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Ernest Hemingway e il suo capolavoro: Il vecchio e il mare

«Umana cosa è aver compassione degli afflitti; e come che a ciascuna persona stea bene, a coloro è massimamente richiesto, li quali già hanno di conforto avuto mestiere, et hannol trovato in alcuni: fra’ quali, se alcuno mai n’ebbe bisogno, o gli fu caro, o già ne ricevette piacere, io son uno di quegli.»
(Giovanni Boccaccio, Decameron, Proemio)

GRANDI PERSONAGGI STORICI Ritengo che ripercorrere le vite dei maggiori personaggi della storia del pianeta, analizzando le loro virtù e i loro difetti, le loro vittorie e le loro sconfitte, i loro obiettivi, il rapporto con i più stretti collaboratori, la loro autorevolezza o empatia, possa essere un buon viatico per un imprenditore come per una qualsiasi persona. In questa sottosezione figurano i grandi poeti e letterati che ci hanno donato momenti di grande felicità.

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Ernest Hemingway

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Mentre scrive a Campsite in Kenia

Ernest Miller Hemingway (Oak Park, 21 luglio 1899 – Ketchum, 2 luglio 1961) è stato un grande scrittore e giornalista statunitense, autore di romanzi e di racconti. Soprannominato Papa, fece parte della comunità di espatriati americani a Parigi durante gli anni 1920, conosciuta come la "Generazione perduta" e da lui stesso così chiamata nel suo libro di memorie Festa mobile, ispirato da una frase di Gertrude Stein. Condusse una vita sociale turbolenta, si sposò quattro volte e gli furono attribuite varie relazioni sentimentali. Raggiunse già in vita una non comune popolarità e fama che lo elevarono a mito delle nuove generazioni. Hemingway ricevette il Premio Pulitzer nel 1953 per Il vecchio e il mare e vinse il premio Nobel per la letteratura nel 1954 (per la sua maestria nell'arte narrativa, recentemente dimostrata con Il vecchio e il mare e per l'influenza che ha esercitato sullo stile contemporaneo”). Lo stile letterario di Hemingway, caratterizzato dall'essenzialità e asciuttezza del linguaggio ebbe una significativa influenza sullo sviluppo del romanzo nel XX secolo. I suoi protagonisti sono tipicamente uomini dall'indole stoica, i quali vengono chiamati a mostrare "grazia" in situazioni di disagio (grace under pressure). Molte delle sue opere sono considerate pietre miliari della letteratura statunitense. Di lui è stato scritto:

«Personaggio affascinante, le sue pagine - profondamente ispirate a uno stile di vita - sono pervase da un senso assoluto della vigoria morale e fisica, dallo sprezzo del pericolo, ma anche dalla perplessità davanti al nulla che la morte reca con sé.»

Nasce il 21 luglio 1899 a Oak Park (sobborgo di Chicago). Secondogenito di Clarence Edmonds, medico di famiglia benestante e di Grace Hall, ex aspirante cantante d'opera lirica, quando aveva appena un anno fu portato in una casa estiva nel Michigan vicino a un lago. Poté abituarsi quindi presto all'aria aperta e alla natura. Ancor piccolo amava sentir raccontare storie, soprattutto di animali, e gli piaceva dare un nome diverso alle persone che lo circondavano. A quattro anni venne messo in una scuola dell'infanzia e, contemporaneamente, inserito in un circolo naturalista diretto dal padre. Fu in questa circostanza che imparò a distinguere animali ed erbe. Inoltre, il padre lo conduceva spesso con sé quando andava a visitare nella riserva indiana i suoi pazienti (molti ricordi di questo periodo rientreranno nei suoi racconti) e da qui si rafforzò nel ragazzo l'amore per la natura, per la caccia, la pesca e l'avventura.
Aveva solamente dieci anni quando gli fu regalato il suo primo fucile da caccia che imparò presto a usare con grande maestria suscitando l'invidia dei compagni, tanto che un giorno, a causa di un bottino di quaglie che stava portando a casa, venne assalito da un gruppetto di ragazzi che lo picchiarono e fu probabilmente questo episodio che gli fece nascere il desiderio di imparare la boxe. Dopo aver frequentato senza grande entusiasmo la scuola elementare, venne iscritto alla "Municipal High School" ed ebbe la fortuna di incontrare due insegnanti che, avendo notato l'attitudine del ragazzo per la letteratura, lo incoraggiarono a scrivere. Nacquero così i primi racconti e i primi articoli di cronaca, pubblicati sui giornali scolastici Tabula e Trapeze. Nel 1917 ottenne il diploma ma rifiutò sia di iscriversi all'università, come avrebbe desiderato suo padre, sia di dedicarsi al violoncello come voleva sua madre. Per affermare la sua indipendenza si recò a Kansas City, dove iniziò a lavorare come cronista del quotidiano locale, il "Kansas City Star", che si distingueva per il linguaggio moderno, rapido e oggettivo, sotto l'insegnamento del vice capocronista Peter Wellington, maestro di objective writing. Ernest Hemingway era ateo: cfr. il volume "La Bibbia atea" di Joan Konner.
Il 6 aprile 1917, gli Stati Uniti d'America entrarono nella guerra e Hemingway, lasciato il lavoro, si presentò come volontario per andare a combattere in Europa con il Corpo di spedizione statunitense del generale Pershing, come già stavano facendo molti giovani aspiranti scrittori che provenivano dalle università, tra i quali E. E. Cummings, John Dos Passos, William Faulkner e Francis Scott Fitzgerald. Escluso dai reparti combattenti a causa di un difetto alla vista venne arruolato nei servizi di autoambulanza come autista dell'ARC (American Red Cross, la sezione statunitense della Croce Rossa) destinati al fronte italiano nella città di Schio (ai piedi del monte Pasubio) e, dopo due settimane di addestramento e dieci giorni trascorsi a New York, si imbarcò, il 23 maggio 1918, sulla Chicago diretta a Bordeaux, città nella quale sbarcò il 29 maggio.
Il 31 maggio giunse a Parigi ed ebbe modo, girando per la città con l'amico Ted Brumback, di vedere il disastro provocato nei vari quartieri dal cannone tedesco chiamato Parisgeschütz (spesso erroneamente confuso con la Grande Berta). Proseguì in treno per Milano, dove rimase per alcuni giorni prestando opera di soccorso (nelle campagne circostanti, a Bollate, era infatti saltata in aria una fabbrica di munizioni e molte erano state le vittime tra le operaie). In seguito fu inviato a Vicenza con Ted Brumback e Bill Horne, assegnato alla Sezione IV della Croce Rossa Internazionale statunitense, presso il lanificio Cazzola a Schio, cittadina ai piedi del Pasubio, nella quale tornò anche nel primo dopoguerra. Per assistere alla guerra e descriverla al meglio, decise di trasferirsi per un breve periodo a Gorizia, direttamente sul fronte italiano orientale. Malgrado il 15 giugno si fosse scatenata sul fronte italiano la battaglia del solstizio, alla Sezione IV la situazione era tranquilla e, per alcune settimane, Hemingway alternò il lavoro di soccorso a bagni nel torrente e partite di pallone con gli amici. Iniziò anche a collaborare a un giornale intitolato Ciao con articoli scritti sotto forma di epistola e conobbe, recandosi in un paese vicino alla Sezione, John Dos Passos.
Il giovane desiderava assistere alla guerra da vicino e così fece domanda per essere trasferito. Fu mandato sulla riva del Basso Piave, nelle vicinanze di Fossalta di Piave e Monastier di Treviso, come assistente di trincea. Aveva il compito di distribuire generi di conforto ai soldati, recandosi quotidianamente alle prime linee in bicicletta. Durante la notte tra l'8 e il 9 luglio, nel pieno delle sue mansioni, venne colpito dalle schegge dell'esplosione di una bombarda austriaca Minenwerfer. Mentre stava recandosi al posto di medicazione con un ferito in spalla, fu colpito alla gamba destra dalle schegge che gli penetrarono nel piede e in una rotula. Si salvò anche perché questi frammenti della bombarda austriaca, che lo ferirono comunque gravemente, gli arrivarono dopo avere colpito in pieno il soldato italiano che, facendogli involontariamente da scudo umano, gli salvò la vita.
Dopo le prime cure, ricevute presso l'Ospedale da campo gestito da volontari della Repubblica di San Marino, il 15 luglio fu finalmente trasportato su un treno ospedale e il 17 luglio venne consegnato all'Ospedale della Croce Rossa Americana a Milano, dove fu operato. Lì rimase tre mesi, durante i quali si innamorò, ricambiato, di un'infermiera statunitense di origine tedesca, Agnes von Kurowsky che però non mantenne la promessa di sposarlo, perché considerava il rapporto con lui una relazione giovanile, fugace e platonica. La vicenda ispirò qualche anno dopo (1929) A Farewell to Arms (Addio alle armi). Una volta dimesso e decorato con la medaglia d'argento al valor militare italiana, ritornò al fronte a Bassano del Grappa; quando l'esercito fu smobilitato, il 21 gennaio del 1919 Hemingway fece ritorno a Oak Park, dove venne accolto come un eroe.
Gli anni venti
Dopo il rientro a casa, Hemingway ricominciò a scrivere, ad andare a pesca e a dare conferenze nelle quali raccontava i giorni drammatici trascorsi sul fronte italiano. Durante una delle sue conferenze conobbe Harriet Gridlay Connable, che viveva a Toronto con il marito e lo invitò a trascorrere un po' di tempo con loro. Così nel 1920 Hemingway andò a vivere a Toronto dai Connable e venne introdotto nella redazione del Toronto Star, con cui iniziò una collaborazione durata molti anni; cercò anche di farsi pubblicare alcuni racconti, senza però riuscirci. Questa vita ebbe fine quando sua madre, che non ammetteva il modo di vivere del figlio, convinse il padre a smettere di mantenerlo. Il giovane, rimasto senza casa e senza sostentamento, venne ospitato a Chicago dal fratello del suo amico Bill Smith. Lì conobbe Hadley Richardson, una pianista anche lei ospite degli Smith, che avrebbe sposato l'anno successivo. Dopo aver lavorato per alcuni mesi nel settore pubblicitario presso una società di pneumatici, venne assunto dal mensile "The Cooperative Commonwealth" con uno stipendio di 40 dollari a settimana. A Chicago conobbe anche Sherwood Anderson, che lo sollecitò a cimentarsi nella narrativa, mentre grazie al giornalismo stava riscuotendo un discreto successo. Nel marzo del 1921 Hemingway si recò a Saint Louis per incontrare Hadley, con la quale in quei mesi aveva tenuto una fitta corrispondenza. Il 5 settembre i due si sposarono. In dicembre venne mandato in Europa dal Toronto Star come corrispondente e inviato speciale. Partì con la moglie per il suo reportage e soggiornò in Spagna, Svizzera e Francia, da dove inviava i suoi articoli al giornale. Quell'autunno decise di trasferirsi a Parigi, su suggerimento di Sherwood Anderson, che gli fornì alcune lettere di presentazione per la scrittrice statunitense espatriata Gertrude Stein affinché lo presentasse a James Joyce e a Ezra Pound. Nel 1928 il padre, Clarence Hemingway, in preda a problemi finanziari, si suicidò con la sua Smith & Wesson.

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Nel 1922 con la prima moglie Hadley


