Cristoforo Benigno Crespi, industriale e grande mecenate


INVENTORI E GRANDI IMPRENDITORI

In questa sottosezione illustrerò la vita di quei capitani d'industria e/o inventori che hanno sostanzialente contribuito al progresso industriale del mondo occidentale con particolare riguardo dell'Italia.

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Cristoforo Benigno Crespi

Cristoforo Benigno Crespi fu il capostipite di una delle grandi famiglie di industriali milanesi; egli fu anche uno dei primi industriali a essere attivo nel campo del mecenatismo.
Nacque a Busto Arsizio (allora in provincia di Milano) il 18 ott. 1833, primogenito di Antonio e di Maria Provasoli. Compì gli studi nel seminario rosminiano di Ponte Seveso, dal quale però uscì per iscriversi alla facoltà di giurisprudenza dell'università di Pavia. Poco tempo dopo fu costretto a interrompere gli studi universitari e a trovare un modesto impiego. Riuscì comunque a conseguire il diploma di ragioniere, grazie al quale dapprima entrò alle dipendenze di una banca e in seguito fu assunto alla sede di Milano della ditta bustese Turati.
Intorno al 1863 lasciò l'azienda Turati e, disponendo di un modestissimo capitale, si mise in proprio dedicandosi a speculazioni sul cotone greggio. Questa attività gli apportò considerevoli guadagni e mise in luce le sue notevoli capacità di uomo d'affari. Gli fu facile perciò convincere il padre a prendere in affitto nel 1864 lo Stabilimento nazionale Archinto (già Sioli-Dell'Acqua) a Vaprio d'Adda. Intanto apriva a Milano un ufficio di rappresentanza di filati e di tessuti, nel quale entrò anche suo fratello. Tuttavia alla fine del 1865 l'ex stabilimento Archinto venne messo all'asta dai creditori della passata gestione, e fu acquistato dal duca Raimondo Visconti di Modrone.
Privato della fabbrica di Vaprio, Crespi attivò dal 1867, in una ex cartiera di Vigevano, una piccola filatura (circa 5.000 fusi nel 1876) che alla morte del padre (1883) fu assegnata al fratello Giuseppe. Con quest'ultimo, che gli si era affiancato sin dall'inizio nella direzione dello stabilimento di Vigevano, Crespi si era presto trovato in aspro contrasto. Nel 1869-1870 decise perciò di procedere a una nuova iniziativa industriale, fondando a Ghemme (Novara), assieme agli altri fratelli Carlo e Pasquale, un'altra filatura di qualche migliaio di fusi, alla quale furono aggiunti più tardi anche dei telai.
Crespi aspirava comunque a creare un proprio stabilimento. Ciò gli fu possibile nel febbraio 1877, quando ottenne l'autorizzazione a utilizzare una derivazione d'acqua dal fiume Adda di cui intendeva servirsi come forza motrice per una erigenda filatura tra i comuni di Capriate e di Canonica d'Adda. Crespi lasciò dunque a Carlo e a Pasquale lo stabilimento di Ghemme, e iniziò la costruzione del canale di derivazione dall'Adda. Fu impresa tecnicamente assai ardua, ma fu condotta a buon fine e il 25 luglio 1878 il nuovo stabilimento, dotato di 5.000 fusi Platt Brothers, iniziò a funzionare. Benché l'impianto fosse ancora di modeste dimensioni, Crespi ebbe l'accortezza di adottare soluzioni tecniche d'avanguardia (ad esempio, l'impiego di funi di canapa per le trasmissioni) e di approntare locali capaci di contenere in futuro un insieme di fusi assai più imponente.
La decisione d'investimento fu assai fortunata, perché proprio in quell'anno entrarono in vigore le prime tariffe protezionistiche a favore dell'industria cotoniera. Reso appunto "sicuro" dalla protezione doganale, Crespi aumentò progressivamente il macchinario dell'impresa: i fusi, che erano già saliti a 15.000, nel 1882 (e in quell'anno Crespi introducesse la fabbricazione dei filati pettinati), erano 20.000 nel 1884 e 25.000 nel 1891 (con 600 operai). Ma già in precedenza Crespi aveva raggiunto una notevole capacità finanziaria se nel 1886 poté acquistare la filatura di Baveno (Novara), dotandola fin dal primo anno di 5.000 fusi e di un organico di 165 operai. Affidata alla direzione del giovane Vittorio Olcese, la filatura passò qualche anno dopo (probabilmente nel 1890) alla ditta Luigi Pozzi di Busto Arsizio. Inoltre nel 1889 Crespi aveva partecipato con 200.000 lire, su un capitale complessivo di un milione, alla costituzione della società in accomandita semplice Festi Rasini e C., con stabilimento a Villa d'Ogna nel Bergamasco.
