    altri titoli;

  1. azioni proprie,

   (valore nominale complessivo x).
 
Totale III.

 

 

x
x
x
x

 

 

x
x
x
x

 

 

 

 

x

 

 

 

 

 

x

x

X

Totale Immobilizzazioni (B)

 

X

C) Attivo circolante
 
I. Rimanenze:

  1. materie prime, sussidiarie e di consumo;
  2. prodotti in corso di lavorazione e semilavorati;
  3. lavori in corso su ordinazione;
  4. prodotti finiti e merci;
  5. acconti.

Totale I.

 

 

 

x

x
x
x
x

X

II. Crediti:
 

  1. verso clienti;
  2. verso imprese controllate;
  3. verso imprese collegate;
  4. verso controllanti;

4bis - crediti tributari
4ter  - imposte anticipate
5)   verso altri.

Totale  II.

 

 

 

 

 

 

 

x
x
x
x

x
x
x

X

III. Attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni:
 

  1. partecipazioni in imprese controllate;
  2. partecipazioni in imprese collegate;
  3. partecipazioni in imprese controllanti;
  4. altre partecipazioni;
  5. azioni proprie,

  (valore nominale complessivo x);
6. altri titoli.

Totale III.

 

 

 

x
x
x
x

x

 

x

 

X

IV. Disponibilità liquide:

  1. depositi bancari e postali;
  2. assegni;
  3. danaro e valori in cassa.

Totale  IV.

 

 

x
x
x

X

Totale attivo circolante (C)

 

X

D) Ratei e risconti

  1. disaggio su prestiti
  2. vari.

 

 

 

X

Totale D

 

X

TOTALE ATTIVO

 

X

A) Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti

Questi crediti riguardano le sottoscrizioni di capitale non ancora versate; per le società di capitale, a fronte di una sottoscrizione, il socio  è obbligato a versare solo i tre decimi del capitale, ma si impegna  a pagare il saldo a fronte di un "richiamo" della società. La separata indicazione della parte già "richiamata" è un'informazione utile per la chiarezza del bilancio.

B) Immobilizzazioni

Le immobilizzazioni rappresentano gli investimenti fissi (fixed assets) della società. In gran parte esse sono costituite da beni il cui utilizzo è legato all'operatività dell'impresa e, come tali, essi sono destinati a rimanere nel patrimonio aziendale per periodi di tempo superiori all'anno. Se sono utilizzati dall'impresa per più esercizi essi vengono sottoposti ad ammortamento; nel conto economico il costo del bene viene ripartito, cioè, tra gli esercizi nei quali il bene verrà utilizzato e nello stato patrimoniale il valore del bene si deprezza dello stesso valore. Gli ammortamenti devono essere determinati secondo piani che assicurino una razionale ripartizione del costo del bene durante la sua vita utile. Per determinare la vita utile non va presa in considerazione la sola "durata fisica " del bene ma anche quei fattori che influenzano la "durata economica", come l'obsolescenza degli impianti o l'invecchiamento dei prodotti ottenuti a causa dell'utilizzo di quel bene. Le quote di ammortamento imputate ad ogni singolo esercizio vengono accantonate in un fondo che rappresenta "l'ammortamento accumulato", dalla data di utilizzo del bene, da portare in detrazione dal "costo storico" del bene stesso.
Tra le immobilizzazioni immateriali (intangeable assets), come brevetti, marchi, avviamento, risultati della ricerca e sviluppo, le imprese hanno la facoltà di inserire anche i cosiddetti "oneri capitalizzati", ossia quei costi che, seppure sostenuti nel corso di un esercizio, sono in grado di produrre utilità nel corso di più anni (tra questi costi possono figurare anche costi del personale). Se un'impresa ha svolto, a esempio, un'attività per sviluppare un nuovo prodotto, l'impresa, anziché considerare i relativi costi come spese riguardanti l'esercizio durante il quale il nuovo prodotto è stato sviluppato, può "capitalizzarli" e ripartirli pro quota negli esercizi successivi. Il periodo di ammortamento degli oneri capitalizzati non può superare i cinque anni; fa eccezione la voce avviamento (1) per la quale il periodo di ammortamento può eccedere i cinque anni, a patto che ne sia data adeguata giustificazione nella nota integrativa.
Tutti i beni ammortizzabili (2) vanno iscritti nell'attivo del bilancio al netto del fondo ammortamento, secondo la cosiddetta "rappresentazione finanziaria lorda", essendo, cioè, messa in evidenza la quota di "costo" rinviata agli esercizi successivi.
Giova notare che il fondo ammortamento non è l'unico elemento di rettifica delle attività materiali e immateriali. È possibile, infatti, che un bene subisca una perdita di valore superiore al previsto piano di ammortamento; tale deprezzamento deve avere carattere di straordinarietà e di gravità, elementi che dovranno emergere dalla nota integrativa.
Analizziamo, ora, nel dettaglio, i singoli elementi della macro classe B.

