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Saul Bellow nobel per la comprensione umana e la sottile analisi della cultura contemporanea

«Umana cosa è aver compassione degli afflitti; e come che a ciascuna persona stea bene, a coloro è massimamente richiesto, li quali già hanno di conforto avuto mestiere, et hannol trovato in alcuni: fra’ quali, se alcuno mai n’ebbe bisogno, o gli fu caro, o già ne ricevette piacere, io son uno di quegli.»
(Giovanni Boccaccio, Decameron, Proemio)

GRANDI PERSONAGGI STORICI Ritengo che ripercorrere le vite dei maggiori personaggi della storia del pianeta, analizzando le loro virtù e i loro difetti, le loro vittorie e le loro sconfitte, i loro obiettivi, il rapporto con i più stretti collaboratori, la loro autorevolezza o empatia, possa essere un buon viatico per un imprenditore come per una qualsiasi persona. In questa sottosezione figurano i grandi poeti e letterati che ci hanno donato momenti di grande felicità.

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Saul Bellow

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Saul Bellow (Lachine, 10 giugno 1915 – Brookline, 5 aprile 2005) è stato uno scrittore canadese naturalizzato statunitense. Fu insignito del Premio Nobel per la letteratura nel 1976 con la seguente motivazione: «Per la comprensione umana e la sottile analisi della cultura contemporanea che sono combinate nel suo lavoro
Nacque a Lachine, nel Quebec, col nome di Solomon Belo, da una famiglia ebraico-lituana emigrata da San Pietroburgo nel 1915 in Canada, dove il cognome fu cambiato da Belo in Bellows. Il padre, Abraham Belo, nato a Vilnius, importava tessuti e ne faceva commercio ambulante; la madre, Lescha (detta Liza) Gordin, era profondamente religiosa. Insieme avevano già avuto altri tre figli, nati nell'allora Impero Russo, prima di emigrare: Zelda (detta Jane), Movscha (detto Maurice) e Schmule (detto Sam), rispettivamente di 9, 7 e 4 anni più grandi di Solomon (detto Saul), nato al n. 130 di Eight Avenue, a Lachine, sobborgo poi parte di Montréal. Nel 1918 la famiglia si trasferì in Saint Dominique Street, dove Saul nel 1923 si ammalò di polmonite e peritonite, passando sei mesi al Royal Victoria Hospital. Per alleviare le difficili condizioni economiche familiari, il padre per un periodo contrabbandò liquori negli Stati Uniti. Nel 1924, il padre si trasferì a Chicago che, come molte città statunitensi in quel periodo, stava subendo profonde modificazioni urbane, attirando centinaia di migliaia di immigrati, soprattutto dall'Europa. Lavorò alla panetteria di un cugino, Louis Dworkin, e dopo qualche mese si fece raggiungere dalla famiglia che passò la frontiera illegalmente.
In questo contesto eterogeneo, multietnico e plurilinguistico (i genitori parlavano tra di loro russo e yiddish, i ragazzi inglese e yiddish, ma nelle strade canadesi si parlava francese), Saul Bellow ebbe la sua prima formazione culturale e morale. Infatti, quanto sia stato importante questo ambiente nella formazione della sua personalità, lo si riscontra nei suoi romanzi, tutti venati da profonde inquietudini autobiografiche. Frequentò la Lafayette School, la Columbus Elementary School, e la Sabin Junior, mentre studiava violino e leggeva libri in prestito della biblioteca pubblica. La stessa Tuley High School, nella quale finì gli studi superiori, rispecchiava la composizione sociale di Chicago di quel periodo: vi erano americani, polacchi, scandinavi, russi ecc., tra i quali l'amico Isaac Rosenfield (1918-56), che diventerà scrittore anche lui e farà da modello al personaggio di King Dahfu ne Il re della pioggia. Nel 1933 la madre morì di carcinoma del polmone. Conclusi gli studi superiori, Bellow si iscrisse alla facoltà di antropologia della University of Chicago. Dovette però abbandonare l'università dopo un anno per via delle scarse risorse finanziarie famigliari. Nel 1934 il padre si risposò e trovò un ottimo lavoro nella Carroll Coal Company, impresa di distribuzione di carbone, coke petrolifero e legname, ma l'anno successivo un incidente sul lavoro a uno dei suoi autisti lo costrinse a pagare, poiché non aveva stipulato assicurazioni, i danni alla famiglia, facendolo tornare povero.
