Sezioni   Naviga Articoli e Testi
stampa

 

        Inserisci una voce nel rettangolo "ricerca personalizzata" e premi il tasto rosso per la ricerca.

Gengis Khan e il più grande impero che sia mai esistito.

GRANDI PERSONAGGI STORICI

ARTICOLI PRECEDENTI. Sun Tzu - Alessandro Magno - Marco Aurelio- Nabucodonosor - Elisabetta I - Carlo Magno - Hammurabi - Gilgames - Sargon - San Benedetto - Cesare - Saladino - Nerone - Carlo V - Attila - Pietro il grande - Caterina di Russia - Adriano -

In questa sezione ho illustrato la vita di grandi personaggi del passato, allo scopo di tratteggiare le caratteristiche e i valori che hanno portato questi personaggi al successo. Da ciascuna sfumatura dei comportamenti di questi ciascuno di noi può trarre insegnamenti, stimoli, coraggio, intuizioni, entusiasmo per intraprendere un percorso che possa condurre al successo personale o della propria impresa.
Ugualmente ritengo doveroso prendere in considerazione la vita di Gengis Khan, un uomo di genio, che da capo di una modesta tribù mongola, riuscì a creare il più grande impero che la storia dell'uomo ricordi, surclassando, Alessandro Magno, l'antica Roma, Carlo Magno, Napoleone o Carlo V sul cui impero non tramontava mai il sole.
Il presupposto della sua impresa fu la nascita della "nazione mongola" forgiata da Gengis Khan aggregando numerose tribù in perenne e reciproca competizione armata. Gruppi familiari, abituati a vagare sparpagliati per le brughiere asiatiche e a farsi guerre spietate, vennero raccolti politicamente e ideologicamente sotto un unico capo che diede loro un corpo di leggi chiamato yasaq. Quel codice, sia pure imposto grazie a spaventose stragi, dimostrerà come princìpi socio-culturali elaborati in un ambiente nomade potessero informare società più complesse basandosi sulle regole del rispetto, della pace e dell'integrazione religiosa estesa a tutto l'impero. Giova osservare che, a differenza di altri grandi conquistatori, i successori di Gengis Khan, Ögödei, Güyük, Munke, Kublai Khan rafforzarono e ampliarono l'impero e terrorizzarono l'Europa, come, ottocento anni prima, aveva già fatto Attila con i suoi unni, anch'essi usciti dalle steppe del centro Asia.
La gente della steppa ha corpo compatto e nodoso, costituzione robusta. Gli occhi sono fessure strette a protezione dai raggi solari, dal biancore delle nevi e dalle bufere. E' gente di poche parole plasmata da climi aspri; maschi e femmine ricevono la stessa educazione, imparando a cavalcare e a svolgere tutto ciò che serve per sopravvivere; il parere delle donne è ascoltato, anche se esiste il rito del concubinato, praticato molto più per convenienze politiche che per questioni sessuali.
