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Glossario su energia e ambiente

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Acqua
L’energia cinetica delle masse d’acqua (acquisita cioè dall'energia potenziale che una massa d'acqua perde con un salto o un percorso in pendenza) viene utilizzata da tempi immemorabili per scopi energetici: è stata anzi la prima fonte energetica largamente usata dall'uomo in sostituzione di quella muscolare e animale. Attualmente lo sfruttamento prevalente dell'energia cinetica delle acque, siano esse fluenti o in caduta, è relativo alla produzione di energia elettrica. Sono proprio quelli idraulici i più grandi impianti esistenti per la produzione di elettricità (centrali idroelettriche). Nel 1984 sul fiume Paranà, al confine tra Brasile e Paraguay, è stata inaugurata la centrale di Itaipu, che ha una potenza complessiva di circa 13.000 MW. In Cina sono in via di completamento i lavori per la centrale delle Tre Gole, sul fiume Yang-Tze, che una volta ultimati renderanno disponibile una potenza di oltre 17.000 MW. L’elettricità prodotta dalle centrali idroelettriche non ha alcun tipo di emissione inquinante. L’unico impatto ambientale - di rilievo solo per le centrali più grandi - è costituito dalle modificazioni degli ambienti naturali conseguenti alla realizzazione degli sbarramenti artificiali necessari per un adeguato sfruttamento dell’energia idraulica. Tra le fonti rinnovabili l’energia idroelettrica è di gran lunga quella di maggiore importanza. Contribuisce infatti per una quota rilevante alla domanda mondiale di energia primaria: oltre il 6% su scala mondiale, ma con valori molto superiori per alcune aree geografiche (a esempio il 27,5% nel caso dell’America centro-meridionale) o singoli Paesi. Anche in Italia – dove le attività idroelettriche risalgono ai primi del ‘900 e dove si è sviluppato un know-how tecnologico avanzato – la produzione di energia idroelettrica continua a rivestire un ruolo di primo piano, con un contributo che, pur variando di anno in anno a seconda del livello delle precipitazioni, corrisponde a circa un sesto dell’intera produzione elettrica nazionale. La realizzazione nel corso del Novecento delle maggiori opere impiantistiche nel settore ha in pratica esaurito le possibilità di sfruttamento energetico della fonte idrica sul nostro territorio.
Acquirente unico
Acquirente Unico è la Società per azioni del gruppo Gestore dei Servizi Elettrici – GSE Spa, cui è affidato per legge il ruolo di garante della fornitura di energia elettrica alle famiglie e alle piccole imprese, a prezzi competitivi e in condizioni di continuità, sicurezza ed efficienza del servizio. Il compito di Acquirente Unico è quello di acquistare energia elettrica alle condizioni più favorevoli sul mercato e di cederla ai distributori o alle imprese di vendita al dettaglio, per la fornitura ai piccoli consumatori che non acquistano sul mercato libero. Dal 1° luglio 2007, con la completa apertura del mercato elettrico, Acquirente Unico acquista l’energia elettrica per il fabbisogno dei clienti appartenenti al mercato di “maggior tutela”, consumatori domestici e piccole imprese (connesse in bassa tensione, con meno di 50 dipendenti e un fatturato annuo non superiore a 10 milioni di euro) che non hanno scelto un nuovo fornitore nel mercato libero.
Accumulatore elettrico
Vedi le voci batteria ricaricabile e pila chimica.
Alghe
Produrre energia dalle alghe.
Alleggeritori automatici del carico
Relè sensibili al valore della frequenza e della sua derivata che comandano il distacco di predefiniti blocchi di carico quando la frequenza, a seguito di disservizi, raggiunge valori non compatibili con l’esercizio del sistema elettrico.
Alta Tensione (AT)
Tensione nominale tra le fasi elettriche superiore a 35 kV e uguale o inferiore a 150 kV.
Alternatore
L'alternatore è una macchina elettrica rotante basata sul fenomeno dell'induzione elettromagnetica, che trasforma energia meccanica in energia elettrica sotto forma di corrente alternata assumendo la funzione di trasduttore. Svolge in pratica l'azione inversa rispetto al motore sincrono e presenta la stessa struttura di base. Generatore sincrono. La macchina è costituita da una parte cava fissa, chiamata statore, al cui interno ruota una parte cilindrica calettata sull'albero di rotazione, detta rotore. Sullo statore sono presenti gli avvolgimenti elettrici su cui vengono indotte le forze elettromotrici che sosterranno la corrente elettrica prodotta. Il rotore genera il campo magnetico rotante per mezzo di elettromagneti, i quali sono a loro volta opportunamente alimentati oppure vengono utilizzati dei magneti permanenti i quali non necessitano di alimentazione. La tipologia costruttiva varia notevolmente a seconda del tipo di macchina a cui sono accoppiati. In caso di alternatori siti in centrali idroelettriche dove la turbina idraulica ruota a frequenze di centinaia di giri al minuto l'avvolgimento rotorico sporge rispetto all'albero (si parla di macchina ad N "poli salienti"). La velocità dipende dalle caratteristiche della turbina idraulica ed è inversamente proporzionale al numero dei poli. Alternatori accoppiati a turbomacchine (turbine a gas o a vapore) hanno anche l'avvolgimento rotorico alloggiato in cave, ruotano a frequenze maggiori, comparabili con la frequenza di rete, e si distinguono ulteriormente per tipologia di raffreddamento, ad aria, acqua e ad idrogeno. Il rendimento di questi alternatori è molto altro, intorno al 0,97 (97%) per scendere fino al 0,85 (85%). Generatore asincrono. Nel caso invece si utilizzi come base un motore asincrono, tale motore viene utilizzato come generatore soltanto quando le potenze in gioco sono contenute e principalmente quando è collegato a una rete elettrica prevalente (rete nazionale), che è mantenuta in tensione da alternatori sincroni. Il motore asincrono per poter funzionare come generatore preleva energia reattiva dalla rete per magnetizzare il circuito rotorico (essendo i circuiti rotorici a gabbia di scoiattolo sono privi d'eccitazione), il rotore viene poi avviato tramite una sorgente energetica esterna (fonte meccanica) portandolo in ipersincronismo (il campo magnetico del rotore ruota più velocemente del campo magnetico dello statore), diventando generatore di energia, in questa condizione mentre eroga potenza attiva verso la rete prevalente, assorbe contemporaneamente potenza reattiva per tenere alimentato il campo magnetico rotante. Secondo alcuni studi il rendimento di tali macchine dovrebbe essere attestato intorno a 0,6 (60%), per scendere fino al 0,4 (40%) risultando quindi molto inferiore in confronto al sistema sincrono, ma col vantaggio d'essere robusto e semplice da gestire, in quanto in caso d'aumento della velocità dell'albero non si ha la sovrafrequenza (frequenza più elevata), ma fenomeni meccanici all'albero del tipo frenatura. Per far funzionare un generatore asincrono in isola (senza rete principale esterna in collegamento, ma a essere il solo generatore), si utilizzano dei condensatori per il rifasamento collegati ai morsetti del motore, che consentono lo scambio dell'energia reattiva (potenza reattiva) necessaria al motore, permettendone il suo funzionamento come generatore, il difetto di quest'applicazione è la richiesta obbligata di una sorgente d'energia alternata per l'avviamento, mentre una volta avviato il sistema va in stabilità e avviene l'erogazione di potenza attiva.
Altissima Tensione (AAT)
Tensione nominale tra le fasi elettriche superiore a 150 kV.
Ambiente.
In generale l'ambiente è il contesto, l'intorno in cui e/o con cui un elemento fisico o virtuale si rapporta e si relaziona. Dal latino "ambiens" ciò che sta attorno. Indica l'insieme delle condizioni fisiche (temperatura, pressione, ecc.), chimiche (concentrazioni di sali, ecc.) e biologiche in cui si svolge la vita. L'ambiente è un sistema aperto, capace di autoregolarsi e di mantenere un equilibrio dinamico, all'interno del quale si verificano scambi di energia e di informazioni. Esso include elementi non viventi (acqua, aria, minerali, energia) o "abiotici" ed elementi viventi o "biotici" tra i quali si distinguono organismi produttori (vegetali), consumatori (animali) e decompositori (funghi e batteri). Contesto nel quale l'organizzazione opera, comprendente l'aria, l'acqua, il terreno, le risorse naturali, la flora, la fauna, gli esseri umani e le loro interrelazioni. Il contesto si estende dall'interno di una organizzazione al sistema globale (UNI EN ISO 14001:1996).
Attestato di certificazione energetica di un edificio (APE).
L'Ape (attestazione di prestazione energetica) contiene la «targa energetica» che sintetizza le caratteristiche energetiche dell'immobile. Per misurarle, il tecnico deve analizzare le caratteristiche termo igrometriche, i consumi, la produzione di acqua calda, il raffrescamento e il riscaldamento degli ambienti, il tipo di impianto, eventuali sistemi di produzione di energia rinnovabile. L'attestato deve contenere anche i dati catastali dell'immobile. Nel caso si debba vendere la propria abitazione o stipulare un nuovo contratto di locazione per tovare un inquilino, i relativi annunci commerciali tramite tutti i mezzi di comunicazione devono riportare l'Indice di prestazione energetica (Ipe) dell'involucro edilizio e globale dell'edificio o dell'unità immobiliare e la classe energetica corrispodente, contenute nell'attestato di prestazione energetica. Poi, durante le trattative di compravendita o di locazione, venditori e locatori devono rendere disponibile al potenziale acquirente o al nuovo conduttore l'attestato di prestazione energetica. In caso di vendita l'attestato dovrà essere consegnato all'acquirente, così come in caso di locazione al conduttore. Il decreto 63/2013, poi convertito dalla legge 90/2013, ha introdotto l'Ape al posto del precedente Ace (attestato di certificazione energetica) e ha sanzionato di nullità, in caso di mancata allegazione dell'Ape, a far tempo dal 6 giugno 2013, tutti i contratti di compravendita immobiliare (e pure di ogni altro contratto traslativo di immobili a titolo oneroso: permuta, conferimento in società, transazione, rendita, eccetera); i contratti di donazione e ogni altro atto traslativo di immobili a titolo gratuito; i "nuovi" contratti di locazione (vale a dire non i contratti che siano una proroga di precedenti contratti).
Attestato di qualificazione energetica di un edificio
Documento predisposto ed asseverato da un professionista abilitato, non necessariamente estraneo alla proprietà, alla progettazione o alla realizzazione dell’edificio, attestante la prestazione energetica dell’edificio e comprendente anche l’indicazione di possibili interventi migliorativi delle prestazioni energetiche. Sul frontespizio è indicato che il documento non costituisce attestato di certificazione energetica dell’edificio, ed è dichiarato il ruolo ricoperto dall’estensore con riferimento all’edificio. L’attestato di qualificazione energetica sostituisce l’attestato di certificazione energetica fino alla data di entrata in vigore delle Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici, di cui all’articolo 6, comma 9, del D.Lgs 192/05.
Attestazione di certificazione energetica, ACE
Vedi articolo dettagliato.
Autoproduttore
La persona fisica o giuridica che produce energia elettrica e la utilizza in misura non inferiore al 70% annuo per uso proprio ovvero per uso delle società controllate, della società controllante e delle società controllate dalla medesima controllante, nonché per uso dei soci delle società cooperative di produzione e distribuzione dell'energia elettrica (vedi art. 4, num. 8, legge 6 dicembre 1962, n. 1643) degli appartenenti ai consorzi o società consortili costituiti per la produzione di energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili e per gli usi di fornitura autorizzati nei siti industriali anteriormente alla data di entrata in vigore del DL n.79 del 16.3.99.
Autorità per l’energia elettrica e il gas (AEEG)
Autorità indipendente di regolazione alla quale è affidata la funzione di garantire la promozione della concorrenza e dell’efficienza del settore elettrico e del gas, istituita ai sensi della legge 14 novembre 1995, n. 481.
Banda larga.
Nell'ambito della teoria dei segnali questo termine è usato per indicare i metodi che consentono a due o più segnali di condividere la stessa linea trasmissiva. Nella legislazione italiana ed europea manca una definizione ufficiale di banda larga. Tuttavia la Commissione europea usa il termine Banda larga in un'altra accezione cioè come sinonimo di connessione alla rete Internet più veloce di quella assicurata da un normale modem analogico. Essa è di fatto un concetto tipicamente relativo dei nuovi sistemi di telecomunicazione rispetto ai precedenti oppure assoluto se si paragonano tra loro i più evoluti sistemi di telecomunicazione (es. wireless o cablati). In questo senso la più tipica banda larga sarebbe quella assicurata dalla connessione tramite fibre ottiche. Pur tuttavia con tale espressione si può intendere anche la banda dei sistemi mobili di telecomunicazioni (es. cellulari e smartphone) di terza generazione (3G) con accesso alla rete Internet rispetto a quelli di seconda generazione (2G) (wireless broadband o banda larga radiomobile), i quali tutti hanno comunque un'ampiezza di banda inferiore rispetto alle reti cablate in fibra ottica specie in un contesto di banda totale condivisa tra molti utenti. In tale accezione l'evoluzione dei sistemi cablati viaggia ora verso la cosiddetta banda ultralarga (ultrabroadband) grazie all'avvento delle tecnologie 4G. Vedi articolo.
Bassa tensione (BT)
Tensione nominale tra le fasi elettriche uguale o inferiore a 1kV.
Batteria ricaricabile
La batteria ricaricabile è una batteria la cui carica può essere completamente ristabilita mediante l'applicazione di un'adeguata energia elettrica. Ne esistono di vari tipi, con diverse capacità elettriche, differenti composizioni chimiche, forma e dimensioni. Sono anche conosciute come pile secondarie, cellule secondarie o accumulatori (abbr. accu/akku). Tentare di ricaricare batterie non-ricaricabili (primarie) può provocare un pericoloso surriscaldamento dell'elettrolita fino a provocarne la fuoriuscita o l'esplosione. Alcuni tipi di batterie ricaricabili sono suscettibili di danni dovuti ad una scarica completa (Pb, Li-ion) mentre altre devono essere ciclicamente scaricate onde evitare un rapido degrado delle prestazioni (effetto memoria in inglese lazy battery, isteresi).
Batteria litio-ione
Il tipo di batteria ricaricabile noto come accumulatore litio-ione (a volte abbreviato Li-Ion) è un tipo di batteria ricaricabile comunemente impiegato nell' elettronica di consumo. È attualmente uno dei tipi più diffusi di batteria per laptop e telefono cellulare, con uno dei migliori rapporti potenza-peso, nessun effetto memoria ed una lenta perdita della carica quando non è in uso. Tali batterie possono essere pericolose se impiegate impropriamente e se vengono danneggiate, e comunque, a meno che non vengano trattate con cura, si assume che possano avere una vita utile più corta rispetto ad altri tipi di batteria. Una versione più avanzata della batteria litio-ione è l'accumulatore litio-polimero.Vantaggi. Le batterie al litio-ione possono essere costruite in una vasta gamma di forme e dimensioni, in modo da riempire efficientemente gli spazi disponibili nei dispositivi che le utilizzano. Tali batterie sono anche più leggere delle equivalenti fabbricate con altri componenti chimici - spesso molto più leggere. Questo perché gli ioni di litio hanno una densità di carica molto elevata - la più alta di tutti gli ioni che si sviluppano naturalmente. Gli ioni di Li sono piccoli e mobili, ma stoccabili più prontamente di quelli di idrogeno. Inoltre una batteria basata sul litio è più piccola di una con elementi di idrogeno, come le batterie all'idruro metallico di nichel, e con meno gas volatili. Gli ioni necessitano di meno intermediari per l'immagazzinaggio, cosicché più peso della batteria è utilizzabile per la carica, invece che per l'overhead. Le batterie Li-ion non soffrono dell'effetto memoria. Hanno anche un basso ritmo di auto-scarica approssimativamente del 5% mensile, paragonato all'oltre 30% mensile e 20% mensile in batterie all'idruro metallico di nichel e al nichel-cadmio, rispettivamente. In effetti, le batterie Li-Ion (in particolare le batterie al Li-Ion "stupide") non hanno processi di auto-scarica nel significato abituale della parola, ma soffrono di una lenta perdita permanente di capacità. D'altro canto, le pile al Li-Ion "intelligenti" si auto-scaricano lentamente, a causa del piccolo consumo del circuito di monitoraggio del voltaggio inserito in esse; questo consumo è la sorgente più importante di auto-scarica in queste batterie. Svantaggi. L'unico svantaggio della batteria al Li-Ion è che presenta un degrado progressivo anche se non viene utilizzata (durata di conservazione, in Inglese "Shelf Life"), a partire dal momento della fabbricazione, indipendentemente dal numero di cicli di carica/scarica. Questo svantaggio non è molto pubblicizzato. Ad un livello di carica del 100%, una tipica batteria Li-Ion per calcolatore portatile caricata al 25% e conservata a 25° C perderà irreversibilmente circa il 20% della sua capacità all'anno. Tuttavia la batteria di un computer portatile poco ventilato potrebbe venire esposta a temperature più alte, abbreviandone ulteriormente la durata. Questo tipo di degrado peggiora con l'aumento della temperatura di conservazione e dello stato di carica. Per questo gli accumulatori Li-Ion non sono adatti ad essere usati come fonte secondaria di energia: per questa applicazione sono più indicati gli accumulatori al piombo, o anche le batterie al Ni-MH. Siccome la potenza massima che può essere continuamente prelevata dalla batteria dipende dalla sua capacità, nei dispositivi che richiedono alta potenza (relativa alla capacità della batteria espressa in A·h), come computer portatili e videocamere, le batterie al Li-Ion spesso si guastano bruscamente anziché mostrare una graduale diminuzione della durata di uso dell'equipaggiamento. Al contrario, i dispositivi che richiedono bassa potenza, come i telefoni portatili, possono sfruttare l'intero ciclo di vita della batteria. Una pila al Li-Ion singola non va mai scaricata sotto una certa tensione, per evitare danni irreversibili. Di conseguenza tutti i sistemi che utilizzano batterie al Li-Ion sono equipaggiati con un circuito che spegne il sistema quando la batteria viene scaricata sotto la soglia predefinita. Dovrebbe dunque essere impossibile scaricare la batteria "profondamente" in un sistema progettato correttamente durante il normale uso. Questa è anche una delle ragioni per cui le pile al litio non vengono mai vendute da sole ai consumatori, ma solo come batterie finite progettate per adattarsi ad un sistema particolare. Quando il circuito di monitoraggio della tensione è montato all'interno della batteria (la cosiddetta "batteria intelligente") anziché come equipaggiamento esterno, consuma continuamente una piccola corrente dalla batteria anche quando non è in uso, la batteria non va a maggior ragione immagazzinata per lunghi periodi completamente scarica, per evitare danni permanenti. Le batterie Li-Ion non sono durature come quelle al nichel metal-idrato o al nichel-cadmio, e possono essere pericolose se se ne sbaglia l'utilizzo. Di solito sono anche più costose. Specifiche.