A questi investimenti, per così dire "esterni" alla propria impresa, si aggiunse un importante ampliamento della fabbrica di Capriate: nel 1895 veniva attivato un reparto di tessitura di 200 telai meccanici Rüti, per il cui funzionamento furono installate motrici a vapore di fabbricazione italiana. La Benigno Crespi - unico tra i fratelli, egli poté continuare a utilizzare il nome della ditta fondata dal nonno - cominciò così a specializzarsi soprattutto nella produzione di satin nero, un articolo destinato prevalentemente all'esportazione nell'America Latina, nei Balcani e anche nell'Estremo Oriente. Circa tre anni dopo fu aperto anche un reparto di tintoria (nel quale fu impiegato, tra le prime esperienze di questo genere in Italia, il sistema Thomas-Prevost per la mercerizzazione dei tessuti), cosicché all'aprirsi del nuovo secolo la ditta si presentava come una delle poche aziende cotoniere italiane a ciclo integrale di fabbricazione.
Né si arrestò il potenziamento degli impianti: se nel 1902 i fusi di filatura erano 36.600 e i telai meccanici 320, nel 1909 i fusi erano saliti a 44.000 e i telai a 726, mentre gli operai occupati superavano le 1.500 unità. Nel 1904 Crespi assieme al figlio Silvio, e con parziale contributo della Edison e della Banca commerciale italiana, aveva inoltre creato la Società anonima Benigno Crespi per lo sfruttamento delle forze idrauliche di Trezzo sull'Adda, che, attraverso appunto la nuova centrale idroelettrica di Trezzo, consentì l'utilizzazione dell'energia elettrica come forza motrice nello stabilimento di Capriate.
Nel 1906 Crespi fu colpito da un male improvviso: fu dunque costretto a disinteressarsi dell'azienda, che rimase sotto la direzione del figlio Silvio. Nel 1910 la ditta Benigno Crespi fu trasformata in società anonima (con un capitale di nove milioni di lire), di cui Benigno fu presidente.
In realtà la nuova società mantenne il suo carattere familiare, non solo per quanto riguardava il capitale - che era diviso tra padre, figli, figlie e cognati - ma perché la decisione di costituire la società anonima era motivata da ragioni esclusivamente familiari. Da un lato si evitò un provvedimento di interdizione per Benigno, che non avrebbe così avuto, grazie all'istituzione di un consiglio di amministrazione, alcuna possibilità di decisioni autonome; dall'altro si intendeva impedire che uno dei figli di Benigno, Daniele, continuasse ad ottenere dal padre forti finanziamenti a fondo perduto per le sue avventurose e disgraziate speculazioni, che rischiavano di portare alla rovina l'azienda cotoniera.
Il Crespi preferì dedicarsi alla raccolta di quadri di notevolissimo valore artistico, sebbene da vero uomo d'affari riuscisse ad acquistarli a prezzo conveniente. La raccolta ebbe sede nel palazzo di via Borgonuovo a Milano, acquistato nel 1884 per ben 800.000 lire, nel quale si trovavano anche gli uffici della ditta e l'abitazione della famiglia. La galleria sarà venduta in asta a Parigi nel gennaio 1914, per una forte crisi di liquidità dell'azienda, provocata dalla crisi che dal 1907 incideva sull'industria cotoniera.
Crespi è noto anche per avere costituito, sin dal 1878-1880, il primo nucleo del villaggio operaio di Crespi d'Adda (tale fu il nome ufficialmente assunto dalla frazione di Capriate in cui fu eretto lo stabilimento).
Se i successivi e più importanti sviluppi urbanistici del villaggio operaio sono dovuti essenzialmente all'iniziativa del figlio Silvio, fu senz'altro lui l'ideatore delle case più antiche, palazzi a tre piani posti all'ingresso del paese e che erano destinati ad accogliere "le famiglie di quel nucleo di operai finiti che dovevano educare al lavoro di fabbrica i contadini dei dintorni". Fu ancora il lui, assieme alla moglie Pia, instancabile animatrice di opere benefiche a favore degli operai dello stabilimento, a creare il clima "paternalistico" e da "grande famiglia" - come usavano dire i Crespi - che caratterizzò per così lungo tempo il villaggio operaio.