Nel 1935, dopo aver messo da parte il denaro necessario, Bellow si iscrisse alla Northwestern University, dove si laureò a pieni voti, collaborando con qualche racconto alle riviste universitarie e fondandone una (The Beacon), poi passò all'Università del Wisconsin-Madison, dove avrebbe voluto prendere il Ph.D. Leggeva inoltre moltissimo. Tornò a Chicago nel 1938 e si sposò con Anita Goshkin (1937-85), la prima di cinque mogli che avrà nella sua vita. Lavorò al Pestalozzi-Fröbel Teachers College (fino al 1942) e al Works Progress Administration, dove compilò schede biografiche di scrittori americani contemporanei. Durante l'estate del 1940 fece un viaggio in Messico, dove avrebbe voluto incontrare Lev Trotsky, giungendo però il giorno dopo il suo assassinio. Nel 1941 diventò ufficialmente cittadino statunitense. Le collaborazioni alla rivista Partisan Review dal 1941, nella quale apparvero vari racconti, lo fecero conoscere nei circoli d'avanguardia. Nel 1942, durante un viaggio a New York, conobbe Alfred Kazin e Delmore Schwartz. Intanto Bellow scrisse il romanzo The Very Dark Trees, la cui pubblicazione presso l'editore William Roth fu dapprima accettata, poi rimandata e quindi sospesa del tutto, circostanza che gli fece decidere di bruciarne il manoscritto. Nel 1943 lavorò all'Enciclopedia Britannica, ai due volumi, chiamati Syntopicon, di supplemento al progetto Great Books of the Western World, dove vennero raccolte e riassunte le trame dei più importanti libri del mondo occidentale. Maxim Lieber (1897-1993) divenne il suo agente letterario.
Nel 1944 pubblicò il romanzo Dangling Man, storia quasi autobiografica di un uomo che aspetta la chiamata alle armi che non arriva. In aprile gli nacque il figlio Gregory. Venne poi escluso per ernia inguinale dalla partecipazione nell'esercito, ma riuscì a farsi prendere volontario nella marina mercantile, che lo assegnò a Brooklyn, per gli ultimi mesi della guerra. A guerra conclusa, insegnò all'Università del Minnesota e frequentò Robert Penn Warren. Dopo un viaggio in Francia e Spagna, pubblicò quindi il suo secondo romanzo The Victim (1947), che lo agevolò per fargli vincere, al terzo tentativo, una borsa di studio del Guggenheim. Ritornò quindi a Parigi, dove visse per due anni, conoscendo Georges Bataille, Maurice Merleau-Ponty, Albert Camus. Altri amici in città furono Harold Kaplan, Herbert Gold (1924-), Mary McCarthy, Lionel Abel (1910-2001) e William Phillips (1907-2002). A dicembre del 1949, durante un viaggio a Londra, incontrò Cyril Connolly, Henry Green (1905–1973) e Stephen Spender. Nel 1950 visitò Venezia, Firenze, Positano, Capri e Roma, dove incontrò Alberto Moravia e Ignazio Silone. In ottobre rientrò a New York, andando ad abitare a Forest Hills (Queens). Nel 1951 si appassionò delle teorie di Wilhelm Reich, partecipando a sedute di energia orgonica. Intanto lavorava part-time come assistente professore all'Università di New York e al seminario di studi americani di Salisburgo. Quindi tenne alcune conferenze all'Università di Washington, dove conobbe Theodore Roethke (1908–1963) e all'Università dell'Oregon. Frequentò anche Dylan Thomas.
Nel 1952 tradusse Gimpel l'idiota dall'yiddish di Isaac Bashevis Singer, primo racconto apparso in inglese del futuro Premio Nobel (1978). Quindi in autunno insegnò alla cattedra di scrittura creativa della Princeton University, dove conobbe John Berryman e sua moglie Eileen Simpson e Sondra Tschacbasov, che diventerà, dopo il divorzio da Anita Goshkin, la sua seconda moglie. Nel 1953 insegnò al Bard College, dove divenne amico di Keith Botsford (1928-) e pubblicò il romanzo The Adventures of Augie March (una parte del quale è stato scritto a Villa Borghese), che l'anno successivo vinse il National Book Award. Nel 1955 suo padre morì per un aneurisma. Bellow passò otto mesi a Reno (Nevada), aspettando il divorzio. Si sposò quindi con Sondra Tschacbasov, dalla quale ebbe un figlio, Adam. I tre andarono a vivere in una casa di Tivoli, New York, che Bellow comprò con l'aiuto di una piccola eredità paterna. Nel 1956 pubblicò la novella Seize the Day, e l'amico per tanti anni, Isaac Rosenfield, morì, a soli 38 anni. Lo stesso anno incontrò Arthur Miller e Marilyn Monroe e frequentò John Cheever. L'anno successivo, mentre insegnava all'University of Minnesota, incontrò a Chicago Philip Roth.