  • Densità specifica di energia: da 150 a 200 W·h/kg (da 540 a 720) kJ/kg)
  • Densità volumetrica di energia: da 250 a 530 W·h/L (da 900 a 1900 J/cm3)
  • Densità specifica di potenza: da 300 a 1500 W/kg (@ 20 secondi)


Una reazione chimica tipica della batteria al Li-Ion è come segue:

\mathrm{Li}_{\frac12} \mathrm{Co} \mathrm{O}_2 + \mathrm{Li}_{\frac12}\mathrm{C}_6 \leftrightarrow \mathrm{C}_6 + \mathrm{Li}\mathrm{Co}\mathrm{O}_2


Le batterie agli ioni di litio hanno una tensione di circuito aperto nominale di 3.6 V e una tensione di ricarica tipica di 4.2 V. La procedura di ricarica è a tensione costante con limite di corrente. Questo significa caricare con corrente costante finché una tensione di 4.2 V viene raggiunta dalla pila e continua con tensione costante finché la corrente diventa nulla o quasi. (Tipicamente la carica viene terminata al 7% della corrente iniziale di carica). Le vecchie batterie agli ioni di litio non potevano essere caricate velocemente e necessitavano tipicamente di almeno 2 ore per ricaricarsi completamente. Le pile della generazione attuale si ricaricano completamente in 45 minuti o meno; alcune raggiungono il 90% di carica in appena 10 minuti. Il design interno delle pile a ione di litio è come segue. L'anodo è fatto con carbonio, il catodo è un ossido metallico, e l'elettrolita è un sale di litio in solvente organico. Poiché il metallo di litio, che potrebbe essere prodotto in condizioni irregolari di ricarica, è molto reattivo e può causare esplosioni, le pile agli ioni di litio solitamente hanno incorporati circuiti elettronici protettivi e/o fusibili per evitare l'inversione di polarità, sovraccarichi di tensione e surriscaldamento.
Batteria nichel cadmio
La batteria nota come accumulatore nichel-cadmio (comunemente abbreviata NiCd) è un tipo molto popolare di accumulatore ricaricabile, usato spesso in apparecchi portatili dell'elettronica di consumo ed in giocattoli, ed impiega i metalli nichel (Ni) e cadmio (Cd) come reagenti chimici. L'abbreviazione NiCad è un marchio registrato della SAFT Corporation e non dovrebbe essere utilizzato per riferirsi genericamente alle batterie nichel-cadmio. Spesso vengono impiegate come un rimpiazzo delle celle primarie, come batterie per l'alto carico (heavy duty) oppure per sostituire le batterie alcaline, che sono spesso disponibili in molte delle stesse misure delle pile standard. Inoltre, le batterie NiCd hanno un mercato di nicchia nell'area dei telefoni cordless (senza cordone, come il DECT) e wireless (senza fili), nell'illuminazione di emergenza, così come in molti tipi di utensile elettrico di potenza. Le batterie NiCd contengono un elettrodo positivo di idrossido di nichel, un elettrodo negativo di idrossido di cadmio, un separatore e un elettrolita alcalino. Le batterie NiCd di solito hanno un contenitore di metallo con una placca sigillante con una valvola di sicurezza auto-sigillante. Gli elettrodi, isolati da ogni altra cosa tramite il separatore, sono arrotolati a spirale dentro al contenitore. La reazione chimica che avviene in una batteria NiCd è:

2 NiO(OH) + Cd + 2 H_{2}O \leftrightarrow 2 Ni(OH)_2 + Cd(OH)_2

Questa reazione va da sinistra a destra quando la batteria viene scaricata e da destra a sinistra quando viene ricaricata. L'elettrolita alcalino (di solito KOH) non viene consumato in questa reazione. Quando Jungner costruì le prime batterie nickel-cadmio, usò l'ossido di nickel nel catodo e ferro e cadmio nell'anodo. Non molto dopo iniziarono ad essere impiegati cadmio puro e idrossido di nichel. Fino al 1960 circa, la reazione nelle batterie al nickel-cadmio non era ancora totalmente chiara.C'erano numerosi aspetti da conoscere a fondo , come ad esempio i prodotti della reazione. There were several speculations as to the reaction products. Il dibattito fu definitivamente risolto dalla spettrometria. Un'altra innovazione importante alla base delle pile NiCd fu l'aggiunta di idrossido di litio all'elettrolita idrossido di potassio. Si credeva in questo modo di poter rendere le batterie più resistenti, prolungando quindi la vita media delle batterie. Tuttavia la batteria al nickel-cadmio nella sua forma moderna è estremamente resistente di per sé,pertanto questa pratica è stata abbandonata. Il sovraccaricamento fa ormai parte della progettazione stessa delle pile. Nel caso delle NiCd, ci sono due possibili effetti del sovraccaricamento. Se l'anodo è sovraccaricato, si produce idrogeno; se il catodo è sovraccaricato, si produce ossigeno. Per questo motivo, l'anodo è sempre progettato per avere una capacità più alta del catodo, per evitare il rilascio di idrogeno.Le batterie a nichel-cadmio sono ventilate,con delle valvole che si aprono oltrepassata una certa temperatura interna. Questo meccanismo complesso, non necessario nelle batterie alcaline, contribuisce al loro costo più elevato. Le batterie NiCd contengono cadmio, che è un metallo pesante tossico e quindi richiede attenzione speciale durante il suo smaltimento. Negli Stati Uniti infatti, parte del prezzo di una batteria NiCd serve allo smaltimento della stessa alla fine del suo ciclo di vita.
Becquerel
Il becquerel (simbolo Bq) è l'unità di misura del Sistema internazionale dell'attività di un radionuclide (spesso chiamata radioattività), ed è definita come l'attività di un radionuclide che ha un decadimento al secondo. Perciò dimensionalmente equivale a s-1. 1Bq equivale ad 1 disintegrazione al secondo. Equivalenze rispetto alle vecchie unità:
1 Rd = 106 Bq = 1 MBq
1 Bq = 2,7×10-11 Ci = 27 picocurie (quindi 1 [Ci] = 3,7 1010 [Bq]).
Il becquerel deve il suo nome a Antoine Henri Becquerel, che nel 1903 vinse il premio Nobel insieme a Marie Curie e Pierre Curie per il loro pionieristico lavoro sulla radioattività.
Big bang
Vedi articolo I Vedi articolo II
Bilanciamento
Il bilanciamento è il servizio svolto dal GRTN per consentire il mantenimento dell'equilibrio tra immissioni e prelievi di energia elettrica sulla rete nazionale. La disciplina del bilanciamento si applica ai clienti finali idonei, i quali sono tenuti a stipulare, direttamente o mediante un soggetto delegato, un contratto per il bilanciamento con il Gestore della Rete.
Biogas
Con il termine biogas si intende una miscela di vari tipi di gas (per la maggior parte metano, dal 50 al 80%) prodotto dalla fermentazione batterica in anaerobiosi (assenza di ossigeno) dei residui organici provenienti da rifiuti, vegetali in decomposizione, carcasse in putrescenza, liquami zootecnici o di fognatura. L'intero processo vede la decomposizione del materiale organico da parte di alcuni tipi di batteri, producendo anidride carbonica, idrogeno molecolare e metano (metanizzazione dei composti organici). Il biogas si forma spontaneamente negli accumuli di materiale organico. Le discariche di rifiuti urbani ne sono quindi grandi produttori, visto che normalmente il 30-40% del rifiuto è appunto materiale organico; tale gas deve essere captato per evitarne la diffusione nell'ambiente. A titolo di esempio, da una discarica di circa 1.000.000 di metri cubi che cresce di 60.000 mc ogni anno, si possono estrarre quasi 5,5 milioni di metri cubi di biogas all'anno (oltre 600 mc ogni ora). Sono state sviluppate tecnologie ed impianti specifici che, tramite l'utilizzo di batteri in appositi "fermentatori" chiusi (da non confondere con gassificatori e rigassificatori), sono in grado di estrarre grandi quantità di biogas dai rifiuti organici urbani e dal letame prodotto dagli allevamenti intensivi, o anche dai liquami di fognatura. Il gas metano prodotto in questo processo può essere quindi utilizzato per la combustione in caldaie da riscaldamento o nei motori a scoppio, producenndo calore e/o elettricità. Esistono varie tipologie di impianti di produzione di biogas indirizzati a trattare matrici organiche differenti, liquide o solide. Caratteristiche principali di un impianto sono il sistema di miscelazione matrici all'interno del fermentatore/digestore, il caricatore di matrici solide così come il sistema di filtrazione del biogas prodotto. Gli impianti di biogas idonei al trattamento di matrici prevalentemente solide sono chiamati "a secco" e cioè non hanno bisogno di liquami per il loro funzionamento. In questo caso l'acqua necessaria al processo è legata all'umidità del materiale utilizzato per alimentare l'impianto. Il gas metano prodotto in questo processo può essere quindi utilizzato per la combustione in caldaie da riscaldamento o nei motori a scoppio. Quest'ultima applicazione ha trovato buon successo in Paesi del centro Europa quali Svizzera, Germania, Svezia ecc., e in via sperimentale anche in Italia.
Biomassa
Le fonti di energia da biomassa sono costituite dalle sostanze di origine animale e vegetale, non fossili, che possono essere usate come combustibili per la produzione di energia. Alcune fonti come la legna non necessitano di subire trattamenti; altre come gli scarti vegetali o i rifiuti urbani devono essere processate in un digestore. Dalla fermentazione dei vegetali ricchi di zuccheri, come canna da zucchero, barbabietole e mais, spesso prodotti in quantità superiori al fabbisogno, si può ricavare l'etanolo o alcool etilico, che può essere utilizzato come combustibile per i motori a scoppio, in sostituzione della benzina. Dalle oleaginose (quali girasole, colza, soia) si può ottenere per spremitura il cosiddetto biodiesel. Tramite opportuno procedimento è inoltre possibile trasformare le biomasse di qualsiasi natura in BTL (Biomass to liquid), un biodiesel, ottenuto appunto da materiale organico di scarto o prodotto appositamente con colture dedicate. Lo sfruttamento di nessuna di queste fonti può comunque prescindere da valutazioni sull'EROEI complessivo, ossia sul rapporto tra energia ottenuta ed energia impiegata nella produzione. Per un approfondimento sulle biomasse vedi articolo.
Bonifiche.
La bonifica di territori e di aree industriali può avere ricadute economiche positive. Vedi articolo.
Borsa elettrica
Luogo virtuale in cui avviene l’incontro tra domanda e offerta per la compravendita dell’energia elettrica all’ingrosso. La gestione economica della borsa elettrica è affidata al GME ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. 79/99.
Bosone di Higgs
Vedi articolo.
Buco di tensione
Diminuzione improvvisa della tensione di alimentazione all’utenza ad un valore compreso tra il 90 % e l’1 % della tensione nominale per un periodo di tempo superiore a 10 millisecondi ed inferiore o uguale a 1 minuto.
BWR
Vedi, Reattore nucleare a fissione.
Caldaia
Caldaia è un termine che definisce vari tipi di macchine termiche :