L'inizio della carriera letteraria
Hemingway iniziò a Parigi la sua carriera letteraria, stimolata anche dall'incontro con Gertrude Stein, che gli fornì un elenco di letture, libri che avrebbe dovuto leggere per mettersi al passo con le avanguardie letterarie dell'epoca, in particolar modo il modernismo. A Parigi un incontro fondamentale per lui, nell'ambiente degli espatriati statunitensi e della "generazione perduta", fu quello con il poeta Ezra Pound, che considerò fin dall'inizio un maestro e grazie al quale cominciò a pubblicare alcuni racconti e poesie su riviste letterarie. Nel 1922 Hemingway continuò la collaborazione con il Toronto Star, scrivendo articoli che in seguito furono raccolti in diverse antologie e, nell'aprile dello stesso anno, il giornale lo mandò a Genova come inviato alla Conferenza Internazionale Economica, terminata con l'accordo concluso a Rapallo. In giugno tornò in Italia con la moglie, passando a piedi il valico del Gran San Bernardo. Trascorsero la notte all’Ospizio del Colle. Da Aosta arrivò in treno a Milano, da lì proseguì per Schio e a Fossalta di Piave. A Milano andò presso la sede del quotidiano Il Popolo d'Italia a intervistarne il direttore, Mussolini. Rientrato a Parigi, inviò a Harriet Monroe a Chicago qualche poesia per Poetry: a Magazine of Verse e scrisse sei miniature che intitolò Paris 1922. Nello stesso mese apparvero sulla rivista "Double-Dealer" di New Orleans una sua poesia e un racconto di William Faulkner. Proprio in quel periodo il Toronto Star lo mandò come inviato a Costantinopoli per seguire la guerra tra Grecia e Turchia: in agosto i turchi avevano scatenato un'offensiva per respingere i greci dall'Anatolia e avevano occupato e dato alle fiamme il porto di Smirne. Malgrado il parere contrario della moglie, il giovane Hemingway partì e, a Costantinopoli, conobbe il colonnello Charles Sweeny, un soldato di ventura con il quale strinse una sincera amicizia che servì d'ispirazione per uno dei suoi personaggi. Dopo aver assistito all'evacuazione dei cristiani dalla Tracia, il 21 ottobre ritornò in treno a Parigi, colpito dalla malaria e tormentato dalle cimici. Per il servizio ricevette 400 dollari, cifra che gli permise di scrivere con una certa tranquillità.
In questo periodo scrisse il racconto My Old Man (Il mio vecchio) e alcuni scritti satirici su personaggi che gli erano sgraditi come Ernest Walsh e il romanziere inglese Ford Madox Ford; il 20 novembre andò come inviato del "Toronto Star" a Losanna, dove si teneva la conferenza di pace tra Grecia e Turchia, e incontrò molti corrispondenti conosciuti a Genova. Nel 1923 Hemingway e la moglie, che aspettava un bambino, fecero un altro viaggio in Italia: a Rapallo, Pisa, Sirmione e Cortina d'Ampezzo, dove rimasero fino a primavera inoltrata. A Rapallo, dove erano stati invitati da Pound che abitava lì, Hemingway ebbe modo di incontrare il proprietario di Contact Editions, Robert McAlmon, e iniziò a scrivere il racconto Cat in the Rain (Gatto sotto la pioggia). Nel frattempo inviò le sei miniature di Paris 1922 a Jane Heap, la condirettrice della Little Review. In marzo il giornale lo trasferì nella Ruhr come corrispondente di guerra per il conflitto franco-tedesco, e quando ad aprile ritornò a Cortina, dove aveva lasciato la moglie all'Hotel Bellevue, sperimentò una nuova tecnica narrativa con la stesura del racconto autobiografico Out of Season (Fuori stagione).
Nell'estate del 1923 gli Hemingway, insieme con un gruppo di amici, tra i quali William Bird della "Three Mountains Press" e Robert McAlmon delle "Contact Editions" si recarono in Spagna e a Siviglia e lo scrittore assistette alla prima sua corrida importante, partecipò agli encierros (gli spostamenti a piedi dei tori da combattimento) e alle novilladas (le corride per principianti), e conobbe toreri celebri. Al ritorno a Parigi, McAlmon gli offrì di pubblicare un volume di racconti nelle sue "Contact Editions". Hemingway gli inviò allora i tre racconti, Up in Michigan (Su nel Michigan), My Old Man (Il mio vecchio) e Out of Season (Fuori stagione) ai quali aggiunse qualche poesia. Su consiglio di Gertrude Stein si recò nell'estate del 1924 a Pamplona per la festa di San Firmino e fu in quel luogo, a contatto con i matador del momento, Nicanor Villalta e Manuel García, detto Maera, che trasse molte delle idee che sviluppò per tutta la vita e che gli ispirarono il romanzo Fiesta (allora intitolato Il sole sorgerà ancora), salutato dalla critica e dal pubblico con clamore. Ritornato a Parigi scrisse altre miniature ispirate alle sue vicende di guerra in Italia e a quelle sulle corride e i toreri.
Il 5 agosto gli furono inviate le bozze di Three Stories and Ten Poems della "Contact Edition", pubblicate l'anno stesso, anche se pochi si accorsero di queste pubblicazioni tranne il recensore del mensile The Diable che criticò Up in Michigan (Su nel Michigan) e paragona My Old Man (Il mio vecchio) a certe storie di cavalli scritte da Anderson, ignorando le poesie. Il 15 agosto gli Hemingway si recarono a Toronto, e il 10 ottobre nacque il primo figlio, John Hadley Nicanor, che il padre chiamò in seguito Bumby. A Natale furono infine pubblicate le copie di In Our Time (scritto con le lettere minuscole) della "Three Mountains Press". Il 1º gennaio del 1924 Hemingway diede le dimissioni dal Toronto Star e il 19 ritornò a Parigi. Stabilitosi in rue Notre Dame des Champs 113, Hemingway iniziò a frequentare i caffè letterari di Ford Madox Ford che aveva fondato la rivista Transatlantic review; presto diventò scout della rivista stessa che in aprile pubblicò il racconto, dal titolo Indian Camp (Campo indiano), scritto al ritorno da Toronto. Durante l'anno approfondì l'amicizia con lo scrittore umoristico Donald Ogden Stewart, iniziò a frequentare più assiduamente Dos Passos e iniziò a scrivere il lungo racconto Big Two-Hearted River (Grande fiume dai due cuori) con protagonista Nick Adams, già apparso in Indian Camp (Campo indiano), contenente le linee fondamentali della sua poetica. Finì nel frattempo i racconti The Doctor and the Doctor's Wife (Il dottore e la moglie del dottore), Soldiers Home (Il ritorno del soldato), The End of Something (La fine di qualcosa), The Three-Day Blow (Tre giorni di vento), Cat in the Rain (Gatto sotto la pioggia), Cross-Country Snow (Monti sotto la neve) che costituiranno, insieme ai racconti di Three Stories and Ten Poems e a quelli di our time, il contenuto del volume "In Our Time", accettato e pubblicato nel 1925 dall'editore Horace Liveright.
Nel frattempo Hemingway aveva scritto il racconto The Undefeated (L'invitto), respinto dalla rivista "The Diable" perché considerato troppo forte. Firmò però un contratto con Liveright e conobbe l'editor di Scribner, Maxwell Perkins, grazie alla raccomandazione di Francis Scott Fitzgerald che era in quel momento all'apice della sua carriera. A maggio conobbe di persona Fitzgerald e i due divennero amici, anche se Hemingway non riuscì in seguito a nascondere la sua antipatia per Zelda, moglie di Fitzgerald; nel 1934 Hemingway in una lettera disse a Scott: Se c'è qualcuno che aveva bisogno di disciplina nel lavoro eri tu e invece ti sei sposato una che è gelosa del tuo lavoro, che vuol competere con te, e che ti rovina. In giugno iniziò a scrivere il romanzo Along with youth: a Novel, mai terminato, ma il cui titolo servì a Peter Griffin per la biografia dello scrittore pubblicata nel 1985. In luglio Hemingway organizzò un viaggio per la Fiesta di Pamplona dove si recò, oltre che con la moglie Hadley, con gli amici Donald Ogden Stewart e Harold Loeb. Terminata la festa di San Firmino si recò con la sola Hadley a Madrid dove, durante una corrida, Cayetano Ordóñez dedicò a Hadley un orecchio del toro e in un'altra corrida le regalò la sua cappa. Lo scrittore prese poi spunto da questi episodi per delineare la figura di un personaggio di un romanzo che aveva pensato dapprima di intitolare Fiesta, titolo poi scartato insieme ad altri perché straniero. Ritornato a Parigi terminò il romanzo concludendolo con la data 21 settembre 1925 e intitolandolo The Sun Also Rises. Nel 1957 dal romanzo fu tratto un film famoso, con Errol Flynn, Tyrone Power, Ava Gardner, Mel Ferrer, regia di Henry King. Conobbe e frequentò in questo periodo l'ambiente dei miliardari Gerard e Sarah Murphy, che sarebbero stati i modelli di Fitzgerald in Tender is the Night (Tenera è la notte) e che vivevano gran parte dell'anno a Cap d'Antibes ospitando persone illustri.
Per liberarsi dal vincolo del contratto dell'editore Liveright, che non gli permetteva di passare all'editore Scribner, Hemingway compì un gesto piuttosto opportunistico che indignò quasi tutti i suoi amici: scrisse The Torrent of Spring con l'intenzione di farne una parodia dei modi affettati che Sherwood Anderson usava nel suo ultimo romanzo Riso nero (Dark Laughter). In questo modo, Liveright non avrebbe potuto pubblicarlo e lo scrittore sarebbe stato libero di passare all'altro editore. L'unica a difenderlo fu Pauline Pfeiffer, una redattrice di moda di Vogue, che da quel momento divenne una presenza costante nel matrimonio di Ernest e Hadley. Nel febbraio del 1926, liberatosi dall'editore Liveright, lo scrittore si recò da solo a New York dove avvenne l'incontro con Scribner che gli assicurò la pubblicazione di The Torrents of Spring e di The Sun Also Rises non ancora terminati. La promessa fu mantenuta e nello stesso anno furono pubblicati i suoi primi due romanzi.
Con la pubblicazione dei due romanzi, soprattutto con The Sun Also Rises, Fiesta (Il sole sorgerà ancora), pubblicato in quell'anno, la fama di Hemingway crebbe ma il suo matrimonio, già profondamente in crisi per la presenza di Pauline, si ruppe definitivamente. Nel 1927 egli sposò in seconde nozze e con rito cattolico Pauline Pfeiffer e andò a vivere a Key West, nell'arcipelago delle Keys in Florida, dove iniziò a scrivere A Farewell to Arms (Addio alle armi). In ottobre venne pubblicato Men without Women (Uomini senza donne) recensito da Virginia Woolf. Nel giugno del 1928 nacque il secondo figlio, Patrick, ma il 6 dicembre il padre Clarence si suicidò lasciando profondamente sconvolto lo scrittore.

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Hemingway nel 1927 con la seconda moglie Pauline


Gli anni trenta
Nel 1930 lo scrittore ritornò a Parigi e durante l'anno scrisse una prefazione alle memorie di Kiki de Montparnasse, si recò a fare un viaggio alle isole Marchesi e Tortuga, organizzò un safari in Africa e iniziò a bere troppo conducendo una vita molto sregolata che gli procurò alcuni incidenti: si ferì al viso e in seguito a un incidente d'auto si fratturò il braccio destro. Nello stesso anno venne rappresentata la riduzione teatrale di A Farewell to Arms (Addio alle Armi) che però rimase in scena solamente per tre settimane e uscì la riduzione cinematografica che invece ebbe un ottimo successo di pubblico e gli rese un eccellente guadagno. Nel 1931, ritornato a Key West, Hemingway apprese che Pauline era nuovamente incinta. Insofferente però alla vita familiare e sempre bisognoso di nuove avventure si recò a Madrid da solo e partecipò alla sua settima edizione della Fiera di San Firmino a Pamplona. Egli, in questo periodo, ebbe una lunga relazione con Jane Mason, moglie di un funzionario della Pan American World Airways che terminò con un tentato suicidio della donna. A novembre lo scrittore ritornò a Kansas City per la nascita del figlio che fu chiamato Gregory Hancock. Il 19 dicembre la famiglia rientrò nella nuova casa di Key West dove Hemingway terminò di scrivere Death in the Afternoon (Morte nel pomeriggio) che venne pubblicato nel 1932 ottenendo scarso successo e, nello stesso anno, Hemingway riprese a scrivere racconti e a organizzarli per la pubblicazione di una seconda raccolta. Sempre attratto dall'avventura, lo scrittore compì, sempre in quell'anno, anche una spedizione di pesca a L'Avana con Joe Russell, proprietario dello Sloppy Joe's Bar che egli frequentava, scoprendo la pesca dei marlin. Scrisse il terzo racconto di Nick Adams, A Way You'll Never Be (Come non sarà mai) ambientato nell'Italia del 1918 mentre continua il flirt con Jane che gli avrebbe ispirato il ritratto della protagonista del racconto The Short Happy Life of Francis Macomber (La breve vita felice di Francis Macomber).
Nel 1933 lo scrittore si recò a New York dove conobbe Thomas Wolfe e incontrò Arnold Gingrich, fondatore della rivista Esquire e futuro marito di Jane Mason. Ritornò a Key West e durante la primavera la rivista Scribner's Magazine accettò due suoi racconti A Clean, Well-Lighted Place (Un posto pulito, illuminato bene) e Homage to Switzerland (Omaggio alla Svizzera) oltre che il noto Give us a Prescription, Doctor, più tardi intitolato The Gambler, the Nun and the Radio (Il giocatore, la monaca e la radio), che prendeva ispirazione dall'esperienza trascorsa nell'ospedale di Billing. Venne pubblicata, sempre in quell'anno, la sua terza raccolta intitolata Chi vince non prende nulla e Hemingway iniziò a scrivere il racconto che fece parte in seguito di To Have and Have Not e decise il titolo per la nuova raccolta di racconti, Winner Take Nothing, e che verranno pubblicati l'anno stesso. Non rinunciò comunque ai suoi viaggi e in aprile si recò in crociera a Cuba sulla barca di Joe Russell rimanendovi per due mesi. In agosto andò con Pauline all'Avana dove assistette alla rivoluzione del 12 agosto che ebbe come risultato la deposizione del dittatore cubano Gerardo Machado e l'elezione di Carlos Manuel de Céspedes. Dopo essere ritornato a Parigi e aver letto con dispiacere le recensioni negative sulla sua raccolta Winner Take Nothing, ripartì ancora, insieme a Pauline e Charles Thompson, per Mombasa e Nairobi dove iniziò il safari con Philip Percival.
Nel 1934 comprò, con i soldi che Arnold Gingrich gli aveva dato come anticipo sui suoi futuri articoli per l'Esquire, la sua famosa barca d'altura che chiamò Pilar e fece ritorno a Key West dove decise, in quell'anno, di scrivere la storia del suo safari. Il 18 luglio Hemingway inaugurò la Pilar, andò a Cuba lasciandola poi all'Avana, dove incontrò lo scrittore cubano Enrique Serpa con cui strinse una solida amicizia; ritornò a casa dove terminò di scrivere il libro sul safari che intitolò The Green Hills of Africa (Verdi colline d'Africa). Nel 1935 Hemingway trascorse molto tempo a pescare con la sua nuova barca a Bimini dove ebbe un pauroso incidente. Verdi colline d'Africa uscì solamente in agosto e venne accolto con indifferenza. Portò a termine il secondo racconto di To Have and Have Not con il titolo The Tradesman's Return. Nel 1936 scrisse i racconti The Capital of The World (La capitale del mondo) e The Short Happy life of Francis Macomber (La breve vita felice di Francis Macomber) e terminò Le nevi del Kilimangiaro (The Snows of Kilimanjaro) oltre al terzo racconto di To Have and Have Not (Avere e non avere). In Spagna era intanto scoppiata la guerra civile e la North American Newspaper Alliance (NANA) lo contatta perché invii servizi dalla Spagna sui suoi sessanta giornali, offerta che egli accettò nel 1937 riprendendo così, dopo molti anni, l'attività giornalistica. In questo periodo lavorò intensamente a un documentario propagandistico antifascista dal titolo Spain in Flames (Spagna in fiamme) e a febbraio, con il poeta Archibald MacLeish, la commediografa Lillian Hellman e l'amico John Dos Passos, fondò una società per raccogliere i fondi per un secondo documentario sulla Spagna che avrà il titolo The Spanish Earth (Terra di Spagna).
Il 16 marzo, dopo aver ottenuto i permessi per la Spagna, Hemingway partì in aereo per Barcellona intenzionato ad arrivare più a sud e, arrivato a Valencia, volle andare subito a vedere i luoghi della vittoria lealista. In seguito si spostò a Madrid dove iniziò la sua attività di inviato speciale e dove lo raggiunse Martha Gellhorn, la giovane e ambiziosa scrittrice che aveva incontrato allo "Sloppy Joe's Bar" di Key West e che sposò nel 1940 dopo il divorzio da Pauline.