Gengis Khan si caratterizza per la sua "fame" di potere: non si ferma dinanzi a nulla. Uccide il fratellastro che contrasta la sua ascesa nell'ambito familiare, prima allontana da sè e poi uccide l'amico del cuore Jamuka, che lo contrasta per la preminenza in ambito territoriale, fa uccidere dal fratello Belgutai, Buri-boko un pericoloso pretendente al khanato, compie un genocidio dei tatari, eterni nemici della sua tribù, stessa sorte tocca ai merkiti colpevoli d'avergli rapito la moglie, fa dell'impero persiano terra bruciata per aver lo scià sottovalutato la potenza del suo impero, elimina dalla faccia della terra i tanguti per il loro comportameto vile durante la guerra in oriente. Un aspetto da sottolineare della vita di Gengis Khan è quello di essere sempre stato sull'obiettivo, con tenacia, intelligenza, decisione e, se del caso, diplomazia; i traguardi che Gengis Khan si è posti nella vita li ha raggiunti tutti. L'opera politica e militare di Genghis Khan presenta luci ed ombre; accanto a iniziative come il sistema postale, l'introduzione della carta moneta, la realizzazione di grandi arterie stradali, il divieto dell'uso della tortura, l'esenzione per insegnanti e dottori dal pagamento delle tasse o il principio della libertà di religione, molti cronisti dell'epoca forniscono dati impressionanti sulle stragi compiute dai mongoli durante le loro conquiste, anche se, in molti casi, il computo dei morti sembra esagerato. Ad esempio, la Cina avrebbe avuto prima dell'invasione una popolazione di 100 milioni di abitanti che si era ridotta a 60 milioni nel 1300; in particolare le popolazioni a nord del fiume giallo, facenti parte della dinastia Song settentrionale, si sarebbero ridotte da 46 milioni a soli 4,5 milioni. Vorrei infine ricordare che Gengis Khan è stato, probabilmente, il più grande conquistatore della storia, ma va sottolineato che è stato capace di circondarsi, sia di generali valorosi e fedeli, appartenenti alla sua famiglia, o estranei dimostratisi valorosi e, sia di grandi abilissimi organizzatori e amministratori.

gengis Khan

Pseudoritratto

La giovinezza
Gengis Khan, nasce (come Temüjin, in altaico Temuçin) nell'alto corso dell'Onon nel 1162 e muore a Ningxia nell'agosto del 1227.
La città, il villaggio, l'agricoltura sono al di fuori della logica della steppa; il massimo dell'"urbanizzazione" consiste nell'ordu un accampamento di tende che può essere smontato nel giro di poche ore. Divisi tra tribù e clan, la libertà dei mongoli consiste nel muoversi nelle illimitate distese centro asiatiche con i propri cavalli, i proppri armenti e le proprie yurte, le tipiche tende circolari con un foro in alto, delle quali si trova riscontro già in Erodoto nel V secolo a.C.. L'approvvigionamento di cereali e stoffe avviene o tramite razzie o scambi commerciali. Lungo le vie carovaniere della steppa viaggiano merci (ad esempio il vetro italico verso la Cina e la seta cinese verso l'Italia) e religioni in un melting pot in cui si mescolano nestorianesimo, manicheismo, ebraismo, islam, buddhismo e, pricipalmente, sciamanesimo. Le depredazioni verso i beni e le persone "sedentarie", considerate dai nomadi, imbelli, sono abituali; le razzie avvengono, talvolta, al seguito di trasmigrazioni planetarie.
Nel 215 a.C. le devastazioni dei mongoli costrinsero l'imperatore cinese Shi Huangdi ad avviare quella che diverrà la Grande Muraglia. Giova ricordare che questa immensa costruzione sarà la causa indiretta della caduta dell'impero romano; le popolazioni nomadi, infatti, cozzando contro la muraglia a Est iniziarono a migrare verso Ovest. Avari, alani, visigoti, ostrogoti, e slavi tracimeranno in Germania, i germani e i celti in Gallia, gli unni bianchi in Persia e gli unni neri tra il mar Nero e il Mediterraneo.
Alla vigilia dell'epoca gengiskhanide le steppe sono chiazzate da un gran numero di popolazioni tribali: i tatari nelle valli del Kerulen (mongolia settentrionale), i keraiti nelle valli della Tola e dell'Orkhon (Mongolia centrale a Ovest di Ulan Bator), i naimani fra i fiumi Selenga e Irtysh (Mongolia meridionale), gli uiguri nello Xinjiang, i turchi karluk, a est del lago Balkash (Kazakistan), tumati, kirghisi, buriati e oirati in Siberia, merkiti e taiciuti,attorno al lago Bajkal, qonghirati, kitani e onguti a ridosso delle frontiere cinesi. Al centro di questa spirale di popolazioni, nelle terre bagnate dall'Olon e dal Kerulen, si erano dislocate tra il X e l'XI secolo alcune tribù propriamente mongole, tra le quali i kiyad. Queste tribù erano sempre in lotta tra loro e con i nemici di sempre: tatari, naimani e keraiti.