Cristoforo Benigno Crespi morì a Milano il 5 genn. 1920.
La galleria Crespi ebbe sede nello stesso palazzo di via Borgonuovo 18, in Milano (opera dell'arch. A. Colla, e decorato dai pittori A. Ferragutti e L. Cavenaghi). Le acquisizioni proseguirono per una ventina d'anni nel clima di grandi vendite che caratterizzava la fine del secolo in Italia, soprattutto per la crisi delle grandi famiglie nobili. Consiglieri nell'acquisto furono l'amico G. Morelli, e il pittore G. Bertini amministratore di Brera e primo direttore del Museo Poldi Pezzoli; A. Venturi curò il catalogo pubblicato da Hoepli nel 1900.
La galleria, che occupava tutto il primo piano del palazzo attorno al cortile, era meta di visitatori illustri, aveva rinomanza internazionale, era citata sul Baedeker e nella guida Janne.
Anche se poi la critica successiva ha cambiato alcune attribuzioni, si annoveravano allora (dal catalogo d'asta del Nicolle) fra gli altri: S. Sebastiano (Antonello da Messina), Madonna e Adorazione dei Magi (Bacchiacca), Vergine con Bambino (Bartolomeo Veneto), Vergine e S. Sebastiano (M. Basaiti), Vergine con uccello (B. Boccaccino), Vergine con libro (G. Boltraffio), Pastore e ninfa (P. Bordone), Natività (Borgognone), Fuga dall'Egitto e un S. Gerolamo (G. Campi), Sacra Famiglia (F.Caroto), Mater Amabilis (Correggio), Ritratto (Dosso), Pietà e Vergine col cuscino blu (G. Ferrari), Vergine e Bambino (V.Foppa), Santa Barbara (F. Francia), Natività (R. Ghirlandaio), Vergine con melograno, Vergine con Bambino e s. Giovannino (Giampietrino), Vergine (Liberale da Verona), Sacra famiglia e Ritratto di Nicola Leoniceno (L. Lotto), S. Gerolamo., Il Redentore e molti altri quadri di scuola (B. Luini), Incoronazione della Vergine (G. Mansueti), Deposizione (M. Marziale), Madonna Crespi (Michelangelo), Vergine e santi, Un vescovo tra i santi e s. Stefano (Marco d'Oggiono), Cristo resuscitato (Palma il Vecchio), Sacra famiglia, Vergine con Bambino e s. Giovannino (Pordenone), Cristo porta la croce (Romanino), Natività (Savoldo), Sacra famiglia (Sodoma), Madonna (Solario), Cristo alla tomba (B. Vivarini), 4 importanti Vedute del Canaletto, Baccanale (G. Carpione), Flagellazione (D. Crespi), Autoritratto e Scena d'interni (G. Crespi), Ritratto (V. Ghislandi), due Vedute (F.Guardi), Storie della vita di Gesù (quattro quadri di G. Reni), S. Gerolamo (G. Ribera), Villa e Villa sul fiume (M. Ricci), Comunione di s. Lucia (S. Ricci), Visione di s. Anna e - La beata Ludvina (G. B. Tiepolo), Villa Aldobrandini e Il palazzo Farnese a Caprarola (Vanvitelli), Pastorale (F. Zuccarelli). Tra gli stranieri si annoveravano: Ritratto del teologo A. de Wale (D. Bailly), Prestigiatore (J.Bosch), Ritratto (B. Bruyn), Volto di fanciulla (Cranach), Vergine con bambino (R. van der Weyden), Paesaggio invernale (D. Asloot), Vergine con bambino in una ghirlanda di fiori (A. Breughel), Rive di fiume (K.Molenaer), L'abbeveratoio (P. Molijn), Casa nel bosco (J. I. van Ruisdael), Interno di chiesa (H. van Steenwijck il vecchio), Baccante con scimmia (H. Ter Bruggen), Autoritratto (J.-L.David).
A Crespi d'Adda fece riprodurre fedelmente la chiesa di Busto, rinascimentale a pianta centrale, e volle che il vialone del paese terminasse nel cimitero con la grande piramide innalzata dall'arch. A. Pirovano e sormontata dalle Virtù teologali.
Crespi fu colpito da trombosi cerebrale, nel 1906, proprio in occasione di una visita compiuta dalla regina Margherita alla galleria e nel 1910 i figli decisero di vendere all'asta la raccolta. Per ottemperare alle disposizioni legislative e ottenere il permesso di esportazione, furono donati la Natività del Correggio al Museo di Brera, la Caduta dei Bonacolsi di Domenico Morone alla Pinacoteca di Mantova e L'entrata di Carlo VIII in Firenze di F. Granacci agli Uffizi di Firenze. La totalità dei quadri (185 opere) fu dispersa a Parigi all'Hôtel Drouot il 6 giugno 1914. La qualità del catalogo redatto da Marcel Nicolle per la casa editrice Georges Petit indica l'importanza dell'asta, anche se l'avvicinarsi della prima guerra mondiale depresse i valori di vendita in modo determinante.
Villaggio Crespi