Nel 1959 pubblicò il romanzo Henderson the Rain King e ricevette un assegno dalla Ford Foundation. Lavorò al dramma The Last Analysis (seconda opera per il teatro dopo che nel 1952 aveva messo in scena Off-Broadway una versione per il teatro di The Victim). Lo stesso anno si separò dalla seconda moglie e fece un giro di conferenze in Polonia e in Jugoslavia. Nel 1960 fondò una rivista, "The Noble Savage", diretta con Jack Ludwig e Keith Botsford (ne usciranno solo 5 numeri). Nel 1961 insegnò un semestre all'Università di Porto Rico e sposò in terze nozze l'insegnante Susan Glassman, da cui avrà il figlio Daniel. Nel 1962 partecipò a una cena presidenziale alla Casa Bianca con André Malraux ospite. Ottenne quindi, presso l'Università di Chicago, una cattedra che avrebbe dovuto durare cinque anni, ma che invece mantenne per 30 anni. Nel 1964 pubblicò Herzog, con grande successo di vendite e ottenendo per questo il National Book Award l'anno successivo. Invece la rappresentazione teatrale di The Last Analysis durò a malapena un mese, con critiche contrastanti. Ciononostante nel 1966 insistette ancora con il teatro e mandò in scena una trilogia di atti unici, Under the Weather che durò meno di due settimane. Fece poi un viaggio nei Paesi Bassi e altrove in Europa, quindi in Israele, dove scrisse quattro articoli per "Newsday" sulla guerra dei sei giorni.
Nel 1968 divenne cavaliere dell'Ordre des Arts et des Lettres. I premi, le lauree h.c. e le onorificenze, spesso accompagnate da assegni e ospitalità, continuarono a interessarlo perché gli permettevano di scrivere e di pagare gli onorari di psicoterapia, alla quale si era sottoposto, presso diversi medici e con diversi metodi, fin dal 1951. Pubblicò i racconti di Mosby's Memoirs (1968) e il romanzo Mr. Sammler's Planet (1970, anch'esso National Book Award). Lo stesso anno visitò per la prima volta l'Africa e tornò in Israele, dove conobbe Elie Wiesel e Golda Meir. Una nuova rivista, Anon, diretta con Keith Botsford, venne lanciata a dicembre, ma ne uscì un solo numero. Nel 1971 fece parte della giuria del Booker Prize. L'anno successivo John Berryman si suicidò. Bellow visitò il Giappone e nuovamente alcune città europee. Nel 1973, grazie anche all'opera dell'antroposofo inglese Owen Barfield, già amico di J. R. R. Tolkien e C. S. Lewis e membro degli Inklings, Bellow iniziò a interessarsi all'antroposofia di Rudolf Steiner, frequentando anche un gruppo di studio tenuto presso la sede di Chicago della Società antroposofica. L'influenza del pensiero di Steiner emerge soprattutto in Humboldt's Gift, che stava terminando in quel periodo. Nel 1983, inoltre, Bellow scriverà l'introduzione alla prima edizione americana del ciclo di conferenze steineriano dal titolo The Boundaries of Natural Science. Nel 1974 celebrò il suo quarto matrimonio con Alexandra Ionescu Tulcea (1935-), professoressa di matematica dell'Università Northwestern. Nel 1975 vinse il Premio Pulitzer per il romanzo Humboldt's Gift (da alcuni visto come ritratto di Delmore Schwartz e per questo attaccato dal "The New York Times" con l'accusa di denigrare i poeti americani). Nel 1976 pubblicò le memorie di viaggio To Jerusalem and Backe ritirò a Stoccolma un inaspettato Premio Nobel per la letteratura.
Ormai era invitato da moltissime università per lezioni e conferenze, ma subì anche pressioni dagli avvocati della terza moglie e fu condannato a pagare multe e alimenti. Nel 1982 pubblicò The Dean's December, partecipò ai funerali di John Cheever, e apparve nella trasmissione di interviste Apostrophes di Bernard Pivot. Nel 1984 pubblicò Him with His Foot in His Mouth. La biblioteca pubblica di Lachine, sua città natale, venne rinominata a suo nome. In quell'anno vinse anche a Capri la seconda edizione del Premio Malaparte. Nel 1987 scrisse l'introduzione al libro controverso ma vendutissimo The Closing of the American Mind, dell'amico Allan Bloom (1930-92) e il romanzo More Die of Heartbreak. Nel 1988 gli venne riconosciuto il Premio Scanno per la letteratura. Nel 1989 pubblicò le novelle A Theft e The Bellarosa Connection e si sposò per la quinta volta con Janis Freedman, che era stata sua studentessa e poi assistente e dalla quale ebbe, nel 1999, una figlia, Rosie. Bellow, ormai più anziano di sua suocera, si fece costruire una casa vicino Brattleboro, nel Vermont.
