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I passi della crisi economica 2008 - 2011 - ParteXII


Nel prossimo futuro le imprese di successo saranno quelle che utilizzeranno gli strumenti digitali per reinventare il proprio modus operandi, che saranno in grado di prendere decisioni con estrema rapidità, di agire efficacemente e di raggiungetre i propri clienti in modo nuovo..
Bill Gates


L’articolo è  il seguito di
Come si è arrivati alla grande crisi del 2008 Parte I,
I passi della grande crisi 2008 - 2009 Parte II,
I passi della grande crisi 2008 - 2009 Parte III,
I passi della grande crisi 2008 - 2009 Parte IV,
I passi della grande crisi 2008 - 2009 Parte V,
I passi della crisi 2008 -2010 - Parte VI
I passi della crisi 2008 - 2010 - Parte VII
I passi della crisi 2008 - 2010 - Parte VIII
I passi della crisi 2008 - 2010 - ParteIX
I passi della crisi 2008 - 2011 - Parte X
I passi della crisi 2008 - 2011 - Parte XI

Con riferimento ai succitati articoli, questo prosegue, per il terzo trimestre del 2011,  l’analisi delle performance economiche delle più importanti imprese del pianeta. Con particolare attenzione è analizzata la situazione italiana. Sono, inoltre, presi in considerazione tutte le più importanti iniziative degli stati e delle organizzazioni internazionali e nazionali, nonché gli andamenti delle economie di vari paesi. L’articolo viene aggiornato quotidianamente.

Delega sulla riforma fiscale. L'Irap (5 luglio 2011)
La delega alla riforma fiscale, presentata dal ministero dell'Economia, contiene l'impegno alla «graduale eliminazione» dell'Irap. Intanto il Governo ha deciso di aumentarla nell'immediato. Il testo definitivo delle «disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria» contiene un incremento dell'aliquota dell'imposta regionale sull'attività produttive per banche e assicurazioni a partire dall'esercizio in corso. L'incremento, più contenuto per il mondo del credito (+0,75 a 4,65%), sarà di due punti percentuali per l'industria delle polizze dove l'aliquota giungerà al 5,90 per cento. Oggi gli assicuratori daranno probabilmente sfogo alla protesta nel corso dell'assemblea annuale della loro associazione, l'Ania. Fonti vicine all'associazione delle compagnie, fanno sapere che le decisioni contenute nella manovra rappresentano certamente «un aggravio» che le imprese assicuratrici ritengono «inaccettabile», ma non «non metteranno in ginocchio» il settore. Fatti i conti, sempre l'Ania stima che il nuovo onere peserebbe, in una situazione di normalità, per circa 100-120 milioni sulle tasche delle compagnie (50-60 milioni per punto percentuale). Poiché l'imposta è calcolata sui costi aziendali - quello del lavoro, gli interessi passivi e gli utili - lo scorso anno avrebbe prodotto un gettito inferiore considerando che nel 2010 il mercato assicurativo ha, nel complesso, chiuso i bilanci con un risultato negativo per circa 700 milioni. Un dato, quest'ultimo, influenzato grandemente dalla perdita record di un miliardo del gruppo Fondiaria-Sai. Ma costo del lavoro ed interessi sui debiti gravano sulle società anche nelle annate sfavorevoli e pertanto l'Irap, anche se in forma più lieve, avrebbe ugualmente avuto un impatto sui conti. Piuttosto, nello spiegare il differente incremento dell'aliquota su banche e assicurazioni concorre la diversa struttura dei due settori. Nell'industria delle polizze il costo del lavoro ha strutturalmente un'incidenza inferiore perché le tradizionali reti di distribuzione assicurative poggiano sugli agenti che non sono dipendenti delle compagnie ma imprenditori autonomi legati alla fabbrica-prodotto da un mandato, in esclusiva o meno, per il collocamento delle polizze. Proprio per questo, pur essendo in termini percentuali più contenuto, l'incremento per l'Irap sugli istituti di credito finirà presumibilmente per apportare alle casse dello Stato maggiori benefici: tenendo presente che nel 2010 il costo del personale sostenuto dal sistema bancario era stato complessivamente pari a 32,9 miliardi di euro, si può stimare che la maggiorazione con la novità contenuta nella bozza di manovra possa aggirarsi sui 250 milioni annui. Un conto piuttosto salato per il settore del credito, che nei giorni scorsi era riuscito a schivare l'insidia del ritorno del fissato-bollato dell'1,5 per mille sulle transazioni di Borsa e soprattutto l'incremento al 35% dell'aliquota (o l'addizionale del 7%) sulle attività da trading e che adesso si vede recapitare una forma di imposizione che non fa distinzione fra gli istituti. Dai quartieri generali delle banche, finora, non sono giunti particolari commenti, se si eccettua un'indicazione generica di Federico Ghizzoni: «Anche le banche devono fare la loro parte», ha detto l'amministratore delegato di UniCredit, che sulla questione dell'Irap si riserva una valutazione più approfondita in futuro. Bocche cucite anche all'Abi, che attende probabilmente il Comitato esecutivo in programma domani a Roma per far sentire la sua voce.

Confcommercio: consumi in crescita - Istat dati 2010 (5 luglio 2011).
Dopo l'incremento dell'1,9% di aprile, l'Indicatore dei Consumi Confcommercio mostra anche per il mese di maggio 2011 un aumento in termini tendenziali pari all'1,1%. Il quadro macroeconomico rimane, tuttavia, ancora incerto: il mercato del lavoro sembra stabilizzarsi su livelli distanti da quelli raggiunti prima della crisi, mentre le attese degli operatori industriali risultano in peggioramento per il terzo mese consecutivo, riflettendo la tendenza alla decelerazione dell'attività produttiva registrata dall'indagine rapida di Confindustria. A giugno si stima, infatti, una flessione della produzione industriale dello 0,1% rispetto a maggio ed un aumento degli ordini dello 0,3%. In giornata è anche arrivato il dato Istat definitivo sui consumi delle famiglie italiane nel 2010. L'anno scorso - rende noto l'Istat - la spesa media mensile per famiglia é stata pari, in valori correnti, a 2.453 euro, con un aumento rispetto all'anno precedente dello 0,5%. Tenuto conto dell'errore campionario (0,6%) la spesa risulta stabile in termini reali nonostante la dinamica inflazionistica (+1,5%). Il valore medio della spesa mensile per famiglia è pari a 2.040 euro (+1,0% rispetto al 2009) e conferma la stabilità osservata in termini di valore medio. La spesa media in valori correnti per generi alimentari e bevande non mostra variazioni significative rispetto al 2009 (+1,2%) e si attesta a 467 euro mensili; in particolare, aumenta la spesa per carne, mentre continua a diminuire quella per oli e grassi. La quota di spesa per alimentari e bevande rimane costante fra le famiglie del Nord e del Centro (16,5% nel Nord e 18,6% nel Centro), mentre aumenta nel Mezzogiorno, arrivando a rappresentare un quarto della spesa totale. La spesa non alimentare, analogamente a quella alimentare, risulta stabile e pari a 1.987 euro mensili. È in diminuzione rispetto al 2009 (caratterizzato da un inverno particolarmente rigido) la spesa per combustibili ed energia e quella per altri beni e servizi. Continua ad aumentare il peso dell'abitazione sulla spesa media mensile, così come aumenta il peso di sanità e istruzione. La Lombardia è la regione con la spesa media mensile più elevata (2.896 euro), seguita da Emilia-Romagna (2.885) e Veneto (2.876). Fanalino di coda, ancora una volta, la Sicilia con una spesa media mensile (1.668) di oltre 1.000 euro inferiore a quella delle regioni con la spesa più elevata.

Moody's declassa il Portogallo (6 luglio 2011).
La crisi greca travolge il Portogallo, declassato da Moody's di quattro gradini dalla "Baa1" (equivalente alla BBB+) alla "Ba2" (BB) e sprofondato nella categoria dei rating speculativi, meglio noti come junk o spazzatura. Per Moody's il Portogallo rischia di finire come la Grecia: non sarà in grado di accedere al mercato dei capitali a tassi "sostenibili" nella seconda metà del 2013 e non riuscirà a rispettare il piano di consolidamento dei conti pubblici - due tappe previste dal primo pacchetto di aiuti Ue-Fmi -, sarà costretto a richiedere un secondo salvataggio che, come per Atene, verrà subordinato dai partner europei alla partecipazione dei creditori privati con ripartizione delle perdite. La reazione dei mercati, è stata immediata: l'euro ha toccato il minimo della giornata contro dollaro a 1,44 e lo spread tra i BTp e i Bund decennali, dopo aver aperto a 196 centesimi si è allargato fino a valicare la barriera psicologica dei 200 centesimi portandosi a quota 202. Ora anche l'Irlanda rischia di finire nell'occhio del ciclone. Moody's vede nel Portogallo una replica della Grecia: «Non riusciranno a centrare il target del deficit/Pil al 3% nel 2013 dal 9,1% dello scorso anno», un obiettivo nel pacchetto di aiuti Ue-Fmi. I tagli alla spesa pubblica sono improbabili per sanità, finanza locale ed enti pubblici, secondo Moody's. L'aumento delle entrate fiscali è irrealistico ai ritmi promessi, mentre la crescita potrebbe essere più debole del previsto con le banche carenti nelle ricapitalizzazioni. In questo quadro, il Portogallo dovrà bussare ancora alla porta di Eurogruppo e Fondo: ieri il ministro delle Finanze portoghese ha sostenuto che Moody's ignora la tassa sul reddito straordinaria e il Governo ha annunciato di aver abolito la golden share in tre imprese pubbliche: Galp Energia, Edp e Portugal Telecom. Ma per Moody's la seconda tranche di aiuti a Lisbona sarà inevitabile e seguirà il modello greco: subordinata alla ripartizione delle perdite tra i privati con roll-over sui titoli di stato. Un'operazione che evita l'insolvenza ma implica lo scambio di un vecchio titolo con valore 100 con un nuovo bond a valore di mercato più basso ed equivale al default per le agenzie di rating e non per i credit default swap. Le modalità del roll-over sui titoli greci in scadenza nel 2011-2014 oggi saranno discusse da un gruppo di banche europee a Parigi presso la sede della Bnp Paribas. Alla riunione, coordinata dal managing director Charles Dallara dell'Institute of International Finance (Iif), verrà valutata un'ipotesi di scambio più favorevole alla Grecia e quindi ancora più vicina al selective default di SandP's, al restricted default di Fitch e al distressed exchange di Moody's: i nuovi bond greci (forse non più trentannali) pagherebbero un tasso massimo del 5,76% (spread sull'Euribor e aggiunta di coupon indicizzato all'inflazione); le banche accetterebbero di convertire non più il 50% dei titoli in scadenza ma il 70 per cento. Tra i punti all'ordine del giorno oggi ci sarà anche quello "contabile": le banche non intendono contabilizzare perdite o "impairment" che Deloitte traduce come "riduzione di valore di una attività". I tempi intanto si allungano: i dettagli del roll-over e del secondo pacchetto di aiuti alla Grecia emergeranno - se tutto andrà bene - tra la fine di agosto e gli inizi di settembre. Le tensioni sul mercato sono destinate ad aumentare: al di là dei contenuti tecnici, nella sostanza tutto il mondo si sta preparando a uno shock Lehman n.2, l'insolvenza di uno Stato dell'Eurogruppo.

I punti principali del decreto sviluppo (9 luglio 2011).
Adempimenti tributari, semplificazioni in arrivo (articolo 8, comma 9). Semplificazioni negli adempimenti tributari per amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici. Viene riformulata la disciplina fiscale dei fondi immobiliari. Il regime fiscale vigente sarà riservato ai soli partecipanti che non possiedono più del 5% delle quote del fondo e per gli investitori istituzionali di cui al comma 3 dell'articolo 32 del decreto legge n. 78 del 2010. Inoltre, i soci che detengono una partecipazione superiore al 5% alla data del 31 dicembre 2010 e che a decorrere dal periodo d'imposta 2011 sono assoggettati al regime della trasparenza, sono tenuti al versamento di un'imposta sostitutiva del 5% calcolata sul valore medio delle quote detenute nel 2010. E' previsto poi che il fondo nell'ipotesi in cui partecipino soggetti diversi dagli investitori istituzionali che detengono una quota superiore al 5%, possa deliberare, entro il 31 dicembre 2011, la liquidazione del fondo. In tal caso, la società di gestione del risparmio preleva a titolo di imposta sostitutiva delle imposte sui redditi un ammontare pari al 7% del valore netto del fondo risultante dal prospetto redatto al 31 dicembre 2010. E' poi dovuta un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell'Irap del 7% sui risultati maturati dal 1° gennaio 2011 e fino alla conclusione della liquidazione, che deve comunque essere conclusa nel termine massimo di 5 anni. In tal caso non trova applicazione l'imposta sostitutiva dovuta dai partecipanti né l'imposizione per trasparenza.