  • I generatori di vapore, destinati alla produzione di vapore, generalmente acqueo;
  • Le caldaie per riscaldamento, destinate al trasferimento del calore dal combustibile all'ambiente domestico


Campo elettrico
Il campo elettrico è un campo vettoriale. Una certa zona dello spazio è sede di un campo elettrico, quando in essa agiscono azioni meccaniche di "attrazione" o "repulsione", tra le cariche elettriche presenti nella zona stessa. Dati alcuni fatti sperimentali come l'attrazione e la repulsione tra sostanze trattate in maniera opportuna (per esempio per strofinìo), si sono definiti due stati di elettrizzazione della materia: positiva e negativa. Corpi elettrizzati entrambi positivamente o entrambi negativamente si respingono mentre corpi elettrizzati in modo opposto si attraggono. Per riconoscere lo stato di elettrizzazione di un corpo si usa uno strumento chiamato elettroscopio a foglie, costituito da un'ampolla di vetro nella quale è inserita un'asta metallica la quale, all'interno dell'ampolla, ha due linguette metalliche molto sottili, mentre all'esterno essa può essere messa a contatto con un corpo carico. Mettendo a contatto un corpo carico a esempio positivamente con l'asta, si nota facilmente come le linguette (giustappunto chiamate foglie) si allontanano l'una dall'altra, in proporzione all'elettrizzazione del corpo che è stato messo a contatto e in opposizione al loro peso che tende a farle ricadere verso il basso. Questo dimostra soprattutto come l'elettrizzazione del corpo si "trasferisca" alle foglie dell'elettroscopio. Si parla di quantità di carica o di quantità di elettricità trasferita. Questa grandezza fisica è una misura quantitativa dello stato di elettrizzazione della materia. Mettendo a contatto un corpo carico (cioè elettrizzato, in qualche modo) con un corpo non carico, quello che succede è semplicemente che una certa quantità di carica si trasferisce all'altro corpo. Tutto ciò è dovuto alla natura microscopica della materia e in particolare alle proprietà dei componenti fondamentali dell'atomo. Infatti ogni atomo è composto dal nucleo ove risiedono protoni e neutroni e da una zona esterna dove si trovano gli elettroni. In condizioni normali un atomo è neutro, cioè ha lo stesso numero di elettroni e protoni. Per quantificare la carica elettrica si prende allora la carica più piccola esistente in natura, quella dell'elettrone che è negativa e pari a e = 1,602 189 2 ∙ 10-19 C, uguale ed opposta a quella del protone, dove C è l'unità di misura della carica chiamata coulomb nel SI. Il neutrone non possiede carica elettrica. Così un corpo carico elettricamente di una certa carica Q, ha in effetti una carica data da un numero intero di volte la carica elementare, se negativa: -Q = ne; vale inoltre il principio di conservazione della carica elettrica, secondo il quale in un sistema isolato, la somma algebrica delle cariche elettriche è costante. Importante notare che la presenza di carica negativa in un corpo è dovuta all'eccesso di elettroni che si trasferiscono a questo corpo, viceversa, la presenza di carica positiva è dovuta a difetto di elettroni e non al trasferimento di protoni. Questo è anche il motivo per cui l'asta dell'elettroscopio è isolata dall'ampolla di vetro, altrimenti gli elettroni si trasferirebbero anche sul vetro, producendo un effetto minimo se non nullo sulle foglie. A partire da questi fatti sperimentali Coulomb formulò la sua famosa Legge di Coulomb, quantificando la forza elettrica attrattiva o repulsiva che due corpi puntiformi carichi elettricamente si scambiano a distanza. Questa legge fondamentale è il punto di partenza di tutta la teoria dell'elettricità e dell'elettrostatica, che permette di introdurre il concetto di campo elettrico. Un corpo carico elettricamente produce nello spazio circostante (al limite in tutto lo spazio circostante), la presenza di un nuovo stato di cose: se introduciamo un'altra carica elettrica, questa risente l'effetto di una forza , appunto la forza elettrica o forza di Coulomb, che segue la legge di Coulomb, cioè essa è direttamente proporzionale al prodotto delle due cariche e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza. Questo stato di cose è quello che si chiama campo elettrico, che è un campo vettoriale di forze. Se nello spazio poniamo una carica eettrica Q possiamo determinare la forza che produce su una carica molto piccola posta nelle vicinanze detta carica di prova q0. Come si vede dall'esperienza, tale forza è proporzionale alla carica elettrica di prova q0; è quindi logico definire il vettore campo elettrico E in un punto, come il rapporto tra la forza elettrica generata dalla carica Q e il valore della carica di prova stessa; questo rapporto rende indipendente il campo dalla particolare carica di prova usata:

\mathbf E = \frac {\mathbf F} {q_0}

(Dalla definizione si ricava che l'unità di misura del campo elettrico è \frac{N}{C}, cioè newton/coulomb. Essa equivale anche a \frac{V}{m}, cioè volt/metro). Il campo elettrico è un campo vettoriale rappresentato attraverso linee di campo, tangenti in ogni punto dello spazio alle superfici 'equi-potenziali', che sono più fitte intorno alla carica e si diradano all'aumentare della distanza. Se la carica considerata è positiva le linee di campo si dicono uscenti (si irradiano in tutte le direzioni a partire dalla carica) e la carica è definita sorgente; se la carica considerata è negativa le linee di campo sono dette entranti (sono dirette verso la carica) e la carica è definita pozzo.

Visto che il campo elettrico è il gradiente del potenziale

\mathbf{E}_0 = - \operatorname{grad} V_0 = - \nabla V_0

il potenziale è rappresentato attraverso un campo scalare caratterizzato da linee di livello a potenziale costante (dette per questo motivo superfici equipotenziali) perpendicolari alle linee di flusso del campo elettrico per definizione.
Campo fotovoltaico
Insieme di moduli fotovoltaici, connessi elettricamente tra loro e installati meccanicamente nella loro sede di funzionamento
Campo magnetico
E' un campo vettoriale: associa, cioè, ad ogni punto nello spazio un vettore che può variare nel tempo. L'effetto fisico di un campo magnetico si esplica in termini della forza di Lorentz subita da una carica elettrica in movimento attraverso, appunto, il campo. Sorgenti del campo magnetico sono le correnti elettriche. Storicamente gli effetti magnetici vengono scoperti grazie a magneti naturali che, allo stesso tempo, generano un campo magnetico e ne subiscono gli effetti per via delle correnti elettriche su scala atomica. La direzione del vettore campo è la direzione indicata dalla posizione d'equilibrio dell'ago di una bussola immersa nel campo. Il verso del vettore campo si determina con la regola della presa della mano destra. Il campo magnetico, solitamente indicato con il vettore B, storicamente era la densità di flusso magnetico o induzione magnetica, e H (=B/μ) era il campo magnetico: questa terminologia è oggi utilizzata per distinguere tra il campo magnetico nel vuoto (B) e quello in un materiale (H, con μ diversa dall'unità). L'unità di misura dell'induzione magnetica nel SI è il tesla. Lo strumento per la misura del campo magnetico è il magnetometro
CANDU
Vedi: Reattore nucleare a fissione
CAOS Teoria del
Vedi articolo
Capacità elettrica
La capacità elettrica è una grandezza fisica scalare che misura la quantità di carica elettrica accumulata da un condensatore in rapporto alla differenza di potenziale fra i suoi capi, secondo la formula

C = \frac Q V

dove C indica la capacità, Q la carica e V la differenza di potenziale. L'unità di misura della capacità elettrica nel Sistema internazionale di unità di misura è il farad, equivalente ad un coulomb al volt.
Carbone
Con il termine “carbone fossile” si intende qualsiasi sostanza costituita da resti vegetali, più o meno completamente fossilizzati secondo il processo di carbonizzazione, e che presenti la proprietà di combinarsi con l’ossigeno atmosferico con reazione fortemente esotermica (produzione di calore). In pratica, la carbonizzazione avviene per trasformazione delle sostanze organiche originali (legno o altri vegetali) secondo un processo che è inizialmente microbiologico e che poi prosegue, nel corso di millenni, attraverso complesse trasformazioni con il determinante intervento di fattori fisici, quali la pressione e la temperatura in assenza dell’azione ossidante dell’aria. Vi sono numerose tipologie di carboni fossili, caratterizzati da particolari proprietà fisiche e chimiche che rivestono grande importanza ai fini della loro utilizzazione pratica. I più noti sono la torba, la lignite, il litantrace (il “carbone” per antonomasia) e l’antracite (la varietà qualitativamente più pregiata). Il carbone fossile è stato utilizzato fin dall’antichità come combustibile. Numerose prove archeologiche ne testimoniano l’uso fin dall’Età del Bronzo, ma è a partire dal secolo XIX che il suo sfruttamento su larga scala imprime un’accelerazione decisiva al progresso industriale. Ancora oggi il carbone costituisce una delle fonti energetiche di primaria importanza su scala planetaria, soddisfacendo una quota superiore a un quarto dell’intera domanda mondiale di energia primaria e confermandosi come la seconda fonte di energia dopo il petrolio. Con una presenza diffusa in molte aree del mondo, il carbone soddisfa quasi il 45% del fabbisogno energetico complessivo dell’Asia e più del 50% di alcuni Paesi, tra cui Cina e India. Riveste inoltre una indiscussa importanza strategica, poiché, in base alle riserve accertate e ai previsti livelli di consumo, la sua disponibilità appare garantita per ancora alcuni secoli. La accresciuta domanda energetica degli ultimi anni ha portato a un incremento della quota di carbone sul totale del fabbisogno energetico mondiale. A ciò ha contribuito, da un lato, la crescita dei prezzi del petrolio e del gas naturale e, dall’altro, il recupero di competitività dell’industria carbonifera, che è riuscita a mantenere bassi i costi di produzione grazie a un continuo miglioramento delle tecnologie di estrazione e allo sfruttamento di miniere a cielo aperto. Nel campo della produzione di energia elettrica, l’utilizzo di tecnologie più evolute per il trattamento dei fumi ha ridotto notevolmente l’impatto ambientale delle centrali a carbone, che può essere oggi del tutto confrontabile con quello delle altre centrali termoelettriche. In Italia, l’unica risorsa carbonifera è concentrata in Sardegna, nel bacino del Sulcis. Si tratta però di minerale di scarsa qualità. Per tale motivo, oltre che per ragioni di economicità, il carbone viene quasi interamente importato. In ogni caso il suo contributo al fabbisogno di energia primaria nazionale è ancora relativamente modesto, pari a circa l’8%. In Europa circa un terzo dell’energia elettrica viene prodotta utilizzando il carbone come combustibile. Anche Paesi ad alta sensibilità ambientale come la Germania e la Danimarca usano il carbone per produrre una quota assai rilevante della loro elettricità.
Carbonio-14
Gli isotopi naturalmente presenti sulla terra sono C-12 (99%), C-13 ( meno dell'1%) e in tracce il C-14, isotopo radioattivo. Esso è presente in natura con un'abbondanza relativa di 1 parte su mille miliardi di tutto il carbonio presente in natura e ha un tempo di dimezzamento di 5.700 anni. La principale fonte di carbonio-14 sulla terra è la reazione tra i raggi cosmici e l'azoto gassoso presente nell'atmosfera (nella troposfera e nella stratosfera). L'inglobamento di neutroni termici da parte dell'azoto, forma un atomo di carbonio-14: N-14 + n > C-14 + p. La produzione maggiore di carbonio-14 avviene ad una quota tra i 9 km e i 15 km, e ad alte latitudini geomagnetiche. Il carbonio-14 così prodotto reagisce con l'ossigeno a dare anidride carbonica CO2-14 che viene riutilizzata dalle piante durante la fotosintesi. In questo modo il carbonio-14 si trasferisce nei composti organici e attraverso la rete alimentare è presente ovunque secondo un preciso rapporto. Essa penetra anche negli oceani, sciogliendosi nell'acqua. Il carbonio-14 è anche prodotto nel ghiaccio da neutroni che causano reazioni di spallazione nucleare nell'ossigeno. Grazie alla sua lunga emivita rispetto alla vita degli organismi viventi, il carbonio-14 rimane integrato in ogni sistema organico vivente. Dopo la morte, l'organismo smette di assumere carbonio-14. La quantità dell'isotopo presente nell'organismo nell'istante della sua morte, andrà via via affievolendosi negli anni a causa del decadimento radioattivo. Questo principio è sfruttato nella datazione radiometrica di campioni organici, tecnica con la quale si misura la quantità residua di carbonio-14 presente in un reperto archeologico organico (come un fossile o una struttura in legno): conoscendo la curva di decadimento e la quantità iniziale di carbonio-14 presente nel reperto quando la sua struttura organica era ancora vitale (ovvero un istante prima di morire), si può facilmente stabilire quanti anni sono trascorsi dalla morte dell'organismo. In generale, è possibile radiodatare solo reperti risalenti fino a 40.000 - 60.000 anni fa. La maggior parte dei prodotti chimici prodotti dall'Uomo sono ottenuti a partire da combustibili fossili come il petrolio o il carbone, dove il carbonio-14 è decaduto. La presenza di tracce isotopiche di carbonio-14 in un campione di materiale carbonaceo indica quindi una possibile origine biogenica.
Casa passiva
La casa passiva (Passivhaus secondo il termine originale di lingua tedesca, passive house in lingua inglese) è un'abitazione che assicura il benessere termico senza alcun impianto di riscaldamento "convenzionale", ossia caldaia e termosifoni o sistemi analoghi. La casa è detta passiva perché la somma degli apporti passivi di calore dell'irraggiamento solare trasmessi dalle finestre e il calore generato internamente all'edificio da elettrodomestici e dagli occupanti stessi sono quasi sufficienti a compensare le perdite dell'involucro durante la stagione fredda. Edifici passivi possono essere realizzati in ogni materiale di costruzione: legno strutturale, mattone, cemento armato. L'energia necessaria a pareggiare il bilancio termico dell'edificio è tipicamente fornita con sistemi non convenzionali (es. pannelli solari o pompa di calore per riscaldare l'aria dell'impianto di ventilazione controllata a recupero energetico). L'impianto di riscaldamento convenzionale si può eliminare se il fabbisogno energetico della casa è molto basso, convenzionalmente inferiore a 15 kWh al m² anno. Queste prestazioni si ottengono con una progettazione molto attenta, specie nei riguardi del sole, con l'adozione di isolamento termico ad altissime prestazioni su murature perimetrali, tetto e superfici vetrate e mediante l'adozione di sistemi di ventilazione controllata a recupero energetico.
Cassa conguaglio per il settore elettrico
E’ un organismo istituito nel 1961, in conseguenza della decisione del CIP (Comitato Interministeriale Prezzi) di creare un meccanismo di perequazione al momento dell'introduzione della tariffa unica nazionale.
Cella fotovoltaica
La cella fotovoltaica è l'elemento base nella costruzione di un modulo fotovoltaico (vedi voce), ma può venire anche impiegata singolarmente in usi specifici. La versione più diffusa di cella fotovoltaica, quella in materiale cristallino, è costituita da una lamina di materiale semiconduttore, il più diffuso dei quali è il silicio, e si presenta in genere di colore nero o blu e con dimensioni variabili dai 4 ai 6 pollici. Piccoli esemplari di celle fotovoltaiche in materiale amorfo sono in grado di alimentare autonomamente dispositivi elettronici di consumo, quali calcolatrici, orologi e simili. Analogamente al modulo, il rendimento della cella fotovoltaica si ottiene valutando il rapporto tra l'energia prodotta dalla cella e l'energia luminosa che investe l'intera sua superficie. Valori tipici per gli esemplari in silicio cristallino comunemente disponibili sul mercato si attestano attorno al 15%. Vedi modulo fotovoltaico.