I primi anni di vita di Gengis Khan sono poco noti e controversi perché descritti solamente dopo la sua morte. La madre Hoelun della tribù dei merkiti, da poco sposata con Yeke-Ciledu, fratello minore del capo dei merkiti, era stata rapita in una scorreria organizzata da Yesugei, con l'aiuto dei suoi fratelli, Nekun-taiji e Daritai. Yesugei era il capo del clan borjigin della tribù dei kiyad, mongoli praticanti il cristianesimo nestoriano; i due ebbero un primo figlio (successivamente i maschi, Joci-Kasar e Kaciun e la femmina Tamülün) a cui diedero il nome di Temüjin, in onore di un valoroso capitano tataro che il padre aveva appena catturato in battaglia. La sua data di nascita è incerta: la più gettonata è il 1162. Temüjin sarebbe nato a Deluun Boldog presso Lamyn Uhaa (non lontano da Ulan Bator). All'età di nove anni suo padre Yesugei decide che era giunto il tempo di organizzare il futuro matrimonio del figlio; convinto che fra i parenti della moglie avrebbe trovato una degna consorte parte verso oriente. La scelta cade su Börte la figlia decenne di Dai Seschen, capo dei qonghirati; dopo l'accordo per il fidanzamento, Yesugei lascia il figlio presso la famiglia di Börte.
Yesugei nella via del ritorno incontra un gruppo di tatari con cui banchetta seguendo le usanze locali: tre giorni dopo muore avvelenato. Yesugei fa in tempo a recarsi da Mongliq, membro di una famiglia di sciamani al quale chiede di badare ai suoi cari. Hoelun deve badare, oltre ai suoi quattro figli, anche ai due avuti dal marito da altra donna (Bekter e Belgutai), senza la protezione dei parenti che non le danno la minima assistenza. La donna insegna ai suoi figli come procurarsi del cibo riuscendo a costruire reti e altri accessori per pescare e cacciare. Per Temüjin i fasti dei primi anni si sono trasformati di colpo in un'esistenza di stenti e privazioni. Si legge nella Storia segreta dei mongoli "Presso la giusta madre i figli, nutriti di radici di piante, divennero giusti e saggi ..... e si distinsero per audacia e prodezza". Temüjin stringe amicizia con un coetaneo di nome Jamuka, figlio di un capo clan della tribù dei giardarani; i due diventano come fratelli di sangue. Intanto la rivalità con il fratellastro Bekter cresce a tal punto che con l'aiuto di suo fratello, l'undicenne Khasar, Temüjin uccide il fratellastro; Temüjin inizia a imporre la sua leadership, partendo dalla famiglia. Il crescente credito acquisito da Temüjin mobilita la fazione taciuta che tenta di bloccare sul nascere l'ascesa di un pericoloso antagonista. I taciuti si pongono alla ricerca del ragazzo: Temüjin fugge nei boschi insieme ai suoi fratelli, per nove giorni lo inseguono fino alla cattura. Il ragazzo viene sottoposto alla kanga, una gogna di legno che usa, però, contro l'uomo posto di guardia, fuggendo dall'accampamento. Nella fuga è aiutato da Sorqan-shira.
Un anno dopo le ricchezze della famiglia sono leggermente aumentate; Temüjin stringe una forte amicizia con Bogorchu, della stirpe dei arulati. Temüjin, che in quei sei o sette anni vissuti pericolosamente, ha irrobustito le proprie schiere razziando e imponendo tributi, si rende conto che non avrebbe potuto ricalcare le intenzioni unificatrici del padre e che da solo non ce l'avrebbe fatta. Per prima cosa si assicura l'appoggio dei qonghirati di Dai Seshen, sposandone la figlia Börte (1181/82). Allo sposo viene regalato un lussuoso manto di zibellino nero. Sapendo che Toghril, alla guida di un forte esercito, era amico di suo padre, Temüjin decide di incontrarlo, proponendogli di unire i propri eserciti. A nulla valgono gli antichi ricordi, ma Toghril viene convinto dal regalo del manto di zibellino nero.