I. Immobilizzazioni immateriali

Si tratta di beni di proprietà dell'impresa o di diritti d'uso privi di consistenza fisica.

  1. Costi di impianto e di ampliamento. Si tratta, sia dei costi sostenuti in occasione della costituzione dell'impresa (studi di fattibilità, ricerche di mercato precedenti la costituzione, spese di costituzione, costi dello start-up, ecc), sia dei costi sostenuti dall'impresa per avviare nuovi impianti, macchinari, linee di produzione che richiedono tempo e risorse prima di poter diventare produttivi.
  2. Costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità. Vanno inseriti queste immobilizzazioni quando hanno un'utilità economica che si prolunga oltre l'esercizio nel quale sono stati sostenuti i relativi costi. Le attività di R&S possono essere svolte all'interno o affidate a terzi (laboratori accreditati, università, centri di ricerca). Particolare attenzione va dedicata ai costi di pubblicità la cui utilità futura è sempre difficile da quantificare.
  3. Diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell'ingegno. Sono gli investimenti, aventi utilità pluriennale, effettuati per acquistare, da terzi, brevetti in campo industriale, know-how, formule, opere dell'ingegno, programmi applicativi per calcolatori. Il brevetto è il diritto esclusivo su un'invenzione, che si estende anche alla vendita del prodotto che deriva da tale invenzione.
  4. Concessioni, licenze, marchi e diritti simili. Le concessioni sono, normalmente, provvedimenti della pubblica amministrazione che consentono, attraverso un esborso da parte dell'impresa, lo sfruttamento in esclusiva di un determinato bene (le concessioni per l'estrazione delle acque minerali a esempio, le concessioni per il dragaggio di cave o per l'estrazione di materie prime).  Le licenze consistono nella facoltà, ottenuta attraverso un esborso, di utilizzare processi che sono di proprietà della società licenziataria (a esempio perché protetti da brevetto).  I marchi sono elementi identificativi atti a distinguere i prodotti di un'impresa in modo esclusivo e legalmente protetto. Vanno riportati quei costi che consentono di utilizzare, in via esclusiva, concessioni, licenze d'uso, marchi di fabbrica e di commercio.
  5. Avviamento. Si riferisce alla differenza tra il prezzo di acquisto di un complesso di attività (un'impresa o una parte di essa) e il suo valore netto contabile.
  6. Immobilizzazioni in corso e acconti. Nel primo caso si tratta di beni immateriali che alla data di chiusura dell'esercizio sono ancora in fase di realizzazione. La seconda voce riguarda anticipi ai fornitori per la realizzazione di beni immateriali.
  7. Altre. Essa comprende tutte le altre ipotesi di immobilizzazioni immateriali e di costi pluriennali non rientranti nei precedenti casi. A esempio: indennità per la perdita di avviamento commerciale, ristrutturazioni di locali di terzi, spese su beni in leasing finanziario.