Agenzia nazionale di vigilanza sulle risorse idriche (articolo 10, commi da 11 a 28). Viene istituita, come soggetto giuridicamente distinto e funzionalmente indipendente rispetto al Governo, al fine di garantire l'osservanza dei principi contenuti nel decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152 in tema di gestione delle risorse idriche e di organizzazione del servizio idrico, con particolare riferimento alla tutela dell'interesse degli utenti, alla regolare determinazione e adeguamento delle tariffe, nonché alla promozione dell'efficienza, dell'economicità e della trasparenza nella gestione dei servizi idrici. All'Agenzia sono trasferite le funzioni attribuite alla Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche, che pertanto viene soppressa. Gli oneri per il funzionamento dell'Agenzia saranno coperti attraverso un contributo posto a carico dei soggetti sottoposti alla sua vigilanza, per un totale dei contributi versati non superiore allo 0,2% del valore complessivo del mercato di competenza, da versare entro il 31 luglio di ogni anno, che affluisce direttamente al bilancio dell'Agenzia e mediante apposito fondo iscritto nello stato di previsione del ministero dell'Ambiente, la cui dotazione non può superare un milione di euro a decorrere dal 2011 e che potrà essre ridotta d'intesa col Tesoro.

Aliquote accisa gas (articolo 7, comma 2, lettera cc). La norma intende chiarire che la disposizioni di cui all'articolo 2 del Dlgs 2 febbraio 2007, n. 26 in materia di aliquote di accisa e di imposta sul valore aggiunto sul gas naturale per combustione per usi civili, vanno applicate al singolo contratto di somministrazione, indipendentemente dal numero di unità immobiliari riconducibili allo stesso. La disposizione fa riferimento all'utente del rapporto contrattuale di somministrazione e pertanto, ai fini dell'applicazione della predetta aliquota Iva rileverà il consumo imputabile al soggetto titolare dell'utenza. L'introduzione della disposizione si rende necessaria al fine di superare le numerose incertezze interpretative e problematiche applicative sorte con riferimento al trattamento tributario previsto per le somministrazioni di gas naturale destinato alla combustione per usi civili, con particolare riferimento al caso della somministrazione di gas metano per usi civili nei confronti di condomìni e cooperative di abitanti di edifici abitativi che utilizzano impianti di tipo centralizzato e collettivo. Tanto premesso, considerato che sulla base della norma che si intende introdurre si fa riferimento all'utente del rapporto contrattuale di somministrazione, nel caso in cui titolare del rapporto contrattuale di fornitura o somministrazione sia lo stabile condominiale, per il quale l'utenza è attivata unitariamente, l'aliquota Iva agevolata del 10% è applicabile per la somministrazione imputabile al condominio medesimo limitatamente a 480 metri cubi annui.

Amministrazione straordinaria (articolo 8, comma 3, lettere a e b). La norma prevede l'obbligo per i commissari straordinari di chiudere le procedure di amministrazione straordinaria aperte da oltre 10 anni pubblicando un invito a presentare offerte di concordato. Le offerte devono essere finalizzare all'assunzione delle attività e passività della procedura nonché del contenzioso pendente. Gli offerenti possono presentare offerte anche per una o alcune delle società del gruppo soggette alla procedura. La mancata individuazione di offerte idonee, per le imprese nelle quali non si pongano problemi occupazionali, determina la chiusura della procedura di amministrazione straordinaria.

Anas (articolo 4, comma 19). A partire dal bilancio 2010, si consente di considerare i contributi in conto capitale autorizzati in favore di Anas quali contributi in conto impianti. Ciò si rende necessario poiché nel corso degli anni 2003-2005 sono stati assegnati ad Anas contributi per la realizzazione di investimenti sotto forma di apporto al capitale sociale e non sotto forma di contributi in conto impianti, come poi disposto, a decorrere dall'esercizio 2007. Tale impostazione implica, a parità di effetti finanziari per il bilancio dello Stato, un effetto negativo sul bilancio della società, con riflessi crescenti nel tempo man mano che le opere vengono realizzate. Infatti, mentre i contributi in conto impianti vanno a compensare nel conto economico le quote di ammortamento delle opere entrate in esercizio, nel caso in cui i contributi vengano erogati in forma di apporto al capitale sociale, le medesime quote di ammortamento, non trovando compensazione, generano corrispondenti perdite di esercizio per la società.