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In Cina nel 1941 con Martha Gellhorn, sua terza moglie

Ad aprile iniziò la vera preparazione del film-documentario Terra di Spagna, che verrà presentato il 4 giugno a New York durante una riunione organizzata dalla League of American Writers, dopo che John Dos Passos, Arcibal MacLeish e Lilliam Hellman ebbero costituito la Contemporary Historian Inc. per fare in modo che il famoso regista Joris Ivens e il cameraman John Ferno partecipassero. Lo scrittore, che era ritornato il 9 maggio dalla Spagna, tenne in questa occasione una conferenza con il Segretario del Partito Comunista e Joris Ivens alla Carnegie Hall dove venne registrata la famosa frase:
«Il fascismo è una menzogna detta da prepotenti ...»
L'8 luglio il documentario fu proiettato alla Casa Bianca, dove Hemingway era stato invitato dal presidente Roosevelt, e il 10 luglio in California. Durante la serata, che si tenne a casa di Frederic March, presente Dorothy Parker e Francis Scott Fitzgerald, lo scrittore raccolse fondi per inviare ambulanze in Spagna. Ritornato in Spagna con Martha si recò in prima linea, conducendo con lei una vita molto dura, spostandosi continuamente sui luoghi di battaglia e di bombardamenti. Dopo un mese al fronte Hemingway si trasferì a Madrid all'Hotel Florida con Martha ormai ufficialmente al suo fianco. Il 15 ottobre 1937 uscì To Have and Have Not (Avere e non avere), che diventò subito un best seller, e nel frattempo scrisse una commedia che si ispirava a Martha, The Fifth Column (La quinta colonna). Prima di Natale, mentre Martha ed Ernest si avviavano verso Barcellona, vennero a conoscenza di un'avanzata lealista e ritornarono sui luoghi dove si combatteva. La coppia festeggiò assieme il Natale 1937 a Barcellona. Da lì ritornarono a Parigi, dove Hemingway trovò Pauline che si era recata nella città nel tentativo di salvare il loro matrimonio. Hemingway, che intanto iniziava ad accusare seri disturbi di fegato e a bere in modo eccessivo malgrado il parere contrario del medico, si decise a ritornare nel 1938 con Pauline a New York e in seguito a Key West dove rimase fino alla fine di marzo, anche se la presenza della moglie lo esasperava sempre di più.
Con il ritorno a New York era finito il secondo viaggio in Spagna di Hemingway, ma il fascino di quella terra era per lui troppo forte tanto che lo scrittore, il 19 marzo 1938, avendo ottenuto un altro contratto con la NANA, si imbarcò ancora per la Spagna verso i luoghi di battaglia e vi rimase fino alla metà di maggio per poi ritornare a Parigi e a New York. Scrisse in questo periodo articoli per la rivista di sinistra Ken fondata dallo stesso editore di Esquire, sul quale l'11 agosto del 1938 scriveva del timore di una nuova guerra europea. Usciva intanto a New York la rappresentazione di The Fifth Column con l'adattamento di Benjamin Glaser. Ritornato a Parigi si rimise con Martha Gellhorn e iniziò a scrivere il romanzo sulla Spagna mentre usciva il volume di racconti con recensioni non sempre favorevoli ma che gli fruttò solo nelle due prime settimane seimila copie.
Gli anni quaranta
Nel febbraio del 1939 lo scrittore si recò a Cuba dove rimase un mese lavorando al romanzo For Whom the Bell Tolls (Per chi suona la campana). Al ritorno a Key West gli venne proposta la riduzione cinematografica di The Short Happy Life of Francis Macomber. Hemingway, intanto ritornato a L'Avana, fu raggiunto da Martha Gellhorn che lo convinse ad affittare una tenuta in rovina, chiamata "Finca Vigìa". Sempre con Martha, si recò nell'Idaho, a Sun Valley, un vecchio villaggio vicino alla città mineraria di Ketchum, dove trascorreva gran parte del tempo cacciando selvaggina. Il 1940 fu l'anno dedicato alla stesura del romanzo Per chi suona la campana, che venne pubblicato in luglio a New York con una vendita immediata di centomila copie. Si tratta probabilmente del suo romanzo più riuscito per l'epicità intensa e per la messa in luogo di alcuni concetti e tematiche che ci danno ancora un ritratto dell'Hemingway ottimista, che si perse negli anni successivi. Nello stesso anno fu realizzata la riduzione cinematografica del libro e in novembre, dopo aver avuto conferma del divorzio ottenuto da Pauline, sposò Martha, accompagnandola poco tempo dopo in Cina come inviata della rivista Collier's.
Era intanto scoppiata la seconda guerra mondiale e i tedeschi avevano invaso la Danimarca, i Paesi Bassi e la Francia, mentre Dunkerque era stata evacuata e in Messico era stato ucciso Trockij. Il 27 gennaio del 1941 lo scrittore si recò a Los Angeles per prendere accordi sul film tratto dal suo romanzo For Whom the Bell Tolls e incontrò Gary Cooper e Ingrid Bergman. Ritornato a Hong Kong, dove rimase un mese (di questo periodo è l'intervista con Chiang Kai-shek), continuò il viaggio in Birmania dove gli arrivò la notizia che For Whom the Bell Tolls era stato candidato al Premio Pulitzer (che però quell'anno non fu assegnato). Mentre Martha fu inviata a Giacarta, Hemingway dovette ritornare a Hong Kong, ma alla fine di maggio era di nuovo alla "Finca Vigia" (la casa che aveva comprato come regalo di nozze per Martha con i primi guadagni del romanzo) a San Francisco de Paula vicino all'Avana dove iniziarono i problemi con le tasse. Nel 1942 lo scrittore si recò in vacanza a Città del Messico ospite di Nathan Davis che lo convinse a iniziare un'attività di controspionaggio a L'Avana per impedire da parte della Quinta Colonna nazista di infiltrarsi a Cuba. Ottenuta l'autorizzazione dall'ambasciata statunitense, l'ambasciatore Spruille Brade autorizzò Hemingway a realizzare l'organizzazione che venne chiamata con il codice "Crime Shop", poco dopo sostituita dallo stesso Hemingway con "Crook Factory". Dopo aver ottenuto il permesso dell'ambasciatore, Hemingway predispose la sua imbarcazione, la "Pilar", a fare da nave civetta camuffandola come se si trattasse di una nave interessata a fare ricerche scientifiche per il Museo Americano di Storia Naturale. La moglie Martha, contraria all'operazione e infastidita dall'atteggiamento narcisistico del marito che aveva iniziato a farsi chiamare "Papa" e soprattutto a bere troppo, accettò nel frattempo l'incarico, affidatole dalla rivista Collier's, di partire come inviata speciale per il Mare dei Caraibi. Hemingway visse questa avventura, che gli ispirò Island in the Stream, con grande entusiasmo, ma in seguito all'indagine sui metodi della "Crook Factory" condotta da sedici agenti dell'FBI venuti all'Avana, l'organizzazione fu sospesa. Il 10 luglio intanto si tenne a New York l'anteprima del film For Whom the Bell Tolls, e il romanzo raggiunse le 785.000 copie vendute solamente in America.
Malgrado Martha insistesse perché tornasse in Europa, Hemingway rimase all'Avana fino al 1944, quando finalmente si decise a ritornare a New York. Alla vigilia dello sbarco in Normandia si recò a Londra come inviato speciale del Collier's e lì conobbe Mary Welsh, inviata di TIME e Life, e iniziò a corteggiarla. In questo periodo conobbe anche il fotografo Robert Capa con il quale strinse subito una grande amicizia e il 25 maggio, dopo solamente una settimana dal suo arrivo a Londra, ritornando da una festa data da Capa a tarda notte, ebbe un terribile incidente d'auto e, con diagnosi di commozione cerebrale, venne ricoverato al St. George's Hospital. Dimesso il 29 maggio, senza tener conto delle indicazioni dei medici ricominciò a bere, e il 2 giugno, invece di rimanere a riposo come gli era stato prescritto, si recò, insieme ad altri corrispondenti di guerra, su un aereo per andare ad attendere l'invasione del D-Day e da quel momento, per sette mesi, partecipò alla guerra in Europa. Il 26 luglio conobbe colui che sarebbe divenuto il suo eroe militare, il colonnello, in seguito promosso generale, Charles Trueman Lanham, comandante del 22º Reggimento di fanteria della 4ª Divisione, e lo seguì come corrispondente presso il suo reggimento. Lasciata in agosto la Quarta Divisione, lo scrittore si spostò a Rambouillet, sulla strada di Parigi, per unirsi a un gruppo di partigiani francesi prendendone il comando, e il 24 agosto entrò a Parigi prima del generale Leclerc. Avvenne quella che egli chiamò la liberazione dell'Hotel Ritz.
Il 4 ottobre venne sottoposto a un'inchiesta a Nancy con l'accusa di aver violato la Convenzione di Ginevra per essersi tolto, quando si trovava a Rambouillet, le mostrine di corrispondente e aver preso il comando dei partigiani francesi. Il 15 novembre, dopo essere stato assolto, raggiunse il colonnello Lanham nella foresta di Hurtgen e rimase con il battaglione per tutti i diciotto giorni della battaglia della foresta di Hürtgen sferrata dai tedeschi nella quale morirono 2.678 statunitensi. Ritornato a Parigi in settembre per un breve periodo, lo scrittore incontrò Martha che gli aveva chiesto il divorzio ed ebbe la visita di Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir. Ricevuta la notizia che il colonnello Lanham aveva subito un attacco nel Lussemburgo, lo raggiunse e rientrò nella città solamente nel gennaio del 1945, anno molto difficile per lo scrittore che, oltre a soffrire di forti emicranie, contrasse due polmoniti, ebbe un nuovo gravissimo incidente di macchina, concluse il divorzio con Martha e fu molto in pena per il figlio John, ferito e catturato dai tedeschi.
Gli anni del dopoguerra
Hemingway trascorse il 1946, anno in cui sposò Mary, in condizioni più favorevoli di salute che gli permisero di dedicarsi alla stesura del nuovo libro The Garden of Eden (Il giardino dell'Eden). Nel 1947 ricevette all'ambasciata statunitense dell'Avana la Bronze Star per i servizi prestati come corrispondente di guerra in Francia e Germania e nel 1948 si recò con la moglie in Italia, dove rimase fino all'aprile del 1949, portando con sé la sua fama di macho, e proprio quando la sua celebrità di scrittore era arrivata al massimo.

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In un safari in Kenya nel 1953 con l'ultima moglie Mary.