I sistemi fotovoltaici attualmente in uso si basano su celle realizzate con silicio cristallino, uno degli elementi più comuni sulla crosta terrestre. Abbonda, ad esempio, nella sabbia, comunemente costituita da ossido di silicio sotto forma sia cristallina sia amorfa.
L’elevato costo delle celle non è quindi dovuto alla materia prima, la silice, ma al processo di lavorazione necessario ad ottenere un prodotto puro, in grado di manifestare proprietà di semiconduttore. La sabbia (SiO2), viene trasformata (mediante riduzione con carbonio, in un forno ad arco e a temperature superiori a quelle di fusione del silicio elementare) in silicio “metallurgico”, liquido, che viene raffreddato a formare i lingotti di grado industriale. Il prodotto, ottenuto a bassi costi, presenta tuttavia elevate impurità e non risulta idoneo né agli usi elettronici né alla produzione di celle fotovoltaiche. Si procede quindi ad una fase di purificazione, che viene realizzata trasformando il silicio metallurgico in triclorosilano gassoso. La purificazione viene eseguita mediante distillazione frazionata in reattore a letto fluido, ove viene diffuso acido cloridrico (HCl) con conseguente formazione separata di triclorosilano, idrogeno molecolare e altre sostanze. A questo punto il triclorosilano aeriforme viene filtrato e fatto reagire (in un secondo reattore) con l’idrogeno molecolare. Il silicio policristallino che si forma é purissimo e viene depositato lentamente sopra sbarre, anch’esse di silicio puro. La temperatura raggiunta in entrambi i reattori è superiore ai 1.100 °C ed il costo energetico è notevole. Questo è il materiale base dell’industria elettronica. Nel caso si voglia ottenere silicio monocristallino si deve procedere ad una nuova fusione a radiofrequenza del silicio policristallino. Nel materiale nuovamente fuso si inserisce quindi un cristallo di silicio monocristallino, che funge da “seme” per il successivo “tiraggio” e accrescimento di lingotti monocristallini lunghi circa un metro e larghi 10 cm. Il principio di crescita dei cristalli è molto semplice, ma, oltre ad avere anch’esso costi energetici rilevanti, richiede una specifica linea di produzione con acquisizione di macchinari complessi. È questo il motivo per cui i lingotti monocristallini costano circa il doppio rispetto a quelli policristallini. Per la produzione di celle fotovoltaiche si parte da una miscela di scarti dell’industria elettronica (teste e code di cilindri, dischi cilindrici venuti male, scarti rimasti nel crogiolo, scarti di lavorazioni eccetera) tenendo presente che la cella fotovoltaica dovrà essere costituita da una fetta di silicio di cui una delle due facce è “drogata” con atomi di boro e l’altra faccia con atomi di fosforo. Infatti è nella zona di contatto tra i due strati a diverso drogaggio che si determina il campo elettrico che, quando la cella è esposta alla luce, determina il flusso di elettroni sotto forma di corrente continua. La miscela di scarti silicio viene dunque sottoposta a specifici lavaggi e quindi caricata in un crogiolo di quarzo cui sono aggiunti parti di boro per ottenere pani di silicio cosiddetti di tipo p. Il crogiolo viene inserito in un forno miscelatore a radio frequenza dove è sottoposto a un ciclo di lavorazione di 52 ore, con temperature altissime (1.560 °C). Dopo la fusione del silicio, il crogiolo viene sottoposto a un movimento elicoidale diretto verso il basso che porta, per raffreddamento, alla formazione di pani di silicio mono o poli-cristallino (a seconda del materiale di partenza). Il pane di silicio, così formato, viene adagiato sopra un supporto metallico ed inserito in una macchina per l'esecuzione del taglio. La macchina taglierà il pane in lingotti con una sega circolare a denti di diamante: si tratta di un processo complesso nel quale viene perduto circa il 30% del silicio originario. I lingotti così ottenuti vengono nuovamente lavati, incollati su una piastra di vetro ed inseriti in una macchina affettatrice per procedere all'operazione di taglio delle fette (wafer) per mezzo di un filo d'acciaio. I wafer prodotti, presentano tuttavia superfici irregolari, per cui, dopo un ulteriore lavaggio, vengono sottoposti a levigazione. L'operazione successiva è il trattamento antiriflesso che viene eseguito immergendo le fette in una soluzione debole di idrossido di sodio (NaOH) ed alcol isopropilico. La soluzione corrode lentamente la superficie delle fette e forma sui cristalli delle microscopiche piramidi che impediranno parzialmente la riflessione. A questo punto della lavorazione i wafer sono interamente di tipo p. La fase successiva prevede la realizzazione della giunzione p – n , e, a tale scopo, si copre una delle due facce dei singoli wafer, che vengono introdotti in un forno e bagnati con vapori di fosforo alla temperatura di 600°C. Regolando le temperature, il fosforo condensa sulla superficie del silicio e viene assorbito gradualmente sostituendo tutti gli atomi di boro precedentemente inseriti. In tal modo si “droga” con fosforo uno strato di circa 0,3 micron di tipo n. Infine si effettua una ulteriore operazione di pulizia chimica, cui segue il decapaggio, per eliminare le giunzioni parassite lungo lo spessore perimetrale delle fette. I wafer così ottenuti sono finalmente pronti muniti dei contatti metallici necessari a raccogliere l’energia elettrica generata e a inviarla all’esterno. Il procedimento avviene per serigrafia, dapprima sul lato del wafer da esporre alla luce (lato n), ove si realizza una griglia di pasta di argento a maglie larghe e di elevata trasparenza alla luce incidente. La serigrafia sul lato p, non esposto alla luce, si esegue invece con una lamina piana e con una pasta a base di alluminio. I contatti metallici vengono asciugati in un forno ad infrarossi che fa evaporare la matrice organica delle paste e compatta i grani metallici disciolti normalizzando le tensioni con il supporto. L'ultimo trattamento è rappresentato dall'esecuzione di una seconda operazione antiriflesso a base di biossido di titanio, che tra l’altro conferisce una colorazione azzurrina alle fette. Il ciclo di produzione viene concluso con la misura delle caratteristiche elettriche della cella che classifica ognuna di esse per categoria d'efficienza. La cella così costruita rappresenta l'unità base di un pannello fotovoltaico che viene realizzato assemblando insieme più celle. In figura è mostrata una cella di silicio monocristallino

Cella fotovoltaica
Cella fotovoltaica a film sottile In sostituzione della cella costituita da un wafer di silicio drogato è entrata sul mercato la tecnologia del film sottile. Attualmente diversi material sono in competizione per i film sottili: a-Si (silicio amorfo). Giova notare che il silicio amorfo assorbe la luce molto più efficacemente del silicio cristallino, per questo motivo lo spessore della cella in a-Si può essere cento volte minore dello spessore della cella in Si cristallino; a-Si/µ-Si (giunzione ibrida silicio amorfo/ silicio microcristallino). I due materiali, entrambi semiconduttori, hanno caratteristiche complementari rispetto all’assorbimento della radiazione solare; CIS (rame, indio, diseleniuro); CdTe (tellururo di cadmio).
Centrale a gas
Una centrale a gas è una centrale termoelettrica in cui il fluido di lavoro è un gas, generalmente aria, che compie un particolare ciclo termodinamico denominato Joule. Il cuore di questo tipo di centrale è una particolare macchina motrice denominata turbogas, composta da un compressore, una camera o sistema di combustione e una turbina. Il combustibile più utilizzato in questo tipo di centrale è il gas naturale. Le centrali di questo tipo possono essere semplici, combinate o cogenerative.
Centrale elettrica
Una centrale elettrica è un impianto industriale atto alla produzione di energia elettrica. La società moderna si basa in maniera imprescindibile sull'uso dell'energia elettrica, perciò la produzione di tale energia e, conseguentemente, le centrali elettriche hanno un'importanza tecnologica e strategica fondamentale. Le centrali elettriche odierne producono energia quasi esclusivamente in corrente alternata avvalendosi di macchine elettriche denominate alternatori. Esistono eccezioni in Russia, dove, per problemi di perdite su elettrodotti estremamente lunghi, sono state create centrali elettriche in corrente continua. Le centrali elettriche si caratterizzano principalmente per due aspetti che sono spesso legati fra loro ovvero la potenza, cioè l'energia per unità di tempo che una centrale è in grado di erogare e il tipo di combustibile o altro sistema energetico in ingresso che convertito consenta di ottenere energia elettrica. La produzione di elettricità da combustibili fossili (petrolio, gas naturale, carbone) non è una fonte rinnovabile dal momento che le riserve di combustibile sono limitate. Si può però ricavare energia termica anche da altre fonti di calore, e cioè dalle fonti energetiche rinnovabili come il calore terrestre (centrali geotermiche) e quello solare (centrali solari) oppure attraverso l'utilizzo dell'energia nucleare (centrali nucleari).
Centrale eolica
Le centrali eoliche sono centrali che sfruttano la velocità del vento per la produzione di energia elettrica. Il principio di funzionamento è abbastanza semplice, il modulo base di una centrale eolica è il generatore eolico. Questa apparecchiatura è composta da un'elica (o al limite una singola pala) collegata ad un albero alla quale è calettato il generatore di corrente. L'elica e il generatore sono normalmente posti ad altezze elevate in modo da essere attraversati dai venti, venti che mettendo in rotazione l'elica azionano il generatore che produce così energia. I generatori eolici possono essere di varie dimensioni ed essere utilizzati sia per un uso domestico rurale o in centrali normalmente composte di numerosi generatori. Le potenze di tali generatori variano dalle centinaia di W alle centinaia di kW. Vantaggi. Come per le centrali solari quelle eoliche non hanno residui, scorie o altri sottoprodotti. Il vento è gratis, quindi l'unica spesa è l'installazione e la manutenzione. Le centrali eoliche hanno un costo di costruzione abbastanza contenuto, 500.000 euro per un aerogeneratore da 1 MW, il quale tende però a lievitare in modo enorme per impianti di dimensioni adeguate alla produzione industriale. A terra occupa meno di 100 metri quadri, quindi non toglie la possibilità di continuare le precedenti attività su quel terreno (es. pastorizia, colture, ...). Svantaggi. Le centrali eoliche per produrre quantità di energia apprezzabili devono essere costituite da un numero consistente di generatori eolici, che devono essere distanziati per poter sfruttare il vento e per evitare un affollamento che sarebbe sgradevole. Inoltre, la disponibilità produttiva è molto bassa (14,5%) a causa della discontinuità del vento e, dunque, a parità di potenza nominale installata, una centrale eolica produce un sesto di una centrale nucleare ed un quinto di una centrale a gas, richiedendo in compensazione, dunque, un sovradimensionamento ed un sovracosto pari a 6 volte quello nominale per ottenere le stesse prestazioni effettive. Si possono installare solo dove c'è abbastanza vento e sono degli impianti moderatamente rumorosi; la loro pericolosità per i rapaci, naturalmente attratti dal rumore, è enorme e modificazioni della resistenza aerodinamica dei suoli possono condurre ad alterazioni permanenti della ventosità, con contraccolpi sull'ambiente. Un esempio è il caso di Los Angeles, città la cui attuale bassa ventilazione, e il conseguente permanere dello smog, è probabilmente dovuta all'installazione di grandi impianti eolici nelle gole attraverso le quali il vento arrivava alla città che hanno provocato l'innalzamento delle correnti eoliche e lo scavalcamento della città da parte dei venti. Possibili miglioramenti. Vi sono nuove tecniche che permettono di installare aerogeneratori anche dove, fino a qualche tempo fa, non era pensabile. Sono state create nuove forme per le pale degli aerogeneratori, per limitare l'ingombro, sono stati creati alberi di trasmissione lenti, in modo da limitare notevolmente l'inquinamento acustico, e vi sono vari incentivi che permettono di ammortizzare il costo nel giro di pochissimi anni.La figura mostra una centrale eolica tedesca.

Centrale eolica
Centrale fotovoltaica
Le centrali basate su pannelli fotovoltaici convertono direttamente l'energia solare in corrente elettrica sfruttando l'effetto fotovoltaico. Sebbene tale tecnologia risulti da tempo già affermata in ambito aerospaziale, per applicazioni di utenze isolate o per altri utilizzi di nicchia, la realizzazione di centrali fotovoltaiche è oggi ancora in fase di studio o prototipale. Attualmente, un'installazione fotovoltaica è conveniente per utenze private o per piccole e medie imprese, che, in questo modo, possono rivendere energia all'azienda elettrica e ridurre il costo energetico; negli ultimi anni, le nuove celle fotovoltaiche basate sul silicio amorfo (o polisilicio) hanno drasticamente ridotto il prezzo dei pannelli, rendendo maggiormente conveniente l'investimento iniziale. Vantaggi. Questo tipo di centrali richiede una bassa manutenzione dato che non sono dotate di complessi impianti ma solamente dei pannelli fotovoltaici che vanno periodicamente puliti ed orientati in direzione del Sole. Rappresenta, inoltre, una fonte di energia "pulita", dato che non produce alcun tipo di emissione o impatto ambientale, esclusi quelli necessari alla realizzazione dell'impianto stesso di produzione. Svantaggi. Il principale svantaggio degli impianti fotovoltaici è dovuto alla bassa efficienza dei pannelli (al massimo 25% in laboratorio, 14-16% in condizioni operative) e all'elevato costo dei suddetti pannelli che rende ancora totalmente antieconomica la realizzazione di centrali fotovoltaiche. Inoltre, si presenta lo stesso svantaggio strutturale già visto per le centrali eoliche: a causa della bassissima disponibilità produttiva (11%), causata a sua volta dalla variabilità nel tempo dell'irraggiamento solare, le centrali solari possono produrre, a parità di potenza nominale installata, solo poco più di un decimo di quanto, con la stessa potenza nominale, sono in grado di generare centrali nucleari, a carbone o a gas, e dunque richiedono, per poter essere sfruttate, un sovradimensionamento originario e strutturale che ne moltiplica di un ordine di grandezza i costi. Sviluppi futuri. La produzione di pannelli fotovoltaici a film sottile dovrebbe abbattere sensibilmente il costo degli impianti.In figura una centrale fotovoltaica.