Appalti (articolo 4). Con l'obiettivo di semplificare e accelerare le procedure di affidamento dei contratti pubblici in modo di consentire, in questa fase di profonda crisi, da un lato, una rapida cantierizzazione degli interventi infrastrutturali e, dall'altro, una riduzione dell'enorme mole di contenzioso esistente in materia. La costruzione delle opere pubbliche, scrive la relazione tecnica al dl Sviluppo, rappresenta un importantissimo "motore" per lo sviluppo del Paese, soprattutto se si tratta di opere di interesse strategico (legge obiettivo). La norma in esame modifica in più parti la vigente normativa in tema di contratti pubblici.
- Appalti, accordo bonario
Le modifiche all'articolo 240 riguardano la disciplina vigente in materia di accordo bonario. In particolare, vengono stabiliti alcuni termini per conferire tempi certi e celerità al procedimento e viene introdotto un tetto massimo per i compensi della commissione fissato nell'importo di 65mila euro, in linea con la recente disciplina in materia di arbitrato. Le modifiche all'articolo 240-bis riguardano la disciplina delle riserve e sono finalizzate a ridurre il contenzioso con l'appaltatore in fase di esecuzione del contratto. In particolare, si introduce un tetto massimo oltre il quale non è possibile per l'appaltatore iscrivere riserve. Tale tetto è fissato nel 20% del valore complessivo dell'appalto. Eventuali imprevisti occorsi nell'esecuzione dell'appalto, per la quota superiore alla predetta soglia, rientrano nel rischio di impresa assunto in sede di gara. Si introduce inoltre il divieto di iscrivere riserve per gli aspetti progettuali oggetto di verifica da parte della stazione appaltante.
- Appalti, affidamenti più veloci
Per semplificare le procedure di affidamento dei contratti di importo di modesta entità, si aumenta da 500mila euro a un milione di euro la soglia entro la quale è consentito affidare i lavori con la procedura negoziata senza bando a cura del responsabile del procedimento (articolo 122 del codice). L'elevazione dell'importo è bilanciata, per garantire la massima concorrenzialità della procedura, con l'aumento del numero minimo dei soggetti che devono essere obbligatoriamente invitati (almeno dieci per i lavori di importo superiore a 500mila, almeno cinque per i lavori di importo inferiore). Viene introdotta inoltre sempre nell'ambito della procedura negoziata, la regola della post-informazione sui risultati dell'affidamento entro dieci giorni dalla data dell'aggiudicazione definitiva, prevedendo, al fine di assicurare il rispetto del principio di rotazione, che essa contenga anche l'indicazione dei soggetti invitati alla procedura. Conseguentemente all'elevazione del limite di importo a un milione di euro per la procedura negoziata senza bando, si incrementa da un milione a 1,5 milioni di euro la soglia entro la quale è esperibile la procedura ristretta semplificata (articolo 123 del codice) prevista dalla vigente normativa. Con riferimento alle varianti finalizzate al miglioramento dell'opera e alla sua funzionalità, attualmente consentite nei limiti delle somme stanziate per la realizzazione dell'opera stessa, semprechè non comportino modifiche sostanziali e siano motivate da obiettive esigenze derivanti da circostanze sopravvenute e imprevedibili al momento della stipula del contratto (articolo 132 del codice), si limita la facoltà del soggetto aggiudicatore di approvare varianti entro il limite del 50% dei ribassi d'asta conseguiti. Ciò consente di ridurre il fenomeno dell'aumento incontrollato dei costi delle opere pubbliche. Analoghe misure sono introdotte con riguardo alle opere di interesse strategico nazionale, prevedendo che le varianti disposte dal Cipe devono essere contenute nel limite del 50% dei ribassi d'asta conseguiti, devono essere strettamente correlate alla funzionalità dell'opera e non possono comportare incrementi di costo rispetto al progetto preliminare. Attualmente, se per cause eccezionali aumenta o diminuisce significativamente (oltre il 10 %) il prezzo dei materiali di costruzione, l'appaltatore ha diritto alla compensazione in aumento o diminuzione per la quota che eccede il 10 % del prezzo di riferimento. Ciò crea un margine troppo ampio per discostare la previsione di spesa come da esito di gara rispetto all' onere finale.
- Appalti, beni culturali
Si prevede anche una modifica al codice dei beni culturali, aumentando la soglia di età di esecuzione in presenza della quale i beni immobili appartenenti alle amministrazioni pubbliche o alle persone giuridiche private senza scopo di lucro - sotto questo profilo alle prime assimilate - sono "presunte" di interesse culturale e perciò ricadono, in via interinale e salvo verifica dell'effettiva sussistenza dell'interesse, nel vincolo storico-artistico. Si semplifica pure il procedimento per rilascio dell'autorizzazione paesaggistica trasformando il parere obbligatorio del Soprintendente in parere non vincolante nei casi in cui i Comuni abbiano recepito nei loro strumenti urbanistici le prescrizioni del piano paesaggistico regionale e il ministero per i Beni culturali abbia valutato positivamente tale adeguamento. Si introduce inoltre il meccanismo del silenzio assenso qualora tale parere non sia reso entro novanta giorni dalla ricezione degli atti di positiva verifica e di prescrizione d'uso emessi dalla Regione e dal ministero per i Beni culturali.
- Appalti, certificazioni più semplici
Con riguardo all'esistenza di una situazione di collegamento tra imprese vengono indicati puntualmente, in termini applicativi, gli adempimenti del concorrente riguardo al contenuto delle dichiarazioni da presentare ai fini della verifica, da parte della stazione appaltante, dell'imputabilità o meno di più offerte ad un unico centro decisionale. Al riguardo si rappresenta che la Corte di Giustizia (sentenza del 19 maggio 2009 resa nella causa C-538/07) ha ritenuto incompatibile con il diritto comunitario una normativa nazionale che vieti in assoluto la partecipazione alla medesima gara di appalto di imprese tra loro in situazione di collegamento, poiché ciò implica una presunzione di reciproca influenza nella formulazione delle offerte in gara che ostacola la libera concorrenza nel mercato comunitario. Con il decreto legge n. 135 del 2009 è stato operato l'adeguamento delle norme del Codice alla sentenza della Corte di Giustizia: in particolare è stata consentita la partecipazione alla medesima gara di appalto di imprese in situazione di controllo laddove ininfluente in ordine alla formulazione delle offerte e non idoneo a determinare turbativa della gara; l'ulteriore intervento normativo introduce una formulazione della disposizione che assicura maggiore salvaguardia all'autonomia dell'offerta dell'imputabilità o meno di più offerte a un unico centro decisionale e riduce l'aggravio per i concorrenti eliminando l'obbligo di presentazione della documentazione giustificativa in caso di collegamento formale. Relativamente ancora alla qualificazione degli esecutori dei lavori pubblici, si precisa che le attestazioni rilasciate dalle SOA devono essere inserite nell'elenco ufficiale tenuto dall'organismo nazionale di accreditamento (Accredia) di cui all'articolo 4 della legge n. 99 del 2009. In tal modo si consente una maggiore trasparenza nel mercato permettendo ai soggetti che attestano la qualificazione degli esecutori di lavori pubblici di poter verificare efficacemente l'effettivo possesso del sistema di qualità dal parte delle imprese. Analoga disposizione è introdotta all'articolo 187, comma 1, lett. a) in relazione alla qualificazione dei contraenti generali. Al fine di operare poi una tipizzazione tassativa delle cause di esclusione dalle gare e ridurre il potere discrezionale della stazione appaltante, si inserisce un nuovo comma nell'articolo 46 che mira a limitare l'esclusione soltanto alle cause previste dal codice dei contratti pubblici e relativo regolamento di esecuzione, oltre che nei casi di incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell'offerta o di non integrità del plico che faccia ritenere violato il principio di segretezza delle offerte. I bandi di gara devono contenere l'indicazione tassativa delle predette cause e non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione. In tal modo si intende limitare le numerose esclusioni che avvengono sulla base di elementi formali e non sostanziali, con l'obiettivo di assicurare il rispetto del principio della concorrenza e di ridurre il contenzioso in materia di affidamento dei contratti pubblici. Si prevede inoltre che i bandi di gara vengano predisposti dalle stazioni appaltanti sulla base di modelli tipo approvati dall'Autorità di vigilanza, previo parere del ministero per le Infrastrutture, sentite le categorie professionali interessate. Eventuali deroghe rispetto ai contenuti del bando-tipo devono essere debitamente motivate dalle stazioni appaltanti nella delibera a contrarre. Ciò, oltre a semplificare l'attività della stazione appaltante, comporta che la gara sia esperita sulla base di bandi predisposti correttamente e pertanto presuppone un corretto svolgimento della gara medesima e una riduzione del contenzioso. Da segnalare poi che si impone alle stazioni appaltanti di inserire nella Banca dati nazionale dei contratti pubblici tenuta dall'Autorità di vigilanza la documentazione comprovante il possesso dei requisiti di moralità, economico finanziari e tecnico organizzativi per la partecipazione alle gare, in modo da procedere alla verifica del possesso dei suddetti requisiti direttamente presso la citata Banca dati, mediante collegamento telematico. Inoltre, quale ulteriore misura di semplificazione e trasparenza, è inserito all'articolo 74 un nuovo comma, che prevede che le stazioni appaltanti richiedano di norma l'utilizzo di moduli standard, definiti dal Ministro per le Infrastrutture sentita l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, per la dichiarazione sostitutiva dei requisiti di partecipazione di ordine generale e, per i contratti relativi a servizi e forniture o per i contratti relativi a lavori di importo pari o inferiore a 150mila euro, dei requisiti di partecipazione economico-finanziari e tecnico-organizzativi. Per semplificare le procedure, si elimina poi il limite di importo fino a un milione di euro, previsto dagli articoli 56 e 57 del codice, per affidare i lavori mediante procedura negoziata nel caso di precedente procedura aperta o ristretta andata deserta. La modifica è in linea con il diritto comunitario che consente in detta ipotesi l'affidamento mediante procedura negoziata senza limitazioni di importo.
- Appalti, federalismo demaniale
Si elimina l'attuale previsione che esclude dal trasferimento i beni oggetto di accordi o intese tra lo Stato e gli enti territoriali per la razionalizzazione o la valorizzazione dei rispettivi patrimoni immobiliari, già sottoscritti prima dell'entrata in vigore del Dlgs 85 del 2010. Detti beni possono quindi essere attribuiti su richiesta dell'ente che ha sottoscritto l'accordo o l'intesa ovvero ad altri enti territoriali.
- Appalti, semplificazioni sulle esclusioni dalle gare
Si parte con precisare che i contratti cosiddetti "esclusi" sono sottratti dall'ambito oggettivo di applicazione delle disposizioni codicistiche. Resta però fermo il principio che ai contratti esclusi comunque si applichino i principi comunitari di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità. Le norme apportano poi alcune modifiche agli articoli 38 e 40 del codice degli appalti semplificando la disciplina dei requisiti di ordine generale per la partecipazione alle gare di appalto (cosiddetti requisiti di moralità) e delle cause di esclusione, con l'obiettivo di contenere la discrezionalità delle stazioni appaltanti e ridurre il contenzioso relativo alla fase di affidamento. Più nello specifico: a) si estende la causa di esclusione prevista per i soggetti destinatari di una misura di prevenzione o che abbiano riportato condanne penali anche al socio unico o al socio di maggioranza in caso di società con meno quattro soci (attualmente sono indicati solo l'amministratore con poteri di rappresentanza e il direttore tecnico). Si riduce a un anno il periodo da considerare ai fini della cessazione dalle cariche, attualmente previsto in tre anni. Ciò consente, spiega il Tesoro, da un lato, di ridurre l'entità di contenzioso derivante dall'esclusione dalle gare per tali motivi, garantendo, dall'altro, il permanere di un congruo periodo idoneo a evitare che la cessazione dalle cariche di soggetti condannati consenta automaticamente la partecipazione alle gare. Si chiarisce poi che non rilevano ai fini dell'esclusione dalle gare le condanne per le quali è intervenuta la riabilitazione, l'estinzione o la depenalizzazione del reato, o la revoca della sentenza. Sul fronte poi della causa di esclusione per violazioni in materia di intestazione fiduciaria, è stato indicato l'ambito temporale cui circoscrivere l'efficacia interdittiva della infrazione in quanto attualmente costituisce una causa di esclusione sine die in contrasto con il principio comunitario di proporzionalità. Con riferimento all'esclusione per violazioni in materia di tutela e sicurezza dei lavoratori, per fornire univoci elementi per la valutazione della gravità delle violazioni stesse, si chiarisce che si intendono gravi quelle individuate dall'art. 14, comma 1, del Dlgs n. 81 del 2008 e le cause ostative al rilascio del documento unico di regolarità contributiva. La causa di esclusione per violazioni definitivamente accertate rispetto agli obblighi relativi al pagamento di imposte e tasse è stata limitata ai soli casi di gravità. Riguardo invece alla causa di esclusione per falsa dichiarazione, le modifiche alla lettera h) del comma 1 dell'art. 38 del codice unitamente all'introduzione del nuovo comma 1-ter del medesimo articolo sono volte ad adeguare la disposizione al diritto comunitario che esige che le false dichiarazioni, per comportare l'esclusione, siano imputabili a colpa grave o dolo. L'accertamento di detti elementi è rimesso all'Autorità di Vigilanza, che, solo ove rilevi la sussistenza di dolo o colpa grave, ordina l'iscrizione nel casellario, iscrizione che costituisce causa ostativa alla partecipazione alle gare e all'affidamento del subappalto per un successivo periodo della durata di un anno. La modifica riferita alla lettera m-bis) del comma 1 dell'art. 38 del codice sostituisce l'interdizione sine die alla partecipazione alle gare, in contrasto con il principio di ispirazione comunitaria della proporzionalità della sanzione, con la disposizione che inserisce come causa ostativa alla partecipazione alle gare e all'affidamento in subappalto l'aver presentato, ai fini della qualificazione SOA, falsa documentazione o falsa dichiarazione. Si introduce inoltre un nuovo comma 9-ter all'articolo 40 del codice, prevedendo che, in caso di presentazione di falsa dichiarazione o falsa documentazione ai fini della qualificazione, le SOA segnalino il fatto all'Autorità la quale, se ritiene che siano state rese con dolo o colpa grave, dispone l'iscrizione nel casellario informatico ai fini dell'esclusione dalle procedure di gara e dagli affidamenti di subappalto ai sensi dell'articolo 38, comma 1, lettera m-bis), nella formulazione introdotta con il presente decreto. La modifica riferita alla lettera m-ter) del comma 1 dell'art. 38 riduce a un anno il periodo da considerare ai fini della mancata denuncia di estorsioni, attualmente previsto in tre anni. La modifica del comma 1-bis è volta a chiarire la validità delle cause di esclusione intervenute successivamente all'affidamento al custode o amministratore, mentre le modifiche al comma 2 dell'articolo 38 puntualizzano aspetti relativi di diverse ipotesi di esclusione dalle gare. In particolare, la causa di esclusione per violazioni definitivamente accertate rispetto agli obblighi relativi al pagamento di imposte e tasse è stata limitata ai soli casi di gravità, individuata rispetto ad una soglia di importo per omessi pagamenti superiori a 10mila euro agganciata al limite previsto dall'art. 48-bis del Dpr n. 602/73.
- Appalti, infrastrutture strategiche
Norme per semplificare l'iter di approvazione dei progetti per la realizzazione delle grandi opere. In particolare: a) vengono ridotti i termini procedimentali della conferenza di servizi relativamente alle comunicazioni delle eventuali proposte motivate di prescrizioni o varianti da parte dei soggetti partecipanti, alle segnalazioni di eventuali omissioni, ed alla conclusione del procedimento, che deve avvenire entro 60 giorni (contro i 90 giorni attualmente previsti); b) viene introdotto inoltre un termine di 30 giorni entro il quale l'appaltatore deve pubblicare il bando di gara, pena la revoca del finanziamento a carico dello Stato; c) viene aumentato da 5 a 7 anni il termine di durata del vicolo preordinato all'esproprio e della dichiarazione di pubblica utilità dell'opera. Tale ultima misura è necessaria a causa della complessità del procedimento di approvazione del progetto, al fine di consentire la conclusione dei procedimenti già avviati. Si chiarisce poi che, ai fini della qualificazione del contraente generale, è necessaria la presenza nell'impresa di almeno un direttore tecnico, oltre ai responsabili di cantiere e di progetto di specifica esperienza. La disposizione interviene pure sulle procedure di affidamento nei settori speciali, prevedendo per i contratti di lavori relativi a beni culturali l'elevazione fino a un milione e 500mila euro del limite di importo entro il quale è consentito l'affidamento mediante procedura negoziata senza bando, in linea con quanto previsto per i settori ordinari (articolo 204 del codice). Analogamente a quanto previsto per i settori ordinari, sono stati ampliati gli adempimenti in materia di pubblicità. Le modifiche all'articolo 206 del codice invece intendono porre rimedio ad un difetto di coordinamento introducendo un richiamo gli articoli 95 e 96 che disciplinano la verifica preventiva dell'interesse archeologico. Sulla base del testo attualmente vigente, la verifica preventiva è esclusa proprio in relazione a quelle opere rispetto alle quali sussistono maggiori esigenze di tutela e in riferimento alle quali erano state sperimentate le indagini archeologiche preventive. A ciò si aggiunga che l'archeologia preventiva è ammessa per le infrastrutture a rete strategiche; sarebbe paradossale, pertanto, non consentirla per quelle ordinarie.
- Appalti, offerte anomale.
Al fine di semplificare la partecipazione alle gare, si proroga fino al 2013 la possibilità per le imprese di dimostrare la propria capacità tecnico organizzativa tenendo conto dei migliori cinque anni nel decennio antecedente il conseguimento della qualificazione. Al fine di ridurre i tempi delle procedure di affidamento, viene consentita, inoltre, per un periodo transitorio (fino al 31 dicembre 2013), l'esclusione automatica delle offerte anomale senza contraddittorio con il concorrente. Ciò si rende necessario poiché la valutazione dell'anomalia si è rilevata di difficile applicazione concreta, con allungamento dei tempi procedurali, considerato che le amministrazioni, soprattutto se di piccole dimensioni, possono non essere sufficientemente strutturate per l'espletamento di tale valutazione. Viene fissato, infine, al 31 dicembre 2011 il termine entro il quale deve essere conclusa la verifica straordinaria dei certificati di esecuzione lavori e delle fatture utilizzate ai fini del rilascio dell'attestazione di qualificazione SOA per il periodo dal 1° marzo 2000 alla data di entrata in vigore del Codice (1° luglio 2006), in quanto la verifica ha presentato notevoli difficoltà operative che non hanno consentito ad oggi di portare a conclusione le operazioni di verifica.
- Appalti, sanzioni per le liti temerarie
Al fine di deflazionare il contenzioso, la norma introduce nel codice dei contratti pubblici l'articolo 246 bis, che riguarda la cosiddetta "lite temeraria". Nei giudizi afferenti le procedure di appalto, ferma restando la disciplina sulle spese di giudizio di cui all'articolo 26 del codice del processo amministrativo, si impone alla parte soccombente - qualora la decisione sia fondata su ragioni manifeste o orientamenti giurisprudenziali consolidati - il pagamento di una sanzione pecuniaria in misura non inferiore al doppio e non superiore al triplo del contributo unificato dovuto per i ricorso introduttivo del giudizio. Il gettito derivante dall'applicazione di tali sanzioni viene versato al Tesoro.
- Appalti, tetto alle opere compensative
Con una modifica all'articolo 133 del codice, viene limitata la possibilità di ricorrere all'istituto della compensazione, alla metà della percentuale eccedente il 10% del prezzo di riferimento. Attualmente le compensazioni sono ammesse per l'intera percentuale eccedente il 10 per cento. La norma, che modifica pure l'articolo 140 del codice, rende obbligatorio lo scorrimento della graduatoria nell'ipotesi di fallimento dell'appaltatore e risoluzione del contratto in corso di esecuzione. Il completamento dell'opera viene quindi affidato al secondo classificato. Tale possibilità, attualmente limitata alla risoluzione per grave inadempimento dell'esecutore e subordinata ad una espressa previsione nel bando di gara, viene estesa a tutte le fattispecie di risoluzione previste dal codice. Si reintroduce poi la possibilità di asseverazione dei piani economici finanziari in project financing oltre che da parte degli istituti bancari, anche da parte delle società di revisione e degli intermediari finanziari. Per incentivare maggiormente l'intervento di capitale privato nella realizzazione di opere pubbliche, attraverso l'introduzione di una procedura caratterizzata da snellezza e celerità, si consente il ricorso al project financing anche per le opere non presenti nella programmazione triennale delle Pubbliche Amministrazioni. Il privato può pertanto proporre all'amministrazione la realizzazione di un'opera pubblica attivando per tale via la procedura di approvazione del progetto e di affidamento della concessione di costruzione e gestione. Viene introdotta inoltre la possibilità che l'opera proposta dal privato venga realizzata mediante la procedura del leasing in costruendo. In tal modo, la stazione appaltante non dovrà pagare l'intero importo dell'opera da realizzare ma sarà tenuta a pagare soltanto un canone di locazione finanziaria alla società di leasing che invece previa dimostrazione della sussistenza dei mezzi economici per eseguire l'appalto, finanzierà il progetto pagando al privato il corrispettivo per la realizzazione dell'opera. Altre modifiche poi sono volte a limitare il fenomeno dell'aumento dei costi di realizzazione delle infrastrutture di interesse strategico a causa delle opere compensative, mediante una riduzione del tetto costituente limite di spesa per dette opere dal 5% al 2% dell'intero costo dell'opera. Si prevede, inoltre, l'ammissibilità di sole opere compensative strettamente correlate alla funzionalità dell'opera principale.
- Appalti, White list
La norma istituisce poi presso ogni Prefettura un elenco delle imprese che non hanno legami con la criminalità organizzata al fine di consentire un più efficace controllo nel sistema dei subappalti, estendendo così alle imprese subappaltatrici i controlli antimafia espletati in via principale nei confronti dell'impresa aggiudicataria. L'elenco viene periodicamente aggiornato dal Prefetto con modalità che saranno definite con apposito regolamento. L'iscrizione nell'elenco costituisce requisito di ordine generale per l'affidamento dei subappalti. Si introduce poi in via sperimentale per il triennio 2011-2013 il tetto del 2% per la realizzazione delle opere compensative anche per gli appalti nei settori ordinari.