Per quanto riguarda la determinazione del valore di ammortamento, valgono, in linea di massima, le considerazioni che faremo sulle immobilizzazioni materiali (che sono, normalmente, più rilevanti), alle quali si rinvia. Il criterio da utilizzare è quello del costo storico, con adattamenti per le autoproduzioni delle immobilizzazioni immateriali, nel qual caso si procede alla determinazione del costo di produzione, come avviene per le costruzioni in economia. La rappresentazione nel conto economico non si discosta dal caso delle immobilizzazioni materiali; il costo viene riportato alla voce B 10 a). La determinazione delle quote di ammortamento sono regolate dall'articolo 2426 del codice civile e dal decreto legislativo 6/2003. La normativa fiscale è contenuta negli articoli 103 e 108 del D.P.R 917/1986

II. Immobilizzazioni materiali

Le immobilizzazioni materiali, dal punto di vista funzionale, si suddividono in:

  • Tecniche, se vengono impiegate nella normale attività di impresa. Le immobilizzazioni tecniche trovano evidenza in bilancio nello stato patrimoniale, per la quota ancora in essere al termine del periodo amministrativo, nei costi del conto economico per la parte consumata nel corso dell'esercizio, nella nota integrativa per l'illustrazione dei criteri di valutazione del bene e dei criteri di ammortamento.
  • Non tecniche, se si tratta di investimenti patrimoniali destinati a produrre redditi autonomi (terreni e fabbricati a esempio).
  1. Terreni e fabbricati. Terreni tenuti a disposizione, fabbricati adibiti all'attività dell'impresa, fabbricati civili e industriali destinati all'affitto, fabbricati costruiti su terreno altrui, costruzioni leggere, infrastrutture. Tutto deve essere di proprietà dell'impresa.
  2. Impianti e macchinario. Impianti e macchinario impiegati nella produzione industriale di proprietà dell'impresa; impianti tecnici specifici, impianti tecnici di carattere generale (a esclusione di quelli stabilmente incorporati nei fabbricati), macchinari operativi.
  3. Attrezzature industriali e commerciali. Attrezzature utilizzate in azienda che hanno una vita superiore all'anno (mobili, automezzi, arredi d'ufficio, stampi, piccole apparecchiature da laboratorio, banchi da laboratorio e da officina).
  4. Altri beni. Quanto non previsto nelle altre voci, a esempio mezzi di trasporto interno, macchine d'ufficio elettriche ed elettroniche, imballaggi recuperabili. Giova notare che sui cespiti da collocare sotto questa voce non c'è accordo tra i vari specialisti, vanno, pertanto, descritti dettagliatamente nella nota integrativa.
  5. Immobilizzazioni in corso e acconti. Nel primo caso si tratta di beni materiali che non sono ancora in esercizio. La seconda voce riguarda anticipi ai fornitori per la realizzazione di beni materiali.

I problemi relativi alle immobilizzazioni tecniche materiali sono tre:

  1. la determinazione del valore originario da iscrivere nello stato patrimoniale (e, quindi, del valore da ammortizzare),
  2. le possibili svalutazioni o rivalutazioni,
  3. la determinazione del valore da iscrivere nel conto economico (ammortamento).

1. Il valore da iscrivere nello stato patrimoniale (al netto del fondo ammortamento) è dato dal costo di acquisto o dal costo di produzione. Il costo di acquisto si riferisce alle immobilizzazioni acquistate e comprende anche gli oneri accessori. Il costo di produzione è riferito alle immobilizzazioni prodotte all'interno dell'impresa. e comprende anche i costi generali industriali e i costi di finanziamento attribuibili a quella produzione. La norma stabilisce il principio dell'iscrizione delle immobilizzazioni materiali al costo di acquisto o al costo di produzione, ma la realtà delle imprese prevede l'esistenza di una vasta casistica che trova disciplina nei princìpi contabili.