Centrale fotovoltaica
Centrale geo-termo-elettrica
Le centrali geotermoelettriche sono di fatto centrali termiche che utilizzano come fluido primario per scaldare le caldaie il calore naturale dei vapori geotermici contenuti nel sottosuolo (energia geotermica). Non esiste dunque, in questo tipo di centrali, alcun processo di combustione. Le centrali geotermoelettriche possono raggiungere potenze anche rilevanti, di qualche centinaio di MW. Vantaggi. Una volta costruite le tali centrali sono estremamente pulite in quanto sfruttano un riscaldamento termico del tutto naturale e non hanno, quindi, scorie o residui atmosferici. Svantaggi. Tali centrali hanno elevati costi di manutenzione dovuti alla composizione delle acque provenienti dal sottosuolo, che sono ricche di sali disciolti e creano depositi e incrostazioni. Spesso si trovano giacimenti geotermici anche molto grandi, ma a temperatura di 80/90 gradi, troppo bassa e non utilizzabile con le tecniche attuali; un possibile sfruttamento di questi giacimenti è per il teleriscaldamento. Uno dei problemi maggiori di queste centrali è che possono essere costruite solamente in appositi siti con presenza di attività geotermica, siti normalmente abbastanza rari. Esistono poi controversie relative al pericolo di eruzioni geotermali, riduzioni del livello della falda acquifera e suo inquinamento ma soprattutto all'inquinamento atmosferico da parte di gas (anidride solforosa) e metalli pesanti (arsenico) legate alla presenza di centrali geotermiche, in Italia, soprattutto nella zona del Monte Amiata.
Centrale idrolettrica
Insieme alle centrali termoelettriche sono state le prime tipologie di centrali in uso. Il principio di funzionamento delle centrali idroelettriche si basa sull'utilizzo dell'acqua, o meglio della sua energia cinetica, al fine di produrre energia elettrica. Le centrali idroelettriche si suddividono in due tipologie:

  • Centrali ad acqua fluente

Tali centrali sfruttano l'energia cinetica delle acque fluviali (energia idroelettrica), convogliate in particolari turbine idrauliche messe in rotazione dal flusso dell'acqua. Collegate all'albero rotante delle turbine vi sono gli alternatori che trasformano l'energia meccanica di rotazione in energia elettrica.

  • Centrali a caduta

Tali centrali sfruttano l'energia potenziale di notevoli masse d'acque poste ad altezza maggiore rispetto a quella di presa (si parla in tal caso di 'invaso', o naturale o artificiale creato tramite dighe). L'energia potenziale dell'acqua viene trasformata in energia cinetica facendo confluire l'acqua in condotte forzate nelle quali l'acqua raggiunge notevoli velocità. L'acqua viene poi fatta confluire come nel caso precedente in turbine collegate ad alternatori producendo così energia. L'impatto ambientale delle centrali idroelettriche è molto minore di quello delle centrali termoelettriche, per via dell'assenza di fumi, e riguarda soprattutto il diverso regime delle acque da esse sfruttate: l'estrazione di energia cinetica rallenta il corso d'acqua, aumentando la velocità di sedimentazione; nel caso di centrali a caduta è necessario mettere in conto le opere idrauliche necessarie (dighe e condotte). La parte maggiore dell'impatto ambientale si verifica durante la costruzione, a causa degli sbancamenti e delle grandi opere necessarie per realizzare gli invasi ed il sistema di condotte forzate. Le centrali idroelettriche possono avere potenze che vanno da alcuni MW (centrali fluviali) alle decine o centinaia di MW per le grandi centrali a caduta. Il principale vantaggio delle idroelettriche è che, una volta costruite, offrono energia a costi molto competitivi e non richiedono combustibili o materie prime; sono una fonte di energia totalmente rinnovabile e di fatto illimitata. Inoltre, con una manovra chiamata pompaggio (che consiste nel ripompare l'acqua dai bacini inferiori negli invasi durante le ore notturne, quando la richiesta di energia è minore) si può accumulare energia prodotta dalle altre centrali della rete, per restituirla di giorno nelle ore in cui la domanda di energia raggiunge il massimo. Un ulteriore vantaggio è legato al fatto che la variazione della produzione di energia può avvenire in maniera molto più rapida rispetto ad una centrale termoelettrica o nucleare, variando la quantità di acqua che viene convogliata alla turbina. Il loro impiego è, infatti, generalmente massimo durante le ore di maggiore consumo energetico. Svantaggi. Soprattutto le centrali a caduta, che richiedono un intervento edilizio di enormi proporzioni per la realizzazione di laghi artificiali per fungere da invasi, hanno un impatto ambientale di grandi proporzioni, sia nella fase costruttiva delle opere, sia a posteriori nell'impatto visivo ed estetico. Inoltre, il fatto di alterare la portata e la distribuzione delle acque fluviali porta ad un cambiamento del microclima locale, per la maggiore umidità ed evaporazione portata dal lago che funge anche da serbatoio di calore, livellando le temperature fra giorno e notte. Questo porta in genere a variazioni nella flora e fauna locale; nel caso di bacini montani, si può avere un impatto anche su eventuali ghiacciai nelle vicinanze. Altro svantaggio è dovuto alla naturale sedimentazione, che tende a riempire lentamente l'invaso, e richiede dragaggi periodici: il terriccio di risulta può essere usato a fini edilizi, per riporti e terrapieni. Esistono inoltre problemi di sicurezza in caso di forti terremoti o frane che hanno portato, per esempio, al disastro del Vajont nel 1963. In figura è mostrata una centrale idroelettrica dotata di impianto di pompaggio.

Centrale idroelettrica
Centrale maremotrice
Le centrali mareomotrici sfruttano il movimento del mare dovuto alle maree. Queste centrali accumulano l'acqua in un bacino durante l'alta marea e poi la rilasciano durante la bassa marea. L'acqua viene fatta passare in condotte forzate che la conducono in turbine collegate ad alternatori che consentono di produrre corrente elettrica. In alcune zone della Terra il dislivello tra alta e bassa marea può essere anche di 20 metri e può, quindi, rendere conveniente l'installazione di questi impianti. Sono impianti molto simili alle centrali idroelettriche e quindi la tecnologia è già disponibile e collaudata. Solo poche zone sono adatte per l'istallazione di questi impianti e, comunque, la potenza generata è modesta rispetto alla superficie occupata dall'impianto. Una seconda tipologia di centrali è basata sullo sfruttamento delle correnti sottomarine, che opportunamente incanalate potrebbero generare corrente elettrica tramite delle turbine. Queste centrali sono attualmente degli esperimenti da laboratorio, anche se, in breve tempo, si potrebbe passare ad un loro utilizzo reale per la produzione di corrente elettrica. Una terza tipologia di centrali basata sugli oceani vuole sfruttare la differenza termica dei diversi strati dell'oceano (energia talassotermica). Acqua a differenti profondità ha differenti temperature e queste centrali utilizzano questa differenza di temperatura per produrre elettricità. Essendo la differenza termica tra i vari strati ridotta queste centrali hanno sempre un'efficienza molto bassa, tra 1 e il 3%. Ulteriori ipotesi allo studio prevedono di utilizzare meccanicamente il moto ondoso del mare per la produzione di energia elettrica (vedi energia del moto ondoso). Una centrale di prova di questa tipologia è stata inaugurata il 1° ottobre 2007 a Agucadoura nel pressi di Lisbona in Portogallo. La centrale è dotata di 3 elementi Pelamis P-750, i Pelamis P-750 sono delle strutture galleggianti ancorate al fondo del mare, il movimento del mare provoca il movimento dei galleggianti, il movimento di questi viene trasformato in corrente elettrica e inviato a terra. Si ritiene che l'impianto potrà soddisfare le necessita di quasi 2000 famiglie.
Centrale nucleare a fissione.
Le centrali nucleari sono analoghe alle centrali termoelettriche; la differenza sostanziale sta nel tipo di combustibile e di processo tecnologico che viene utilizzato per fornire calore e formare il vapore da inviare alle turbine. Queste centrali ottengono il calore da un processo di fissione nucleare del combustibile o in un prossimo futuro (2040/2050 in ipotesi ottimistiche) dal processo di fusione nucleare del combustibile. Vantaggi. Questa tipologia di centrali produce un'elevatissima potenza per metro quadrato occupato dall'impianto, a costi più o meno uguali a quelli del carbone, che è attualmente la tecnologia economicamente più conveniente, rappresentando però una soluzione che permette di non dipendere più dai combustibili fossili. Le centrali nucleari non hanno emissioni inquinanti di alcun tipo, l'impatto ambientale di una centrale nucleare è estremamente più ridotto di quello di una centrale termoelettrica per via della completa assenza di emissioni di combustione, la radioattività emessa dalle strutture è simile a quella emessa da un orologio da polso fluorescente e come essa inferiore di centinaia di volte al fondo naturale di radiazioni che comunque vengono percepite per effetto dei raggi cosmici e della naturale radiazione della terra. Svantaggi. Queste centrali sono potenzialmente pericolose, in particolare se mal costruite, mal gestite o lasciate in mano a paesi interessati alla proliferazione militare, giacché le centrali miste civili-militari (come quella di Chernobyl) sono molto più pericolose di quelle civili. Una rottura dei sistemi di contenimento e di refrigerazione della centrale, potrebbe portare alla dispersione nell'ambiente di materiale radioattivo e quindi alla contaminazione di vaste aree (vedi Disastro di Chernobyl): tale rischio, abbastanza basso per le centrali più recenti e attualmente operative, è viceversa presente per alcune delle centrali più vecchie operative in tutto il mondo. Lo smaltimento delle scorie radioattive e lo smantellamento della centrale stessa al termine del suo ciclo vitale (circa 25-30 anni) è un problema non completamente risolto: la Finlandia e la Svezia per esempio hanno individuato siti sicuri per lo smaltimento delle scorie nei rispettivi territori, grazie alla presenza di zone sismicamente stabili e disabitate. In Italia invece, con un territorio molto più densamente popolato e quasi tutto a rischio sismico, lo smaltimento resta un problema difficile. Le rigide norme di sicurezza rendono la costruzione di queste centrali costosa e lenta, anche per la variabilità nel tempo delle stesse norme. L'avvento di centrali nucleari di quarta generazione o comunque avanzate dovrebbe risolvere alcuni degli aspetti negativi, ma, per ora, tali impianti sono solamente allo studio teorico. Le centrali autofertilizzanti invece sono state prototipate finora con scarso successo (per esempio il Superphenix); tuttavia l'idea è quella di consentire il riutilizzo del "combustibile" esausto dei reattori tradizionali per produrre altro materiale fissile (in particolare, plutonio) riducendo i problemi di approvvigionamento dell'uranio. D'altra parte la produzione di più materiale fissile di quello "bruciato" potrebbe alla lunga creare problemi ancora maggiori, fra cui anche quello relativo al proliferare potenziale di arsenali atomici. L'adozione di reattori autofertilizzanti promette un maggior sfruttamento del "combustibile" rispetto ai reattori di 2° e 3° generazione, con una conseguente moltiplicazione delle risorse, attualmente scarse, di combustibile nucleare. Le riserve di 100 anni per l'uranio e di qualche secolo per il torio dovrebbero pertanto essere estese a tempi molto più lunghi benché oggetto di dibattito. In figura è mostrato lo schema di una centrale ad acqua pressurizzata (PWR).

Schema di centrale nucleare
Centrale solare termica
Per centrali solari s'intendono le centrali solari termiche, che sfruttano l'energia solare, da non confondersi con i pannelli fotovoltaici. Le centrali solari termiche utilizzano come principio di base quello delle centrali termiche classiche, anche in questo caso la differenza sta nel metodo in cui viene scaldata l'acqua della caldaia. Normalmente la centrale è formata da una superficie nella quale sono posti centinaia di specchi che concentrano i raggi solari in unico punto centrale (detto fuoco) nel quale si trova la caldaia. Questa colpita da tutti i raggi deviati dagli specchi si scalda fino a raggiungere temperature sufficientemente elevate per completare il ciclo del vapore fino alla turbina. Oppure da campi di concentratori parabolici lineari (in inglese parabolic trough), che riscaldano il fluido all’interno di condotti che percorrono la linea del fuoco. Vantaggi. Notevoli sono i lati positivi di questa fonte di energia, non ci sono emissioni inquinanti o di gas serra, non è necessario il trasporto di combustibili, non si producono scorie e la centrale non è pericolosa per gli abitanti nei dintorni. Altro vantaggio è che, esclusi i costi di costruzione e manutenzione, si produce energia senza bisogno di materie prime, in quanto la luce solare è gratuita. Svantaggi. Questo tipo di centrali richiedono una superficie di esposizione solare di dimensioni elevate, che aumenta in funzione della potenza che si vuole produrre. Ovviamente, producono solo se sottoposte a buon irraggiamento solare, può, quindi, essere sufficiente una nuvola per interrompere il processo di produzione. Gli impianti più moderni, infatti, prevedono di stoccare il fluido ad alta temperatura in appositi serbatoi isolati, che permettono di far funzionare le turbine non solo durante la notte ma con una autonomia di alcuni giorni in caso di cattivo tempo. Questi impianti hanno, comunque, la possibilità di essere alimentati a gas, nel caso le condizioni sfavorevoli perdurino. Le centrali termiche solari hanno potenze minime, i 20 megawatt raggiunti dalle tecnologie solari alla centrale di Priolo bastano ad un paese di 20 mila abitanti, una centrale termoelettrica ordinaria produce tra le 50 e le 200 volte di più. I costi per la messa in esercizio delle centrali solari sono, inoltre, elevatissimi, anche a ragione della necessità di sovradimensionare le strutture produttive in modo enorme per compensare la bassa disponibilità produttiva generata dalla discontinuità dell'irraggiamento, la quale è dovuta al ciclo solare e non può, dunque, essere aggirata ma è destinata ad essere sempre un problema strutturale della tecnologia. Le centrali solari ad alta temperatura a volano termico con la sostituzione dell'acqua con, miscele (anidre) di sali fusi altobollenti proposte in Italia dal premio Nobel Carlo Rubbia rappresentano le fonti da questo tipo di energia con la maggiore convenienza prospettata attualmente in sperimentazione. Possibili miglioramenti. In queste centrali spesso durante l'anno non si raggiungono le temperature di 110 gradi richieste (per poter far evaporare l'acqua). Perciò, nei periodi in cui non vi è una sufficiente insolazione, una buona soluzione sarebbe quella di utilizzare il calore per produrre semplice acqua calda a 90°C, che, tramite una rete di teleriscaldamento, può essere utilizzata per la produzione di acqua calda sanitaria, per alimentare le caldaie a scambiatore di calore ed i gruppi frigoriferi ad assorbimento. In figura è mostrata una centrale solare a specchi.