Fra i suoi soggiorni italiani egli risiedette, per alcuni periodi del 1952, anche nella località campana di Acciaroli, sulla costa del Cilento. In questo periodo, a più riprese e fino al 1954, soggiornò frequentemente in Veneto e in Friuli, soprattutto fra Venezia (era un assiduo frequentatore dell'hotel Gritti e dell'Harry's Bar in cui solea ripetere: "...ogni pasto va accompagnato da un buon vino. Un ottimo amaro lo può concludere!"), l'isola di Torcello, Cortina e Lignano Sabbiadoro dove andava spesso a caccia, ospite di famiglie aristocratiche della zona. Fu in tale periodo che scrisse il romanzo Across the River and into the Trees (Di là dal fiume e tra gli alberi) ambientato proprio nei luoghi veneti e friulani conosciuti dall'autore. Il romanzo, pubblicato nel 1950, fu accolto freddamente dalla critica e non ottenne un grande successo, ma rappresentò comunque il ritorno di Hemingway al romanzo dopo dieci anni. Proprio per gli aperti riferimenti a luoghi e persone realmente conosciuti all'epoca (si era innamorato anche della giovane nobildonna veneta Adriana Ivancich, facilmente riconoscibile in un personaggio del romanzo), Hemingway vietò la pubblicazione in Italia di Di là dal fiume e tra gli alberi per almeno due anni. Ciò non impedì che la relazione di Hemingway con la giovane italiana suscitasse un certo scandalo, almeno in Italia. Il romanzo fu pubblicato in Italia solo nel 1965.
Tornato a Cuba si dedicò alla pesca sulla sua "Pilar" e scrisse The Old Man and the Sea (Il vecchio e il mare) che terminò il 17 febbraio del 1952, e il romanzo rimasto incompiuto, pubblicato postumo con il titolo Isole nella corrente. Il Premio Bancarella è un premio letterario nato dai librai di Montereggio di Mulazzo nel 1953 e in seguito trasferito nella vicina città di Pontremoli, in Toscana. La prima edizione venne vinta nel 1953 da Ernest Hemingway, con Il vecchio e il mare. Lo stesso anno Leland Hayward gli offrì di pubblicare su un numero unico di Life, con uscita in settembre, The Old Man and the Sea mentre Adriana Ivancich disegnò la copertina del libro per l'editore Scribner, che pubblicò il romanzo nello stesso anno. Nell'aprile del 1953 il romanzo vinse il Premio Pulitzer.
Hemingway nel frattempo aveva organizzato un safari spinto dal suo solito desiderio di avventura, ma anche perché voleva raggiungere in Africa il figlio Patrick che si trovava in Kenya con la moglie. Dopo aver accettato un contratto con la rivista Look per la pubblicazione di una serie di articoli sul safari che avrebbe fatto, Hemingway volle ritornare a Pamplona per la Festa di San Firmino. Tra i poeti russi del Disgelo l'opera di Hemingway godette di un'enorme popolarità. Il poeta Evtušenko gli dedica Incontro, «una delle sue poesie più belle (Incontro) (...). Le frasi asciutte, brevi di Hemingway, il suo amore per il dettaglio completo, sia importante che accessorio, la sorprendente associazione del nichilismo con il sentimento della profondità di un'esistenza sentita, fiutata e assaporata, tutto ciò non poteva mancare di impressionare i giovani scrittori sovietici, in rivolta contro la monotonia tradizionale, contro la falsa e pretenziosa semplicità dei Premi Stalin». I numerosi incidenti occorsigli nella sua vita in buona misura sono conseguenti al suo voler vivere sempre esperienze al limite, come quelle della guerra o di altre situazioni estreme nelle quali "mettersi alla prova". D'altra parte vi sono almeno tre aspetti del suo carattere emersi sin dall'adolescenza e sottolineati dagli studiosi. Essi sono il narcisismo, l'amore per le situazioni di pericolo e il senso della morte. Il 21 gennaio 1954 partì con Mary dall'aeroporto di Nairobi, ma la "sfortuna" lo stava perseguitando. Il pilota dell'aereo sul quale viaggiava, per evitare uno stormo di ibis, colpì un filo del telegrafo e, con l'elica e la fusoliera danneggiata, tentò un atterraggio di fortuna in Uganda dove, con una spalla rotta, Hemingway e la moglie furono costretti a trascorrere la notte all'aperto e al freddo. Il mattino, avvistati da una grande barca e fatti salire a bordo, furono trasportati a Butiaba dove Reggie Cartwright si offrì di portarli fino a Entebbe col suo piccolo aereo, ma l'aereo prese fuoco e lo scrittore, nel tentativo di sfondare un portello con la testa, subì danni fisici molto gravi dai quali non si riprese mai più.
Condotto a Nairobi, dove ricevette le prime cure, si sforzò di scrivere il primo articolo per Look e accettò di essere condotto da Roy Marsh sul suo aereo all'accampamento di Shimoni sulla costa del Kenya, come era stato precedentemente programmato, ma allo scoppio di un incendio nel vicino accampamento egli, che era accorso per aiutare, venne avvolto dalle fiamme uscendone fortemente ustionato.
Solo alla fine di marzo, dimagrito di dieci chili, poté raggiungere Venezia dove il conte Federico Kechler lo raggiunse e lo accompagnò in varie cliniche per esami radiografici e visite più complete. Malgrado la salute così precaria lo scrittore aveva il desiderio di rivedere la Spagna e così, accompagnato in macchina da Aaron Edward Hotchner, che dalle conversazioni registrate lungo il viaggio trasse Papa Hemingway pubblicato nel 1966, si recò a Madrid. Qui si fece curare da un medico e poi ripartì per Alassio e poi alla volta di Genova dove si imbarcò per L'Avana. Tornato alla Finca, si sottopose alle cure intensive del medico José Luis Herrera. Per tutta l'estate riuscì soltanto a scrivere alcune lettere e a ricevere qualche visita, tra cui quella di Ava Gardner e Luis Miguel Dominguín, che aveva conosciuto a Madrid in occasione di una corrida.
Durante il soggiorno ad Alassio nel 1953, Ernest Hemingway era solito frequentare il Caffè Roma, il cui proprietario, l'artista Mario Berrino, gli sottopose l'idea di trasformare un muretto di fronte all'ingresso del suo bar in un'opera d'arte interattiva, che avrebbe riportato le dediche e firme dei più illustri clienti del Caffè Roma. L'idea piacque a Ernest Hemingway. Nacque così il muretto di Alassio.

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Il muretto di Alassio da un'idea di Hemigway e del proprietario del bar Roma.

Il 28 ottobre del 1954 Hemingway ricevette per telefono la notizia che gli era stato assegnato il premio Nobel per The Old Man and the Sea (Il vecchio e il mare), ma non fu in grado di viaggiare fino a Stoccolma per la cerimonia del 10 dicembre, così il premio fu ritirato dall'ambasciatore John Cabot. Si dice che quando gli portarono il premio lo scrittore commentò «Troppo tardi».
Il 17 settembre scrisse un testamento in cui nominò la moglie Mary erede ed esecutrice testamentaria, a patto che provvedesse ai figli. In novembre riuscì a fatica ad andare all'Avana per ricevere l'onorificenza dell'Ordine di San Cristóbal, ma, ammalatosi di nefrite e di epatite, dovette poi restare a letto fino al 9 gennaio. Nel 1956, dopo essersi in parte ripreso, tentò di scrivere alcuni racconti che rimasero incompiuti e, benché tutti lo scoraggiassero, volle andare a Madrid a vedere le corride di Antonio Ordoñez. Beveva sempre di più e soffriva di pressione alta, ma non voleva rassegnarsi al suo stato fisico così deteriorato e, contro le raccomandazioni del medico, organizzò un safari in Africa, senza tuttavia poterlo realizzare perché proprio in quell'anno Nasser chiuse il canale di Suez. Decise allora di andare in Spagna a caccia di pernici e in novembre si spostò a Parigi. All'Hotel Ritz gli riconsegnarono due bauli, rimasti in un magazzino dal 1928, con i manoscritti e i dattiloscritti che in seguito diventarono A Moveable Feast (Festa mobile).
Nel 1957 Hemingway iniziò a soffrire di una forte depressione, che gli impedì di portare a termine l'articolo su Fitzgerald per la rivista The Atlantic Monthly.
Quell'anno scrisse un solo racconto: A Man of the World (Un uomo di mondo). Si muoveva raramente da casa, ma in settembre andò a New York a un incontro di boxe di Sugar Ray Robinson; rimase però deluso dalla città troppo caotica e rumorosa e in una lettera a Bernard Berenson disse che anche Cuba aveva perso il suo fascino a causa dei grattacieli che affollavano le spiagge. Nella primavera del 1958 riprese a scrivere con una certa regolarità qualche capitolo sugli anni trascorsi a Parigi con Hadley dal 1921 al 1926, ma cominciò anche a manifestare una strana mania di persecuzione nei confronti di Pauline e dei Murphy, che accusava del fallimento del suo primo matrimonio. Riuscì comunque a portare a termine i diciotto capitoli di A Moveable Feast (Festa mobile) e riprese a scrivere il romanzo The Garden of Eden (Il giardino dell'Eden), iniziato circa dieci anni prima. In aprile, insofferente al clima di Cuba, volle recarsi a Ketchum, dove riprese la caccia e trasse un certo beneficio dalle cure del dottor George Saviers, un medico del Sun Valley Hospital che divenne poi suo amico. In dicembre decise di prendere una villa a due piani fuori dal centro della città, per vivere in un ambiente più organizzato e potersi dedicare con tranquillità alla scrittura. Nel febbraio del 1959 morì Taylor Williams, la guida di Sun Valley, suo grande amico e compagno di caccia agli orsi; Hemingway gli comprò una tomba vicino a quella in cui poi fu sepolto lui.
In aprile, dopo essere stato all'Avana e aver incontrato Tennessee Williams e Kenneth Tynan, accettò l'invito di Bill Davis e in maggio partì con Mary per la villa La Consula a Malaga, sulla Costa del Sol, da dove si mosse solo per vedere una serie di corride di Dominguín e di Antonio Ordóñez, in giro per la Spagna. A Pamplona conobbe Valerie Danby-Smith, che divenne poi la sua segretaria e che, dopo la morte di Hemingway, rimase vicino a Mary. Il 21 luglio Mary organizzò una grande festa per il suo sessantesimo compleanno, ma in quell'occasione lo scrittore si comportò in modo preoccupante, alternando crisi di pianto a discorsi sarcastici verso gli amici. Ripresa la tournée delle corride, andò a Valencia per vedere Dominguín, che rimase però ferito gravemente alla coscia destra. Nel frattempo lo scrittore aveva cominciato a prendere appunti sulle corride per scrivere un articolo che gli era stato commissionato dalla rivista Life. Tuttavia, quando in ottobre tornò alla Finca Vigía e cercò di riordinarli, non ci riuscì.
Nel gennaio 1960, accompagnato da Valerie, Hemingway andò a Miami e continuò a scrivere la storia delle corride, che ormai era un manoscritto di 688 pagine. Ossessionato dal lavoro, in giugno lo scrittore chiese all'amico Aaron Edward Hotchner di raggiungerlo alla Finca per aiutarlo a sfrondare il testo che sarebbe poi diventato The Dangerous Summer (Un'estate pericolosa). Alla fine di luglio, a lavoro ultimato, Hemingway chiese a Hotchner di accompagnarlo in Spagna. Intanto i segni di squilibrio mentale si facevano sempre più evidenti: oltre a essere ossessionato dall'idea che il visto temporaneo sul passaporto con cui Valerie era arrivata a Cuba doveva essere rinnovato, Hemingway cominciò a viaggiare in modo frenetico da un continente all'altro. Convinto che Antonio Ordóñez avesse bisogno di lui, andò a New York, approfittandone per controllare di persona lo scritto sulle corride; dopodiché partì per Madrid, senza un motivo preciso, e da lì si fece accompagnare a La Consula. Gli amici erano sempre più preoccupati per le crisi maniaco-depressive, che gli facevano sospettare di tutto e di tutti e gli provocavano grandi vuoti di memoria. In settembre su Life uscì la prima delle tre puntate di The Dangerous Summer, ma Hemingway fu assalito dall'angoscia, convinto di aver scritto un «pasticcio» di cui vergognarsi. Gli amici spagnoli, allarmati dal suo stato patologico, si sentirono in dovere di riportarlo a New York. Lì, però, la situazione peggiorò ulteriormente e Hemingway cominciò a vedere complotti ovunque intorno a sé.
Il 22 ottobre ritornò a Ketchum, ma la situazione non migliorò. Era convinto di non avere più denaro per mantenere la casa, pensava di essere pedinato dall'FBI e perseguitato per il visto non rinnovato di Valerie e vedeva ovunque agenti federali. Dall'archivio generale dell'FBI (rivisto dopo l'uscita di un articolo di Jeffrey Meyers sul The New York Review of Books del 31 marzo 1983, intitolato Wanted by the F.B.I.!) si constata che i timori di Hemingway erano in parte giustificati. Infatti il Bureau lo teneva sotto sorveglianza dai tempi della guerra di Spagna e dell'attività di controspionaggio. Dopo aver parlato con uno psichiatra, il dottor Saviers si rese conto della necessità di un ricovero. Il 30 novembre, sotto falso nome, Hemingway partì con un aereo privato insieme al dottor Saviers (Mary lo raggiunse in treno) per essere ricoverato alla clinica Mayo nel Minnesota. Gli fu diagnosticata una emocromatosi, fu sottoposto a numerosi elettroshock e venne colpito da afasia. Il 22 gennaio, dimesso dalla clinica, fece ritorno a Ketchum e riprese a fatica il lavoro al libro di Parigi, smettendo di bere e rifiutando qualsiasi invito. Piangeva con grande facilità, continuava a dimagrire ed era convinto di avere un cancro. Durante il suo ricovero, nonostante soffrisse di alta pressione per il diabete, fu sottoposto a ripetuti trattamenti di elettroshock (oltre venti), che provocarono grosse lacune nella memoria. In quel periodo riferì a un suo amico le sue preoccupazioni:
«Che senso ha rovinare la mia mente e cancellare la mia memoria? Queste cose costituiscono il mio capitale e senza di esse sono disoccupato. È una buona cura, ma abbiamo perso il paziente.»
Il 21 aprile tentò di sottrarre un fucile dalla stanza dove erano conservate le armi, ma Mary riuscì a distrarlo. L'arrivo del dottor Saviers per la sua visita quotidiana fu provvidenziale perché riuscì a convincerlo a deporre il fucile e lo condusse al "Sun Valley Hospital", e di qui nuovamente alla clinica Mayo, dove fu sottoposto ad altri elettroshock. Rimase in ospedale per due mesi, isolato in una stanza senza la presenza di alcun oggetto, e il 26 giugno venne dimesso "clinicamente guarito", ma già lungo il viaggio di ritorno ricominciò ad avere strani comportamenti e forti allucinazioni.
«Morire è una cosa molto semplice. Ho guardato la morte e lo so davvero. Se avessi dovuto morire sarebbe stato molto facile. Proprio la cosa più facile che abbia mai fatto... E come è meglio morire nel periodo felice della giovinezza non ancora disillusa, andarsene in un bagliore di luce, che avere il corpo consunto e vecchio e le illusioni disperse.» (Dalla lettera scritta ai genitori il 18 ottobre 1918).
Il 1º luglio 1961, come riferisce Mary nelle memorie, fu una giornata abbastanza tranquilla per lo scrittore tranne che per il ricorrente incubo della persecuzione dell'FBI. Ella racconta che alla sera cantò con lei una canzone che aveva imparato a Cortina da Fernanda Pivano e che era solito canticchiare nei momenti di serenità:
«Tutti mi chiamano bionda, ma bionda io non sono: porto i capelli neri, neri come el carbon».
Pochi giorni prima, Mary lo aveva sorpreso con un fucile e delle cartucce in mano, ma egli le aveva risposto che intendeva soltanto "dargli una ripulita". Allarmatissima, lei aveva riposto l'arma nell'armadietto e l'aveva chiuso a chiave. La mattina della domenica del 2 luglio Mary fu svegliata da un forte colpo. Hemingway si era sparato mettendosi la canna del fucile in bocca ed era morto. Aveva trovato le chiavi dell'armadietto sul tavolo della cucina, dove le aveva lasciate Mary. Dopo tre giorni, nella piccola chiesa di Nostra Signora delle Nevi vennero celebrate le onoranze funebri alla presenza dei tre figli e di pochi intimi amici. Il suo corpo ebbe sepoltura nel cimitero di Ketchum in Idaho.
Premi
1953 - Premio Pulitzer per la narrativa per Il vecchio e il mare (The old Man and the sea);
1953 - Premio Bancarella per Il vecchio e il mare (The old Man and the sea);
1954 - Premio Nobel per la letteratura "per la sua maestria nell'arte narrativa, recentemente dimostrata con Il vecchio e il mare, e per l'influenza che ha esercitato sullo stile contemporaneo".