  1. Conferimenti in natura. Con questa voce si intende l'apporto di un bene da parte di un socio in sostituzione di una quota di capitale. Il costo è determinato dall'incremento del capitale sociale dovuto all'apporto del bene; tale costo è certificato da un esperto nominato dal presidente del tribunale (per le SpA e le S.a.p.a) o da un esperto designato dal socio (per le Srl).
  2. Immobilizzazioni acquisite a titolo gratuito. Il valore da iscrivere nello stato patrimoniale è quello di mercato supportato da una perizia giurata. In contropartita al valore del bene si rileva nel conto economico una sopravvenienza attiva.
  3. Acquisto di immobilizzazioni in blocco, senza distinzione dei singoli prezzi. L'iscrizione nello stato patrimoniale deve essere effettuata sulla base di una perizia giurata che ripartisca il prezzo tra i vari componenti del blocco.
  4. Immobilizzazioni acquisite in permuta. Sovente questa operazione prevede di lasciare nel bilancio il vecchio costo non ammortizzato. In alternativa si può prevedere un acquisto e una vendita di immobilizzazioni con eventuale rilevazione di plusvalenze o di minusvalenze.
  5. Ammodernamenti, ristrutturazioni, ampliamenti, miglioramenti, manutenzioni e riparazioni di immobilizzazioni materiali. Il codice civile impone di capitalizzare gli interventi sulle immobilizzazioni che portino a un incremento del valore dei beni. Gli interventi che non rientrano in questa casistica dànno luogo a componenti negativi del reddito per i quali dovrebbero essere stati previsti appositi fondi per spese e rischi futuri. Per questo secondo caso potrebbero sorgere contestazioni con gli uffici dell'Agenzia delle entrate.
  6. Immobilizzazioni completamente ammortizzate. La voce compare nello stato patrimoniale con valori dipendenti dalla rappresentazione finanziaria netta (valore zero) oppure lorda (X-X); vanno dati chiarimenti nella nota integrativa.
  7. Beni di costo unitario non superiore a 516,46 euro. È possibile procedere all'ammortamento immediato del bene, spesandolo totalmente nel conto economico dell'esercizio.
  8. Beni ricevuti in leasing finanziario. Tali beni sono allocati fra le attività della società di leasing; l'utilizzatore deve indicare i canoni pagati nell'esercizio come costi consumati. Con l'adozione degli IAS/IFRS il bene acquisito in leasing dovrà essere contabilizzato come acquisto cui corrisponde un finanziamento di pari importo; il bene dovrà essere sottoposto ad ammortamento.
  9. Contributi per l'acquisto di immobilizzazioni. In questi casi non viene modificato il costo di acquisto dell'immobilizzazione e il contributo è valutato come ricavo pluriennale. Il contributo viene ripartito sulla base dell'aliquota di ammortamento applicata  ricorrendo alla tecnica dei risconti passivi. I singoli esercizi sono così gravati da un costo pari all'importo dell'ammortamento sul costo pieno, ridotto dell'ammontare della quota ripartita di contributo.

2. La rivalutazione economica delle immobilizzazioni si effettua con l'iscrizione, tra le attività, di un maggior valore, da ammortizzare negli anni successivi e con l'iscrizione di un'apposita riserva di rivalutazione tra le poste del patrimonio netto. La rivalutazione è ammessa solo nel caso di una sostanziale modifica dei processi produttivi e deve essere quantificata in termini economici, finanziari e patrimoniali. Dal 1997 le rivalutazioni non hanno più rilievo fiscale e l'impossibilità di utilizzare quest'operazione per una minore tassazione futura ne ha ridotto drasticamente l'uso. La rivalutazione monetaria delle immobilizzazioni si effettua con l'iscrizione di un maggior valore fra le voci delle attività immobilizzate (impiego) e di un'apposita riserva di rivalutazione nelle voci del patrimonio netto (fonte). Le rivalutazioni monetarie sono concesse periodicamente da leggi speciali per finalità particolari (inflazione, revisione del calcolo degli ammortamenti, variazioni del regime fiscale). L'esistenza di rivalutazioni deve essere segnalata nella nota integrativa.