Nel 1991 pubblicò Something to Remember Me By. Nel 1993 diventò professore ordinario alla Boston University, carica che tenne fino alla morte. Nel 1994 uscirono i saggi di It All Adds Up. Un'intossicazione alimentare lo mandò in coma, e si temette il peggio, ma si riprese. Nel 1995 lanciò la rivista "News from the Republic of Letters" (diretta con Keith Botsford), due anni dopo uscì la novella The Actual e partecipò alla cerimonia in cui venne scoperto il suo ritratto nella National Portrait Gallery, di Washington DC. Lo stesso anno l'editor Harriet Wasserman pubblicò il libro di memorie su di lui, Handsome Is. Nel 2000, pubblicò il suo ultimo romanzo, Ravelstein e l'anno successivo vennero raccolte le Collected Stories, con prefazione della moglie. Morì in casa il 5 aprile 2005 a Brookline (Massachusetts), ed è sepolto al Morningside Cemetery di Brattleboro.
L'opera
Tutto il percorso letterario di Bellow è caratterizzato da una emergente sensibilità protesa alla ricerca di quelle riflessioni che possano soddisfare i grandi perché sulla vita e sui significati di essere al mondo e le ragioni del proprio essere. Il gran lavorio intellettuale dell'autore non mette in secondo piano la sfera dei sentimenti umani, piuttosto, talvolta, è l'azione narrativa a pagarne le conseguenze. Gli antieroi di Bellow sono per lo più uomini in crisi, alla ricerca di se stessi, privi, alle volte, di grandi qualità, che faticano a inserirsi nel loro contesto sociale, attraverso i quali Bellow comunica le proprie emozioni e le proprie idee. Il quadro che ci offre Bellow è quello della condizione dell'uomo moderno e dei malesseri contemporanei, che vanno dalle nevrosi alle frustrazioni. Già il primo romanzo di Bellow, L'uomo in bilico (Dangling Man, 1944), è un romanzo diario che contiene i più importanti aspetti dell'impostazione dell'autore. Il protagonista, ben lungi dai costumi americani superomistici, mette da parte il superdinamismo e trascorre un lungo periodo inattivo a riesaminare la propria vita, optando di arruolarsi nell'esercito pur di sottrarsi alle responsabilità del lavoro. Il secondo romanzo La vittima (The Victim, 1947), narra il conflitto tra due colleghi, ma soprattutto tra due personalità opposte, l'una dedita alla vita pragmatica, l'altra impegnata ad approfondire le questioni morali. Le avventure di Augie March (The Adventures of Augie March, 1952) è un romanzo in cui la elucubrazione concede spazio a un'azione fantasiosa. Ma si tratta di un breve intervallo, perché la riflessione profonda impregna l'opera seguente La resa dei conti (Seize the Day, 1956), nella quale il protagonista, Tommy traccia un bilancio della propria vita. Un altro personaggio in crisi è il protagonista di Il re della pioggia (Henderson, the Rain King, 1959), una favola morale ambientata in un'Africa fantasiosa, che fa da sfondo al bisogno di sfuggire dai meccanismi e dai materialismi occidentali, e che consente invece una immersione in una atmosfera di ricerca spirituale per rispondere alle tematiche della vita e della morte, agevolata dal rapporto umano che il protagonista instaura con la regina e con il re dei Wariri. Bellow si concede, a questo punto della sua carriera, una breve pausa di lavoro, che utilizzerà per la stesura del suo capolavoro Herzog (Herzog, 1964), biografia di un professore di mezza età che sfoga le proprie angosce esistenziali scrivendo missive, mai spedite, ad amici, al presidente degli Stati Uniti, a Dio e a se stesso. Un altro romanzo tra i più significativi è Il pianeta di Mr. Sammler (Mr. Sammler's Planet, 1968), un'opera tecnicamente molto curata, in cui un vedovo sfuggito all'Olocausto osserva con un occhio benevolo la contestazione dei figli dei fiori. La parabola umoristica incentrata sull'assurdità della vita Il dono di Humboldt (Humboldt's Gift, 1975) conclude una prima fase dell'autore. Nelle opere successive Bellow mostra una tendenza sempre più crescente al pessimismo e all'incupimento.Si segnala il racconto La sparizione (A Theft, 1988), in cui il protagonista è una donna di successo, nella vita professionale, ma con ombre incombenti, che riguardano il suo ambito sentimentale.

Narrativa
L'uomo in bilico (Dangling Man, 1944)
La vittima (The Victim, 1947)
Le avventure di Augie March (The Adventures of Augie March, 1953)V La resa dei conti (Seize the Day, 1956)
Il re della pioggia (Henderson the Rain King, 1959)
Herzog (Herzog, 1964)
Addio alla casa gialla. Racconti (Mosby's Memoirs, 1968) (6 racconti)
Il pianeta di Mr. Sammler (Mr. Sammler's Planet, 1970)
Il dono di Humboldt (Humboldt's Gift, 1975); vincitore del Premio Pulitzer 1976 per la narrativa
Herzog - Il dono di Humboldt
Il dicembre del professor Corde (The Dean's December, 1982)
Quello col piede in bocca e altri racconti (Him with His Foot in His Mouth, 1984)
Ne muoiono più di crepacuore (More Die of Heartbreak, 1987)
La sparizione (A Theft, 1989)
Il circolo Bellarosa (The Bellarosa Connection, 1989)
L'iniziazione (Something to Remember Me By, 1991)
Una domanda di matrimonio (The Actual, 1997)
Ravelstein (Ravelstein, 2000)
Collected Stories, 2001; prefazione di Janis Bellow, introduzione di James Wood Il piatto d'argento (A Silver Dish),

Riporto sotto il riassunto dei libri che ho avuto modo di leggere

HERZOG

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Herzog è un romanzo a struttura epistolare, dove le lettere scritte dal protagonista costituiscono gran parte del testo. Il romanzo ha vinto il National Book Award nel 1965. La rivista TIME ha incluso il romanzo nella lista dei 100 migliori romanzi in lingua inglese dal 1923 al 2005.