Gloria e fama per Temüjin iniziano a soppiantare avvilimento e umiliazioni. Probabilmente nel 1184 i merkiti per vendicarsi del rapimento della moglie di Ciledu, fanno un'incursione nelle terre di Temüjin, rapiscono Börte che viene portata dal fratello di Ciledu, Cilger che la prende come concubina. Per Temüjin questo rapimento si incastra nel puzzle dei suoi progetti. Un conflitto di grandi dimensioni costruito sull'alibi di dover riparare all'affronto del rapimento della moglie avrebbe contribuito al risorgere dei borgikin; come il rapimento di Elena diede ai greci l'alibi per la guerra contro Troia, temibile avversario militare e commerciale. Temüjin chiede l'aiuto di Toghril e di Jamuka che glielo accordano: giardarani, keraiti e borgikin approntano i loro eserciti per sconfiggere i merkiti. Attaccano e sconfiggono la tribù degli uduid e quindi i merkiti che fuggono abbandonando Börte e altre donne che diventano la ricompensa per i comandanti. Börte è incinta del suo primo figlio, Djuci, la cui paternità non è priva di dubbi. La coppia avrà altre tre figli: Jagatai, Ogodei e Tolui e figlie; Temüjin avrà anche molti figli dalle numerose concubine. I merkiti sono stati puniti e Temüjin, pago del risultato, celebra il trionfo ringraziando con un'orazione padre e fratello putativi. Non tralascia di ascrivere la riuscita dell'impresa al possente Cielo Azzurro, il Tengri, e alla Madre Terra, l'Eke-Etugen; il mandato celeste di cui si sentirà investito in tutta la sua vita inizia a essere esibito in pubblico.
La famiglia di Temüjin vive con quella di Jamuka come se fosse una sola, fino a che in un giorno di aprile, quando i due stanno cavalcando con famiglie e membri del clan al seguito, Jamuka suggerisce di accamparsi per la notte, mentre Temüjin decide di continuare il viaggio, separandosi. La diarchia non poteva funzionare, prima o poi le aspirazioni al comando dei due giovani si sarebbero scontrate. In quella stessa notte Temüjin attacca un accampamento taciuto e qui un bambino sopravvissuto alla strage, Kokochu, è adottato da Hoelun come ennesimo figlio. Inizia l'operazione di Temüjin di innestare nella propria famiglia le nuove generazioni di altre tribù. I clan avversari non vanno cancellati ma recuperati tramite incorporazione. Dopo la separazione tra Temüjin e Jamuka, separazione discussa e approvata da Hoelun e da Börte, alcuni dei clan minori si aggregano all'uno, altri all'altro, siamo intorno al 1190. Lo sciamano Qorci della nobile tribù dei baarin si unisce a Temüjin e diventerà uno dei consiglieri più ascoltati; la decisione di Qorci ci fa capire che l'influente corpo sciamanico aveva deciso su chi indirizzare il proprio consenso politico. Toghril Khan e Temüjin si dichiararono ufficialmente padre e figlio; venendo adottato dal Khan dei potenti keraiti, in quel momento il capo mongolo più potente, vassallo dell'imperatore Chin, Temüjin acquista la credibilità necessaria a un capo. Durante questo periodo stringe amicizia con alcuni uomini che lo renderanno potente e vittorioso e che verranno in seguito definiti i suoi quattro cani: Sübetei, della tribù uriankhai, Djelme, fratello maggiore di Subedei, Djebe, della tribù dei besud, Mukali, dei baruli.