Opere in italiano
- Il ritorno del soldato Krebs, trad. di C. Linati, Monaca e Messicani, trad. di E. Vittorini. Vita felice di Francis Macomber, per poco, trad. di Elio Vittorini, in America, a cura di Elio Vittorini, Bompiani, Milano 1942
- L'invincibile (cinque racconti), pref. di S. Surace, Jandi-Sapi, Roma 1944
- E il sole sorge ancora (noto anche con il titolo "Fiesta"), trad. di R. Dandolo, Jandi-Sapi, Roma 1944; Fiesta, Einaudi, Torino 1946, trad. di G. Trevisan
- Addio alle armi , trad. di B. Fonzi, Jandi-Sapi, Roma 1945; Addio alle armi, trad. di G. Ferrara, P. Russo, D. Isella, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1946;
- Per chi suona la campana, trad. di Maria Martone Napolitano, Mondadori, 1946
- La quinta colonna, trad. di Giuseppe Trevisani, Einaudi, Torino 1946
- Verdi colline d'Africa, trad. di G. Carancini, Jandi-Sapi, Roma 1946; trad. di A. Bertolucci e A. Rossi, Einaudi, Torino 1948
- Uomini senza donne, trad. di A. Salomone, Elios, 1946
- Chi ha e chi non ha, Jandi-Sapi, Roma 1945, trad. B. Fonzi; Avere e non avere, trad. di G. Monicelli, Einaudi, Torino 1946
- Morte nel pomeriggio, trad. di Fernanda Pivano, Einaudi, Torino 1947
- I quarantanove racconti, trad. di Giuseppe Trevisani, Einaudi, Torino 1947
- Torrenti di primavera, trad. di B. Fonzi, Einaudi, Torino 1951
- Il vecchio e il mare, trad. di Fernanda Pivano, Mondadori, Milano 1952
- Di là dal fiume e tra gli alberi, trad. di Fernanda Pivano, Mondadori, Milano 1965
- Lettere 1917-1961, intr. di Carlos Baker, trad. di F. Franconeri, Mondadori, Milano 1986
- Festa mobile, in Franco Furoncoli, Parigi senza tempo, Idea-libri 1999; pref. di Fernanda Pivano. Il testo accompagna le immagini.
- Ventuno racconti (parte I e II), trad. di E. Capriolo e B. Oddera, Mondadori, Milano 1986
- Il giardino dell'Eden, trad. di M. D'Amico, Mondadori, Milano 1987
- I quarantanove racconti, trad. di Vincenzo Mantovani, con un'intervista a cura di George Plimpton, Einaudi, Torino 1999
- La corrente e Incroci-Un'antologia, a cura di Francesco Cappellini, Via del vento edizioni, aprile 2010
- Hemingway-Kurowsky in amore e in guerra, Mursia, collana Carteggi e Diari ISBN 978-88-425-1291-2
- Nella collezione "I classici contemporanei stranieri" sono usciti in due volumi le Opere di Ernest Hemingway, Mondadori, Milano, 1962
- Nei "Meridiani" Mondadori è uscito Romanzi e racconti al cui interno si possono trovare i romanzi Addio alle armi e Fiesta e la raccolta di racconti Nel Nostro Tempo, a cura di Fernanda Pivano, 1974
- Nella serie "Gli Oscar Mondadori" sono disponibili numerosi romanzi con apparato critico e bibliografico
- Fiesta (nella collezione Novecento Mondiale).

Recentemente abbiamo pubblicato un articolo su Balzac e mi sento di fare questa considerazione: Balzac ha roccolto pensieri, comportamenti, attitudini, emozioni di centinaia di persone/personaggi riversandoli in questo enorme patrimonio sociale, il capolavoro della Commedia Umana, Hemingway ha raccolto pensieri, comportamenti, attitudini, emozioni della propria vita riversandoli in un solo uomo creando il capolavoro de Il Vecchio e il mare.

AUDIO Pivani

AUDIO Mieli

Addio alle armi

Frederic Henry è un giovane americano giunto in Italia come volontario per partecipare alla grande guerra. Durante il conflitto svolge l'attività di comandante di una sezione di ambulanze, con il grado di Sottotenente, trasportando i feriti dal fronte fino all'ospedale da campo più vicino dove scopre che la realtà della guerra è molto meno affascinante di ciò che pensava. Nell'estate del 1917 Frederic, ricoverato all'Ospedale Maggiore di Milano in seguito ad una ferita, approfondisce la conoscenza di una giovane infermiera inglese, Catherine Barkley (già incontrata in precedenza presso un ospedale da campo). Fra i due nasce un rapporto che dapprima sembra occasionale ma si fa rapidamente intenso e passionale. Nel frattempo l'americano inizia a cogliere anche i primi segnali di stanchezza e di sfiducia fra i suoi commilitoni italiani: la guerra va avanti già da due anni, centinaia di migliaia di soldati sono morti e la vittoria è ancora lontana, nonostante la propaganda. Frederic in una conversazione con gli altri autisti del suo gruppo, scopre anche che non tutti gli italiani sono a favore della guerra.
Il 24 ottobre del 1917 il fronte italiano crolla a Caporetto. Il gruppo di ambulanze (tra le quali si trova lo stesso Frederic assieme ad altri chauffeurs) si ritrova travolto dalla massa di soldati in caotica ritirata, tanto che gli autisti si vedono costretti ad abbandonare i mezzi. Affrontano diversi incidenti, fra cui l'incontro con soldati ammutinati e soldati tedeschi in rapida avanzata fra le ormai sbandate linee italiane. Al momento di attraversare in ritirata un ponte sul fiume Tagliamento Frederic, come tutti gli altri ufficiali trovatisi non al comando delle rispettive unità, viene fermato dalla polizia militare dell'arma dei carabinieri che aveva l'ordine di interrogare e fucilare sul posto gli ufficiali sbandati e ritenuti disertori. Si salva rocambolescamente tuffandosi nel fiume riuscendo poi a raggiungere Catherine a Stresa tra varie avventure, ma i due sono costretti a lasciare l'Italia poiché la polizia militare è sulle tracce di Frederic e sta per arrestarlo. Dopo una fortunosa traversata notturna del Lago Maggiore la coppia riesce a raggiungere la sponda svizzera del lago; è una felicità che però sarà purtroppo di breve durata: Catherine, che era incinta, muore infatti in un ospedale di Losanna durante il parto e il figlio di Frederic nasce morto. Il protagonista si ritroverà perciò solo e senza più una meta nel mesto finale del romanzo, vagando amareggiato per la città.
Addio alle armi è una storia di amore e di guerra tra Frederic Henry, un giovane americano ricco, e Catherine Barkley. Ernest Hemingway ha sempre sognato una storia d'amore come questa e la descriveva ispirandosi alle sue esperienze sul fronte di guerra nel 1918 in Italia. Come fa notare Fernanda Pivano, il titolo inglese A Farewell to Arms può nascondere un secondo significato se tradotto come Addio alle braccia, che possono essere nella fattispecie quelle della donna amata, sottintendendo quindi un addio alla guerra ma al tempo stesso anche all'amore. La tecnica adoperata, tipica dello scrittore, si limita a raccontare in modo tagliente ed accurato il susseguirsi di vicende che accadono al protagonista. Il lettore è immerso nello stato d'animo del protagonista attraversando le sue stesse esperienze, i dialoghi, le descrizioni di ambienti e paesaggi.
Il romanzo, come il precedente Fiesta (Il sole sorgerà ancora), esprime lo stato d'animo della Lost Generation, di cui Hemingway fa parte assieme a Francis Scott Fitzgerald e altri autori statunitensi (ma non solo, in quanto un loro corrispondente può ben essere lo scrittore francese Louis-Ferdinand Céline, nonostante le opposte idee politiche). La "generazione perduta" ha perso la fiducia nei valori tradizionali, come il patriottismo, la rispettabilità borghese, il lavoro e il moralismo vittoriano, ma non riesce a trovarne di nuovi; non a caso Frederic rifiuta la guerra, prodotto del nazionalismo ottocentesco, e l'etica dell'eroismo che la guerra sottintende, e cerca di costruire un nuovo rapporto, libero da tutti i condizionamenti, con una coetanea disinibita e disincantata; ma la morte di Catherine sta a significare l'incapacità di dar vita a qualcosa in un mondo inaridito e isterilito come quello europeo dopo la grande guerra. Un simile stato d'animo, più una serie di scelte stilistiche e simboliche.
Alcuni critici hanno notato come Addio alle armi sia stato profondamente influenzato, dal punto di vista dei contenuti più che dello stile, da un precedente romanzo statunitense, Il segno rosso del coraggio, dato alle stampe dal narratore naturalistico Stephen Crane. Altri hanno dedotto, a partire dalla data d'arrivo di Hemingway in Italia, che egli non poté partecipare alla battaglia di Caporetto, ma che ne ha ricostruito lo svolgimento basandosi su racconti di militari italiani e sul memoriale dello storico inglese George Macaulay Trevelyan. Secondo Fernanda Pivano sarebbe inoltre basato sulla esperienza personale vissuta nel 1922, quando assisté come giornalista alla rovinosa ritirata greca in Tracia. Anche se liquidabile come uno scritto di "amore e guerra", il romanzo è in realtà un lavoro di altissima levatura tecnica e semantica, che vede come tema centrale quello della precarietà della vita, dell'amore e della morte. L'essenza del lavoro di Hemingway si condensa in un'immagine vivida dell'esistenza come qualcosa di estremamente materiale, ma non per questo priva di sentimenti nobili; un lasso di tempo destinato ad essere sconvolto dalla violenza e dalla morte, in cui i momenti di serenità e l'amore sono l'unica cosa che abbia senso e per cui valga la pena di lottare. L'uomo è impotente di fronte alla vita.
Ci sono dei libri che, secondo me, potrebbero sostituire i testi scolastici. Uno di questi è certamente Addio alle armi. Ce lo vedrei bene per introdurre il tema della Prima Guerra Mondiale sia in storia che in letteratura. Sono dell’idea che imparare da un libro di narrativa sia molto più utile che studiare su tanti sussidiari pieni di ripetizioni, date, numeri di morti e calamità. E poi lo stile di Hemingway, ricco di descrizioni accurate, dialoghi ed esperienze dirette (per lo più autobiografiche), fa sì che il lettore si immedesimi nei personaggi e negli stati d’animo. La guerra non è solo una cornice ma, come nella vita vera di Hemingway, è protagonista (suo malgrado). Siamo nel 1917, Frederic Henry è un giovane tenente americano che si è arruolato come autista per la Croce Rossa USA e si trova ora ad aiutare gli Alleati sul fronte austriaco (esperienza autobiografica numero 1). Qui conosce e s’innamora di Catherine Barkley, un’infermiera con la quale trascorrerà momenti felici e con la quale condividerà un’appassionante storia d’amore (esperienza autobiografica numero 2, ovviamente il nome della donna era un altro). Nonostante queste premesse Frederic si trova presto a fare i conti con il lato meno romantico e meno affascinante del conflitto tra nazioni: a contatto ogni giorno con la morte, vive in uno scenario triste e devastato come quello italiano dopo la disfatta di Caporetto, che ben descrive quelli che sono i sentimenti interiori del protagonista e dei personaggi collaterali con cui spesso egli intrattiene dialoghi e conversazioni. E ancora una volta, come in tanti romanzi di Hemingway, a presagire il peggio c’è la pioggia, che compare anche nella frase finale a chiusura del libro (finale riscritto dall’autore ben 39 volte, in un assiduo e frenetico lavoro di revisione). Addio alle armi è un libro triste, senza lieto fine. D'altrone i temi trattati da Hmingway sono spesso la morte in contrasto con l’amore, la precarietà della vita e la fragilità dell’uomo. E quei pochi momenti di serenità sono gli unici per cui valga davvero la pena lottare. Lo stesso Hemingway, nella prefazione, scrive: «Il fatto che il libro fosse tragico non mi rendeva infelice perché ero convinto che la vita è una tragedia e sapevo che può avere soltanto una fine. Ma accorgersi che si era capaci di inventare qualcosa; di creare con abbastanza verità da esser contenti di leggere ciò che si era creato; e di farlo ogni giorno che si lavorava, era qualcosa che procurava una gioia maggiore di quante ne avessi mai conosciute». E ancora, verso la fine di questa introduzione al romanzo: «[…] le guerre sono combattute dalla più bella gente che c’è, o diciamo pure soltanto dalla gente, quanto più ci si avvicina a dove si combatte e tanto più bella è la gente che si incontra, ma sono fatte, provocate e iniziate da precise rivalità economiche e da mostri che se ne avvantaggiano. Sono persuaso che tutta la gente che sorge a profittare della guerra e aiuta a provocarla dovrebbe essere fucilata il giorno stesso che incominciano a farlo da rappresentanti accreditati dei leali cittadini che la combattono». Nota storica: in Italia il libro fu messo al bando dal regime fascista e potè essere pubblicato solo dopo il 1948, perché ritenuto lesivo dell’onore delle forze armate. Hemingway fa, infatti, un’accurata analisi del morale delle truppe in quel particolare momento storico e fa ricadere proprio su questo fattore la disfatta del novembre 1917.