Assunzioni al Sud, sì al bonus (articolo 2). Arriva una misura ad hoc per rilanciare la fiscalità di vantaggio al Sud, purchè relativa a migliorare le condizioni di: lavoro, ricerca e imprese. L'articolo in esame prevede la concessione di un credito d'imposta per ogni nuovo lavoratore assunto stabilmente nel Mezzogiorno (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Molise, Sardegna e Sicilia). La finalitàdell'intervento è quella di incrementare il livello occupazionale del Mezzogiorno mediante l'erogazione di un incentivo fiscale concesso nella forma del credito d'imposta che, nella sostanza, tende a ridurre il costo del personale stimolando il mercato del lavoro. In particolare, sono beneficiari dell'agevolazione fiscale tutti i datori di lavoro, compresi quelli che operano nel settore agricolo, che nei dodici mesi successivi alla data di entrata in vigore del presente provvedimento incrementano il numero di lavoratori dipendenti assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato, rispetto alla media degli occupati nei dodici mesi precedenti. L'agevolazione riguarda anche le assunzioni di lavoratori effettuate nel settore agricolo. Il credito d'imposta è pari al 50% dei costi salariali sostenuti nei dodici mesi successivi all'assunzione se il lavoratore assunto è "svantaggiato" (si fa riferimento alla nozione contenuta nel Regolamento Ce 800/2008). Se il lavoratore invece è "molto svantaggiato" (cioè privo di lavoro da almeno ventiquattro mesi), l'incentivo è concesso nella misura del 50% dei costi sostenuti nei ventiquattro mesi successivi all'assunzione. Per quantificare il credito d'imposta spettante occorre verificare la differenza fra: a) il numero dei lavoratori con contratto a tempo indeterminato rilevato in ciascun mese e b) il numero dei lavoratori con contratto a tempo indeterminato mediamente occupati nei dodici mesi precedenti. Il beneficio spetta a condizione che i lavoratori siano privi di impiego da almeno sei mesi, o privi di un titolo di studio di scuola media superiore o professionale, o che abbiano superato i cinquanta anni di età, ovvero che vivano soli con una o più persone a carico, ovvero occupati in professioni o settori con elevato tasso di disparità uomo-donna o membri di una minoranza nazionale con caratteristiche definite dal suddetto regolamento europeo. Per le assunzioni di dipendenti con contratto a tempo parziale, il credito spetta in misura proporzionale alle ore prestate rispetto a quelle del contratto nazionale. Per i datori di lavoro neo-costituiti, ogni dipendente impiegato a tempo indeterminato costituisce incremento della base occupazionale. Il credito d'imposta, che deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo per cui è concesso, è utilizzabile esclusivamente in compensazione, secondo le ordinarie regole, entro tre anni dalla data di assunzione. Il diritto a fruire del credito decade: a) se il numero complessivo dei dipendenti, è inferiore o pari a quello rilevato mediamente nei dodici mesi precedenti all'arco temporale considerato; b) se i posti di lavoro creati non sono conservati per un periodo minimo di tre anni o di due anni nel caso delle piccole e medie imprese; e c) nei casi in cui vengano definitivamente accertate violazioni non formali, sia alla normativa fiscale che a quella contributiva in materia di lavoro dipendente per le quali sono state irrogate sanzioni di importo non inferiore a 5mila euro, oppure violazioni alla normativa sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori previste dalle vigenti disposizioni, oltre che nei casi in cui siano emanati provvedimenti definitivi della magistratura contro il datore di lavoro per condotta antisindacale. L'articolo in esame inoltre demanda a un successivo decreto interministeriale di natura non regolamentare l'individuazione dei limiti di finanziamento garantiti da ciascuna delle Regioni oltre all'attuazione delle relative disposizioni finalizzate a garantire il rispetto delle condizioni che consentono l'utilizzo dei fondi strutturali comunitari per il co-finanziamento del bonus in parola. Le risorse necessarie all'attuazione del presente articolo sono individuate, previo ok dell'Europa, nell'utilizzo congiunto delle risorse nazionali e comunitarie del Fondo sociale europeo e del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (anni 2011, 2012, 2013).

Autofatture (articolo 7, comma 2, lettera aa). La norma aggiorna il testo dell'articolo 6 del Dpr 9 dicembre 1996, n. 695 - concernente delle semplificazioni in materia di adempimenti IVA - al fine di adeguare gli importi originariamente previsti e i riferimenti ivi contenuti, laddove richiamano disposizioni ormai abrogate, e inserisce un nuovo comma volto ad estendere alle autofatture di importo inferiore a 300 euro - emesse dai cessionari o dai committenti ai sensi dell'art. 17 comma 2 del Dpr 26 ottobre 1972, n. 633 - la semplificazione contabile prevista per le fatture di modico valore. In particolare, per effetto della modifica, per le autofatture emesse nel corso del mese, di importo inferiore a 300 euro, è consentita l'annotazione - entro i termini di cui agli articoli 23, primo comma, e 25, primo comma, del Dpr 26 ottobre 1972, n. 633 - di un documento riepilogativo (in luogo dei singoli documenti), nel quale devono essere indicati i numeri delle fatture cui si riferisce, l'ammontare complessivo imponibile delle operazioni e l'ammontare dell'imposta, distinti secondo l'aliquota applicata.

Cambio di residenza (articolo 10, comma 6). La norma completa una disposizione contenuta nel decreto legge n. 185 del 2008, che prevede l'obbligo per l'ufficio di anagrafe di ciascun comune di comunicare all'Indice nazionale delle anagrafi il trasferimento di residenza e gli altri eventi anagrafici e di stato civile dei cittadini, introducendo, in caso di ritardo, la responsabilità disciplinare ed eventualmente anche erariale del responsabile del procedimento.

Cessione ramo d'azienda (articolo 8, comma 3, lettera c). Si interviene sul Dlgs n. 270 del 1999 al fine di superare le criticità connesse alla fattispecie, non infrequente, della cessione di un ramo d'azienda in perdita da parte di un'impresa che tenta di salvarsi sacrificando solo la parte più compromessa. Si tratta in particolare di quella specifica ipotesi nella quale, entro l'anno successivo a tale operazione di cessione, sia la società cedente che quella cessionaria sono divenute insolventi e quindi ammesse alla procedura di amministrazione straordinaria. In tale ipotesi, la sottoposizione alla procedura concorsuale di entrambe porta con sè anche la cristallizzazione degli effetti della cessione, la cui rimozione resterebbe affidata esclusivamente a una eventuale pronuncia giudiziale di nullità, in contrasto con gli interessi pubblicistici alla conservazione dell'impresa propri della amministrazione straordinaria. Tale circostanza, da un lato, impedisce ai creditori post cessione (in primis i lavoratori) del ramo d'azienda ceduto di far valere le proprie ragioni di credito anche nei confronti della società cedente, dall'altro, compromette una eventuale ricollocazione dei rispettivi complessi aziendali attraverso lo sfruttamento di possibili sinergie tra i medesimi, in vista della migliore ricollocazione sul mercato anche in termini di salvaguardia dell'occupazione. La ratio dell'intervento è pertanto quella di assicurare, pur nel rispetto delle regole concorsuali e del principio di autonomia patrimoniale delle società, maggiore tutela sia agli interessi dei creditori che alla conservazione delle attività facenti capo ad entrambe le procedure. Si introduce quindi il principio della responsabilità solidale della cedente rispetto ai debiti maturati dalla cessionaria, a far data dalla cessione e fino alla dichiarazione di insolvenza, in un periodo di tempo comunque predeterminato (massimo un anno). Inoltre, si attribuisce al ministro dello Sviluppo economico, nell'ambito del più generale potere di vigilanza che già gli compete, un potere di indirizzo teso ad assicurare il necessario coordinamento tra le procedure per la salvaguardia dell'unità operativa dei rispettivi complessi aziendali.

Contabilità ordinaria (articolo 7, comma 2, lettera m). Al fine di ridurre i costi amministrativi con particolare riferimento alle piccole e medie imprese, sono elevati i limiti di ricavi per l'adozione della contabilità ordinaria, da 600 milioni di lire a 400mila euro, e da un miliardo di lire a 700mila euro. Tale previsione consente pure di tener conto delle contingenti difficoltà economiche delle stesse e consente di supportare le stesse nella evoluzione tecnologica connessa alla adozione della fatturazione elettronica.

Contratti di ricerca (articolo 9, commi 1 e 2). Vengono introdotte nuove forme di contratti di programma per la ricerca con soggetti pubblici o privati, anche in forma associata, denominati "contratti di ricerca strategica", al fine di realizzare iniziative oggetto di programmazione negoziata volte a valorizzare prevalentemente le aree sottoutilizzate e del Mezzogiorno.

Contributi previdenziali (articolo 7, comma 2, lettera t). Al fine di semplificare le procedure di riscossione dei contributi previdenziali risultanti da liquidazione, controllo e accertamento delle dichiarazioni dei redditi, si abroga l'articolo 32-bis del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 introdotto dalla legge di conversione 28 gennaio 2009, n. 2, il quale prevede che: a) l'iscrizione a ruolo delle somme determinate ai sensi delle disposizioni di cui al decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462, che risultano dovute a titolo di contributi e premi, e di interessi e di sanzioni per ritardato o omesso versamento, è effettuata direttamente dall'agenzia delle Entrate, fatte salve le vigenti disposizioni in materia di contenzioso e fermo restando lo status di enti creditori per gli Enti previdenziali interessati che mantengono la titolarità dei poteri di sospensione e sgravio della riscossione; b) la società di riscossione di cui all'articolo 3 del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 provvede a riversare le somme riscosse a ciascuna delle articolazioni interne degli enti previdenziali creditori ai sensi dell'articolo 22 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112; e c) le suddette disposizioni si applicano con riferimento ai contributi e premi dovuti in base alle dichiarazioni relative al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2006 e successivi. La presente disposizione precisa quindi la competenza dell'Inps all'iscrizione a ruolo dei contributi e dei premi previdenziali e assistenziali di cui al decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462, in base alle disposizioni di cui all'articolo 30 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, relative al recupero, tramite avviso di addebito con valore di titolo esecutivo emesso dagli uffici dell'Inps, delle somme a qualunque titolo dovute all'istituto, che si applicano anche ai contributi e premi previdenziali ed assistenziali risultanti da liquidazione, controllo e accertamento effettuati dall'agenzia delle Entrate in base alle dichiarazioni dei redditi. Viene in tal modo assicurata l'unitarietà nella gestione della riscossione coattiva dei premi e contributi previdenziali e la semplificazione delle procedure operative. Viene poi introdotta una norma transitoria necessaria per specificare che la competenza delle Entrate permane relativamente all'iscrizione a ruolo dei contributi e dei premi previdenziali ed assistenziali di cui al decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462 che risultano dovuti per gli anni d'imposta 2007 e 2008 in base agli esiti dei controlli automatici e formali di cui agli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462 e per gli anni d'imposta 2006 e successivi in base agli accertamenti notificati entro il 31 dicembre 2009.