Grazie al matrimonio con la figlia del capo keraita, Börte, Temüjin diventa uno dei possibili candidati al titolo di Khagan o "Gran Khan", carica rimasta vacante dopo le sconfitte subite ad opera dei chin. I capi tribù si riuniscono in consiglio, il grande khurultai nel quale vari elementi di spicco, fra cui Altan (figlio di Kutula), Sacha-beki (pronipote di Kabul) e Quchar (o Kuchar) lo eleggono Cinggis Khano, come recita la Storia segreta dei mongoli, Cinggis Khagan, il Sovrano Oceanico: la data dell'elezione è dubbia, ma verosimilmente, dovrebbe essere intorno al 1200. Da allora Temüjin sarà chiamato Gengis Khan. Subito dopo il khurultai, Temüjin si premura di gettare le fondamenta per la creazione di uno stato nomade militare e centralizzato e procede alla formazione di un apparato amministrativo che lo terrà impegnato per tutta la vita.

eurasia
L'Eurasia prima dell'impero mongolo.

La conquista della Mongolia
Toghril accoglie la notizia della nomina con atteggiamento di sufficienza, ritenendo il "figlio" Temüjin suo vassallo. Rabbiosa è, invece, la reazione di Jamuka, alla prima occasione, sarà guerra tra i due.
Gengis Khan aiuta Toghril a recuperare il titolo e il trono, sottrattogli dal fratello, Erke-Kara, ristabilendo l'antico splendore del suo padre putativo. Afflato filiale a parte, l'esperienza, la potenza militare dei keraiti e l'autorevolezza di Toghril e la potenza sono essenziali non tanto per fronteggiare le rivalità tra i clan mongoli, piuttosto per soddisfare le pretese dei Jin che chiedono aiuto ai mongoli per infliggere una solenne lezione ai tatari. D'altra parte la politica degli imperatori cinesi è sempre stata quella di fronteggiare i pericoli militari mettendo l'uno contro l'altra le popolazioni centroasiatiche. I Jin, Gengis Khan e Toghril formano una potente coalizione cino-mongolo-keraita, dalla quale si allontanano i giurkini; la coalizione assedia vittoriosamente i due fortini tatari a Naratu-sitigen e Qusutu-sitigen e il capo tataro, Megugin-segultu, e la sua famiglia vengono trucidati. Gengis dona a sua madre un bambino tataro rimasto senza genitori, chiamato poi Sigikan-Quduqu. Gengis Khan rivolge, quindi, l'esercito contro i giurkini, per il loro tradimento, uccidendo Sacha-beki e Taichu, mentre un bambino giurkino, Boroqul, viene dato ad Hoelun. La trionfale campagna militare culmina con la concessione che Pechino fa a Toghril del titolo di Wang-Khan (Re Khan). Dopo questa campagna, Buri-boko, uno dei pretendenti al khanato, accetta di partecipare a un torneo di lotta, organizzato da Gengis Khan; durante il torneo affronta il fratello di Gengis, Belgutai dal quale è ucciso su espresso ordine del Khan; viene così eliminato un forte pretendente al trono. Vengono usati mezzi onorevoli o poco onorevoli per facilitare l'ascesa al potere.
Intanto Jamuka non demorde. Dopo l'omicidio di suo fratello Taichar, ucciso per aver tentato di rubare del bestiame di proprietà dell'ordu khanale, Jamuka utilizza tale gesto come pretesto per organizzare un attacco al vecchio amico. Temüjin avvertito in ritardo dell'attacco si ritira nei meandri dell'Onon, nella gola di Jerene. Gengis si allea con i naimani, mentre molte tribù si alleano con Jamuka; a lui si uniscono i frustrati, i gelosi, gli insoddisfatti, gli orgogliosi, quelli che l'odio l'hanno ereditato dai padri, gli antichi nemici di Temüjin, i taiciuti e i tatari.