Io sono particolarmente legato a questo romanzo che è stato il primo "classico" ad aver letto, avevo 14 anni. Fui colpito, non conoscendo la vita di Hemingway, dal fatto che un grande romanziere americano parlasse della prima guerra mondiale in Italia e il mio adolescenziale amor patrio mi fece inorgoglire. Annmi dopo scoprii che amava farsi chiamare "veneto".

FILM

Per chi suona la campana

Robert Jordan, un giovane professore americano impegnato nella guerra civile spagnola dalla parte repubblicana, è incaricato dal generale sovietico Golz di far saltare in aria un ponte nella zona montuosa tra Madrid e Segovia. Tale operazione ha lo scopo di agevolare un'azione d'attacco repubblicana che, in caso di riuscita, porterebbe all'occupazione di La Granja e di Segovia, due città in mano ai franchisti. Tre giorni prima dell'attacco Robert Jordan si reca sul posto, dove fa la conoscenza di una banda di guerrilleros capeggiata da Pablo e composta da Pilar (la mujer di Pablo), il vecchio Anselmo, lo zingaro Rafael, Augustín, i fratelli Andrés ed Eladio, Primitivo, Fernando e Maria. La banda dimora in una caverna sulle montagne circondata dai pini. Arrivato alla caverna, Robert Jordan fa la conoscenza di alcuni dei membri della 'banda di Pablo', tra i quali Maria, una giovane ragazza spagnola entrata a far parte del gruppo in seguito a un attacco a un treno franchista, e Pilar, un'anziana donna zingara che ha preso Maria sotto la sua ala protettrice. Robert Jordan si innamora a prima vista della ragazza, sentimento che verrà poi ricambiato da quest'ultima. La sera Robert Jordan ha una dura discussione con Pablo, il quale non ha fiducia nella riuscita della missione del ponte, nella quale teme di incontrare la morte. In Robert Jordan matura quindi il forte dubbio che Pablo abbia deciso di abbandonarli. Il giorno seguente, Robert Jordan si dirige, accompagnato da Pilar e Maria, verso l'accampamento di El Sordo, capo di una banda alleata a quella di Pablo, con l'intento di chiedergli di rubare dei cavalli ai fascisti per la fuga dopo l'esplosione del ponte. La faccenda ha un'amara conclusione: scoppia una tempesta di neve che però cessa prima che El Sordo e i suoi uomini riescano a rubare i cavalli. In questo modo i fascisti, seguendo le loro orme nella neve, trovano l'accampamento di El Sordo e, dopo una lunga battaglia combattuta su una collina, uccidono tutti i guerrilleros.
La 'banda di Pablo' si ritrova quindi non solo a corto di cavalli, ma anche di uomini, dal momento che El Sordo avrebbe dovuto partecipare all'assalto assieme a loro. Come se non bastasse durante la notte prima dell'attacco Pablo abbandona gli altri portando con sé l'esploditore e il detonatore di Robert Jordan, il quale ha così la conferma dei suoi presentimenti su di lui. Pablo però si pente subito della sua decisione e torna dagli altri con cinque uomini e cinque cavalli racimolati da altre bande di guerrilleros, ma senza il materiale rubato, che ha gettato in un fiume. Il mattino seguente, mentre il grosso del gruppo assalta il posto di guardia fascista presso la segheria a monte, Robert Jordan, aiutato da Anselmo, piazza l'esplosivo sul ponte arrangiandosi come può con delle granate. Augustín copre loro le spalle nascosto tra i pini. Andrés è l'unico della banda che non partecipa all'azione perché era stato incaricato il giorno precedente da Robert Jordan di consegnare un messaggio a Golz, recante la richiesta di annullamento dell'attacco, dato che i franchisti ne sono venuti a conoscenza. Il messaggio però non arriva in tempo e la battaglia ha inizio: Eladio e i cinque di Pablo vengono uccisi dai fascisti, mentre Fernando rimane gravemente ferito all'inguine. Robert Jordan e Anselmo riescono a far saltare in aria il ponte, ma quest'ultimo viene ucciso dall'esplosione. I rimanenti membri della banda fuggono con i cavalli che erano stati sorvegliati da Maria durante l'attacco, ma Robert Jordan viene colpito da un proiettile e, cadendo da cavallo, si rompe irrimediabilmente il femore sinistro. Egli, consapevole che non potrà più scappare con gli altri, convince l'amata Maria che lui resterà sempre al suo fianco anche dopo la morte e che lei deve quindi rimanere viva per entrambi, questa volta la campana ha suonato per lui. Gli altri (Pablo, Pilar, Rafael, Primitivo, Maria e Augustín) lo lasciano in mezzo ai pini ad attendere la morte. Rimasto solo, Robert Jordan vede un ufficiale nemico avvicinarsi e si nasconde dietro un albero, pronto ad ucciderlo.
Il tema principale del romanzo è la morte. Quando a Robert Jordan è assegnata la missione di far scoppiare il ponticello, sa che non sopravviverà; come Robert anche Pablo, sapendo della missione, sa che li condurrà alla morte. Anche il Sordo, ben presto, vede l'inevitabilità della morte. Quasi tutti i personaggi principali nel libro contemplano la propria morte ed è la loro reazione alla prospettiva della morte - e il significato che le attribuiscono, particolarmente rispetto alla causa della Repubblica - che li definisce. Un tema relativo è il cameratismo intenso in previsione della morte, il generoso sacrificio di sé stessi nell'interesse della causa o per le genti. Robert, Anselmo e gli altri sono pronti a farlo “come dovrebbero“ tutti i buoni uomini; il gesto spesso ripetuto di abbraccio o di “picchiettamento” sulla spalla di un altro rinforza l'impressione di “cameratismo vicino”. Uno degli esempi migliori è Joaquín. Dopo l'esecuzione della sua famiglia gli altri compagni, abbracciandolo e confortandolo, affermano che da quel momento sono loro la sua nuova famiglia. Oltre a questo amore per i camerati, ci sono l'amore per la terra spagnola evocato attraverso l'immagine dei luoghi e i ricordi nella memoria dei sensi, per la vita stessa. Questi sono rappresentati dal suolo della foresta coperto di aghi di pino sia all'inizio che alla fine del romanzo. Alla fine del romanzo, Robert attende la morte sentendo come se il suo cuore battesse contro la pavimentazione di aghi di pino della foresta.
Un altro tema importante è il suicidio. I personaggi, compreso Robert, preferirebbero morire piuttosto che cadere in mani nemiche e sono preparati ad uccidersi, essere uccisi, o uccidere per evitarlo. Mentre il libro si conclude, Robert, ferito (ma non mortalmente) alla gamba e incapace di viaggiare con i suoi compagni, attende un'occasione finale. È preparato mentalmente al suicidio per evitare la cattura e la tortura che il nemico gli infliggerebbe per ottenere le informazioni. Eppure, spera di evitare parzialmente il sacrificio perché suo padre, che vede come un vigliacco, aveva commesso lo stesso gesto. Robert “capisce“ il suicidio ma non lo approva.
Ci sono inoltre i temi dell'ideologia politica e della bigotteria. Robert ha impiegato facilmente lo slogan conveniente "nemico della gente"; egli si muove rapidamente nei soggetti e nelle opinioni. In seguito, Robert spiega la minaccia del fascismo nel proprio paese: " Jordan, eliminando la ciotola dello stufato con il pane, ha spiegato come l'imposta sul reddito e la tassa di successione ha lavorato” ma le grandi proprietà rimangono. Inoltre, ci sono tasse sulla terra, ma certamente i grandi proprietari e i ricchi faranno una rivoluzione contro tali tasse, che sembrano essere rivoluzionarie. Si rivolteranno contro il governo quando si renderanno conto che sono minacciati, come i fascisti hanno fatto qui, Primitivo ha detto: “È possibile, allora dovrete combattere nel vostro paese come combattiamo qui” “sì, dovremo lottare.” “ma non ci sono molti fascisti nel vostro paese?” “ce ne sono molti che non sappiamo che sono fascisti ma lo scopriremo a suo tempo.”. Quest'ultima linea potrebbe essere correlata alla scrittrice Gertrude Stein e alle posizioni fasciste del libro di Ezra Pound durante la guerra civile spagnola.
La divinazione è un altro tema presente nel libro. La zingara Pilar è una lettrice della mano. Quando Robert mette in discussione le sue capacità, risponde, "Poiché l'arte del miracolo di sordità... . Non è quell'arte stupida. L'Arte è semplicemente sorda. Chi è sordo non può sentire la musica. Ne può sentire la radio. Dunque potrebbe dire, non avendo mai sentito, che tali cose non esistono."
Le immagini frequentemente usate da Hemingway per produrre l'atmosfera densa della violenza e della morte nei suoi libri sono rinomate. L'immagine principale di Per chi suona la campana è quella della macchina. Il timore dell'armamento moderno distrugge, come già ha fatto in Addio all'Armi, le concezioni dell'arte antica della guerra: il combattimento, la competizione sportiva e l'aspetto di ricerca. L'eroismo si trasforma in carneficina, l'immagine più forte impiegata qui è la fucilazione dei genitori di Maria contro la parete di un mattatoio. La gloria esiste soltanto nelle spedizioni ufficiali; qui, il tema di "disinganno" di Addio alle Armi è adattato. Gli aerei fascisti sono temuti particolarmente e, quando si avvicinano, tutta la speranza è persa. Gli sforzi dei partigiani sembrano sparire, il loro impegno e le loro abilità diventano insignificanti, "si muovono come la sorte avversa meccanizzata" e le bombe dell'aereo generano la devastazione. Con El Sordo e la sua banda gli slogan ideologici che Joaquín impiega "come se fossero talismani" non hanno effetto; ricorre alla preghiera, ma neppure quella può risparmiarlo. Ogni volta che gli aerei compaiono, indica la morte certa e vana. I soldati usando quelle armi sono dei semplici bruti, ignorando "tutta la concezione di dignità" come Fernando ha osservato. Anselmo ha insistito, "dobbiamo insegnare loro. Dobbiamo portare via i loro aerei, le loro armi automatiche, i loro serbatoi, la loro artiglieria e loro insegna la dignità". Oltre a queste minacce fisiche, gran parte della violenza è fatta a un livello metafisico. Ciò appare da una discussione fra Robert e Pablo. Pilar inoltre è un buon esempio di questo concetto. È uno dei personaggi più brutali del romanzo e danneggia quasi tutti, ma mai realmente usando la forza fisica.