Centrale solare
Centrale termoelettrica
Le centrali termoelettriche sono la tipologia di centrali più diffusa. Il principio di funzionamento di una centrale termoelettrica classica è abbastanza semplice. Un elemento combustibile (derivati del petrolio, carbone o gas, ma anche, in alcuni casi, biomassa o rifiuti) viene bruciato in modo da sviluppare calore; questo calore viene trasmesso a una caldaia, nella quale circola acqua ad alta pressione (l'acqua deve subire una serie di trattamenti al fine di essere purificata per non danneggiare gli impianti), tale acqua viene così trasformata in vapore raggiungendo temperature elevate. Il vapore viene convogliato verso delle macchine rotanti denominate turbine a vapore nelle quali il vapore espande convertendo il proprio contenuto entalpico in energia meccanica. Collegati all'albero in rotazione di tali turbine vi sono gli alternatori i quali convertono l'energia meccanica di rotazione in energia elettrica. Un'evoluzione è rappresentata dalle centrali a ciclo combinato: il gas viene bruciato in una turbina a gas che, collegata a un alternatore, produce elettricità. I gas di scarico della turbina, estrememente caldi, vengono a loro volta utilizzati per scaldare acqua ed il vapore così ottenuto è usato in una turbina a vapore come in una centrale termoelettrica tradizionale, generando altra elettricità. Questo genere di centrali termoelettriche ha un rendimento elettrico estremamente elevato e comunque maggiore di quelle tradizionali, arrivando a sfiorare anche il 60% di resa. Generalmente le centrali termoelettriche erogano grandi potenze, dell'ordine delle centinaia o migliaia di MW e costituiscono la spina dorsale del sistema di produzione dell'energia elettrica, perché i loro impianti termici danno il massimo rendimento in regime di produzione costante; di solito, quindi, vengono tenute in funzione per lunghi periodi di tempo, costituendo la base della capacità produttiva. Anche se alcuni impianti termoelettrici possono essere polivalenti, ovvero in grado di utilizzare diversi tipi di combustibile, questo si ottiene a spese del rendimento termodinamico e quindi della spesa complessiva: per questo, in generale, si costruiscono centrali termoelettriche in grado di bruciare con la massima efficienza un particolare combustibile, e si riadattano gli impianti in caso diventi necessario bruciare un combustibile diverso. Svantaggi. I residui della combustione dei combustibili generano una quantità elevata di prodotti inquinanti come i fumi, il particolato fine, gli ossidi di zolfo e azoto e gli idrocarburi aromatici, che possono essere dispersi nell'ambiente. I progressi tecnologici degli ultimi anni hanno fatto sì che molte misure per l'abbattimento di tali prodotti fossero implementate nelle centrali (pretrattamento del combustibile, abbattimento delle polveri, desolforatori, etc.) rendendo queste emissioni meno dannose. D'altra parte è possibile ridurre notevolmente l'impatto ambientale di queste centrali. Innanzitutto si può semplicemente utilizzare un combustibile poco inquinante (come il gas naturale, il gasolio desolforato ed il carbone bonificato). È possibile contenere notevolmente le emissioni di inquinanti tramite il montaggio di appositi filtri a reagente e catalizzatori ossidanti. Il calore residuo anziché essere sprecato immettendolo nell'aria può essere utilizzato per il teleriscaldamento delle case nella stagione invernale e può essere utilizzato nel periodo estivo per il condizionamento delle stesse case. In figura è mostrato lo schema di una centrale termoelettrica a ciclo combinato.

Centrale termoelettrica
Certificazione energetica di un edificio
Il complesso delle operazioni, svolte da soggetti accreditati, per il rilascio dell’attestato di certificazione energetica e delle raccomandazioni per il miglioramento della prestazione energetica dell’edificio.
Certificato bianco
I certificati bianchi, definiti anche Titoli di Efficienza Energetica (TEE), rappresentano un incentivo atto a ridurre il consumo energetico in relazione al bene distribuito. La contrattazione dei TEE può avvenire bilateralmente tra le parti interessate o all'interno di uno specifico mercato gestito dal GME (Gestore del Mercato Elettrico). L'Autorità per l'Energia Elettrica e il Gas (AEEG) è l'ente che autorizza l'emissione dei certificati  bianchi, gestisce la valutazione economica dei TEE e si occupa del controllo dell'effettivo risparmio energetico ottenuto.
Certificato verde
Titolo annuale, oggetto di contrattazione nell'ambito della Borsa dell'Energia, che verrà attribuito dal Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale (GRTN) all'energia elettrica prodotta mediante l'uso di fonti energetiche rinnovabili, di impianti entrati in esercizio dopo il 1° Aprile 1999, per i primi otto anni di esercizio degli stessi. Tale titolo è previsto dal Decreto Bersani quale possibile strumento alternativo per soddisfare l'obbligo, imposto a decorrere dal 2002 ad ogni produttore/importatore di energia, di immettere in rete una quota minima di energia verde pari al 2% dell'energia non rinnovabile prodotta/importata nell'anno precedente. L'offerta di certificati verdi potrà pervenire da due categorie di soggetti: i produttori (nazionali ed esteri) e, per la parte di domanda non soddisfatta da questi ultimi, dal Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale (GRTN).
Chilowatt (kW)
Multiplo dell’unità di misura della potenza, pari a 1.000 Watt.
Char del carbone.
E' il residuo solido che resta al termine della devolatizzazione del carbone in fase di combustione.
Chilowattora (kWh)
Unità di misura dell’energia. Un chilowattora è l’energia consumata in un’ora da un apparecchio utilizzatore da 1 kW.
Ciclo combinato
Tecnologia per la produzione di energia elettrica da combustibili in forma gassosa che si basa sull'utilizzo di una o più turbine a gas (turbogas) associate ad una turbina a vapore. Il calore dei fumi allo scarico della turbina a gas viene sfruttato in un generatore di vapore a recupero nel quale si produce il vapore poi utilizzato nella turbina a vapore.
Cip 6
E' l’acronimo che contraddistingue il Provvedimento del Comitato Interministeriale Prezzi n.6 del mese di aprile 1992, che stabilisce i prezzi con i quali i privati potevano vendere all’Enel energia elettrica prodotta da fonte rinnovabile o assimilata. Il meccanismo del CIP/6 verrà a regime sostituito dal Sistema dei Certificati Verdi, previsto dal Decreto Bersani.
Circuiti lineari in corrente continua
In corrente continua tutta la potenza fornita dai generatori è dissipata sui resistori del circuito (raramente anche sui generatori: per esempio nella serie tra un generatore di corrente e uno di tensione). La potenza istantanea assorbita da un resistore lineare, il cui valore di resistenza è R, si può calcolare, come in qualsiasi regime di funzionamento, con la legge di Ohm. La potenza p(t) sarà allora data dalla formula generale:

p(t) = v(t)i(t) = R i^2(t) = \frac{v^2(t)}{R}

se v(t) e i(t) sono, rispettivamente, la tensione e la corrente misurate nell'istante t sul bipolo secondo la convenzione degli utilizzatori. In corrente continua si può semplicemente scrivere :