3. L'ammortamento è la ripartizione del costo (d'acquisto, di costruzione o di rivalutazione) delle immobilizzazioni aventi durata limitata nel tempo fra gli esercizi di utilizzo delle immobilizzazioni stesse nella produzione dell'impresa (civilisticamente non sono ammortizzabili i terreni anche se utilizzati per la costruzione di capannoni industriali). L'ammortamento  si estrinseca, quindi, nella determinazione delle quote di costo da attribuire ai vari esercizi e che prendono il nome di quote di ammortamento.  La determinazione delle quote di ammortamento si basa sui seguenti tre elementi:

  1. Va determinato il costo da ripartire valutato secondo i criteri enunciati al punto 1 (eventualmente al netto del valore di realizzo al termine del processo di ammortamento).
  2. Va definita la durata di utilizzo del bene, tenendo conto, sia della durata fisica del bene dipendente dall'invecchiamento, sia della durata economica dipendente dall'obsolescenza.
  3. Va previsto il criterio di ripartizione del costo fra i vari esercizi. La tecnica contabile prevede, infatti, piani di ammortamento a quote costanti, a quote crescenti o decrescenti, a quote flessibili (la scelta deve essere motivata nella nota integrativa). Il codice civile prevede che gli ammortamenti vengano effettuati, sistematicamente, e rivisti, anno per anno, in relazione alla reale residua possibilità di utilizzo del bene. Giova sottolineare che la disciplina fiscale dell'ammortamento va esaminata in dettaglio, in particolare, alla luce del decreto legislativo 344/2003. Il decreto identifica categorie d'attività d'impresa per ciascuna delle quali sono stabilite aliquote di ammortamento sulla base del periodo d'impiego del bene; tali aliquote sono quelle massime fiscalmente ammesse per ogni esercizio (aliquote ordinarie); per il primo anno di utilizzo del bene l'aliquota massima è ridotta alla metà. Le aliquote massime possono essere superate se si dimostra che si è avuta un'utilizzazione del bene maggiore di quella normale di settore (ammortamenti accelerati). Per favorire l'apparato produttivo l'aliquota massima dell'ammortamento può essere raddoppiata nei primi tre esercizi di utilizzo del bene, indipendentemente dall'intensità d'impiego del bene stesso; questo ammortamento contrasta con quello previsto dalla norma civilistica e consiste in un'agevolazione di tipo fiscale (rinvio del pagamento di imposte). Dal 1 gennaio 2004 la rilevazione degli ammortamenti anticipati è consentita solo in dichiarazione dei redditi (vanno pertanto indicate le relative imposte differite), e non è più possibile rilevare l'ammortamento anticipato come costo nel conto economico.

III. Immobilizzazioni finanziarie

Rappresentano gli investimenti che l'impresa effettua acquistando titoli o altri diritti di credito destinati a permanere durevolmente nel patrimonio della società; qualora non sussiste tale requisito titoli e crediti vanno inseriti nella sezione relativa all'attivo circolante.

  1. Partecipazioni. Rappresentano quote di capitale di società che l'impresa controlla (controllate) o influenza (collegate) o quote di capitale della società o delle società da cui l'impresa è controllata (controllanti) o quote di capitale di società che l'impresa ritiene di tenere in portafoglio per ragioni strategiche.
  2. Crediti. Crediti a scadenza medio-lunga spesso legati a un rapporto privilegiato con il debitore (società controllate o collegate, ad esempio).
  3. Altri titoli. Titoli diversi dalle azioni ma con le caratteristiche di un investimento durevole.
  4. Azioni proprie. Acquisizione di azioni della stessa impresa con la finalità, a esempio, di ridurre il capitale sociale attraverso il loro annullamento.

C) Attivo circolante

L'attivo circolante è l'insieme di tutti gli investimenti a breve termine dell'impresa. Si tratta, pertanto, di tutti i beni e i crediti che, diversamente dalle immobilizzazioni, non sono destinati a rimanere per lungo tempo nel patrimonio dell'impresa perché sono finalizzati, in tempi rapidi, al consumo (a esempio le rimanenze di materie prime), alla vendita (a esempio le rimanenze di prodotti pronti per la vendita) o all'incasso (come i crediti verso i clienti). Giova notare che i crediti e le scorte di magazzino devono essere iscritti al netto delle rispettive svalutazioni al fine di quantificare l'effettivo valore di realizzo. La quantificazione delle scorte di magazzino deve tenere conto, a esempio, dell'eccedenza rispetto ai bisogni standard della produzione e della vendita, dell'obsolescenza dei prodotti, del deperimento fisico, dei possibili  danneggiamenti.