Trama
Ambientato negli Stati Uniti del secondo dopoguerra, Herzog è un romanzo sulla crisi di mezza età di un intellettuale ebreo, Moses E. Herzog, che ha appena divorziato per la seconda volta (un divorzio particolarmente difficile). Ha due figli, uno con la prima moglie e uno con la seconda, che stanno crescendo senza la sua presenza. La sua carriera di scrittore e di accademico è in una fase di stallo. Herzog ha una relazione con Ramona, una donna molto sensuale con cui, però, non vuole impegnarsi. Il secondo matrimonio di Herzog, quello con l'esigente e manipolatrice Madeleine, si è appena concluso in modo umiliante. Madeleine ha convinto Moses a far trasferire lei e la loro figlia Junie a Chicago, e a fare in modo che anche i loro migliori amici, Valentine e Phoebe Gersbach, si trasferissero là, dopo aver procurato un buon lavoro a Valentine. Ma era tutta un'astuta manovra, perché Madeleine e Valentine hanno una tresca e, subito dopo il trasferimento a Chicago, Madeleine lascia Herzog, ottiene un ordine restrittivo contro di lui e cerca di farlo internare in un ospedale psichiatrico. Herzog passa il tempo scrivendo lettere che poi non invia. Le lettere sono indirizzate ad amici, familiari e personaggi famosi. I destinatari possono essere persone non più in vita, e spesso sono persone che Herzog non ha mai incontrato. L'unico elemento comune delle lettere è che Herzog esprime costantemente la sua delusione, o per i suoi fallimenti o per i fallimenti degli altri o per le parole dette dagli altri; altre volte Herzog chiede scusa per il modo in cui egli stesso ha deluso gli altri. All'inizio del romanzo, Herzog si trova nella sua casa di Ludeyville, una città nelle Berkshires, nel Massachusetts occidentale. Sta pensando di tornare a New York per vedere Ramona, ma poi invece si reca a Martha's Vineyard, per visitare degli amici. Arriva alla loro casa, ma là scrive un biglietto - un biglietto reale, stavolta - dove dice che deve partire: «Incapace di sopportare la gentilezza in questo momento. Sensazioni, cuore, tutto strano. Cose da fare.» Va a New York per tentare di fare quelle cose, tra cui riottenere la custodia della figlia, Junie. Dopo aver trascorso la notte con Ramona, va in tribunale per incontrare il suo avvocato e discutere i suoi piani, e finisce con l'assistere a una serie di tragicomiche udienze, come quella in cui una donna è accusata di aver ucciso il suo bambino di tre anni scaraventandolo contro il muro. Moses, già sconvolto per aver ricevuto una lettera dalla baby-sitter di Junie che parla di un incidente in cui Valentine ha chiuso a chiave Junie nella macchina mentre lui e Madeleine litigavano in casa, va a Chicago. Va a casa della sua matrigna e prende una pistola antica, caricata con due proiettili, e progetta confusamente di uccidere Madeleine e Valentine, e poi fuggire con Junie. Il piano va in fumo perché Herzog vede Valentine che fa il bagno a Junie e si rende conto che Junie non è in pericolo. Il giorno seguente, dopo aver portato la figlia all'acquario, Herzog rimane coinvolto in un incidente stradale e alla fine è accusato di possesso di arma carica. Suo fratello, il freddo e razionale Will, cerca di farlo tornare alla realtà. Herzog va a Ludeyville, incontra suo fratello, il quale cerca di convincerlo a farsi ricoverare in una clinica. Ma Herzog, che in precedenza aveva preso in considerazione questa possibilità, sta riconciliandosi con la vita. Ramona lo raggiunge per passare la notte insieme - con grande sorpresa di Will - e Herzog comincia a fare progetti per restaurare la casa che, come la sua vita, pur bisognosa di essere riparata, ha una struttura solida. Herzog conclude dicendo che non ha più bisogno di scrivere lettere. Numerosi flashback nel corso del romanzo rivelano dettagli cruciali della vita di Herzog, tra cui il matrimonio con la solida Daisy e l'esistenza del loro figlio, Marco, la vita del padre di Herzog, un fallito in ogni lavoro che cominciava, e le molestie sessuali subite da Herzog su una strada di Chicago da parte di uno sconosciuto.