P = R I^2 = V I = \frac{V^2}{R}

CIRENE
Vedi: Reattore nucleare a fissione.
Climax.
Il climax (dal greco klímaks, scala), in ecologia, rappresenta lo stadio finale dell'evoluzione di un ecosistema in una successione ecologica.
Cliente finale
La persona fisica o giuridica che acquista energia elettrica esclusivamente per uso proprio.
Cliente grossista
Persona fisica o giuridica che acquista e vende energia elettrica senza esercitare attività di produzione, trasmissione o distribuzione nei paesi dell'Unione Europea.
Cliente idoneo, cliente libero
Persona fisica o giuridica che ha facoltà di stipulare contratti di fornitura con qualsiasi fornitore di propria scelta (produttore, distributore, grossista). A partire dal 1° luglio 2007 tutti i clienti sono idonei e hanno diritto ad acquistare energia direttamente in borsa o da un grossista.
Cliente vincolato
Cliente Finale che, ai sensi del Decreto Legislativo del 16 marzo 1999, n°79, non rientrando nella categoria dei Clienti Idonei, è legittimato a stipulare contratti di fornitura esclusivamente con il distributore che esercita il servizio nell'area territoriale ove è localizzata l'utenza.
Codice POD
Il codice POD (Point of Delivery), introdotto dalla delibera AEEG 293/05, è definito dal gestore di rete locale. Tale codice identifica il punto di consegna dell’energia elettrica e viene utilizzato per la trasmissione delle misure al GSE.
Cogenerazione (C.H.P. Combined Heat and Power).
Col termine cogenerazione si indica la produzione contemporanea di diverse forme di energia secondaria (energia elettrica e/o meccanica ed energia termica) partendo da un'unica fonte (sia fossile che rinnovabile) attuata in un unico sistema integrato. Un esempio classico è dato dal funzionamento di un'automobile, la potenza prelevata dall'albero motore è usata per la trazione e la produzione di elettricità, il calore sottratto ai cilindri per il riscaldamento dell'abitacolo e la pressione dei gas di scarico per muovere la turbina di sovralimentazione. Lo sfruttamento di calore e pressione non comporta un aumento dei consumi poiché sono "scarti" del processo di conversione da energia chimica ad energia meccanica attuato dal motore. Il loro sfruttamento consente a parità di energia primaria immessa (il combustibile) una maggiore quantità di energia secondaria prodotta (movimento, calore). Un sistema che opera la cogenerazione è il cosiddetto co-generatore. L'energia termica può essere utilizzata per uso industriale o condizionamento ambientale (riscaldamento, raffreddamento). La cogenerazione viene realizzata in particolari centrali termoelettriche, dove si recuperano l'acqua calda o il vapore di processo e/o i fumi, prodotti da un motore primo alimentato a combustibile fossile (gas naturale, olio combustibile, biomasse, etc): si ottiene così un significativo risparmio di energia rispetto alla produzione separata dell'energia elettrica (tramite generazione in centrale elettrica) e dell'energia termica (tramite centrale termica tradizionale). Un particolare campo dei sistemi di cogenerazione è quello della trigenerazione.L'efficienza può essere espressa in diversi modi, che non sempre portano a un corretto confronto tra i vari impianti. Si illustrano allora le definizioni adottate dall'Environmental Protection Agency (EPA). L'efficienza di un processo semplice è il rapporto tra energia conservata, al termine del processo, ed energia immessa. Dato che i sistemi di cogenerazione producono sia elettricità, sia calore, la loro efficienza totale è data dalla somma dell'efficienza elettrica e dell'efficienza termica. Per esempio un impianto che utilizza 100 MWh di metano per produrre 40 MWh elettrici e 40 MWh termici ha un'efficienza elettrica e termica del 40% ed un'efficienza globale dell'80%. L'EPA usa preferibilmente un'altra definizione di efficienza nota come "efficacia nell'utilizzazione di combustibile", rapporto tra l'output elettrico netto e il consumo di combustibile netto (che non tiene conto del combustibile usato per produrre energia termica utilizzabile, calcolato assumendo un'efficienza specifica della caldaia dell'80%). Il più comune esempio di impianto cogenerativo è quello realizzato con turbogas/motore alternativo e caldaia a recupero. I fumi del turbogas o del motore alternativo vengono convogliati attraverso un condotto fumi nella caldaia a recupero. Il recupero può essere semplice, qualora non esista un postbruciatore, o un recupero con postcombustione in caso contrario. I fumi in caldaia permettono di produrre acqua calda, vapore saturo o vapore surriscaldato. Solitamente si utilizza acqua calda per scopi di riscaldamento, vapore saturo per utenze industriali e vapore surriscaldato per turbine a vapore e utenze. In definitiva si ha produzione di energia elettrica attraverso l'alternatore accoppiato al turbogas ed eventualmente attraverso l'alternatore accoppiato alla turbovapore e produzione di energia termica sotto forma di vapore, sfruttato poi dalle utenze connesse. In presenza di turbovapore si ottiene un ciclo combinato in cui la dispersione energetica è minima e consiste in maggior parte nel calore buttato in atmosfera dai fumi in uscita dalla caldaia a recupero.per quanto riguarda il fluido evolvente esso e generalmente l acqua che generalmente raggiunge in molti casi lo stato di vapore surriscaldato ma in alcuni casi puo assumere temperature non sufficientemente alte e c e bisogno di scambiatori di calore intermedi per aumentarne la temperatura ,piu raramente il fluido evolvente e l'aria che presenta pero il difetto di avere un coefficiente di scambio termico convettivo troppo basso e quindi sono richieste superfici di scambio termico ben piu elevate. Per quanto riguarda i motori a combustione interna,generalmente solo il 33% dell erg termica totalmente disponibile viene trasformata in erg meccanica il resto e in parte perduta causa irreversibilita presenti nel motore pari ad un altro33% dell erg totale ed infine l ultimo 33% viene emesssa nell ambiente esterno sotto forma di erg termica che va in definitiva perduta.per recuperare tale calore altrimenti perduto si utilizzano diversi scambiatori di calore:un primo scambiatore che permette il raffreddamento dell'olio lubrificante, è disponibile a bassa temperatura (non oltre gli 80°C),un altro scambiatore per il raffreddamento dell acqua destinata a refrigerare il motore stesso,ed infine un ultimo scambiatore posto allo scarico del motore che permette di innnazare di molto la temperatura del fluido di scambio termico generalmente come e stato detto acqua che per questo ulteriore scambio termico arriva allo stato di vapore surriscaldato ,Attraverso tali impianti e possibile produrre erg elettrica o termica. A parte il costo degli scambiatori questo non costituisce una complicazione eccessiva di impianto perche tali motori hanno bisogno per funzionare comunque di un sistema di raffreddamento altrimenti si rischia il surriscaldamento del motore stesso. Infine, fluidi evolventi particolarmente usati sono gli olii diatermici derivati dal petrolio, che hanno la caratteristica di mantenersi liquidi a pressione atmosferica fino a temperature di 300° celsius, ed hanno un punto di solidificazione molto inferiore rispetto all'acqua, cosa che impedisce che gelino nelle condotte. Incentivi alla cogenerazione.
Combustibile nucleare.
Con il termine combustibile nucleare si indica il materiale fissile che viene posto nel nocciolo di un reattore nucleare. In realtà parlare di "combustibile" è inesatto in quanto non avviene alcuna "combustione" (che è un processo chimico di ossidazione) bensì avvengono trasformazioni di tipo nucleare. Durante il funzionamento del reattore gli atomi del "combustibile" vengono progressivamente scissi tramite il processo a catena di fissione nucleare: il materiale viene man mano trasformato in altri elementi e/o isotopi liberando contemporaneamente energia. Il "combustibile" nucleare è solitamente disposto, all'interno del reattore, in barre. Questo sia per rendere più facile il loro trasporto, sia per poter alternare il combustibile alle barre di moderazione e controllo, sia per rendere più agevole la loro estrazione a fine ciclo. I "combustibili" più comunemente utilizzati sono miscele contenenti un alto contenuto di isotopi fissili. Tipicamente si utilizzano miscele ad alto contenuto di uranio 235 o di alcuni isotopi di plutonio. A seconda del tipo di reattore il combustibile può essere direttamente l'elemento fissile o piuttosto un suo ossido, può essere in forma di una lastra metallica o può essere costituito da tante sferette - dette granuli - alternate ad altre sostanze che svolgono la funzione di moderatore. Il materiale fissile deve essere collocato con una disposizione geometrica che massimizza l'efficienza dell'effetto catena, tenuto conto della necessità di lasciare sufficiente spazio per inserire il moderatore. Durante la fase di progettazione di un reattore nucleare bisogna anche lasciare spazio alle barre di controllo e a dispositivi diagnostici. Da un punto di vista puramente teorico la forma ideale sarebbe quella sferica. Tuttavia motivi di ordine pratico e costruttivo fanno propendere per soluzioni di altro tipo: solitamente si utilizza una forma cilindrica ottenuta dall'accostamento di un gran numero di barre. A differenza di quanto avviene per un combustibile tradizionale, in un reattore nucleare il consumo del combustibile è molto lento e una volta caricato dura generalmente, a seconda del tipo di reattore e del suo utilizzo, parecchi anni. D'altra parte le operazioni di ricarica sono notevolmente complesse. A differenza di quanto avviene con altri tipi di combustibile il prodotto della reazione (le cosiddette scorie) non vengono disperse, ma rimangono principalmente all'interno delle barre stesse o degli elementi immediatamente confinanti. Con l'avanzare del tempo le barre diventano sempre più povere di materiale fissile, fino ad arrivare ad un punto in cui non è più efficiente sfruttarle e devono essere sostituite. A seconda delle geometrie del reattore può succedere che una parte del combustibile si esaurisca più velocemente di altre parti: tipicamente le parte centrale si esaurisce più in fretta di quella esterna. La configurazione a barre è utile in questo caso perché permette la sostituzione soltanto delle parti più esaurite. Le barre esaurite, così come il materiale nelle immediate vicinanze, sono diventate altamente radioattive a causa della presenza dei prodotti di fissione generati dalle reazioni nonché di altro materiale che si può essere attivato durante il processo per cattura neutronica o in conseguenza di altri processi analoghi. Lo smaltimento delle barre esaurite è pertanto la parte più complessa dello smantellamento delle scorie del reattore.
Compatibilità elettromagnetica
Capacità di un dispositivo (apparecchiatura o sistema) di funzionare correttamente nel suo ambiente elettromagnetico, senza introdurre nell'ambiente stesso disturbi elettromagnetici superiori all'emissione consentita.
Comuni contigui
Tale definizione indica quelle aree nelle quali devono ubicarsi i siti delle singole imprese che compongono una società consortile. Nella norma tali aree sono Comuni con territori confinanti.
Condizionatore d'aria
Il condizionatore d'aria è una macchina in grado di produrre una differenza di temperatura (positiva o negativa) che viene ceduta a un fluido che messo in circolazione a sua volta cede questa differenza di temperatura a un ambiente per innalzarne o abbassarne la temperatura. I condizionatori si dividono in due grandi famiglie quelli chiamati solo freddo e quelli detti a pompa di calore. La differenza sostanziale è che quelli a pompa di calore oltre a raffrescare in estate, in inverno possono anche riscaldare invertendo il ciclo di funzionamento. Una ulteriore distinzione molto importante è quella relativa alla loro alimentazione e al loro funzionamento. Ci sono due grandi famiglie, la prima chiamata ON-OFF e la seconda chiamata a INVERTER. La differenza sostanziale tra le due tecnologie è la seguente: quella ON-OFF è molto semplice, (costa meno) ed ha un consumo elevato perché quando si accende va subito alla massima potenza a prescindere di quanto ne serva effettivamente, quella a INVERTER invece ha una tecnologia detta modulante. Significa che durante il funzionamento, diminuisce la potenza necessaria in funzione del raffreddamento ottenuto man mano fino ad arrivare al minimo necessario al mantenimento della temperatura impostata, tutto questo con un notevole risparmio energetico. Se il condizionatore viene fatto funzionare per molte ore, per esempio di notte, è economicamente conveniente il modello inverter, in caso contrario il maggior costo rispetto al modello on-off non viene ammortizzato, poiché la funzione modulante interviene dopo almeno 2-3 ore dalla prima accensione.
Consorzio
Organismo composto da un gruppo di utilizzatori di energia; è uno strumento che permette a coloro che superano determinate soglie di consumo di energia di unirsi e raggiungere la soglia minima di consumo per poter essere qualificati come clienti idonei.
Condensatore
Il condensatore o capacitore è un componente elettrico che immagazzina l'energia in un campo elettrostatico, accumulando al suo interno una certa quantità di carica elettrica. Nella teoria dei circuiti il condensatore è un componente ideale che può mantenere la carica e l'energia accumulata all'infinito, se isolato (ovvero non connesso ad altri circuiti), oppure scaricare la propria carica ed energia in un circuito a cui è collegato. Nei circuiti in regime sinusoidale permanente esso determina una differenza di fase di 90 gradi fra la tensione applicata e la corrente che lo attraversa. In queste condizioni di funzionamento la corrente che attraversa un condensatore ideale risulta in anticipo di un quarto di periodo rispetto alla tensione che è applicata ai suoi morsetti.
Consumo di energia
Quantitativo di energia impiegato da un individuo o da un apparecchio.
Consumo e risorese di energia nel mondo
Per potere comparare direttamente le risorse energetiche del mondo, e il consumo di energia delle nazioni, questa voce di avvale delle unità del sistema SI e dei prefissi SI e misure della fornitura di energia/tempo (potenza) in watt (W) e le quantità nette di energia in joule (J). Un watt equivale alla fornitura di un joule in un secondo (potenza=lavoro/tempo). Nel 2004, il consumo mondiale medio totale dell'umanità era pari a 15 TW (= 1.5 x 10exp13 W) che per un 86,5% proveniva dai combustibili fossili. Questo equivale a 0,5 ZJ (= 5 x 10exp20 Joule) per anno, anche se vi è un'incertezza di almeno il 10% nei valori del consumo energetico totale del mondo. Non tutte le economie del mondo tengono registri dei loro consumi energetici con lo stesso rigore, e l'esatto contenuto di energia di un barile di petrolio o di una tonnellata di carbone varia in rapporto alla sua qualità. La maggior parte delle risorse energetiche del mondo hanno come fonte prima i raggi solari che colpiscono la supeficie terrestre - e negli eoni quell'energia si è conservata indirettamente sotto forma di energia fossile (bitume, carbone, gas, idrati, petrolio) oppure come energia direttamente impiegabile (ad.esempio i venti si formano in seguito a complessi fenomeni di riscaldamento nelle zone soleggiate e di convezione nelle zone fredde, il tutto abbinato alla rotazione terrestre). Anche l'energia idroelettrica deriva dall'energia solare che provoca evaporazione dell'acqua e condensazione dell'acqua quando le nuvole incontrano l'aria di fronti climatici freddi o quando risalgono alte montagne. Il vapor d'acqua salendo in quota acquisisce una certa energia potenziale che cede in parte alle piogge ed ai corpi acquosi siti in quote elevate.Il termine costante solare (in inglese en:solar constant) definisce la quantità di radiazione elettromagnetica solare che arriva per unità di superficie, misurandola a livello della superficie esterna dell'atmosfera terrestre, da un aereo perpendicolare ai raggi. La costante solare include tutti i tipi di radiazione solare, non soltanto la luce visibile. Il suo valore è stato misurato da satelliti a circa 1.366 watt per metro quadro, anche se può variare di circa lo 6,9% durante l'anno - da circa 1.412 W/m2 a gennaio a 1.321 W/m2 a luglio, questo dovuto alla variazione della distanza della terra dal sole, oltre ad una lieve variazione della luminanza solare di poche parti su mille da un giorno all'altro. Per l'intero globo terrestre, che ha una sezione di taglio di 127.400.000 km², la potenza fornita dall'energia solare é di 1.740 × 1017 Watt, con una variazione del +/- 3,5%.

Le stime sulle risorse energetiche rimanenti nel mondo variano, ed é stato calcolato che le risorse di combutibili fossili totalizzino uno stimato di 0,4 Yottajoules (1 YJ = 10exp24 J) e che le risorse disponibili di combustibile nucleare come l'uranio superino i 2,5 YJ. Le riserve di combustibili fossili dovrebbero essere di 0,6-3 YJ se gli estimi delle riserve di clatrati di metano sono accurate e se il loro sfruttamento divenisse tecnicamente possibile. Principalmente grazie al Sole, il mondo possiede anche un flusso di energia rinnovabile utilizzabile, che eccede i 120 Petawatt (pari ad 8.000 volte gli utilizzi totali del 2004), o 3,8 YJ/anno, rendendo così minuscole tutte le risorse non-rinnovabili.

Sin dall'inizio della rivoluzione industriale, il consumo di energia nel mondo é cresciuto ad un ritmo sostenuto. Nel 1890 il consumo di carburanti fossili eguagliava approssimativamente la quantità di combustibile da biomassa che veniva bruciato nelle case e dall'industria. Nel 1900, il consumo di energia globale ammontava a 0,7 Terawatt (0,7 volte 10exp12 watt). Secondo stime dell 2006 fatte dall'agenzia usa EIA (United States Department of Energy), i 15 TW stimati come energia totale consumata nel 2004 si dividono come indica la tabella sottostante, con i combustibili fossili che forniscono 86% dell'energia consumata dal mondo:

Tipo di combustibile Potenza in TW Energia/anno in EJ
Petrolio 5,6 180
Gas naturale 3,5 110
Carbone 3,8 120
Idroelettrico 0,9 30
Nucleare 0,9 30
Geotermia, eolico,
solare, legno
0,13 4
Totale 15 471

Negli ultimi quarant'anni, l'utilizzo assoluto dei combustibili fossili é aumentato con continuità e la loro quota percentuale dell'energia fornita é aumentata.
Conto energia
Mentre con l’espressione “incentivazione in conto capitale” si intende l’erogazione di un contributo per l’investimento necessario per la realizzazione di un impianto, con l’espressione “conto energia”viene indicato un meccanismo di incentivazione che remunera l’energia elettrica prodotta da un impianto per un certo numero di anni. Vai alla voce Normativa.
Contratto bilaterale
Contratto di fornitura di energia elettrica concluso al di fuori della borsa elettrica tra un soggetto produttore grossista e un cliente idoneo. Il prezzo di fornitura e i profili di immissione e prelievo sono definiti liberamente dalle parti, tuttavia immissioni e prelievi orari devono essere comunicati a Terna S.p.A. ai fini della verifica di compatibilità con i vincoli di trasporto della rete di trasmissione nazionale.
Contratto di vettoriamento
Contratto che regola i rapporti tra il gestore della rete contraente ed il soggetto che usufruisce del servizio di vettoriamento.
Conversione di energia
Il processo di cambiamento dell'energia da una forma ad un'altra.
Conversione fotovoltaica
Fenomeno per il quale la luce incidente su un dispositivo elettronico a stato solido (cella fotovoltaica) genera energia elettrica.
Convertitore CC/CA, invertitore, inverter
Dispositivo elettrico statico che converte la corrente continua in corrente alternata.
Corrente alternata
La corrente alternata (CA o AC dall'inglese: Alternating current) è caratterizzata da un flusso di corrente variabile nel tempo sia in intensità che in direzione ad intervalli più o meno regolari. Normalmente la corrente elettrica viene distribuita sotto forma di corrente alternata a 50 Hz (il + e il - si alternano nei conduttori ogni cinquantesimo di secondo). L'utilizzo della corrente alternata deriva dal fatto che i generatori producono di norma corrente alternata. Alcune apparecchiature tuttavia richiedono la corrente continua, che viene ottenuta tramite un raddrizzatore. L'andamento del valore di tensione elettrica nel tempo è la forma d'onda. L'energia elettrica comunemente distribuita ha una forma d'onda sinusoidale. Il numero di ripetizioni di uno stesso periodo (inteso come modulo ripetuto indefinitamente) in un secondo è la frequenza, ed è misurata in Hertz. L'elettricità comunemente distribuita ed utilizzata ha una forma d'onda sinusoidale perché tale andamento deriva direttamente dal modo di operare degli alternatori e dalle leggi dell'induzione magnetica. Dunque la forza elettromotrice prodotta da un alternatore ha la forma:

f(t) = F_0 \sin (\omega t + \phi)\;

dove F0 è il valore massimo costante della forza elettromotrice cioè l'ampiezza, ω è la pulsazione, legata al periodo T ed alla frequenza ν:

T = \frac {2\pi}{\omega} e \nu = \frac {\omega}{2\pi}

La corrente alternata deve avere la stessa forma:

i(t) = I_0 \sin (\omega t + \phi)\;

Una grandezza sinusoidale per definizione ha valore medio nullo su un periodo T. Per questo motivo la grandezza misurabile è il suo valore efficace o effettivo inteso come il valore quadratico medio:

I_{eff}^{2} = \frac {1}{T} \int_{t}^{t+T} I^2(t) \ dt

dalla quale si ottiene che la corrente efficace è legata al suo valore massimo:

I_{eff} = \sqrt{\frac {1}{T} \int_{t}^{t+T} I_{0}^{2} \sin^2 \ \omega \ t \ dt} = \frac {I_0}{\sqrt{2}}

Per la tensione si ha:

V_{eff} = \sqrt{\frac {1}{T} \int_{t}^{t+T} V_{0}^{2} \sin^2 \ \omega \ t \ dt} = \frac {V_0}{\sqrt{2}}