villaggio crespi

Ingresso al Villaggio Crespi


Crespi d'Adda è "la città ideale" del lavoro operaio, e fu realizzata tra Ottocento e Novecento dalla famiglia Crespi, accanto al proprio opificio tessile, per alloggiare i dipendenti e le loro famiglie. L'Unesco nel 1995 ha inserito Crespi d'Adda nella World Heritage List in quanto "Esempio eccezionale del fenomeno dei villaggi operai, il più completo e meglio conservato del Sud Europa". Questo villaggio infatti è il perfetto modello di un complesso architettonico che illustra un periodo significativo della storia, quello della nascita dell'industria moderna in Italia. Il sito si è conservato perfettamente integro, mantenendo pressoché intatto il suo aspetto urbanistico e architettonico. Crespi d'Adda sorge in posizione isolata all'interno di un bassopiano delimitato da due fiumi: l'Adda e il Brembo che formano una penisola chiamata "Isola Bergamasca", alla cui estremità si trova appunto il villaggio. Nel villaggio risiedevano solo coloro che lavoravano nell'opificio, e la vita dell'intera comunità ruotava attorno alla fabbrica, ai suoi ritmi e alle sue esigenze. In questa visione di società era il padrone che provvedeva a tutti i bisogni dei dipendenti e delle loro famiglie cui venivano messi a disposizione l'abitazione e tutti i servizi necessari alla vita della comunità: chiesa, scuola, ospedale, dopolavoro, teatro, bagni pubblici, spacci alimentari e di vestiario. L’assetto urbanistico del villaggio è imperniato sulla presenza della fabbrica che si sviluppa lungo l’asse viario principale. Di stile neo-medioevale l'opificio, con lo splendido ingresso centrale ricco di elementi decorativi e le sue altissime ciminiere, mentre i capannoni distribuiti in ordine lungo la via principale, sono ingentiliti, oltre che dai contorni in laterizio, da fregi con stelle ad otto punte, e le finestre sono arricchite da rosoni in cotto. Accanto alla fabbrica si erge maestosa la villa padronale in stile medioevale trecentesco, con la sua torre, simbolo del potere della famiglia Crespi. Le abitazioni degli operai sono di ispirazione inglese: si tratta di circa cinquanta casette ben allineate a est dell'opificio lungo strade parallele, con decorazioni sempre in cotto, finiture in ferro battuto, mattoni a vista. Ogni edificio è circondato da orti e giardini. A vigilare dall'alto sul villaggio, le case del medico e del prete, mentre la scuola e la chiesa, si trovano una di fianco all'altra, davanti alla fabbrica. La chiesa è la copia della Chiesa rinascimentale di S.Maria di Busto Arsizio. Verso sud, nella zona più appartata si trovano invece i villini degli impiegati e le splendide ville riservate ai dirigenti d’azienda. La via principale, quasi metafora della vita operaia, si sviluppa tra la fabbrica e il villaggio, fino al cimitero, monumento nazionale; al suo interno si trova la cappella Crespi: una maestosa torre-piramide in ceppo e cemento, decorata, che si erge sulle tombe degli operai, piccole croci disposte ordinate nel prato all'inglese. Oltre a essere all'avanguardia nella dotazione infrastrutturale e nei servizi, in questa piccola città furono introdotte anche importanti innovazioni tecnologiche, come l'illuminazione elettrica con il sistema Edison per migliorare sia l'efficienza produttiva che la qualità di vita di operai e impiegati. Nato nel 1878, Crespi d'Adda, ancora oggi al suo interno ospita una comunità in gran parte discendente degli operai che vi hanno vissuto o lavorato. Anche la stessa fabbrica è rimasta in funzione fino al 2004, sempre nel settore tessile cotoniero.

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Eugenio Caruso - 9 febbraio 2017


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