Una coalizione nata solo con l'obietivo di detronizzare Gengis Khan toglie il collante a un sodalizio malfermo, dal corto respiro, che si dimostrerà un'accozzaglia di soggetti accecati dalla smania di rivincite. Gli uruguti, i manguti e i mongliq si alleano con Gengis. Nello scontro, avvenuto probabilmente nel 1202, per due volte Temujin è vicino alla morte, una freccia colpisce la sua cavalcatura, un'altra sfiora il suo collo, ma la punta è avvelenata e il veleno entra in circolo, Jelme la sera gli succhia il veleno, salvandogli la vita. Il giorno seguente Temüjin ripresosi vince lo scontro decisivo e mette il suo avversario in fuga. Sorqan-shira si unisce a Gengis. Un suo compagno, Jirqo confessa di essere stato lui a colpire mortalmente il destriero di Gengis ottenendo un nuovo nome, Jebe (ovvero punta di freccia) e il perdono. Jebe diventerà uno dei più grandi generali dell'esercito mongolo. Jamuka si dilegua, gli unici a resistere sono i taiciuti che temono l'ira di Gengis, ma l'esercito viene distrutto e i notabili taiciuti sterminati.
Sconfitto Jamuka, Gengis Khan decide di eliminare dalla faccia della terra il popolo dei tatari che continua a costituire una minaccia al khanato. Sempre nel 1202 egli lancia un'offensiva micidiale contro i tatari che sono sconfitti a Dalan-nemurges; l'olocausto viene consumato in tutta la sua crudezza. I tatari maschi la cui altezza supera l'altezza dell'assale di un carro sono soppressi, le donne e gli infanti sono diluiti tra i vari clan mongoli, con una vera e propria pulizia etnica, tipo Ruanda. Con il genocidio i mongoli avrebbero voluto cancellare il nome stesso dei loro atavici nemici; paradossalmente è accaduto il contrario poichè in Cina e in Europa i gengiskhanidi saranno chiamati tatari e, dai cristiani, tartari (da tartaros, il nome degli inferi della mitologia greca). La guerra contro i tatari causa alcuni dispiaceri anche ai mongoli; il fratello Belgulai viene sospeso dal consiglio dei nobili, gli aristocratici Altan, Quchar e Daritai sono privati delle loro ricchezze e fuggono presso Jamuka. I motivi sono legati al fatto di non aver seguito le indicazioni di Gengis Khan durante la guerra e di essere stati la causa di molte perdite nelle file dell'esercito mongolo. Il sovrano mostra di essere inflessibile, quando si tratta di regole e comandi, anche con i collaboratori più stretti.
Nel frattempo Toghril sconfigge i merkiti di Togtoga, sopprime un figlio, ne imprigiona altri due, si prende le loro mogli e le ricchezze e sottomette il popolo. Gengis Khan non gradisce che Toghril non abbia diviso il bottino con lui, ma, il fatto non impedisce una nuova alleanza mongolo-keraita volta a sopprimere i naimani, indeboliti da lotte intestine. La guerra inizia con un ripiegamento delle truppe mongolo keraite e da una sconfitta di Toghril da parte del generale naimano Kogseu-Sabrag; il re keraita viene salvato dal pronto soccorso dei quattro "paladini" mongoli inviati da Gengis, Bogorchu, Miqali, Boroqul e Cilagun. I naimani sono sconfitti, ma non distrutti e si sottraggono allo scontro definitivo.
A coronamento di questa operazione i due re si dànno convegno nella Foresta Nera di Tola, per legarsi con un rito di filiazione. Pensano, anche, di fortificare l'alleanza grazie a matrimoni combinati, ma, Nilqa, figlio di Toghrul non è d'accordo, è geloso e preoccupato che il padre lasci il regno al figlio putativo. Nilqa sobilla il padre dicendogli di non fidarsi di Gengis e insinuando il sospetto che il khan stia tramando con i naimani contro di lui. Nilqa, inoltre, chiede aiuto a Jamuka, nell'eterna ricerca della vendetta personale, e ad Altan e Quchar, anch'essi desiderosi di una rivincita. Toghrul, oramai vecchio e demoralizzato non riesce a schierarsi contro il figlio. Nilqa convince il padre di permettere di dare la mano della figlia a Juci, figlio di Gengis organizzando una festa per predisporre contro di lui una trappola, ma il khan viene avvisato e non partecipa alla cerimonia. I cospiratori attaccano l'ordu khanale che è impreparato al tradimento. Gengis lascia Jelme in retroguardia e inizia una fuga per i pendii settentrionali del Mao-undur. Gengis Khan riorganizza il suo esercito e, con seimila uomini, dopo tre giorni di aspri combattimenti e terrificanti atti di violenza e grandi atti di valore, grazie a un'abilità militare che gli avversari, pur più numerosi, non hanno riesce ad accerchiare e sconfiggere il nemico. Prima del combattimento finale, Jamuka, Altan e Quchar hanno già lasciato l'accampamento e chiesto asilo ai naimani. Toghrul e Nilqa sono costretti alla fuga. Toghrul viene, in seguito, ucciso per errore da militari naimani, mentre suo figlio viene trucidato a Kashgar.