Verdi colline d'Africa

Verdi colline d’Africa” (1935) racconta un safari che Hemingway fece in compagnia della moglie Pauline. Oltre a ritrarre con “precisione” e “verità” il mondo della caccia, Hemingway non rinuncia a conversazioni sull’arte dello scrivere e a riferimenti alla tradizione letteraria americana. Ne risulta un romanzo appassionante che, pur registrando fedelmente la realtà, ha il fascino di una creazione di fantasia. Un libro – per il “Times Literary Supplement” “che è espressione di una profonda gioia per la vita in Africa. II gioco della caccia è una parte intensa di quella gioia, ma c’è di più: il colore e l’odore del paese, la compagnia degli amici… e la sensazione che il tempo non conti più”.
Incipit Eravamo seduti nel rifugio costruito dai cacciatori wanderobo con frasche e ramoscelli al limite del lick salato, quando udimmo avvicinarsi il camion. Dapprima era molto lontano e non si riusciva a identificarne il rumore; poi si fermò e sperammo di non avere udito nulla, o solo il vento. Ma riprese lentamente, più vicino e sempre più rumoroso, non ci poteva essere dubbio ormai, finché terminando in un fracasso di esplosioni irregolari passò vicinissimo dietro a noi, proseguendo su per la strada. Uno dei due battitori, quello melodrammatico, si alzò in piedi. «È finita» disse. Mi portai la mano alla bocca e gli feci cenno di tacere. «È finita» ripeté, e allargò le braccia. Non mi era mai piaciuto, e ora mi piaceva ancora meno. «Più tardi» sussurrai. M’Cola scosse il capo. Guardai il suo cranio calvo e nero: egli girò un poco il viso, sì che scorsi i sottili baffi da cinese agli angoli della bocca. «Niente da fare» sentenziò. «Hapana m’uzuri.» «Aspetta un momento» gli dissi. Egli abbassò di nuovo la testa nascondendola fra i rami secchi, e restammo nella polvere della tana fino a che venne tanto buio da non poter distinguere il mirino del fucile. Ma non accadde nulla. Il battitore melodrammatico era impaziente e inquieto, un po’ prima che l’ultima luce se ne fosse andata bisbigliò a M’Cola che ormai era troppo tardi per sparare. «Stai zitto, tu» gli disse M’Cola. «Il bwana può sparare anche quando tu non ci vedi più.» L’altro battitore, quello istruito, diede un’ulteriore prova della sua istruzione graffiandosi il nome, Abdullah, sulla pelle nera della gamba con un rametto appuntito. Io lo guardai senza mostrare alcuna ammirazione e M’Cola osservò la parola scritta con una faccia assolutamente priva di espressione. Dopo un po’ il battitore cancellò tutto. Provai a mirare ancora una volta contro quel poco di luce che durava e vidi che ormai era inutile, anche con l’apertura più larga. M’Cola stava in attesa. «Niente buono» dissi. «Già» fece egli in swahili. «Torniamo all’accampamento?» «Sì.» Ci alzammo e ci avviammo, fuori dalla tana e fra gli alberi, camminando sulla terra sabbiosa e cercando una strada in mezzo alle piante e sotto i rami, verso la pista. La nostra macchina era a un chilometro e mezzo da lì, sulla strada, e come le giungemmo vicino, Kamau, il guidatore, accese i fari. Quel camion aveva guastato tutto. Nel pomeriggio avevamo lasciato la macchina sulla strada e ci eravamo avvicinati al lick con ogni precauzione. Il giorno prima era piovuto un po’, ma non tanto da sommergere il lick, che era semplicemente una radura fra gli alberi con un pezzo di terra scavata in solchi circolari e una serie di buche lungo i bordi create dagli animali che avevano leccato nel fango in cerca di sale. Avevamo veduto le lunghe orme fresche a forma di cuore di quattro grandi kudu maschi che erano venuti al lick la notte avanti e orme più recenti di kudu meno grossi. C’era anche un rinoceronte che, a giudicare dalle impronte e dal cumulo di paglia e di sterco buttato all’aria con le zampe, doveva venire ogni notte. Il rifugio era stato costruito a tiro di fucile dal lick e io, seduto con la schiena curva, le ginocchia alte e la testa bassa, nella buca piena di cenere e di polvere, appostato tra le foglie secche e i rami fragili, avevo visto un kudu uscire dalla macchia, dirigersi alla radura dove c’era il lick e fermarsi: era grigio e bello, aveva il collo forte e le corna curve contro il sole; mirai al suo petto, ma rinunciai a sparare per non impaurire il kudu più grande che doveva venire al tramonto. Ma il kudu sentì il camion ancora prima di noi e scappò via fra le piante; ogni altro animale che si fosse mosso per venire al lick dalla boscaglia o dalla pianura o stesse scendendo frammezzo agli alberi delle piccole colline si doveva essere arrestato a quello sferragliare esplosivo. Sarebbero venuti in seguito, nel buio, troppo tardi per noi. E ora ce ne andavamo in macchina lungo la pista sabbiosa, le luci dei fari sbattevano sugli occhi degli uccelli notturni che stavano accucciati nella sabbia sino a che la mole dell’auto giungeva quasi sopra di loro, e allora si levavano in volo mollemente, impauriti; e oltrepassavano i fuochi dei viaggiatori che di giorno si muovevano tutti verso occidente lungo questa strada, abbandonando le terre colpite dalla carestia che si stendevano dinanzi a noi. Io, seduto col calcio del fucile fra i piedi, la canna nella piega del braccio sinistro e una fiaschetta di whisky fra le ginocchia, ne versai in una tazza di latta facendola passare nel buio sopra le mie spalle a M’Cola perché vi versasse dell’acqua da una borraccia, e lo bevvi, il primo whisky della giornata, che è anche il migliore, e guardavo la fitta boscaglia nel buio, inspirando il fresco vento notturno e il buon odore d’Africa, felice. Ed ecco che dinanzi a noi vedemmo un grande fuoco, e come passammo e procedemmo oltre, scorsi un camion a fianco della strada. Dissi a Kamau di fermare e tornare indietro, e mentre indietreggiavamo, vidi nella luce del fuoco un uomo piccolo e con le gambe storte, cappello tirolese, calzoncini di pelle e camicia aperta, fermo davanti a un motore scoperto, in mezzo a un nugolo d’indigeni. «Serve niente?» gli chiesi. «No» rispose. «A meno che lei non sia un meccanico. Mi ha preso in antipatia, tutti i motori mi hanno in antipatia.» «Ha dato un’occhiata al distributore? Quando ci è passato davanti faceva un rumore come se dovesse trattarsi del distributore.» «Dev’essere qualcosa di molto peggio. Era un rumore tutt’altro che promettente.» «Se può venire sino al nostro accampamento, noi abbiamo un meccanico.» «Quanto è lontano?» «Circa trentadue chilometri.» «Ci proverò domattina. Adesso ho paura a farlo proseguire con quel rumore di morte dentro la pancia. Ora sta cercando di morire perché mi ha preso in antipatia. Anch’io lo detesto, però se fossi io a morire a lui non gliene importerebbe un bel niente.» «Vuol bere?» Gli tesi la fiaschetta. «Mi chiamo Hemingway.» «Kandisky» rispose lui inchinandosi. «Hemingway non è un nome nuovo per me, ma dove diavolo l’ho udito? Ah, sì. Il “Dichter”. Lei conosce Hemingway il poeta?» «Dove l’ha letto?» «Sul “Querschnitt”.» «Sono io» dissi compiaciuto. Il «Querschnitt» era una rivista tedesca per la quale avevo scritto delle poesie piuttosto oscene, e nella quale avevo pubblicato un lungo racconto, molto prima di riuscire a collocare un solo rigo in America. «È molto strano» osservò l’uomo dal cappello tirolese. «E mi dica: di Ringelnatz che ne pensa?» «È splendido.» «Così Ringelnatz le piace. Bene. E di Heinrich Mann che ne pensa?» «Non mi va.» «Veramente?» «So che non riesco a leggerlo, ecco tutto.» «Non vale proprio niente. Vedo che abbiamo qualcosa in comune. E qui che sta facendo?» «Vado a caccia.» «Non d’avorio, spero.» «No, di kudu.» «Ma come mai c’è gente che va a caccia di kudu? Anche lei, che è un uomo intelligente, un poeta: uccidere dei kudu!» «Non ne ho ancora ucciso uno» dissi. «Ma stiamo dando loro una caccia accanita da dieci giorni, e se non fosse stato per il suo camion, questa notte uno lo avremmo preso di sicuro.» «Quel povero camion. Bisognerebbe andare a caccia per un anno di seguito: alla fine se ne sono ammazzati d’ogni sorta e ci rincresce di averlo fatto. È una sciocchezza voler andare a caccia di un animale solo. Lei perché lo fa?» «Perché mi piace.» «Naturale, se proprio le piace. Ma mi dica che ne pensa, sinceramente, di Rilke.» «Non ho letto di lui che la solita cosa.» «Quale?» «L’alfiere.» «Le piace?» «Sì.» «A me fa perdere la pazienza. È tutto snobismo. Valéry, sì, lo capisco, sebbene anche lì ci sia molto snobismo. Be’, perlomeno lei non uccide elefanti.» «Se ne trovassi uno abbastanza grosso, lo ucciderei.» «Di che peso lo vorrebbe?» «Sui trenta chili, anche meno.» «M’accorgo che vi sono delle cose su cui non andiamo d’accordo. Ma che piacere incontrarsi con uno del vecchio, glorioso gruppo del “Querschnitt”. E Joyce, mi dica, com’è? Non ho i soldi per comprarlo. Sinclair Lewis non è niente. L’ho comprato. No, no, me ne parlerà domattina. La disturba che io stia accampato qui vicino? Ha degli amici con lei, qualche cacciatore bianco?» «Sono con mia moglie. Saremo felicissimi. C’è anche un cacciatore bianco.» «Perché non è fuori con lei?» «Dice che il kudu bisogna cacciarlo da soli.» «Meglio ancora non cacciarlo affatto. Che cos’è, un inglese?» «Sì.» «Un insopportabile inglese?» «Molto simpatico, anzi. Le piacerà.»

Il vecchio e il mare

Santiago è un pescatore cubano che per 84 giorni è uscito in mare ma ha avuto una pesca sfortunata. Manolin è il suo aiutante che, per decisione dei genitori, è costretto ad allontanarsi dal vecchio per andare a lavorare su barche più ricche. Nonostante i due vengano divisi, il giovane continua a prendersi cura di Santiago andando a trovarlo nella sua casa malmessa, portandogli la colazione e le notizie sul baseball americano, sport amato dal pescatore. Per l’85esimo giorno, Santiago decide di spingersi verso la Corrente del Golfo andando ben oltre le acque costiere dove era solito pescare. Durante la giornata, un grosso pesce, un marlin, abbocca ma il pescatore si vede costretto a lottare contro la sua forza. La barca viene tirata verso il basso e Santiago lotta per due giorni e due notti contro quel marlin. Il terzo giorno, il vecchio, seppur affaticato e stanco perché non è riuscito a dormire, attira vicino alla barca il pesce e riesce a sconfiggerlo. Decide, così, di rientrare a casa ma, durante il tragitto in mare verso la capanna, viene attaccato dagli squali. Il sangue del marlin ucciso li ha attirati verso di loro e Santiago è costretto a combattere anche contro questi predatori. Riesce a sconfiggere il grande squalo mako ma perde l’arpione, tuttavia, con armi di fortuna, è in grado di fronteggiare anche gli altri attacchi. Purtroppo, però, gli squali divorano il marlin lasciando solo lo scheletro, la testa e la coda del pesce. Distrutto, Santiago torna a casa e cade in un sonno profondo. Intanto, una folla di pescatori nota i resti del marlin e alcuni passanti lo scambiano per uno squalo. Preoccupato dell’assenza del vecchio, Manolin lo raggiunge in casa e tira un sospiro di sollievo quando si accorge che è adagiato sul letto e dorme. Come sempre, il giovane si prende cura di lui andando a prendergli il caffè e i quotidiani con i punteggi del baseball americano. Santiago si sveglia e lui e Manolin decidono di riprendere a pescare come partner, poi, ancora stanco, torna a dormire abbandonandosi al suo sogno preferito: i leoni che giocano sulle spiagge dell’Africa.
Il vecchio e il mare è un romanzo breve che racconta una storia semplice. Ma Il vecchio e il mar è un romanzo scritto in modo magistrale, con un’eleganza e una sobrietà che è tipica solo dei grandissimi autori. Non è un caso che questo libro sia considerato l’opera migliore di Ernest Hemingway. In poche pagine racchiude la vita di un pescatore e, metaforicamente, la vita di ognuno di noi. Lo stile di Hemingway è scorrevole e fluido, descrittivo ma mai noioso, essenziale e pulito. Il vecchio e il mare, a parte qualche termine prettamente tecnico riferito all’ambito della pesca, è un romanzo che può essere letto da tutti. Anche da chi non è molto portato per la lettura. La trama di Il vecchio e il mare è davvero scarna ma questo non toglie assolutamente forza a questo romanzo perché quello che è raccontato basta per emozionare e far riflettere. I personaggi sono soltanto tre ma restano indelebili nella memoria: il vecchio, il ragazzo ed il pesce. Mi è piaciuta moltissimo la delicata descrizione del ragazzo che accudisce il vecchio senza fargli mai perdere la dignità. Trovo che nel romanzo Hemingway abbia saputo raccontare molte sfumature dell’animo umano senza parlarne mai direttamente. Tutto si coglie tra le righe, nei pensieri del vecchio e nelle azioni del ragazzo. Affascina la parte centrale della storia, quella dedicata alla pesca. In quelle pagine sono racchiuse tutte le emozioni dell’uomo giusto, che si ritrova a lottare per la sopravvivenza senza però perdere mai il rispetto e l’ammirazione per la bellezza e la perfezione del creato. Questo libro è ambientato a Cuba ed è stato bello immergersi in quegli ambienti poveri ma ricchi di fierezza e serietà. Durante la lettura di Il vecchio e il mare è stato anche molto interessante imparare nuovi termini ed osservare la tecnica di pesca utilizzata dal protagonista. Da questi dettagli è evidente che Hemingway conosceva bene Cuba e la pratica della pesca. Lui stesso era un pescatore. La stesura di Il vecchio e il mare avvenne infatti nel 1951, quando l’autore viveva a Cuba e si dedicava con passione alla pesca. Il finale è dolce amaro, proprio come la vita; quando si leggono capolavori del genere, qualsiasi finale non è mai del tutto apprezzato perché determina la fine di una storia che ci ha tenuto compagnia. Consiglio questa lettura a tutti, è un libro che deve essere letto, non soltanto perché è un classico di alto livello ma anche perché racconta una storia che insegna a vivere. «Mi stai uccidendo, pesce, pensò il vecchio. Ma hai il diritto di farlo. Non ho mai visto nulla di grande e bello e calmo e nobile come te, fratello. Vieni a uccidermi. Non m’importa, chi sarà a uccidere l’altro.» Il libro fece vincere ad Ernest Hemingway il premio Pulitzer nel 1953 ed il Nobel per la letteratura nell’anno successivo.

E E 7

Spancer Tracy in una scena del film.