Stile
La bellezza del romanzo sta nell'analisi profonda della mente di Herzog. Nello stile tipico di Bellow, la descrizione delle emozioni dei personaggi e delle caratteristiche fisiche sono ricche di spirito e di energia. Le relazioni di Herzog sono il tema centrale del romanzo: non solo le donne e gli amici, ma anche la società e lui stesso. I pensieri di Herzog e i suoi processi mentali vengono messe a nudo nelle lettere che scrive. Via via che il romanzo si svolge, le lettere (scritte in corsivo nel libro) diventano sempre meno frequenti. Questo sembra rispecchiare la guarigione della mente del narratore, mentre la sua mente si distoglie dalla sua lotta interiore e si volge alle opzioni offerte dalla sua situazione attuale – non dover essere uno studioso, la possibilità di un nuovo inizio con Ramona, e così via. In altre parole, il chiarimento psicologico che sta verificandosi a livello di contenuto si riflette stilisticamente nello spostamento da una struttura prevalentemente epistolare a una struttura narrativa organizzata in modo più lineare.
Temi
Herzog passa la maggior parte del tempo ad angosciarsi per quello che lui non è - un buon marito, un buon padre, un accademico di successo. Herzog definisce se stesso in questi termini, piuttosto che accettarsi e definire se stesso in termini positivi. Alla fine del romanzo Herzog comincia a mostrare i segni di questa trasformazione: «Io sono così e così e continuerò a esserlo. E perché combattere contro questa realtà? Il mio equilibrio deriva dall'instabilità.» È importante anche notare che il nome del personaggio, Moses E. Herzog, è tratto da un personaggio minore dell'Ulisse di Joyce. Herzog pensa che la vita, con la sua accettazione del materialismo e delle sue vittime, sia umiliante. Lui ha rinunciato a un matrimonio stabile con la sua prima moglie (Daisy) perché era monotono e alienante, ma alla fine del secondo matrimonio si era trovato isolato e ingannato. Le lettere e i pensieri di Herzog rivelano che ha letto i più grandi filosofi, ma li trova tutti inutili, compresi Freud e Nietzsche, e nelle lettere spiega in che cosa le loro idee lo hanno deluso. La visione del mondo di Herzog è più ottimistica: «La luce della verità non è mai lontana e nessun essere umano è troppo trascurabile o corrotto per giungere ad essa.»
Elementi autobiografici
Il personaggio di Herzog rispecchia in molti aspetti un Saul Bellow romanzato. Alcune similitudini tra Herzog e Bellow: Entrambi sono cresciuti in Canada. Entrambi sono ebrei. Entrambi hanno genitori emigrati dalla Russia (San Pietroburgo). Entrambi hanno vissuto a lungo a Chicago. Entrambi hanno divorziato due volte (all'epoca della scrittura del romanzo; Bellow, in seguito, avrebbe collezionato divorzi da quattro delle sue cinque mogli). Entrambi avevano il padre contrabbandiere di alcolici. Il personaggio di Valentine Gersbach è ispirato a Jack Ludwig, un vecchio amico di Bellow che aveva una relazione con la seconda moglie di Bellow, Sondra.

Il re della pioggia

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Alla decadenza morale borghese improntata ad un materialismo grezzo che lascia insoddisfatti i bisogni spirituali degli individui, è contrapposta […] la positività di una saggezza arcaica che trae alimento dalla sua longevità. Da una parte, una cultura attratta dall’effimero, da ciò che deperisce in breve tempo, dall’altra, una cultura fondata sulla durevolezza, sulla tradizione e capace di adeguarsi ai mutamenti dei secoli, senza lasciarsi da essi snaturare”. Proposto come principale modello interpretativo de Il re della pioggia il capovolgimento del “mito del buon selvaggio”, spogliato di ogni idealità dalla corrosiva ironia dell’autore e ridotto al grottesco, impotente riflesso di sé dalla tragicomica incapacità del protagonista (il milionario cinquantaseienne Eugene Henderson), non è che una delle molte chiavi di lettura di un’opera sfuggente, obliqua, ricca in egual misura d’amarezza e sarcasmo e nella quale il sottile equilibrio tra realtà e fantasia è espressione di una condizione umana considerata come enigma insolubile. Bellow sceglie di raccontare