Controlli mirati e coordinati (articolo 7, comma 2, lettere a e b). Si prevede, in primo luogo, che a livello statale siano disciplinati con decreto interministeriale (Economia e Lavoro) le modalità e i termini idonei a garantire una concreta programmazione dei controlli in materia fiscale e contributiva, e il più efficace coordinamento dei conseguenti accessi presso i locali delle imprese da parte delle Agenzie fiscali, della Guardia di Finanza, dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, dell'Inps e del Ministero del Welfare. In considerazione di tale programmazione, si prevede che venga dato massimo impulso allo scambio telematico di dati e informazioni fra le citate amministrazioni. Si prevede poi l'obbligo di informare preventivamente le altre amministrazioni dell'inizio di ispezioni e verifiche, fornendo al termine delle stesse gli eventuali elementi acquisiti utili ai fini delle attività di controllo di rispettiva competenza. Infine, si dispone che gli appartenenti al Corpo della Guardia di Finanza eseguano gli accessi in borghese. Per quanto riguarda i controlli "a livello sub-statale", si prevede che gli accessi presso i locali delle imprese disposti dalle amministrazioni locali, forze di polizia locali e aziende e agenzie regionali e locali, devono essere oggetto di programmazione periodica. Il coordinamento degli accessi è affidato, ove istituito, allo Sportello unico per le attività produttive o alle Camere di commercio competenti per territorio. Per tutti gli accessi disposti dalle pubbliche amministrazioni, si dispone il rispetto dei principi della contestualità e della non ripetizione per periodi di tempo inferiori al semestre. Si prevede infine che gli atti e i provvedimenti, anche sanzionatori, adottati costituiscano illecito disciplinare. Sono esclusi dall'osservanza di tali regole i controlli e gli accessi in materia di repressione dei reati e di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, quelli funzionali alla tutela dell'igiene pubblica, della pubblica incolumità, dell'ordine e della sicurezza pubblica, nonché i controlli decisi con provvedimento adeguatamente motivato per ragioni di necessità e urgenza.

Copertuta finanziaria (articolo 11). Si individuano le risorse necessarie a coprire le spese derivanti da alcune misure contenute nel presente decreto legge.

Crediti comunitari, cessione (articolo 8, commi 11 e 12). Si consente la cessione dei crediti comunitari erogati nell'ambito della Politica agricola comune (contributi Pac), al fine di garantire maggiore liquidità agli agricoltori e dare sostegno alle attività del settore. Le modalità saranno definite con apposito decreto ministeriale.

Credito, standard europei (articolo 8, comma 7). La norma punta ad allineare l'esercizio del credito allo standard europeo. Si parte con l'adeguare l'esecuzione dei servizi di pagamento ai tempi di gestione delle operazioni, prevedendo un tempo di esecuzione maggiore di una giornata lavorativa per le operazione disposte su supporto cartaceo, in ragione della maggiore onerosità in termini di tempo della gestione del supporto cartaceo. A oggi tale possibilità è prevista fino al 1° gennaio 2012. Si modifica poi la cosiddetta legge sull'assegno, introducendo previsioni dirette ad attribuire valore giuridico alla presentazione al pagamento in forma elettronica degli assegni bancari e circolari (la legge sull'assegno prevede oggi esclusivamente la forma cartacea). Le nuove disposizioni riguardano anche la validità degli atti di constatazione del mancato pagamento (protesto e constatazione equivalente) effettuati sugli assegni presentati elettronicamente, introducendo anche per tali atti la possibilità che siano eseguiti in forma elettronica.

Deduzione fiscale (articolo 7, comma 2, lettera s). Si prevede che per singole spese di importo non superiore a mille euro - relative a corrispettivi periodici per servizi resi, a cavallo di due esercizi economici, in base a contratti di fornitura di servizi o di somministrazione di beni (gas, luce, etc.) - la deduzione fiscale del costo avviene nel periodo d'imposta in cui è ricevuto il documento probatorio (fattura). La disposizione, applicabile ai soli soggetti in contabilità semplificata, deroga al generale principio di competenza economica in favore del principio della registrazione ai fini Iva.

Detrazioni d'imposta (articolo 7, comma 2, lettere e ed f). Arriva una semplificazione degli adempimenti dei contribuenti e dei sostituti d'imposta eliminando l'obbligo per i dipendenti e pensionati di comunicare annualmente i dati per beneficiare delle detrazioni d'imposta per familiari a carico. Con la modifica apportata si prevede che la comunicazione abbia effetto anche per i periodi d'imposta successivi, salvo l'obbligo di comunicare tempestivamente eventuali variazioni. Inoltre viene eliminata la previsione dell'obbligo di richiedere la detrazione per redditi da lavoro dipendente o da pensione che è riconosciuta direttamente dal sostituto d'imposta sulla base dei dati in possesso. Contestualmente all'eliminazione dell'obbligo di comunicazione annuale delle variazioni connesse alla spettanza delle detrazioni per familiari a carico, si prevede espressamente l'applicabilità della sanzione di cui all'articolo 11 del decreto legislativo n. 471 del 1997, da 258 a 2.065 euro. Le Entrate procederà ai relativi controlli.

Detrazioni spese di ristrutturazione edilizia (articolo 7, comma 2, lettere q e r). Si semplificano le procedure a favore dei soggetti che, ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, intendono avvalersi della detrazione d'imposta ai fini Irpef del 36% delle spese sostenute per la esecuzione degli interventi di ristrutturazione edilizia. La norma introduce una importante semplificazione ai fini della fruizione del beneficio fiscale in argomento, in quanto la normativa preesistente imponeva ai contribuenti di trasmettere, prima dell'inizio dei lavori, all'Ufficio delle entrate, mediante raccomandata, comunicazione della data di inizio dei lavori redatta su apposito modello, unitamente ad altri documenti quali: copia della concessione, autorizzazione o della comunicazione di inizio dei lavori, se previste dalla vigente legislazione in materia edilizia; dati catastali identificativi dell'immobile o, in mancanza, copia della domanda di accatastamento; copia delle ricevute di pagamento dell'imposta comunale sugli immobili relativa agli anni a decorrere dal 1997, se dovuta; nel caso di interventi effettuati su parti comuni dell'edificio residenziale di cui all'articolo 1117 del codice civile, copia della delibera assembleare e della tabella millesimale di ripartizione delle spese. Ai fini della fruizione del beneficio, con il presente decreto-legge si prevede che sarà sufficiente indicare nella dichiarazione dei redditi i dati catastali identificativi dell'immobile, e, se i lavori sono effettuati dal detentore, gli estremi di registrazione dell'atto che ne costituisce titolo e gli altri dati richiesti ai fini del controllo della detrazione. Il contribuente sarà tenuto a conservare ed esibire a richiesta degli uffici i documenti che saranno indicati in apposito provvedimento del Direttore dell'agenzia delle Entrate. Sempre a fini di semplificazione, si provvede ad abrogare la disposizione che impone di evidenziare in fattura il costo della manodopera ai fini della spettanza della detrazione Irpef ristrutturazioni edilizie.

Dichiarazione sostitutiva atto notorietà (articolo 7, comma 2, lettera z). Viene adeguato ai valori di mercato correnti l'ammontare del costo dei beni per i quali - in luogo del verbale redatto da pubblici funzionari, da ufficiali della Guardia di finanza o da notai che hanno presenziato alla loro distruzione o trasformazione - è ammessa la presentazione della dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà, al fine di vincere la presunzione di cessione di beni di cui all'articolo 1 del Dpr 10 novembre 1997, n. 441.

Diritto di superficie sugli arenili (articolo 3, commi da 1 a 3). Con l'obiettivo di incrementare l'efficienza del sistema turistico italiano, viene introdotto un diritto di superficie di 20 anni, fermo restando "in assoluto" il diritto libero e gratuito di accesso e fruizione della battigia, anche ai fini della balneazione. Il diritto di superficie si costituisce sulle aree inedificate formate da arenili, con esclusione in ogni caso delle spiagge e delle scogliere. Viene poi precisato che sulle aree già occupate da edificazioni esistenti, aventi qualunque destinazione d'uso in atto alla data di entrata in vigore dell'articolo in esame, sebbene realizzate su spiaggia, arenile o scogliera - salvo che le relative aree non risultino già di proprietà privata - le edificazioni possono essere mantenute esclusivamente in regime di diritto di superficie. Si precisa anche che la delimitazione dei soli arenili, per le aree inedificate, e la delimitazione delle aree già occupate da edificazioni esistenti, realizzate su terreni non già di proprietà privata, è effettuata, su iniziativa dei Comuni, dalle Regioni, d'intesa con l'agenzia del Demanio. Inoltre, il provvedimento costitutivo del diritto di superficie è rilasciato, nel rispetto dei principi comunitari di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza e proporzionalità, dalla Regione d' intesa con il comune e le agenzie del Demanio e del Territorio, ed è trasmesso in copia all'agenzia delle Entrate per la riscossione del corrispettivo. La norma prevede poi che il diritto di superficie si costituisca, e successivamente si mantienga: a) previo pagamento di un corrispettivo annuo determinato dal Demanio sulla base dei valori di mercato; b) previo accatastamento delle edificazioni (articolo 19, decreto-legge n. 78 del 2010) e, per le edificazioni già esistenti alla data di entrata in vigore del presente articolo, se le stesse risultano dotate di un titolo abilitativo valido a tutti gli effetti; c) se acquisito da una impresa, a condizione che l'impresa aderisca a nuovi, congrui studi di settore appositamente elaborati dall'agenzia delle Entrate e che l'impresa risulti in più regolarmente adempiente agli obblighi contributivi; e d) sulle aree inedificate l'attività edilizia è consentita solo in regime di diritto di superficie e comunque nel rispetto della normativa vigente. Sulle aree in diritto di superficie già occupate da edificazioni esistenti le attività di manutenzione, ristrutturazione, trasformazione o di ricostruzione delle predette edificazioni sono consentite comunque nel rispetto della normativa vigente. Viene inoltre stabilito che le edificazioni esistenti ovvero realizzate successivamente alla data di entrata in vigore del presente articolo, che risultano in violazione delle presenti disposizioni, sono senz'altro acquisite di diritto alla proprietà del Demanio e abbattute in danno di colui che le ha realizzate. Le violazioni alla normativa vigente, incluse quelle di rilevanza penale, commesse su aree costituite da spiagge, arenili e scogliere continuano a essere perseguite ai sensi della legislazione vigente. Nulla è innovato in materia di demanio marittimo. Ne consegue che le concessioni demaniali vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge (vale a dire, 14 maggio 2011) proseguono sino alla loro scadenza e solo quando questa sarà intervenuta si procederà all'attribuzione dei diritti di superficie sui beni edificati per effetto delle concessioni vigenti. Le risorse costituite dai corrispettivi dei diritti di superficie riscosse dalle Entrate sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate a un Fondo costituito presso il Tesoro per essere annualmente ripartite in quattro quote, in favore: della Regione interessata, dei comuni interessati, dei distretti turistico-alberghieri, dell'Erario, con particolare riferimento agli eventuali maggiori oneri per spese di competenza del ministero dell'Interno. La misura delle quote è stabilita annualmente con decreto di via XX Settembre. Viene poi ribadito, a salvaguardia di valori costituzionalmente garantiti, quanto alle esigenze del pubblico uso, che l'attuazione di tali disposizioni debba - in ogni caso - assicurare, specie nei casi di attribuzione di diritti di superficie a imprese turistico-balneari, il rispetto dell'obbligo di consentire il libero e gratuito accesso e transito per il raggiungimento della battigia, anche a fini di balneazione.

Disciplina di pagamaento (articolo 8, comma 5, lettera f). Si allinea la disciplina in tema di modifica unilaterale delle condizioni (articolo 118 Tub) con quella, dettata per i sistemi di pagamento (contenuta nell'articolo 126-sexies), prevedendo che le parti possano accordarsi nel senso che le previsioni contenute nell'articolo 118 non si applichino, interamente o parzialmente, se il cliente non è un consumatore o una micro impresa. L'eventuale deroga alle disposizioni dell'articolo 118 può, ovviamente, includere anche la necessaria sussistenza di un giustificato motivo per l'esercizio dello ius variandi, come previsto al comma 1 dell'articolo 118. Si rende da ultimo necessario introdurre una norma di diritto transitorio, che regoli le modalità con cui gli intermediari dovranno effettuare gli interventi sui contratti in essere all'indomani dell'entrata in vigore delle nuove disposizioni.