Di là dal fiume tra gli alberi

Questo americano ormai celebre e molto cercato dal pubblico femminile frequenta con la stessa padronanza gli ambienti altolocati di Venezia e Cortina e le osterie dei cacciatori delle lagune di Caorle, dove ancora oggi i vecchi ricordano le storiche bevute e le battute di caccia in botte. A Cortina conosce una giovanissima nobildonna veneziana, Adriana Ivancich, e tra i due nasce un amore intenso quanto impossibile. Lui è sposato e ha tre divorzi alle spalle, lei ha trent'anni meno di lui e appartiene a una famiglia dagli austeri principi cattolici. Di là dal fiume e tra gli alberi è il romanzo di questo amore, ed è talmente autobiografico - malgrado Hemingway lo negasse - che l'Autore stesso ne vietò la pubblicazione in Italia per almeno due anni, per proteggere in qualche modo la reputazione della baronessina Ivancich che peraltro era riconoscibilissima nella protagonista femminile, Renata. Il libro perciò uscì negli Stati Uniti nel '50, accolto tiepidamente, ma arrivò nel nostro Paese solo nel '65, quando Hemingway era già morto da quattro anni. Come altri suoi romanzi, parla d'amore e di guerra; è infatti una specie di tributo ai ricordi di guerra dell'Autore, non solo quelli di gioventù nel Veneto ma anche quelli relativi alla guerra contro i nazisti in Francia.
Hemingway era attratto dagli scenari bellici; come militare era audace e freddo, e lo sarebbe stato tutta la vita, anche nel corso dei suoi safari in Africa e dei suoi viaggi spericolati in macchina o in aereo, quasi volesse continuamente sfidare la morte che aveva visto negli occhi a diciotto anni sul Piave. E tuttavia quest'uomo che si atteggiava a cinico e sprezzante sapeva innamorarsi e diventare il più delicato e vulnerabile degli amanti. A Renata, in più occasioni, dice "Sei il mio vero amore. Il mio ultimo e unico e vero amore" . E un'altra frase in cui c'è tutto Hemingway: "Guardò Renata e il cuore gli si capovolse come un delfino nel mare. È un movimento molto bello e pochissime persone al mondo possono sentirlo ed eseguirlo". Venezia e altri nebbiosi e incantati paesaggi veneti che fanno da sfondo alla vicenda devono aver inciso non poco sull'atmosfera struggente che aleggia dall'inizio alla fine.
La trama.
Un colonnello americano, di stanza a Trieste nei primi anni del secondo dopoguerra, raggiunge in macchina, con il proprio autista, la città che adora - Venezia - e la ragazza diciannovenne che ama - Renata. Lui di anni ne ha cinquanta, è ferito nel corpo e nello spirito dalle conseguenze di due guerre e dalle disillusioni, soffre di problemi di salute che trascura e che anzi aggrava coscientemente con l'alcol. Sa che il cuore non gli reggerà a lungo, ne ha già avuto le avvisaglie, e cerca di vivere il tempo che gli resta con virile fatalismo. Nel Veneto ha combattuto, ha lasciato segno di sé lungo la linea di resistenza del Piave nel '17. A Venezia è di casa (a un certo punto dirà "è la mia città, perché da ragazzo ho combattuto per lei e, ora che ho la metà di cento anni, sanno che ho combattuto per lei e ne sono un comproprietario e mi trattano bene"). Lì ha molti amici, si lascia andare al piacere della loro compagnia davanti a ottimi pranzi di pesce e ottimi vini. Il romanzo "si articola nel confronto fra due momenti separati da un intervallo di trent’anni: il primo, con la storia del ragazzo diciannovenne ferito nella zona del Basso Piave e il secondo del ragazzo ritornato sugli stessi luoghi a quarantanove anni. L’idea era di poter includere in questo spazio di trent’anni i ricordi personali della seconda guerra mondiale, che vennero introdotti come racconti fatti dal colonnello alla giovanissima Renata instancabile nell’ascoltarli". Non voglio raccontarvi tutto, non è quello che conta. Voglio piuttosto evidenziare il sentimento profondo, quasi di compenetrazione, che legava Hemingway al Veneto. Dalle nostre parti, sul Piave, era diventato uomo sotto le granate austriache e aveva cominciato a diventare anche scrittore grazie alle memorie che avrebbe portato con sé per tutta la vita. Quindi ora faccio parlare lui, il "vecchio fanatico del Veneto" come si definiva, attraverso le frasi asciutte eppure densissime con cui descrive la nostra terra, con gli occhi del cuore. Partirono due ore prima dell’alba, e dapprima non fu necessario spezzare il ghiaccio sul canale perché erano già passate altre barche. In ogni barca, al buio, in modo che lo si udiva ma senza vederlo, il barcaiolo stava ritto a poppa, col lungo remo. Il cacciatore era seduto su uno sgabello fissato al coperchio di una cassetta che conteneva la colazione e le cartucce, e i suoi due o tre fucili erano appoggiati sul mucchio di stampi. In ogni barca c’era un cane che si agitava tremando inquieto allo starnazzare d’ali delle anatre che passavano in volo nel buio. Quattro barche risalivano il canale principale verso la grande laguna a nord. Una quinta barca era già svoltata in un canale laterale. La sesta barca svoltò ora verso sud in una laguna bassa, e non si udì frangersi d’acqua. Era tutto ghiacciato, gelato di fresco durante il freddo improvviso della notte senza vento. Era flessibile come gomma e cedeva sotto la spinta del remo. Poi si spezzava di scatto come una lastra di vetro, ma la barca procedeva di poco. "Dammi un remo" disse il cacciatore della sesta barca. Si alzò e si mise in equilibrio con cautela. Udiva le anatre passare nel buio e sentiva il cane puntare irrequieto. Verso nord udì il rumore del ghiaccio spezzato dalle altre barche. "Stia attento" disse il barcaiolo dalla poppa. "Non rovesci la barca." "Sono barcaiolo anch’io" disse il cacciatore. Prese il lungo remo che il barcaiolo gli porgeva e lo capovolse per poterlo tenere per la pala. Stringendo la pala si sporse avanti e batté sul ghiaccio con l’impugnatura. Prima premendo poi spingendo, guidò la barca avanti. Il ghiaccio si spezzò come una lastra di vetro e da poppa il barcaiolo la spinse avanti nel passaggio aperto. Dopo un po’ il cacciatore, che lavorava sodo e senza interruzione e sudava negli abiti pesanti, chiese al barcaiolo: "Dov’è la botte?". "Laggiù a sinistra. In mezzo alla prossima baia." Era sceso in macchina da Trieste a Venezia per la vecchia strada che univa Monfalcone a Latisana attraverso la pianura. Aveva un bravo autista e si era abbandonato tranquillo sul sedile anteriore della macchina a guardare la regione che aveva conosciuto da ragazzo. È molto diversa ora, pensò. Probabilmente perché le distanze sono tutte cambiate. Quando si invecchia tutto sembra molto più piccolo. E poi, ora le strade sono migliori e non c’è polvere. Le sole volte che sono passato di qui in macchina è stato su qualche camion. Altrimenti andavamo sempre a piedi. Fecero una curva e attraversarono su un ponte provvisorio il Tagliamento. Era verde lungo le rive e qualcuno pescava sulla sponda lontana che precipitava ripida nell’acqua. Il ponte era stato fatto saltare in aria, e i resti degli edifici e annessi di ciò che ormai erano le macerie di una villa costruita dal Longhena mostravano il punto nel quale i bombardieri leggeri avevano sganciato il loro carico. Qualche settimana prima era passato da Fossalta e si era spinto sulla strada avvallata per trovare il punto dov’era stato ferito, sulla sponda del fiume. Era facile da trovare per via della curva del fiume, e nel punto dov’era stato il nido di mitragliatrici pesanti il cratere era coperto d’erba liscia. In quel tratto il fiume era lento e di un azzurro fangoso, con le canne lungo le sponde, e il colonnello, mentre non c’era nessuno a vederlo, si accoccolò a terra e guardando di là dal fiume fece i suoi bisogni nel punto esatto dove aveva stabilito, per triangolazione, di esser stato ferito gravemente trent’anni prima. "Non è molto" disse ad alta voce al fiume e alla riva del fiume grevi del silenzio d’autunno e intrisi delle piogge autunnali. "Ma almeno l’ho fatto io." Stavano passando nella parte più scialba del canale che porta dal Piazzale Roma a Ca’ Foscari; ma nessuna parte è scialba, pensò il colonnello. Non è detto che tutto debba avere palazzi o chiese. Non è scialbo di sicuro. Guardò sulla sua destra. C’era un bell’edificio lungo, basso, simpatico, e lì accanto una trattoria. È qui che devo venire a vivere. Con i soldi della pensione ce la farei benissimo. Una camera in una casa come questa, e il movimento delle maree e le barche che passano. A che età si diventa vecchio in questo paese, pensò il colonnello. Nessuno è mai vecchio a Venezia, ma si matura molto in fretta. Anch’io sono maturato molto rapidamente nel Veneto, e non sono mai stato vecchio come a ventun anni. "Dove vorresti essere sepolto?" "Sulle colline" disse, prendendo una rapida decisione. "In un punto qualsiasi dell’altopiano dove li abbiamo battuti." "Secondo me dovresti essere sepolto sul Grappa." "Sull’angolo morto di qualsiasi pendio crivellato di granate purché mandino il bestiame a pascolare sopra di me durante l’estate." Fernanda Pivano.

Fiesta

Fiesta (Il sole sorgerà ancora) (The Sun also Rises) è il primo romanzo di Ernest Hemingway. Venne pubblicato a New York nel 1926. Il libro racconta le vicende di un gruppo di amici, americani e britannici, residenti a Parigi. Per l'estate hanno organizzato una vacanza in Spagna, per pescare sui Pirenei occidentali e per assistere alla festa di San Firmino di Pamplona, nota per le sue corride. Il protagonista del romanzo, Jacob Barnes (Jake), è un giornalista, inviato a Parigi. Innamorato di Brett, ovvero Lady Brett Ashley, conosciuta in un ospedale inglese in cui lei era infermiera e lui in convalescenza dopo aver subito una ferita in guerra, è impossibilitato ad averla, proprio a causa della ferita. Brett è bella ed è disponibile. Sta per sposare Mike Campbell ma non si nega ad altre relazioni, ponendosi come forza disgregatrice del gruppo. Una volta a Pamplona Brett si lascia andare alla passione con un giovane torero, Pedro Romero, e alla fine della fiesta spagnola il gruppo è ridotto in macerie. La vita riprenderà con i soliti ritmi una volta che tutti saranno rientrati a Parigi.
Trama
Robert Cohn è un giovane scrittore statunitense di religione ebraica. Arrivato in Europa su iniziativa della sua fidanzata, Frances, dopo aver compiuto il Grand Tour si ferma a Parigi, dove frequenta altri americani, per lo più artisti. La prima guerra mondiale è terminata da non molto e Parigi è una città vivace e accogliente, con i suoi caffè, l'alcol, i mille svaghi. Robert è presentato come una persona timida e per bene, succube delle donne. «...sposò la prima ragazza che fu carina con lui. Rimase sposato cinque anni, ebbe tre bambini, spese la maggior parte dei cinquantamila dollari che il padre gli aveva lasciato...e si fossilizzò in una poco attraente muffa domestica nella infelice convivenza con una moglie ricca. Proprio quando, alla fine, aveva preso la risoluzione di piantare la moglie, questa piantò lui andandosene con un miniaturista.» Il primo romanzo di Robert Cohn viene pubblicato, ed egli rientra negli Stati Uniti per promuoverlo. Questo viaggio genera una crisi tra Robert e Frances. Lui si rende conto di poter essere indipendente da Frances, e lei, che sperava di concludere un matrimonio vantaggioso, confida a Jake che ormai sono a un passo dalla rottura. Una sera Jake, in vena di romanticismo e stufo di essere solo, invita a cena una prostituta, Georgette. Al ristorante incontra una folta compagnia di compatrioti, i quali lo invitano insieme a Georgette a una serata danzante. La balera è un semplice locale adattato a "club danzante", ma la serata vede l'incontro di Brett e di Robert Cohn, incontro che sarà foriero di una serie di conseguenze. Robert capisce di essersi innamorato della giovane donna conosciuta al ballo e a causa sua ha un'accesa discussione con Jake; Brett intanto continua a tormentare Jake col suo comportamento allegro, ma quando lui le offre di vivere insieme malgrado i ripetuti tradimenti, lei rifiuta. Frances è partita per l'Inghilterra in visita da amici e Jake può stare finalmente un po' tranquillo. In quel periodo arriva direttamente da New York anche Bill Gorton, un vecchio amico di Jake, e insieme progettano una vacanza in Spagna, dove pensano di trascorrere una settimana di pesca lungo i fiumi montuosi dei Paesi Baschi e poi una settimana a Pamplona per la Fiesta di San Fermin. A Bayonne si fermano per una battuta di pesca: Jake e Bill si godono così cinque giorni d'armonia e tranquillità pescando per i torrenti vicino Burguete, nella zona collinosa a nordest di Pamplona. Quando il gruppo, al quale si è unito, oltre a Robert, anche il futuro marito di Brett, Mike Campbell (appena giunto dalla Scozia), si trasferisce a Pamplona per assistere alla corrida, i protagonisti si separano e un poco alla volta cominciano tutti a bere pesantemente; la presenza di Robert provoca oltretutto scherni ed osservazioni antisemite. A questo punto l'uomo, ex campione di boxe al college, prima litiga furiosamente e poi fa direttamente a cazzotti sia con Jake che con Mike. All'indomani della festa, tornati tutti più o meno sobri, lasciano Pamplona; Brett sembra essersi innamorata di un giovane torero di nome Pedro Romero (che ha sedotto all'Hotel Montoya) e se ne va con lui, mentre Mike, Bill e Jake si spostano insieme in direzione di Bayonne, dove poi si separano. Mike non ha più soldi e va ospite sulla costa, Bill ritorna a Parigi e Jake decide di rimanere ancora alcuni giorni a San Sebastián, nel nordest della Spagna. A San Sebastián egli ritrova la calma, ma, mentre è in procinto di tornare a Parigi, arriva un telegramma da Madrid da parte di Brett, la quale afferma d'aver bisogno di lui. Jake la raggiunge e la trova sola e serena in un albergo economico senza più alcun soldo; è però riuscita a mandare via il torero - anche se l'amava - perché ha capito di non poter sposare nessuno senza distruggerlo, e non voleva pertanto fargli del male. Jake e Brett sono così nuovamente insieme, anche se sanno che a Parigi tutto tornerà come prima e che tra di loro non avrebbe mai potuto funzionare. «"Oh, Jake" Brett disse. "Noi due saremmo stati bene assieme." Di fronte a noi su una pedana, un poliziotto in kaki dirigeva il traffico. Alzò la sua mazza. La macchina improvvisamente rallentò, spingendo Brett contro di me. "Già" dissi io, "non è bello pensare così?"»



Eugenio Caruso - 17 agosto 2022

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www.impresaoggi.com