La tensione efficace Veff permette di scrivere il modulo della potenza complessa come

 | \bar{P} | = V_{eff} I_{eff}


Corrente continua
La corrente continua (CC o DC dall'inglese: Direct current) è caratterizzata da un flusso di corrente di intensità e direzione costante nel tempo. In una corrente continua gli elettroni fluiscono sempre nello stesso senso all'interno del circuito. La corrente continua è largamente usata a bassa tensione in elettronica, specialmente nelle apparecchiature alimentate con pile e batterie, che sono in grado di generare esclusivamente corrente continua. Per questo motivo è ubiquitariamente impiegata negli impianti elettrici delle automobili, dove viene accumulata in una batteria al piombo dopo essere stata generata dall'alternatore e trasformata in continua. È continua anche l'energia elettrica prodotta da pannelli fotovoltaici e pile a combustibile. In un sistema in corrente continua, a differenza di uno in alternata, è molto importante rispettare il verso della corrente, ovvero la polarità. Esiste infatti nelle batterie un polo positivo ed uno negativo, che devono essere correttamente collegati al carico. Per esempio, un motore in corrente continua se alimentato al contrario ruota in senso inverso. Molti circuiti elettronici se alimentati erroneamente possono guastarsi. La corrente continua può essere prodotta a partire da una corrente alternata (CA) con un processo di raddrizzamento, effettuato con diodi o ponti raddrizzatori. In realtà questi dispositivi eliminano la componente negativa della corrente alternata, producendo una corrente che non è ancora continua ma unidirezionale pulsante, ovvero composta idealmente da una corrente alternata sovrapposta ad una continua. Un condensatore successivo al raddrizzatore provvede a livellare il segnale, fornendo una corrente quanto più possibile vicino ad un valore continuo. Viceversa, la conversione di una corrente continua in una alternata è molto più complessa, in particolare perché è necessario generare informazione relativa a forma d'onda, frequenza e fase. L'operazione è svolta da complessi dispositivi elettronici definiti inverter. La corrente continua fu adottata da Thomas Alva Edison verso la fine del XIX secolo agli inizi della distribuzione elettrica industriale. Successivamente però la tecnologia si è spostata verso la corrente alternata, più conveniente per la trasmissione di energia elettrica a distanza. Oggigiorno la corrente continua è adottata in alcuni elettrodotti (HVDC), nei cavi sottomarini e nell'alimentazione ferroviaria in alcune nazioni.
Corrente elettrica
E' un qualsiasi flusso ordinato di carica elettrica, tipicamente attraverso un filo metallico o qualche altro materiale conduttore. La corrente convenzionale venne definita inizialmente, nella storia dell'elettricità, come il flusso di carica positiva, anche se sappiamo, nel caso della conduzione metallica, che la corrente è causata dal flusso di elettroni con carica negativa nella direzione opposta. Nonostante ciò, l'originale definizione di corrente convenzionale resta valida. Il simbolo normalmente usato per la quantità di corrente (la quantità di carica che scorre nell'unità di tempo) è I, e l'unità di misura nel SI della corrente elettrica è l'ampere. La corrente elettrica viene anche chiamata intensità di corrente . Sappiamo che un conduttore si trova in equilibrio elettrico se il campo elettrico è nullo in ogni punto interno al conduttore, ossia il potenziale elettrico sia costante in ogni punto del conduttore. Chiaramente se vi è una differenza di potenziale fra due punti del conduttore allora vi è anche campo elettrico diverso da zero e quindi corrente elettrica. Questa differenza di potenziale viene chiamata forza elettromotrice ed è alla base del funzionamento dei circuiti elettrici ed elettromagnetici insieme alla Legge di Ohm e alle Leggi di Kirchhoff. Presa una sezione del conduttore attraverso la quale transita una quantità di carica elettrica ΔQ nell'intervallo di tempo Δt si ha un'intensità di corrente elettrica:

I = \lim_{\Delta t \to 0} \frac {\Delta Q}{\Delta t} = \frac {dQ}{dt}

L'intensità di corrente elettrica è una quantità scalare. Essa può essere rappresentata da un vettore che si chiama densità di corrente. La corrente elettrica può essere misurata direttamente con un amperometro, ma questo metodo richiede l'interruzione del circuito, che talvolta può essere un inconveniente. La corrente può anche essere misurata senza interrompere il circuito, tramite il rilevamento del campo magnetico da essa generato. Gli strumenti usati per questo comprendono: sensori a effetto Hall, morsetti e spire di Rogowski.
Costante dielettrica La permittività elettrica (nel Sistema Internazionale), o impropriamente costante dielettrica (nel linguaggio comune), è una grandezza fisica che descrive come un campo elettrico influenza ed è influenzato da un mezzo dielettrico, ed è determinata dalla capacità di un materiale di polarizzarsi in presenza del campo e quindi ridurre il campo elettrico totale nel materiale. In breve quindi la permettività è la predisposizione di un materiale a trasmettere (o permettere) un campo elettrico. Essa compare nella legge di Coulomb e varia secondo il materiale in cui sono immerse le cariche elettriche. La permittività elettrica è in genere un numero reale; risulta tuttavia molto utile introdurre una permittività complessa quando si trattano campi sinusoidali, cioè quando si lavora nel dominio della frequenza. In questo modo è infatti possibile trattare le equazioni di Maxwell in forma differenziale con un formalismo simile al caso del vuoto anche in mezzi dissipativi (cioè a conducibilità finita ) o dispersivi ( cioè le cui proprietà elettromagnetiche variano al variare della frequenza dei campi incidenti ). Questo accorgimento non è invece possibile nel dominio del tempo. Va inoltre detto che la permittività relativa stessa può, in particolari condizioni, essere rappresentata mediante un numero complesso, in accordo con modelli di polarizzazione macroscopici del primo ordine, i quali descrivono la proporzionalità e lo sfasamento fra il vettore polarizzazione nel dielettrico e il campo esterno forzante. La sua parte immaginaria, in particolare, segue un andamento risonante: è cioè molto piccola alle basse e alle alte frequenze ma presenta uno o più picchi a frequanze fissate, legate all'inerzia dei costituenti atomici del materiale. In corrispondenza di questi picchi l'assorbimento di energia da parte del dielettrico è massimo: esso così si scalda. Un esempio pratico è dato, in tal senso, dal forno a microonde: tale dispositivo infatti "cuoce" i cibi irradiandoli alla frequanza di risonanza dell'acqua, che risponde dissipando energia e cioè scaldandosi. Per questo stesso motivo inoltre, altri materiali, come la ceramica costituente il piatto, non vengono scaldati se non perchè a contatto con cibi caldi: le loro frequanze di assorbimento sono molto diverse da quelle utilizzate nel forno. In un dielettrico si manifestano delle cariche libere, di polarizzazione - sp e + sp. Il termine costante dielettrica del dielettrico fornisce una quantificazione di tale polarizzazione. Essa si misura in farad al metro nel SI . Nel vuoto prende il nome di permittività elettrica del vuoto e vale: dove c è la velocità della luce nel vuoto e µ0 è la permeabilità magnetica nel vuoto. Negli altri mezzi si indica con ed è posta uguale a: dove viene chiamato permittività elettrica relativa (costante dielettrica relativa) ed è un numero adimensionale sempre maggiore di 1. Poiché nella legge di Coulomb la permittività (costante dielettrica) compare al denominatore, la forza che si esercita fra due cariche elettriche, in valore assoluto, è massima nel vuoto e diminuisce al crescere della permittività relativa. Ciò significa che minore è la costante dielettrica di un mezzo, più esso presenterà caratteristiche isolanti, dato che, se si collocano due corpi di carica opposta alle estremità di una barretta di materiale dielettrico (quindi con costante dielettrica bassa) insorge un campo elettrico lungo la barretta, dando così una forza (legge di Coulomb) alta; al contrario, se tra le due cariche viene posto un materiale conduttore (quindi con costante dielettrica alta), la carica fluisce attraverso di esso e il campo elettrico si annulla dopo pochi istanti, dando così una forza (legge di Coulomb) bassa. Occorre ricordare che i materiali isolanti vengono anche chiamati dielettrici. Nel caso dell'aria, la permettività elettrica è , approssimata ad 1 che è il valore assegnato alla costante dielettrica nel vuoto. L'aria è l'unico mezzo fisico che viene assimilato allo spazio vuoto.Quando si lavora con campi sinusoidali nel dominio della frequenza, si può introdurre una permittività elettrica complessa. Se in un mezzo reale, avente permittività relativa e conducibilità s insiste un campo elettromgnetico di pulsazione ? , è lecito descrivere la relazione di proporzionalità fra il rotore del vettore intensità magnetica e il campo elettrico mediante una costante dielettrica complessa. In particolare la parte reale di tale parametro sarà ancora pari a , mentre la parte immaginaria sarà pari al rapporto tra la conducibilità e la pulsazione, cambiato di segno. Dal momento che tutti i materiali hanno una conducibilità finita, risulta evidente che ad alte frequenze la dispersione, cioè la dipendenza da parte di dalla frequenza, risulta trascurabile e la costante dielettrica diviene nuovamente reale.
Costante dielettrica
La permittività elettrica (nel Sistema Internazionale), o impropriamente costante dielettrica (nel linguaggio comune), è una grandezza fisica che descrive come un campo elettrico influenza ed è influenzato da un mezzo dielettrico, ed è determinata dalla capacità di un materiale di polarizzarsi in presenza del campo e quindi ridurre il campo elettrico totale nel materiale. In breve quindi la permettività è la predisposizione di un materiale a trasmettere (o permettere) un campo elettrico. Essa compare nella legge di Coulomb e varia secondo il materiale in cui sono immerse le cariche elettriche. La permittività elettrica è in genere un numero reale; risulta tuttavia molto utile introdurre una permittività complessa quando si trattano campi sinusoidali, cioè quando si lavora nel dominio della frequenza. In questo modo è infatti possibile trattare le equazioni di Maxwell in forma differenziale con un formalismo simile al caso del vuoto anche in mezzi dissipativi (cioè a conducibilità finita ) o dispersivi ( cioè le cui proprietà elettromagnetiche variano al variare della frequenza dei campi incidenti ). Questo accorgimento non è invece possibile nel dominio del tempo. Va inoltre detto che la permittività relativa stessa può, in particolari condizioni, essere rappresentata mediante un numero complesso, in accordo con modelli di polarizzazione macroscopici del primo ordine, i quali descrivono la proporzionalità e lo sfasamento fra il vettore polarizzazione nel dielettrico e il campo esterno forzante. La sua parte immaginaria, in particolare, segue un andamento risonante: è cioè molto piccola alle basse e alle alte frequenze ma presenta uno o più picchi a frequanze fissate, legate all'inerzia dei costituenti atomici del materiale. In corrispondenza di questi picchi l'assorbimento di energia da parte del dielettrico è massimo: esso così si scalda. Un esempio pratico è dato, in tal senso, dal forno a microonde: tale dispositivo infatti "cuoce" i cibi irradiandoli alla frequanza di risonanza dell'acqua, che risponde dissipando energia e cioè scaldandosi. Per questo stesso motivo inoltre, altri materiali, come la ceramica costituente il piatto, non vengono scaldati se non perchè a contatto con cibi caldi: le loro frequanze di assorbimento sono molto diverse da quelle utilizzate nel forno. In un dielettrico si manifestano delle cariche libere, di polarizzazione − σp e + σp. Il termine costante dielettrica \varepsilon del dielettrico fornisce una quantificazione di tale polarizzazione.

Essa si misura in farad al metro nel SI \frac{F}{m}=\frac{C^2}{m^2 \cdot N} = \frac{A^2 \cdot s^4}{m^3 \cdot kg} .

Nel vuoto prende il nome di permittività elettrica del vuoto e vale:

\varepsilon_0 = \frac{1}{{c}^2\mu_0} \approx 8,8541878176 \cdot  10^{-12}  \frac{F}{m}

dove c è la velocità della luce nel vuoto e μ0 è la permeabilità magnetica nel vuoto. Negli altri mezzi si indica con \varepsilon ed è posta uguale a:

\varepsilon = \varepsilon_0 \cdot \varepsilon_r

dove \varepsilon_r viene chiamato permittività elettrica relativa (costante dielettrica relativa) ed è un numero adimensionale sempre maggiore di 1. Poiché nella legge di Coulomb la permittività (costante dielettrica) compare al denominatore, la forza che si esercita fra due cariche elettriche, in valore assoluto, è massima nel vuoto e diminuisce al crescere della permittività relativa. Ciò significa che minore è la costante dielettrica di un mezzo, più esso presenterà caratteristiche isolanti, dato che, se si collocano due corpi di carica opposta alle estremità di una barretta di materiale dielettrico (quindi con costante dielettrica bassa) insorge un campo elettrico lungo la barretta, dando così una forza (legge di Coulomb) alta; al contrario, se tra le due cariche viene posto un materiale conduttore (quindi con costante dielettrica alta), la carica fluisce attraverso di esso e il campo elettrico si annulla dopo pochi istanti, dando così una forza (legge di Coulomb) bassa. Occorre ricordare che i materiali isolanti vengono anche chiamati dielettrici. Nel caso dell'aria, la permettività elettrica è \varepsilon_r = 1,00059, approssimata ad 1 che è il valore assegnato alla costante dielettrica nel vuoto. L'aria è l'unico mezzo fisico che viene assimilato allo spazio vuoto.Quando si lavora con campi sinusoidali nel dominio della frequenza, si può introdurre una permittività elettrica complessa. Se in un mezzo reale, avente permittività relativa \varepsilon_r e conducibilità σ insiste un campo elettromgnetico di pulsazione ω , è lecito descrivere la relazione di proporzionalità fra il rotore del vettore intensità magnetica e il campo elettrico mediante una costante dielettrica complessa. In particolare la parte reale di tale parametro sarà ancora pari a \varepsilon_0 \cdot \varepsilon_r , mentre la parte immaginaria sarà pari al rapporto tra la conducibilità e la pulsazione, cambiato di segno. Dal momento che tutti i materiali hanno una conducibilità finita, risulta evidente che ad alte frequenze la dispersione, cioè la dipendenza da parte di \varepsilon dalla frequenza, risulta trascurabile e la costante dielettrica diviene nuovamente reale.
Coulomb
E' l'unità di misura della carica elettrica, ed è definita in termini di ampere: 1 coulomb è la quantità di carica elettrica trasportata da una corrente di 1 ampere che scorre per 1 secondo.

 1 \ \mathrm{C} = 1 \ \mathrm{A} \cdot 1\ \mathrm{s}

1 Coulomb è all'incirca 6,24×10exp18 volte la carica di un elettrone. Prende il nome da Charles Augustin de Coulomb (1736 - 1806), il primo scienziato a studiare qualitativamente le cariche e le forze che ne regolano il moto.
Curie.
Il curie (simbolo Ci) è un'unità di misura dell'attività di un radionuclide. Esso venne adottato come unità di misura della radioattività durante il Congresso Internazionale di Radiologia che si tenne a Bruxelles nel 1910, presieduto proprio da Marie Curie. Un curie è pari approssimativamente all'attività di un grammo dell'isotopo radio-226 (226Ra), un materiale scoperto dai pionieri dello studio della radioattività Marie e Pierre Curie, da cui l'unità prende il nome, ed equivale a 37 miliardi di decadimenti al secondo.
Il curie è stato sostituito dal becquerel (Bq) nel sistema SI.
Equivalenze:
1 Ci = 3,7 × 1010 Bq = 37 GBq
1 Bq = 2,7 × 10-11 Ci = 27 pCi .
Curve di carico
Serie temporale dei consumi di energia elettrica del sito del cliente.


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