In seguito alla vittoria Gengis, avvia una politica di amalgama tra mongoli e keraiti, alcuni generali keraiti vengono inglobati nell'esercito mongolo, il Khan tiene per se, Ibaka, figlia di Jaka-Gambu, mentre dà la sorella Sorgaqtani al figlio Tului, la cui prole sarà importante per la storia mongola. Dopo questa vittoria la Mongolia orientale e quella settentrionale sono ai suoi piedi. L'Ovest è sempre sotto il dominio naimano.
Nel maggio del 1204 Gengis decide di attaccare i naimani al cui comando si trova Tai Buqa (conosciuto con il nome di Tayang). L'esercito gengiskhanide si accampa in vista di quello naimano e il Khan dà l'ordine che ogni uomo accenda cinque fuochi per dare l'impressione al nemico di essere cinque volte più numerosi; lo strataggemma spaventa i soldati naimani. Tayang, avendo compreso la paura dei suoi uomini tergiversa , ma suo figlio Kuchlug lo convince ad attaccare. L'attacco fallisce grazie ai «quattro cani da caccia» (Jebe, Jelme, Subotei e Kubilay) e lo stesso Tayang muore per le ferite riportate. Jamuka fugge ancora una volta chiedendo l'aiuto dei merkiti. Anche l'ulus dei merkiti è sopraffatto e, finalmente, Jamuka viene fatto prigioniero; Gengis Khan decreta che il suo vecchio fratello putativo venga ucciso con il più onorevole soffocamento, cioè senza spargimento di sangue e che il suo corpo venga seppellito. Gengis Khan, non avendo perdonato il rapimento della moglie Börte, non mostra alcuna clemenza nei riguardi dei merkiti; gli uomini vengono trucidati, donne e bambini sparpagliati tra tribù e clan mongoli. Finalmente, nel 1205, Gengis Khan è padrone di tutta la Mongolia e può iniziare a guardare oltre i suoi confini. Nel 1206 il kuriltay, che in seguito diventerà il parlamento mongolo, al Lago Blu lo elegge Gran Khan della nazione mongola. La conquista della Mongolia non ha inficiato il programma gengiskhanide di riassorbimento in un'unica grande compagine mongola delle molteplici tribù dell'Asia centrale, con sistematico rigore, prendendo per se e dando ai suoi collaboratori le principesse delle popolazioni sottomesse e affidando alla madre l'adozione di infanti delle più disparate tribù.
L'organizzazione del khanato
Gengis Khan, dopo ogni conquista, organizza i popoli, secondo un'impostazione politico-militare basata sulla mobilità e fortemente gerarchizzata: ogni tribù (ulus, che indicava anche il patrimonio collettivo) è indipendente, ma tutte sono sottomesse alla famiglia imperiale, il cosiddetto "casato della stirpe aurea", sacro poiché mitologicamente derivato dal Dio del cielo, Tengri, divinità suprema dei mongoli. L'impero nel suo insieme è l'ulus della famiglia imperiale. Tutti i khan offrono fedeltà e rispetto al Gran Khan, che li sorveglia con un rapido ed organizzato sistema di intendenti e corrieri. Viene creata un'amministrazione basata sulla scrittura, grazie a Tata Tonga, un prigioniero uiguro che era a capo dell'amministrazione dei naimani, a cui Gengis chiede, anche, di insegnare la scrittura ai vari principi. Tata Tonga riesce a convincere Gengis rammentandogli che "il mondo si conquista a cavallo ma che si deve scendere da cavallo per governarlo". Tutta l'organizzazione è posta sotto il controllo di Sigikan. Gengis Khan aggiorna lo Yasaq con i "detti del sovrano" che finiscono con l'avere valenza di prescrizioni imperiali. Una regola risulta fondamentale, rispetto al passato: la soppressione dell'organizzazione tribale e delle relative prerogative. Il nuovo Yasaq contiene le norme concernenti la quotidianità, l'etica, il privato, il sociale, in tempo di guerra e di pace, nelle questioni sacre e profane. Sono previste punizioni a carico di omicidi, ladri di bestiame, violentatori di vergini, adulteri, spie e rinnegati.