Distretti turistico-alberghieri (articolo 3, commi da 4 a 6). Che possono essere istituiti (a costo zero per l'Erario) nei territori costieri con gli obiettivi di riqualificare e rilanciare l'offerta turistica a livello nazionale e internazionale, di accrescere lo sviluppo delle aree e dei settori del distretto, di migliorare l'efficienza nell'organizzazione e nella produzione dei servizi, di assicurare garanzie e certezze giuridiche alle imprese che vi operano con particolare riferimento alle opportunità di investimento, di accesso al credito, di semplificazione e celerità nei rapporti con le pubbliche amministrazioni. I distretti sono istituiti con Dpcm, su richiesta delle imprese del settore che operano nei medesimi territori, previa intesa con le Regioni interessate. Viene precisato che la delimitazione dei distretti è effettuata dall'agenzia del Demanio, previa conferenza di servizi, che è obbligatoriamente indetta se richiesta da imprese del settore turistico che operano nei medesimi territori. Alla conferenza di servizi devono sempre partecipare i Comuni interessati. La norma prevede poi che alle imprese dei distretti costituite in rete si applichino, previo ok del Tesoro e dello Sviluppo economico, disposizioni agevolative in materia amministrativa, finanziaria, per la ricerca e lo sviluppo. I distretti costituiscono "Zone a burocrazia zero" e, per le iniziative produttive avviate dopo il 31 maggio 2010, i provvedimenti conclusivi dei procedimenti autorizzativi amministrativi sono emanati da un commissario di governo. Questi provvedimenti fruiscono del principio del "silenzio-assenso". E cioè, dopo 30 giorni di silenzio dalla richiesta, si intende accolta. Nei distretti poi sono attivati gli sportelli unici di coordinamento delle attività delle agenzie fiscali e dell'Inps. Presso tali sportelli le imprese del distretto intrattengono rapporti per la risoluzione di qualunque questione di competenza propria di tali enti, possono presentare richieste e istanze, oltre che a ricevere i provvedimenti conclusivi dei relativi procedimenti, rivolte a una qualsiasi altra amministrazione statale. Per le attività di ispezione e controllo di competenza di Fisco e Inps gli sportelli unici assicurano controlli unitari, una pianificazione e l'esercizio di tali attività in modo tale da influire il meno possibile sull'ordinaria attività propria delle imprese dei distretti.

Eccedenza d'imposta (articolo 7, comma 2, lettera i). Viene introdotta una semplificazione degli adempimenti dei contribuenti che consente di modificare mediante una dichiarazione integrativa la precedente scelta circa l'utilizzo dell'eccedenza d'imposta. In particolare, si consente di utilizzare in compensazione l'eccedenza che, nella precedente dichiarazione era stata richiesta come rimborso e modificare tale scelta per utilizzare in compensazione la medesima eccedenza. La dichiarazione integrativa può essere presentata entro 120 giorni dalla scadenza del termine ordinario di presentazione che si intende modificare e comunque se il rimborso stesso non sia stato già erogato anche in parte.

Edilizia privata (articolo 5). In arrivo un pacchetto di liberalizzazioni e semplificazioni in materia di edilizia privata, che spaziano dall'introduzione del "silenzio assenso" per il rilascio del permesso di costruire (a eccezione dei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici e culturali), all'estensione della Scia, Segnalazione certificata di inizio attività, agli interventi edilizi precedentemente compiuti in regime di Dia, Denuncia di inizio attività, alla tipizzazione di un nuovo schema contrattuale diffuso nella prassi, la cosiddetta "cessione di cubatura". In particolare, il comma 2, lettera a), n. 3 del presente articolo modifica gli articoli 20 e 21 del Testo unico edilizia di cui al Dpr n. 380 del 2001 introducendo il silenzio assenso nel procedimento per il rilascio del permesso di costruire, in luogo del silenzio-rifiuto attualmente previsto, a eccezione dei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici e culturali. La domanda deve essere corredata da una dichiarazione asseverata del progettista abilitato che attesti la conformità agli strumenti urbanistici, ai regolamenti edilizi e alla disciplina di settore vigente. Per consentire l'operatività del silenzio assenso, fermo restando il termine attualmente previsto per l'istruttoria, viene aumentato da 15 a 30 giorni (40 in caso di comunicazione del preavviso di rigetto) il termine per l'adozione del provvedimento finale. Si dispone inoltre che sono fatte salve le disposizioni contenute nelle leggi regionali che prevedano misure di ulteriore semplificazione e ulteriori riduzioni di termini procedimentali, fermo restando quanto previsto dalla vigente normativa in relazione agli adempimenti di competenza delle amministrazioni statali coinvolte. Inoltre, in analogia a quanto previsto dall'articolo 19 della legge n. 241 del 1990 in materia di segnalazione certificata di inizio attività, si introducono pecifiche sanzioni nel caso di falsità nelle dichiarazioni o attestazioni o asseverazioni che corredano la domanda di rilascio del permesso di costruire. Alle Regioni è demandata la determinazione di forme e modalità per l'eventuale esercizio del potere sostitutivo nei confronti dell'ufficio dell'amministrazione comunale competente per il rilascio del permesso di costruire. Il comma 2, lettera a), n. 5 dell'articolo in esame modifica l'articolo 34 del predetto Testo unico prevedendo che nella definizione di parziale difformità del titolo abilitativo siano comprese le violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che non eccedano per singola unità immobiliare il 2% delle misure progettuali. Il comma 2, lettere b) e c) specifica meglio l'ambito di applicazione della Scia introducendo un comma aggiuntivo all'articolo 19 della legge 241 del 1990 al fine di chiarire i dubbi interpretativi emersi in sede di prima applicazione dell'istituto. La disposizione precisa che la Scia si estende anche alla materia edilizia, con esclusione dei casi di Superdia, compresi gli interventi edilizi in zona sottoposta a vincolo, fermo restando, in tal caso, il rilascio dell'atto di assenso dall'amministrazione preposta alla tutela del vincolo stesso, in linea con quanto già osservato nella nota esplicativa del Ministero per la semplificazione normativa. Viene ridotto, inoltre, da 60 a 30 giorni il termine per l'esercizio del potere inibitorio da parte del comune. Viene modificato infine l'articolo 14-quater della legge n. 241 del 1990, al fine di chiarire meglio il termine entro cui deve concludersi la procedura di superamento del dissenso qualificato espresso in sede di conferenza di servizi. Rimangono inalterate le competenze regionali in materia di Dia alternativa al permesso di costruire. Il comma 3 permette la trascrizione nei registri immobiliari dei contratti di trasferimento dei diritti edificatori (cosiddetta cessione di cubatura) al fine di conferire certezza ad una diffuso modello contrattuale ed evitare contenziosi. Il comma 4 prevede che la registrazione dei contratti aventi a oggetto beni immobili assorbe l'obbligo di comunicazione all'autorità locale di pubblica sicurezza, eliminando quindi un adempimento a carico del privato. Il comma 5 semplifica la documentazione necessaria per l'esercizio dell'attività edilizia o del rilascio del permesso di costruire, prevedendo che nei comuni che hanno proceduto al coordinamento degli strumenti urbanistici, per gli edifici adibiti a civile abitazione, la relazione acustica può essere sostituita una autocertificazione del tecnico abilitato che attesti il rispetto dei requisiti di protezione acustica in relazione alla zonizzazione acustica di riferimento. I commi 6 e 7 semplificano l'accesso di cittadini e imprese agli elaborati tecnici allegati alle delibere di adozione o approvazione degli strumenti urbanistici introducendo l'obbligo di pubblicazione di tali documenti nei siti internet dei comuni. Il comma 8 semplifica le procedure di attuazione dei piani urbanistici anche al fine di evitare duplicazioni, prevedendo che non è necessaria una ulteriore sottoposizione a Valutazione ambientale strategica (Vas) qualora non vi siano varianti rispetto al piano urbanistico che vi sia già stato sottoposto. I commi da 9 a 15 hanno lo scopo di attivare una politica di riqualificazione urbana al fine di agevolare gli interventi di sostituzione edilizia di immobili dimessi e razionalizzare il patrimonio edilizio esistente, demandando alle regioni il compito di incentivare le demolizioni e successive ricostruzioni con proprie leggi. Il comma 10 precisa che gli interventi di riqualificazione non possono riferirsi a edifici abusivi o siti nei centri storici o in aree ad inedificabilità assoluta ad eccezione degli edifici per i quali sia stato rilasciato il titolo in sanatoria. Il comma 13 introduce alcune semplificazioni fino all'entrata in vigore delle leggi regionali, e cioè: a) il rilascio del permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici generali anche con riferimento alle previsioni relative alle destinazioni d'uso, purchè siano compatibili o complementari; b) la sottrazione alle competenze del consiglio comunale dell'approvazione dei piani attuativi compatibili con gli strumenti urbanistici generali (volti appunto ad attuare gli indirizzi stabiliti da un piano urbanistico generale, deliberato da un organo collegiale quale il Consiglio comunale) che competono più appropriatamente alla Giunta comunale, che svolge funzioni di tipo esecutivo-attuativo. Il comma 14 contiene una clausola di cedevolezza prevedendo che, scaduto il termine per l'adozione delle leggi regionali, sono immediatamente applicabili alle Regioni a Statuto ordinario le norme statali legittimanti gli interventi edilizi di riqualificazione. In tal caso la volumetria aggiuntiva è realizzata in misura non superiore al 20% del volume dell'edificio se destinato a uso residenziale o al 10% della superficie coperta per gli edifici adibiti a uso diverso. Resta fermo il rispetto di tutte le normative di settore aventi incidenza sull'esercizio dell'attività edilizia. Analogamente a quanto previsto al comma 10, gli interventi non possono riferirsi ad edifici abusivi o siti nei centri storici o in aree ad inedificabilità assoluta a eccezione degli edifici per i quali sia stato rilasciato il titolo in sanatoria. Il comma 15 proroga dal 1° maggio al 1° luglio 2011 l'entrata in vigore della disposizione di cui all'articolo 2, comma 12 del decreto legislativo n. 23 del 2011 in materia di federalismo fiscale municipale, che prevede l'aumento degli importi minimo e massimo delle sanzioni amministrative per mancato accatastamento, nonché la devoluzione del 75% del predetto importo al comune ove è ubicato l'immobile interessato.

Entrata in vigore (articolo 12). Il presente decreto legge è entrato in vigore il 14 maggio 2011.

Fondazione per il merito (articolo 9, commi da 3 a 16). Che viene istituita, d'intesa tra Istruzione e Tesoro, con l'obiettivo di coordinare gli apporti pubblici e privati previsti dall'art. 4 della legge 240 del 2010. La Fondazione per il merito dovrà elaborare una graduatoria di studenti meritevoli, mediante un test nazionale, che potranno sia accedere a prestiti (buoni di studio) a tassi vantaggiosi erogati dalla Fondazione, che a finanziamenti accordati dal sistema bancario e garantiti dalla medesima Fondazione. In tale sistema, previa creazione di una linea di funding con soggetti terzi, la Fondazione impiegherà le risorse proprie principalmente per concedere garanzie ed effettuare accantonamenti (secondo coefficienti da stabilirsi) relativi ai prestiti erogati. Si rinvia allo statuto per la definizione di modalità che possano favorire la partecipazione e il connesso apporto finanziario di privati ed altri soggetti pubblici. La Fondazione inoltre dovrà coordinare, attraverso un proprio regolamento, la somministrazione delle prove nazionali, finalizzate alla redazione di una graduatoria nazionale necessaria per l'individuazione degli studenti ammissibili ai benefici erogati dal Fondo per il merito. Nel capitale della Fondazione è previsto l'apporto dei privati e di altri enti pubblici e la Fondazione potrà inoltre accedere alle risorse del Pon "Ricerca e Competitività Fesr 2007/2013" e di altri programmi cofinanziati dai Fondi strutturali europei. Da segnalare pure come si consenta alla Fondazione l'erogazione di finanziamenti e la concessione di garanzie, in deroga al titolo V del Testo unico bancario che richiede la forma della società di capitali per l'iscrizione all'albo degli intermediari finanziari. La norma prevede infine alcune disposizioni volte a rendere più agevole l'adempimento dell'obbligo di pagamento delle rate di restituzione della quota dei buoni di studio a carico dello studente, novellando il testo dell'articolo 4 della legge 30 dicembre 2010, n. 240. In particolare si prevede la facoltà di ricorrere alla procedura di riscossione coattiva mediante ruolo e, quindi, di disporre di un efficace strumento di soddisfazione delle ragioni di credito della Fondazione. Si dispone poi l'utilizzo della cessione del quinto dello stipendio per la restituzione delle rate, escludendo, al fine di ridurre i costi gestionali a carico del Fondo, l'obbligo di assicurazione previsto ai sensi dell'art. 54 del Dpr 180/1950. Si estende poi la durata delle cessioni del quinto a vantaggio della Fondazione oltre il decennio al fine di assicurare la massima sostenibilità degli obblighi di restituzione anche per beneficiari con redditi di non elevato ammontare.

