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Vittorio Valletta e la grande FIAT


INVENTORI E GRANDI IMPRENDITORI

In questa sottosezione illustrerò la vita di quei capitani d'industria e/o inventori che hanno sostanzialente contribuito al progresso industriale del mondo occidentale con particolare riguardo dell'Italia.

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Vittorio Giuseppe Valletta

Genova, 28 luglio 1883 - Pietrasanta (LU), 10 agosto 1967.
Il padre Federico è un ufficiale dell’esercito, mentre la madre Teresita Quadrio, di origini nobili, è una fervente mazziniana che educa il figlio al culto del lavoro. Trasferitosi a Torino, nel 1897 si iscrive all’Istituto tecnico "Sommeiller". Dopo essersi diplomato ragioniere e perito commerciale a pieni voti, apre uno studio da commercialista, attività professionale, questa, che lo metterà in contatto con Giuseppe Broglia, anch’egli commercialista e Direttore amministrativo della Fiat, e allo stesso tempo inizia a insegnare gratuitamente in una scuola popolare.
Iscrittosi alla Scuola superiore di commercio, ottiene in brevissimo tempo il titolo universitario. Come perito commercialista, difende nel 1912 Broglia e Giovanni Agnelli nel processo per truffa agli azionisti intentato contro gli Amministratori Fiat, che usciranno indenni e completamente assolti dal procedimento. Nel frattempo si è sposato con Carmela Manfrina, diventando in seguito padre di una bambina.
Nel 1913, per i suoi meriti didattici e per aver partecipato nel 1911 all’organizzazione dell’Esposizione internazionale di Torino per il cinquantenario dell’Unità nazionale, viene fatto Cavaliere. Durante la Prima guerra mondiale, in qualità di tenente del Genio aeronautico, si occupa della contabilità delle commesse di guerra diventando infine l’Amministratore delegato della Chiribiri, un’azienda che produce motori per automobili e aerei. Nel 1920 ottiene l’incarico di insegnamento alla Scuola superiore di commercio. L’amicizia con Broglia gli apre le porte della Fiat, dove nel 1921 viene assunto come Direttore amministrativo, proprio per sostituire l’amico quando questi dà le dimissioni. Mantiene tuttavia sia l’attività di libero professionista sia la docenza universitaria fino al 1927, quando, con la nomina a segretario del Consiglio di amministrazione, le sue responsabilità alla Fiat aumentano ulteriormente.
Sono anni molto importanti per la Fiat, che è riuscita a mantenere il settore dell’automobile come suo core business anche dopo l’espansione dell’azienda nel settore militare, durante la Prima guerra mondiale. I grandi profitti di quegli anni sono stati impiegati nell’acquisizione del Gruppo piemontese, un vasto complesso metalmeccanico che ha rafforzato l’indispensabile integrazione verticale dell’impresa automobilistica, ma soprattutto nella costruzione dello stabilimento del Lingotto, che è il più moderno d’Europa quando viene inaugurato, nel 1923.
Questa complessa struttura produttiva richiede l’ingresso in azienda di un vasto numero di tecnici e manager. Nel 1927, alla scomparsa del braccio destro di Giovanni Agnelli, Guido Fornaca, si pone il problema della scelta di un nuovo Direttore Generale. Vittorio Valletta viene preferito dal Senatore Agnelli a Ugo Gobbato, il brillante ingegnere Direttore dello stabilimento del Lingotto, in quanto sembra possedere una visione più completa del gruppo Fiat.
Valletta pone in essere, con l’approvazione di Agnelli, una struttura fortemente accentrata, all’interno della quale le varie sezioni riferiscono in dettaglio al vertice la loro attività con cadenza settimanale. Al termine di un decennio di crisi, ma anche di crescita e di grandi profitti come quelli derivanti dalla guerra di Etiopia, nel 1939 Valletta viene nominato Amministratore delegato (Edoardo, l’unico figlio di Giovanni Agnelli, era scomparso in un incidente aereo nel 1935).
Valletta resta solo al comando della Fiat nel periodo terribile dell’occupazione tedesca, mettendo in pratica la tecnica del “camaleonte”: accetta tutti gli ordini degli occupanti tedeschi, attuando un silenzioso ostruzionismo e salvando diversi lavoratori dalla deportazione in Germania, e allo stesso tempo finanzia il Comitato di liberazione nazionale (Cln) e prende contatti con gli Alleati. Alla fine della guerra, Valletta viene messo sotto processo di epurazione, mentre la Fiat è affidata a quattro commissari nominati dal Cln: l’ingegner Gaudenzio Bono, che diverrà in seguito il braccio destro di Valletta; l’ingegner Fognaloro, un altro tecnico Fiat; Aurelio Peccei, dirigente del settore commerciale; il comunista Giovanni Battista Santhià.