Marco Polo, nel Milione, descrive il modo in cui Gengis Khan finanziava la sua spesa militare e i fasti della corte. Il Gran Khan aveva introdotto una moneta a corso forzoso, che poteva essere acquistata dietro conferimenti all'imperatore di oggetti in oro, argento e pietre preziose. Viceversa, la moneta non era rimborsabile al portatore con un controvalore metallico. A pena della morte, la moneta doveva essere l'unico mezzo di pagamento per l'acquisto di beni e servizi in tutto il regno, ed era vietato il baratto. Periodicamente, l'imperatore vietava il possesso privato di oro e altri preziosi, e disponeva che questi dovevano essere conferiti al re in cambio di banconote.
L'aspetto più straordinario della personalità di Gengis Khan fu il genio in campo militare, dalla formidabile tattica: le armate mongole, forti di arcieri a cavallo, attaccavano nel più completo silenzio, guidate solo da bandiere di diverso colore, compiendo manovre complesse in assoluta simmetria e coordinazione, il che incuteva una soprannaturale paura nel nemico. Le tribù unificate adottarono un sistema militare basato sul sistema decimale, simile a quello degli unni. L'esercito veniva suddiviso in unità di 10 (arban), 100 (yagun), 1000 (minghaan) e infine 10.000 (tumen) soldati. Durante gli spostamenti i soldati portavano con sé le famiglie e tutti i cavalli, che spesso ammontavano almeno a tre o quattro per cavaliere, avendo così sempre a disposizione cavalli freschi. Gengis Khan creò una sua guardia personale di 10.000 uomini dove erano reclutati i figli dei comandanti. Ma è l'uso sopraffino dell'arco il segreto dei mongoli, infallibili nello scoccare saette in sella a cavalli in corsa; lo stesso segreto che, ottocento anni prima, aveva permesso agli unni di Attila di spazzare legioni romane e intere popolazioni.
Un altro aspetto fondamentale dell'organizzazione militare fu l'adozione del concetto di meritocrazia: gli unici criteri presi in considerazione da Gengis Khan per stabilire il grado di un ufficiale erano la sua capacità e la sua fedeltà, mentre i tradizionali parametri di nascita e stirpe erano praticamente ignorati. Subedei, il figlio di un guardiano di bestiame, divenne uno dei suoi comandanti più stimati. Gengis Khan curò anche la sua immagine con calcolate azioni di straordinaria ferocia nel punire i nemici vendicativi e ostinati o di grande magnanimità verso gli alleati o i nemici coraggiosi e leali. La fama di inflessibilità divenne un'ottima propaganda contro i suoi avversari politici, i quali sapevano che non sottomettersi equivaleva alla morte.
I personaggi che hanno lasciato forti tracce della loro presenza storica sono stati, generalmente, grandi organizzatori. La memoria storica presso le generazioni successive è tanto più forte quanto maggiore è la capacità di statuti, leggi e codici di resistere all'usura del tempo. Per non parlare della loro valenza nella costituzione di un impero o di un regno. Gengis Khan fu, da questo punto di vista, uno dei più grandi perchè dal caos della steppa con il coacervo di tribù, clan, riti e religioni diversi riusci a creare l'ordine di un impero sottoposto a una legge e a un solo potere.


www.impresaoggi.com