in prima persona le zingaresche peripezie del ricco e tormentato allevatore di maiali Henderson (marito generoso e goffo di due mogli, padre amorevole e inconsistente di cinque figli) e così facendo sembra dar vita a un romanzo di formazione – una sorta di originale riproposizione di uno dei suoi capolavori, Le avventure di Augie March, pubblicato sei anni prima – ma subito spariglia le carte facendo slittare di continuo il racconto tra passato e presente, intersecando i piani temporali in modo che il qui e ora finisca per essere diretta conseguenza di qualcosa accaduto tanto tempo prima (come se in realtà non esistesse altro che un presente continuo, strozzato dalla strabordante fisicità di Henderson e dalla sua volontà fremente ma cieca, e destinata al fallimento), sfuocando a bella posta il profilo del suo “eroe”, nel quale lo scrittore, è riconoscibile soltanto in parte e ambientando la storia in un’Africa primordiale e misteriosa, carica di rassegnata saggezza e fiera, innervata dalla vita stessa e gravida d’oscure minacce, quieta e violentissima, un’Africa colorata d’immaginazione, inventata, assaporata come un mondo nuovo, dipinta come una terra vergine capace di accogliere con benevola accondiscendenza tanto il pregiudizio quanto la meraviglia. In questo contesto che profuma d’assurdo, nel quale non servono bussole e dove il senso dell’orientamento è una virtù non necessaria (basti sapere che Henderson, accompagnato dalla guida Romilayu, si spinge lontano da ogni forma di civiltà), il romanzo di formazione muta in pura e semplice avventura per poi frammentarsi, complice le folli iniziative del protagonista, in un introspettivo sussurrare, in una forsennata ricerca di sé, ed è qui che il gioco di contrasti e contraddizioni che l’autore ha con pazienza condotto a maturazione si fa maestria stilistica, perfezione narrativa. Re Mida della distruzione, impeccabile artista del disastro, Eugene Henderson condanna al naufragio tutte le proprie buone intenzioni; a contatto con due popolazioni del luogo, ne causa involontariamente la rovina (alla prima sottrae, facendo esplodere una rudimentale bomba, la sola riserva d’acqua di cui dispone; all’interno della seconda si ambienta al punto di diventare, al termine di una cerimonia contro la siccità, sungo, ovvero re della pioggia e amico intimo del sovrano, ma finisce per assistere alla sua tragica fine, il corpo straziato dalle fauci di un leone che l’uomo, per rispettare una tradizione antichissima che vedeva nel felino la reincarnazione del precedente re, doveva catturare da solo, e in seguito a questo avvenimento viene fatto prigioniero). Consumato dal bisogno di essere compreso, spiegato a se stesso, Henderson è costretto ad arrendersi alla solitudine proprio nel momento in cui è vicinissimo a centrare il suo obiettivo; in Africa, infatti, le persone che incontra sembrano essere in grado di leggergli in cuore senza sforzo; è come se ognuno di loro sapesse quale male consuma quell’uomo, da quali ombre cerchi di fuggire, ma non appena egli le trova, nel momento stesso in cui si lega a loro, qualcosa interviene a spezzare la relazione; la vita, che Henderson brama più di ogni altra cosa ma che di continuo gli si erge contro come se fosse la sua peggior nemica, allunga la gamba, gli fa lo sgambetto e lo lascia disteso nella polvere della sua inevitabile sconfitta. Se una delle opere migliori di Bellow, Il dono di Humboltd è, per definizione dello stesso autore, “un romanzo comico sulla morte”, Il re delle pioggia si può ben considerare “un romanzo comico sulla vita, sul suo bisogno e sulla sua impossibilità”; il sogno agrodolce di un’anima ferita, un’anima che ha irrimediabilmente perduto l’innocenza ma che non ha mai smesso di rimpiangerla. Ecco l’incipit dell’opera. "Perché ho fatto questo viaggio in Africa? La spiegazione non è semplice. Le mie cose andavano sempre peggio, e a un certo punto sono diventate un viluppo inestricabile. Se ripenso alla mia situazione all’età di cinquantacinque anni, quando comprai il biglietto, vedo solo dolore. I fatti mi si affollano addosso, sì che ne avverto l’oppressione sul petto".