I. Rimanenze Chiamate anche scorte, magazzino o giacenze sono quei beni acquistati o prodotti dall'impresa ma non ancora venduti al cliente al termine dell'esercizio.

  1. Materie prime, sussidiarie e di consumo. Si tratta di beni che l'impresa utilizza nel processo produttivo. Per materie prime si intende tutto ciò che viene incorporato nel prodotto con funzione "primaria" (semilavorati e stampi, a esempio), per materie sussidiarie si intendono quei componenti che entrano nel prodotto finito con funzione "secondaria" (viti, bulloni, guarnizioni, liquidi lubrificanti), per materiali di consumo si intendono quegli elementi che si "consumano" durante il processo produttivo, ma che non entrano nel prodotto (lubrificanti, prodotti per la pulizia, cancelleria).
  2. Prodotti in corso di lavorazione e semilavorati. Rappresentano quei prodotti la cui realizzazione è stata avviata, ma non ancora completata al termine dell'esercizio. La voce semilavorati riguarda, per lo più, le produzioni di grandi serie.
  3. Lavori in corso su ordinazione. La voce può essere particolarmente importante per quelle imprese che lavorano per commesse e che compilano gli stati di avanzamento lavori (SAL).
  4. Prodotti finiti e merci. Sono i prodotti che giacciono in magazzino in attesa di essere venduti (prodotti finiti) o i prodotti, acquistati da terzi, della cui commercializzazione è incaricata l'impresa (merci).
  5. Acconti. Acconti versati ai fornitori per l'acquisto di materiale; pur essendo dei crediti vengono inseriti nelle rimanenze poiché sono assimilati a materiale già presente in magazzino.

Le materie prime, sussidiarie e di consumo e le merci sono investimenti che l'impresa fa in fattori produttivi materiali e non durevoli, indispensabili per attuare la produzione industriale o per svolgere un'attività commerciale. La caratteristica di questi fattori produttivi, rispetto ad altri, è la possibilità di accumularli in scorta; ciò significa che il loro acquisto non corrisponde temporalmente al loro impiego.
Il magazzino rappresenta il volano tra acquisti e utilizzo e consente di svincolare la produzione o la commercializzazione dalle disponibilità del magazzino stesso. Nelle imprese industriali si possono avere anche scorte di semilavorati, di prodotti in corso di lavorazione e di prodotti finiti.
Giova ricordare che il modello di produzione just-in-time prevede di ridurre ai minimi termini la quantità delle scorte e il periodo di tempo intercorrente tra acquisto e impiego; questa prassi non è percorribile sempre e per tutti i settori merceologici.
Per convenzione i fattori non durevoli sono rilevati nel corso dell'esercizio come impieghi consumati. Al termine dell'esercizio la parte non consumata va trasferita fra gli impieghi in essere, appartenenti all'attivo circolante.

La valutazione delle scorte può essere effettuata utilizzando svariate tecniche; la dottrina ha identificato cinque criteri, detti della movimentazione del magazzino, che possono essere applicati sulla base della tipologia d'impresa e della politica finanziaria.

  1. Il metodo dell'identificazione della partita e del costo richiede un'organizzazione del magazzino tale da consentire l'identificazione dell'oggetto specifico prelevato da una particolare partita e il suo costo. Questo metodo consente di conoscere il valore delle rimanenze in tempo reale.
  2. Il metodo del costo medio ponderato non tiene distinte le varie partite acquistate e valuta le rimanenze sulla base di un costo medio ponderato dei prelievi nel periodo preso in considerazione.
  3. Il metodo del primo entrato, primo uscito (Fifo - first in, first out) ipotizza che vengano man mano consumati i beni acquistati nei tempi più lontani. Per tale motivo alle scorte sono attribuiti i prezzi degli acquisti più vicini alla data del bilancio.
  4. Il metodo dell'ultimo entrato, primo uscito (Lifo - last in, first out) ipotizza la soluzione opposta alla precedente. Pertanto ai beni in rimanenza si attribuiscono i prezzi degli acquisti più lontani nel tempo. Il metodo consente di comprimere il valore del magazzino e, in parte, risultato economico e imposte; il Lifo non sarà consentito alle imprese che applicheranno gli IAS/IFRS.
  5. Il metodo della scorta permanente consente di mantenere la valutazione delle rimanenze ai prezzi dei primi acquisti dell'impresa.