Valletta, che vive quasi in clandestinità, mantiene tuttavia saldamente il controllo dell’azienda. Dichiara Peccei in un’intervista: «Ero favorevole all’epurazione di tutto lo stato maggiore Fiat, senza alcuna esclusione, tranne che di Valletta. Valletta era utile, anzi necessario, anzi indispensabile, era l’unico che sapesse mandare avanti l’azienda». In effetti nel luglio del 1946 Valletta torna trionfalmente alla Fiat, questa volta come Presidente.
Valletta possiede meno dell’1% delle azioni e il controllo proprietario è saldamente nelle mani della famiglia Agnelli, ma il vecchio Senatore era scomparso nel dicembre 1945 e suo nipote Gianni, all’epoca venticinquenne, non si ritiene ancora pronto ad assumere responsabilità nell’impresa. Si apre quindi la “grande stagione del Professore”: Valletta convince le autorità americane a finanziare la Fiat – soprattutto attraverso l’European Recovery Program (la denominazione ufficiale del cosiddetto “piano Marshall”) di cui l’azienda torinese sarà il principale beneficiario in Italia, ottenendo in prestito una cifra pari a quasi 31 milioni di dollari, il 12% circa del totale – per un vasto rinnovamento impiantistico, che concretizzi il progetto del Senatore Agnelli, il quale nel 1936 aveva dato inizio alla costruzione del nuovo impianto di Mirafiori.
Il progetto dettagliato, contenente le indicazioni sui macchinari che la Fiat desidera acquistare, viene presentato nell’ottobre del 1948 ed è talmente particolareggiato da stupire le stesse autorità americane: vi sono elencate ben 3.000 voci di spesa, corredate di indicazioni analitiche riguardanti gli oltre 400 costruttori di macchinari cui ci si intendeva rivolgere. Valletta insiste sulla centralità della produzione automobilistica, rassicurando i suoi interlocutori americani e italiani sulla congruenza degli investimenti proposti con le potenzialità del mercato italiano e il programma di sviluppo dell’azienda.
Esito di questo programma è, nel 1955, la produzione della prima vera utilitaria: la 600. Due anni dopo esce sul mercato la nuova 500: a partire dal 1950, in poco più di dieci anni, la Fiat decuplica la produzione di automobili arrivando ad oltrepassare la soglia del milione di vetture annue nel 1963. Nel 1955 si dà inizio al raddoppio dello stabilimento di Mirafiori. Tutto questo viene realizzato in un clima di scontro e di repressione del sindacato socialcomunista Fiom, che addirittura alla metà degli anni Cinquanta viene sconfitto alle elezioni per la commissione interna.
Né Valletta si preoccupa – nonostante il welfare aziendale (case, pensioni, assicurazioni sociali) sia elargito dalla Fiat in misura superiore alle altre aziende del settore metalmeccanico – delle conseguenze sociali della sua azione imprenditoriale: la popolazione di Torino in seguito all’espansione della Fiat aumenta in quattro anni di oltre 400.000 abitanti, in gran parte provenienti dal Sud. La Fiat di Valletta è un’azienda fortemente accentrata, che ottiene grandi risultati produttivi, tanto da arrivare a occupare la quinta posizione a livello mondiale quando il Professore lascia la Presidenza, nel 1966, al nipote del fondatore Giovanni Agnelli.
L’ultima iniziativa imprenditoriale di Valletta è il contratto con l’Unione Sovietica per la costruzione del grande impianto di Togliattigrad, che produrrà una vettura di media cilindrata per quel Paese a economia pianificata. Dopo aver lasciato la Presidenza, nel dicembre 1966, Valletta viene nominato Senatore a vita per altissimi meriti in campo sociale dal Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat. Muore il 10 agosto dell’anno successivo.

Risorse archivistiche e bibliografiche Archivio e centro storico Fiat, Torino; P. Bairati, Vittorio Valletta, Torino, Utet, 1983; F. Amatori, Gli uomini del Professore. Strategia, organizzazioni, management alla Fiat fra anni Venti e anni Sessanta, in Grande impresa e sviluppo italiano. Studi peri cento anni della Fiat, a cura di C. Annibaldi e G. Berta, Bologna, Il Mulino, 1999; V. Castronovo, Giovanni Agnelli. La Fiat dal 1899 al 1945, Torino, Einaudi, 1977.

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Archivio d'imprese - 16 marzo 2017


Tratto da

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www.impresaoggi.com