Il dono di Humboltd

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efinito dal suo stesso autore “un romanzo comico sulla morte”, Il dono di Humboldt di Saul Bellow, pubblicato nel 1975 (un anno prima che lo scrittore statunitense ricevesse il Nobel per la letteratura) e insignito del premio Pulitzer, oltre a essere un’agrodolce riflessione sul senso dell’esistere e sulla sua conclusione, è la ruvida esplorazione del mondo interiore di un uomo, delle sue speranze, dei sogni coltivati, delle sconfitte patite, delle illusioni cullate a dispetto di tutto e di tutti. Forse più che in qualsiasi altro suo lavoro, qui Bellow azzarda, sperimenta, e sceglie di raccontare (eliminando la suddivisione in capitoli) una vicenda che si snoda in 600 pagine nello stile disordinatamente violento del flusso di coscienza, affastellando, su un presente zoppicante, impreciso come lo sfondo in penombra di un palcoscenico, grumi di ricordi, lunghe parentesi analitiche sui più disparati argomenti, apologhi, sentenze tanto brevi quanto taglienti – “Uno studente del corso di metafisica, un giorno chiese al filosofo Morris Cohen: «Come faccio a sapere, professore, che io esisto?». Al che l’arguto vecchio: «Chi è che me lo chiede?»”; “Una volta che hai letto Psicopatologia della vita quotidiana sai che la vita quotidiana è psicopatologica”. È il tempo l’assoluto protagonista di questo romanzo; il tempo inteso come metafisica misura del nostro vivere (dunque il tempo considerato nella dimensione dell’eternità, oppure in quella della memoria, pietoso sistema di autodifesa per mezzo del quale ci illudiamo di non aver perso completamente coloro che non abbiamo più accanto e nello stesso tempo proviamo a noi stessi di non essere ancora divenuti ombre, spettri), e il tempo della quotidianità, quello che ognuno di noi sperimenta e conosce, oppresso dalle urgenze materiali, sfibrato dai bisogni personali, consumato, come da un cancro, dall’ossessione del denaro e della gloria. È in questo tempo che si muovono Charlie Citrine, commediografo di successo, e Von Humboldt Fleisher, poeta estroso e imprevedibile, uomo di genio, spirito raffinatissimo e inquieto, rapito dallo splendore dei versi e per converso, quasi per una sorta di diabolico contrappasso, incapace di rapportarsi con il mondo (cui riserva esclusivamente velenoso disprezzo, di fronte al quale denuncia complotti osceni partoriti dalla sua sovraeccitata fantasia); ieratico bardo destinato all’Olimpo ma condannato prima all’alcol e agli antidepressivi e infine alla pazzia. A Humboldt, suo amico e mentore, Citrine deve tutto, la ricchezza, la considerazione del mondo accademico e culturale, la fama; e a quel poeta bellissimo e goffo, un tempo grande e ora dimenticato, costretto a trascinare i propri giorni nello squallore di alberghetti di quart’ordine e nella miseria del cibo stentato, racimolato con fatica, egli dedica pensieri, ricordi commossi, intrisi d’affetto autentico come di colpevole rimorso. Ma non è la gratitudine a spingerlo verso Humboldt, è la sua vita, che sembrerebbe perfetta e invece è un caos irrimediabile, un groviglio di fallimenti; perduto nel rimpianto di amori che sarebbero stati perfetti se solo fosse stato capaci di viverli, divorziato, con due figlie che ama ma che non vede quanto vorrebbe e l’ex consorte decisa a privarlo di tutto quel che possiede, adescato da una giovane e spregiudicata amante che mira soltanto alle sue sostanze (che Citrine scialacqua senza neppure rendersi conto di farlo, o senza badare alle conseguenze), circondato da amici di dubbia fedeltà e fragilissima onestà, il celebre uomo di lettere, l’intellettuale ammirato, sprofonda in un abisso che pare non avere fine. E tuttavia non è la povertà a terrorizzarlo, bensì l’incapacità di trovare una ragione per il suo essere vivo, e un significato per tutto ciò che ha riguardato Humboldt, per le sue poesie, per la sua fine indecorosa; Citrine, vivendo, cerca, muovendosi come un cane impazzito tra platonismo, teosofia, antroposofia, criptospiritismo e adunate angeliche, il perché della vita, e in questa sua inesausta caccia non fa che imbattersi in tante piccole morti, amputazioni successive dello spirito umano. E la morte peggiore che deve affrontare, la più terribile, è quella della poesia, quella che spiega il fallimento di Humboldt (così come quello dello stesso Citrine); qui Bellow è nello stesso momento visionario e lucidissimo, è un apocalittico profeta che, gettato uno sguardo alla sfera di cristallo, disperatamente ispirato parla la lingua dell’oggi, quella del potere, della tecnica, dell’efficienza: “Può infatti una poesia caricarti su a Chicago e sbarcarti a New York dopo due ore? O può eseguire calcoli per un volo spaziale? Non ha tali poteri. E l’interesse è dove è il potere. Ai tempi antichi la poesia era una forza: il poeta possedeva una forza concreta nel mondo materiale. Certo, il mondo materiale era diverso allora. Ma quale interesse poteva suscitare Humboldt? Egli si abbandonò alla debolezza e divenne un eroe della disgrazia. E diede il suo consenso al monopolio del potere e dell’interesse detenuto dal denaro, dalla politica, dalla legge, dalla razionalità, dalla tecnologia, poiché non riusciva a vedere che cosa di nuovo e necessario i poeti potessero fare. Fece invece qualcosa di vecchio: si procurò una pisola, come Verlaine”. Romanzo splendido, di un’intensità e di una profondità uniche, Il dono di Humboldt è il racconto di una resa incondizionata, la cronaca di una battaglia perduta. Ma è anche una luminosa opera d’arte, un purissimo scintillare letterario, una gloriosa, indimenticabile


Eugenio Caruso - 21 ottobre 2022

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