Fondo di garanzia per le Pmi (articolo 8, comma 5, lettere a e b). Arrivano norme ad hoc per assicurare la continuità e l'autonomia del Fondo di garanzia, in linea sia con quanto già stabilito dall'articolo 11, commi 1 e 4, del decreto-legge n.185/2008, convertito dalla legge n. 2 del 2009, che ha previsto il rifinanziamento del fondo di garanzia e la garanzia di ultima istanza sugli interventi del fondo stesso a favore delle Pmi e delle imprese artigiane, sia con quanto previsto dall'articolo 8, comma 2, del decreto-legge n.5/2009 convertito nella legge n.33/2009, che reca ulteriori risorse destinate al Fondo. Nello specifico la norma mira a eliminare la disposizione contenuta al comma 847 dell'articolo 1 della legge 296 del 2006 che, nel prevedere l'istituzione del Fondo per la finanza d'impresa, stabilisce la soppressione del Fondo di garanzia per le Pmi, pur mantenendone l'operatività fino all'emanazione delle norme attuative del citato Fondo per la finanza d'impresa. Pertanto, in coerenza con gli importanti interventi di rafforzamento del Fondo di garanzia già introdotti di recente per fronteggiare la grave crisi economica, si rende necessario eliminare la disposizione che ne prevede la soppressione, al fine di escludere ogni eventuale problematica a livello interpretativo-attuativo. Tale modifica consentirebbe, per altro verso, di avviare l'operatività del Fondo finanza di impresa, che finora anche per i predetti motivi non ha trovato attuazione. Si prevede poi la possibilità di procedere a opportune razionalizzazioni della disciplina regolamentare del Fondo, improntate tra l'altro a salvaguardare gli effetti sulla finanza pubblica che possono derivare sia da una riduzione delle risorse del Fondo connessa alle garanzie concesse, che dall'eventuale intervento della garanzia dello Stato di ultima istanza e a individuare ed eventualmente stanziare le risorse che si rendessero necessarie per assicurare l'intervento del Fondo a seguito del significativo incremento dell'operatività connesso alla grave crisi economica in corso e al recente, importante ampliamento della platea dei beneficiari del Fondo (imprese artigiane, autotrasportatori, imprese subfornitrici di società in amministrazione straordinaria). Per raggiungere questi obiettivi si prevede la possibilità di emanazione di decreti di iniziativa dell'amministrazione cui compete istituzionalmente la materia della garanzia dello Stato, la governance sui mercati finanziari e le attività creditizie, il monitoraggio della finanza pubblica, con il necessario concerto dell'Amministrazione titolare della politica di sostegno alle imprese. In tale contesto di aggiornamento del Fondo, è inoltre prevista la possibilità di introdurre - a titolo oneroso - forme di intervento innovative per il sostegno al capitale di rischio. Tra le operazioni ammissibili alla garanzia del Fondo, l'articolo 15, comma 2, della Legge 266/1997, già prevede le "partecipazioni temporanee e di minoranza al capitale delle piccole e medie imprese". Al fine poi di stimolare l'immissione di nuove risorse nel patrimonio delle società da destinare allo svolgimento dell'attività dell'impresa, si punta a prevedere un adeguato meccanismo di incentivi per chi apporta nuovo capitale, anche attraverso l'ampliamento dei soggetti apportatori. In particolare, la norma prevede un'estensione della garanzia a operatori che si sono sviluppati prevalentemente in una fase successiva all'emanazione della normativa vigente ma che stanno assumendo un ruolo rilevante nel compiere operazioni di ricapitalizzazione, quali i fondi di private equity. La disposizione non comporta nuove o maggiori spese.

Fondo rotativo per il sostegno a imprese e ricerca (articolo 8, comma 5, lettera c).La norma consente una utilizzazione più semplice e flessibile delle risorse già impegnate, ma non impiegate, del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca (Fri), modificando, in parte, il meccanismo che sottende all'allocazione e all'utilizzo delle risorse pur salvaguardando l'invarianza finanziaria sul bilancio dello Stato. In particolare, si prevede che fino al 50% delle risorse rimaste inutilizzate a valere sulle allocazioni inizialmente disposte dal Cipe, incluse le risorse derivanti da rientri di capitale dei finanziamenti già erogati, da revoche o da rimodulazione o rideterminazione delle agevolazioni concedibili sono destinate al finanziamento agevolato delle imprese attraverso l'intermediazione di enti creditizi, con priorità per quelle di dimensioni piccole e medie e anche mediante meccanismi di condivisione del rischio creditizio. Tale previsione non comporta oneri aggiuntivi per la finanza pubblica, in quanto interamente realizzabile nell'ambito delle dotazioni finanziarie di cui il Fri già dispone. Per completezza si precisa che il Fondo Rotativo per il sostegno alle Imprese e gli investimenti in ricerca (FRI), istituito dalla Legge 311/2004 presso la gestione separata della Cassa depositi e prestiti Spa, è finalizzato alla concessione alle imprese di finanziamenti agevolati che assumono la forma dell'anticipazione, rimborsabile con un piano di rientro pluriennale. Il Fri, assistito da una garanzia sussidiaria di ultima istanza del Tesoro e da una dotazione pluriennale sul bilancio statale di 150 milioni di euro per coprire il differenziale interesse agevolato, ha una dotazione attuale di 6 miliardi di euro alimentata con le risorse del risparmio postale. Successive variazioni della dotazione possono essere disposte dalla Cassa depositi e prestiti spa, in relazione alle dinamiche di erogazione e di rimborso delle somme concesse. Il funzionamento del Fri è stato finora strettamente legato a quello delle singole leggi agevolative erogatrici di sovvenzioni a fondo perduto gestite dai ministeri titolari di vari regimi di aiuto (tra cui Sviluppo economico e Istruzione), sostituendo una parte della sovvenzione con un prestito a tasso agevolato. La riduzione nel tempo dei contributi a fondo perduto ha contribuito a uno scarso utilizzo del Fri. Le risorse disponibili risultano pertanto a oggi largamente inutilizzate.

Impresa e credito (articolo 8). Norme destinate a favorire la crescita e la stabilità delle piccole e medie imprese per fronteggiare l'attuale fase di crisi economica.

Nautica da diporto (articolo 3, commi 7 e 8). La norma estende la disciplina prevista dal codice della nautica da diporto (Dlgs 171 del 2005) anche alle navi usate per attività di noleggio per scopi ricreativi. Inoltre, si modifica la legge n. 84 del 1994, sul riordino della legislazione in materia portuale, prevedendo che in sede di adozione del Piano regolatore portuale, fermo restando il rispetto degli strumenti urbanistici vigenti, venga valutata prioritariamente l'utilizzazione come approdi turistici di strutture o ambiti che risultino idonei a tale scopo. Si estendono poi alle concessioni marittime per il diporto nautico i principi adottati dalla Conferenza Stato-Regioni ai sensi del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194 (cosiddetto Milleproroghe) per le concessioni balneari. In tal modo, si andranno a definire norme quadro, con l'indicazione di requisiti minimi comuni o quanto meno di coordinamento fra le Regioni, alle quali sono state trasferite le competenze in materia di demanio. Chiaro l'obiettivo: incentivare la realizzazione di piccoli porti polifunzionali (funzione commerciale, turistica, di servizio passeggeri, peschereccia), destinati a servire la nautica da diporto e il diportista nautico, anche mediante l'apprestamento di servizi complementari.

No a duplicazioni di informazioni (articolo 7, comma 2, lettere g e h). Si prevede che i decreti ministeriali, i provvedimenti e gli atti equivalenti adottati dal Tesoro, dalle agenzie fiscali e dagli enti previdenziali, assistenziali e assicurativi non possano richiedere informazioni già disponibili ai propri sistemi informativi, evitando pertanto qualsiasi duplicazione informativa, con indubbi vantaggi per gli utenti. La norma prevede inoltre la possibilità da parte delle agenzie fiscali, degli enti di previdenza e assistenza obbligatoria e del ministero del Welfare (nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente) di stipulare apposite convenzioni con le Amministrazioni pubbliche, con gli enti pubblici economici e con le autorità amministrative indipendenti per acquisire dati e informazioni utili al fine di ridurre gli adempimenti dei cittadini e delle imprese, e garantire una più efficace azione di contrasto alle evasioni e alle frodi nonché per accertare il diritto e la misura delle prestazioni previdenziali, assistenziali e di sostegno al reddito. Al fine di rafforzare tale prescrizione normativa è espressamente prevista la responsabilità disciplinare e contabile del funzionario in caso di mancata fornitura dei dati.

Operazioni rilevanti ai fini Iva (articolo 7, comma 2, lettera o). L'articolo 21 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 ha introdotto l'obbligo di comunicazione telematica delle operazioni rilevanti ai fini dell'Iva, di importo non inferiore a 3.000 euro. Tale disposizione, mirata a rafforzare gli strumenti a disposizione dell'Amministrazione finanziaria per il contrasto dei comportamenti fraudolenti, soprattutto in materia di Iva, ma anche per ostacolare diffuse forme di evasione ai fini delle imposte sul reddito, risponde, al tempo stesso, alla finalità di circoscrivere gli adempimenti ad una ristretta platea di titolari di partita Iva, escludendo milioni di soggetti di minori dimensioni per i quali gli oneri connessi all'adempimento dell'obbligo in questione sono stati ritenuti dal legislatore non proporzionati alla pur importante finalità della disposizione. Nell'ottica della necessaria proporzionalità degli adempimenti amministrativi richiesti ai contribuenti ai fini dell'attività di contrasto dell'evasione e delle frodi in relazione ai rischi inerenti le attività controllate e di evitare oneri per i contribuenti qualora sussistano modalità alternative di acquisizione delle informazioni necessarie a garantire un'efficace contrasto dell'evasione nel settore dell'Iva ma anche delle imposte dirette, la disposizione prevede l'esclusione dell'obbligo di comunicazione telematica delle operazioni rilevanti ai fini dell'Iva effettuate nei confronti di contribuenti non soggetti passivi ai fini della medesima imposta, in tutti i casi in cui il pagamento dei corrispettivi avviene mediante carte di credito, di debito o prepagate emesse da operatori finanziari obbligati alla comunicazione dei rapporti e delle operazioni con la clientela all'anagrafe tributaria.

Partecipazioni non negoziate (articolo 7, comma 2, lettere dd, ee, ff, gg). Si interviene sugli articoli 5 e 7 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria per il 2002) che hanno previsto la facoltà di rideterminare il valore di acquisto di partecipazioni non negoziate nei mercati regolamentati e di terreni edificabili e con destinazione agricola, posseduti da persone fisiche alla data del 1° gennaio 2002. A tal fine, i contribuenti erano tenuti a predisporre un'apposita perizia giurata di stima ed a versare un'imposta sostitutiva del 2% o del 4%, entro il 30 settembre 2002. Disposizioni successive hanno modificato la data cui fare riferimento per il possesso dei beni e hanno prorogato i termini per l'effettuazione dei relativi adempimenti. Con la norma in esame viene modificata la data di possesso dei terreni e delle partecipazioni alla quale il contribuente deve fare riferimento, e i termini entro i quali effettuare i relativi adempimenti (redazione della perizia e versamento della prima o unica rata). In particolare, il presupposto per potersi avvalere della norma di rideterminazione è il possesso dei beni al 1° luglio 2011 e il termine entro il quale predisporre la perizia e versare l'imposta sostitutiva (ovvero la prima rata dell'imposta dovuta) è fissato al 30 giugno 2012, La norma intende poi risolvere il problema che si è verificato in capo a quei soggetti che, a seguito delle varie disposizioni che hanno previsto la possibilità di rideterminare il valore di terreni e partecipazioni, hanno effettuato più volte la rideterminazione del valore del medesimo bene e, in mancanza di una disposizione che preveda lo scomputo dell'imposta sostitutiva già versata, sono stati costretti ad esperire la procedura del rimborso nel rispetto del termine di 48 mesi previsto dall'articolo 38 del Dpr 29 settembre 1973 n. 602. In particolare, è prevista la possibilità per i soggetti che si avvalgono della rideterminazione dei valori di acquisto di partecipazione non negoziate nei mercati regolamentati o di terreni edificabili e con destinazione agricola di detrarre dall'imposta sostitutiva dovuta per la nuova rivalutazione quanto già versato, a titolo di imposta sostitutiva, per la precedente rideterminazione dei medesimi beni. L'articolo in commento ancora disciplina l'ipotesi in cui il contribuente in sede di versamento non effettui il predetto scomputo (cosiddetto compensazione verticale). In tal caso è prevista la possibilità di chiedere il rimborso dell'imposta sostitutiva pagata in precedenza e si stabilisce che il termine di decadenza per la richiesta di rimborso decorra dalla data in cui si verifica la duplicazione del versamento, cioè dal pagamento dell'imposta relativa all'ultima rideterminazione effettuata. Tale disciplina si applica anche ai versamenti effettuati alla data di entrata in vigore della norma in esame. Ne deriva pertanto che per detti versamenti la richiesta di rimborso dovrà essere presentata entro quarantotto mesi dall'ultima rideterminazione effettuata, tenendo conto ovviamente dei mesi già trascorsi alla data di entrata in vigore della legge. La norma infine, al fine di non svantaggiare i soggetti per i quali i predetti termini siano ormai decaduti, prevede per tali contribuenti una sorta di "riammissione nei termini", per cui gli stessi possono chiedere comunque il rimborso entro un anno dall'entrata in vigore delle disposizioni medesime.