I vari metodi possono portare a differenze notevoli nel calcolo delle rimanenze, pertanto il legislatore impone che:

  • Il metodo scelto deve essere mantenuto nel tempo in modo che il risultato dell'esercizio non ne venga influenzato.
  • Il cambiamento del metodo è ammesso solo se vi siano motivi molto seri (articolo 2423 bis, comma 2).

II. Crediti.

I crediti di un'impresa possono essere di due tipi, commerciali o finanziari. I primi scaturiscono dal periodo di tempo intercorrente tra l'emissione della fattura e l'incasso. I secondi corrispondono a finanziamenti concessi a terzi (a esempio a imprese dello stesso gruppo) e sono inseriti sotto questa voce solo se non rientrano nella categoria degli investimenti di lungo periodo. La legge impone di indicare separatamente i crediti esigibili entro un anno o quelli in scadenza oltre l'anno.

  • Verso clienti. Sono i comuni crediti commerciali e comprendono sia i crediti a breve che quelli a medio lungo periodo (oltre l'anno). 1
  • Verso imprese controllate, collegate o controllanti. Sono crediti di natura commerciale o finanziaria che l'impresa vanta nei confronti di società che hanno un legame con l'impresa creditrice. 2-4
  • Verso altri. Crediti che non rientrano nelle precedenti categorie, come crediti tributari, imposte anticipate, anticipi ai dipendenti.5

III. Attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni.

Spesso le imprese hanno convenienza a non investire le proprie eccedenze di liquidità in depositi bancari, ma sono portate a ricercare livelli di redditività maggiori di quelli offerti dalle banche. Questi non rappresentano, però, investimenti durevoli nel tempo e non vengono classificati tra le immobilizzazioni.

  1. Partecipazioni in imprese controllate, collegate o controllanti o altre.
  2. Azioni proprie.
  3. Altri titoli.

Se scelti oculatamente, possono essere tutti investimenti, anche a breve, che consentono redditività più interessanti dei depositi bancari.

IV. Disponibilità liquide

Le voci di questo raggruppamento riguardano la liquidità aziendale, sotto forma di denaro e valori in cassa, di assegni da riscuotere o di depositi bancari e postali.

D) Ratei e risconti attivi

Queste voci nascono a causa dello sfasamento temporale tra eventi gestionali (acquisti, vendite, consumo di risorse) ed eventi finanziari (pagamenti, incassi, uscite) e devono soddisfare il principio della competenza economica.

  1. I ratei attivi sono proventi la cui competenza economica si è sviluppata durante l'esercizio oggetto del bilancio, ma la cui esigibilità è rinviata a esercizi successivi.
  2. I risconti attivi sono, invece, costi sostenuti nel corso dell'esercizio, ma di competenza operativa di esercizi successivi.

Giova notare che tra i fattori produttivi vanno considerati i costi per le prestazioni di servizi; lo stato patrimoniale presenta voci relative ai servizi tutte le volte che l'utilizzo degli stessi sia anticipato o posticipato rispetto al relativo pagamento. Non si avrebbe nessuna voce nello stato patrimoniale se non si riscontrassero i citati divari temporali (se si pagassero giornalmente le lavorazioni esterne, le utenze energetiche, telefoniche o idriche,  la manutenzione delle centrali termiche o gli affitti dei locali). Pertanto la presenza dei servizi si ritrova nello stato patrimoniale nei ratei e risconti attivi e passivi.


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