Pensione di reversibilità (articolo 10, comma 7). Al fine di dirimere un rilevante contenzioso in atto, viene chiarito che al pagamento della doppia annualità di pensione di reversibilità ai superstiti delle vittime del terrorismo deve provvedere l'Inpdap.

Portabilità dei mutui (articolo 8, comma 8). Si punta a semplificare le operazioni di portabilità dei mutui. In particolare: a) si esplicita in maniera chiara il momento dal quale avviare il computo dei 30 giorni entro cui è necessario perfezionare l'operazione di portabilità; e b) si precisa che il termine "valore" del mutuo, preso a riferimento per la determinazione del predetto risarcimento, vada inteso nel senso di importo della quota capitale del finanziamento ancora da rimborsare La modifica è finalizzata a disciplinare, mediante l'emanazione di un apposito provvedimento, le modalità di presentazione al conservatore, per via telematica, dell'atto di surrogazione per consentire, mediante la semplificazione delle relative procedure, un più agevole ricorso alle operazioni di portabilità dei mutui.

Proprietà industriale, tutela (articolo 8, comma 10). Si modifica l'articola 239 del codice di proprietà industriale (Dlgs. n. 30 del 2005), circoscrivendo la tutela dei disegni e modelli industriali con le forme previste per il diritto di autore alle sole opere di disegno industriale divenute di pubblico dominio prima del 19 aprile 2001, a seguito della cessazione degli effetti della registrazione, escludendo, di converso, tale tutela per le opere di pubblico dominio in quanto mai registrate. Quanto al regime transitorio di cui al secondo periodo dell'attuale testo dell'articolo 239 del codice di proprietà industriale, lo stesso andrà ovviamente riferito ai soli disegni e modelli registrati in Italia o con effetti in Italia che, anteriormente alla data del 19 aprile 2001, erano divenuti di pubblico dominio.

Proroga termini festivi (articolo 7, comma 2, lettera l). Si introduce una disposizione di carattere generale con la quale si prevede che tutti i termini per gli adempimenti e i versamenti scadenti di sabato o di giorno festivo, sono prorogati al successivo giorno lavorativo, se gli adempimenti devono essere effettuati nei confronti di articolazioni del Tesoro (comprese le agenzie fiscali).

Rateizzazioni (articolo 7, comma 2, lettere u e v). La norma introduce modifiche alla disciplina vigente volte a semplificare gli adempimenti dei contribuenti nell'accedere alla rateazione delle somme dovute a seguito del controllo delle dichiarazioni fiscali. In particolare si elimina l'obbligo della preventiva istanza se l'importo dovuto a seguito del controllo delle dichiarazione è superiore a 2mila euro e a 500 euro se l'importo dovuto deriva dalla liquidazione dei redditi soggetti a tassazione separata. Inoltre, si prevede la prestazione della garanzia solo per gli importi dovuti con esclusione della prima rata, al fine di eliminare l'obbligo della prestazione della garanzia per somme già versate all'erario.

Regime di attrazione europea (articolo 8, comma 2). La norma amplia la disciplina vigente, introducendo nel novero della attività economiche che possono beneficiare del regime di attrazione europea anche l'attività di direzione e coordinamento di gruppi di imprese. Si elimina anche il vincolo temporale di tre anni. Il regime di attrazione pertanto perdura sino al mutare dei presupposti di fatto e di diritto in virtù dei quali lo stesso è stato concesso.

Reinserimento donne prive di lavoro (articolo 8, comma 1). Si interviene sul Dlgs 276 del 2003, al fine di favorire il reinserimento delle donne prive di un regolare impiego retribuito da almeno sei mesi nel mondo del lavoro.

Ricerca, nuovo credito di imposta (articolo 1). Disco verde, in via sperimentale per gli anni 2011 e 2012, a un nuovo credito di imposta a favore delle imprese che finanziano progetti di ricerca in università o enti pubblici di ricerca. Nel beneficio sono ricompresi gli atenei statali, gli istituti universitari legalmente riconosciuti (statali e non statali), gli enti pubblici di ricerca e l'Asi, l'Agenzia spaziale italiana. Viene chiarito anche che il credito di imposta spetti pure qualora le università e gli enti pubblici di ricerca sviluppino i progetti in associazione, consorzio o joint venture con altre qualificate strutture di ricerca pubbliche o private di equivalente livello scientifico. Ulteriori strutture che possono beneficiare del credito di imposta per la ricerca potranno essere individuate attraverso l'emanazione di apposito decreto interministeriale (Istruzione, Economia). Il credito d'imposta opera in questo modo. Le tipologie di intervento agevolabili sono individuate negli investimenti realizzati a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2010 e fino alla chiusura del periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2012. Il credito d'imposta spetta in tre quote annuali a decorrere da ciascuno dei predetti anni 2011 e 2012 e compete nella misura del 90% della spesa incrementale di investimento rispetto alla media dei medesimi investimenti in ricerca effettuati nel triennio 2008-2010 se lo stesso è commissionato ad atenei ed enti pubblici di ricerca. La norma disciplina poi il trattamento tributario del credito d'imposta e ne sancisce la non concorrenza alla formazione del reddito e alla base imponibile dell'Irap. L'importo degli investimenti in progetti di ricerca è poi integralmente deducibile dall'imponibile delle imprese. Il credito d'imposta, ancora, deve essere indicato nella relativa dichiarazione dei redditi ed è utilizzabile esclusivamente in compensazione (articolo 17, Dlgs 241/1997), a scomputo dei tributi indicati. L'articolo in esame esclude poi l'applicabilità all'agevolazione del limite annuale complessivo di utilizzo dei crediti d'imposta da indicare nel quadro RU della dichiarazione dei redditi, pari a 250mila euro (articolo 1, comma 53, Legge Finanziaria 2008). Spetterà comunque al direttore delle Entrate emanara la relativa disciplina applicativa. Attenzione: il presente credito d'imposta abroga il credito di imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo di cui al comma 25 dell'articolo 1 della legge 13 dicembre 2010, n. 220, in quanto assorbito dal credito di imposta in esame. Per finanziare il credito d'imposta previsto dal presente articolo è autorizzata una spesa di 484 milioni di euro, dal 2011 al 2014. Qualora dovessero servire nuove risorse, la norma autorizza il Tesoro a ridurre con tagli lineari le dotazioni finanziarie dei ministeri. Si specifica però che questa (eventuale) sforbiciata lascerà indenni: il fondo di funzionamento ordinario delle università, le risorse del cinque per mille, il fondo per gli interventi allo spettacolo, e le risorse destinate alla manutenzione e alla conservazione dei beni culturali.

Rinegoziazione dei mutui (articolo 8, comma 6). Si introduce la possibilità, fino al 31 dicembre 2012, di rinegoziare i mutui a tasso variabile di importo non superiore a 150mila euro, stipulati per l'acquisto o la ristrutturazione di unità immobiliari adibite ad abitazione, a condizione che il soggetto richiedente presenti una attestazione Isee non superiore a 30mila euro e non abbia avuto ritardi nei precedenti pagamenti. In sede di rinegoziazione, può essere previsto anche l'allungamento del piano di rimborso del mutuo per un periodo massimo di cinque anni, purché la durata residua del mutuo all'atto della rinegoziazione non diventi superiore a venticinque anni. In caso di rinegoziazione è prevista la surroga di diritto delle banche nelle garanzie ipotecarie senza alcuna, senza il compimento di alcuna formalità o annotazione.

Riscossione semplificata (articolo 7, comma 2, lettera n). La disposizione è finalizzata a semplificare le procedure di riscossione delle somme dovute in base agli avvisi di accertamento emessi dall'agenzia delle Entrate contenenti l'intimazione ad adempiere all'obbligo di pagamento degli importi negli stessi indicati e razionalizzare gli oneri a carico dei contribuenti destinatari dei predetti atti. Si specifica che l'avviso di accertamento con formula esecutiva si riferisce agli atti emessi ai fini delle imposte sui redditi, compresa l'imposta sulle attività produttive, oltre che l'imposta sul valore aggiunto. Al fine di agevolare i contribuenti, si delimita il novero degli atti successivi all'avviso di accertamento con formula esecutiva che contengono l'intimazione di pagare entro sessanta giorni dalla notifica. Si prevede inoltre espressamente che la sanzione amministrativa prevista dall'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, non si applica nei casi di omesso, carente o tardivo versamento delle somme dovute sulla base degli avvisi di accertamento esecutivi e degli altri atti nei termini previsti. Viene stabilito pure che in caso di richiesta, da parte del contribuente, della sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato ai sensi dell'articolo 47 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, l'esecuzione forzata sia sospesa fino alla data di emanazione del provvedimento che decide sull'istanza di sospensione e, in ogni caso, per un periodo non superiore a centoventi giorni dalla data di notifica dell'istanza stessa. Tale disposizione non si applica con riguardo alle azioni cautelari e conservative, e a ogni altra azione prevista dalle norme ordinarie a tutela del creditore. La norma affianca pertanto alla sospensione amministrativa della riscossione già prevista nel nostro ordinamento, un'ipotesi di sospensione ope legis dell'esecuzione forzata al verificarsi di tutti i presupposti di cui all'articolo 47 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546. Infine, al fine di semplificare le procedure di riscossione coattiva con connessi minori oneri amministrativi, si chiarisce che ai fini dell'espropriazione forzata l'esibizione dell'estratto dell'atto, come trasmesso all'agente della riscossione, tiene luogo, a tutti gli effetti, dell'esibizione dell'atto stesso in tutti i casi in cui l'agente della riscossione ne attesti la provenienza.

Scadenze di versamento (articolo 7, comma 2, lettera bb). La modifica normativa introdotta dalla presente norma è volta a determinare una maggiore certezza delle scadenze di versamento e risponde alla necessità di semplificare gli adempimenti degli enti pubblici. Dal 1 gennaio 2008, al fine di razionalizzare il sistema di versamento delle imposte e dei contributi degli enti pubblici, è stato introdotto il modello F24 EP, utilizzato dagli enti pubblici e dai soggetti individuati dalle tabelle A e B allegate alla legge 29 ottobre 1984, n. 720 (enti soggetti al sistema della tesoreria unica dello Stato). Il nuovo sistema di versamento ha profondamente innovato le modalità di effettuazione dei pagamenti diretti presso la Bankitalia, lasciando invariata la normativa di riferimento in materia di scadenza dei versamenti stessi. Allo stato attuale la disciplina dei termini per i versamenti fiscali effettuati dagli enti pubblici è contenuta in diverse norme, che fissano scadenze diverse a seconda della tipologia di imposta da versare. In analogia a quanto previsto riguardo alla generalità dei contribuenti relativamente alle somme da versare con il modello F24, con la presente norma si dispone, a partire dal 1 luglio 2011, l'accorpamento delle diverse scadenze, anche per i soggetti che utilizzano il modello F24 EP, al giorno 16 del mese. L'accorpamento dei termini comporta una maggiore efficienza del sistema di riscossione dei tributi e dei contributi. Tale previsione infine non determina alcun effetto né di cassa né di competenza sul bilancio dello Stato in quanto riguarda operazioni di girofondi all'interno della tesoreria statale. Inoltre, tenuto conto delle inevitabili difficoltà connesse all'introduzione delle procedure telematiche di versamento, e al fine di evitare che ritardi di pochi giorni comportino onerose sanzioni a carico degli enti pubblici, con possibili ricadute sui cittadini in termini di qualità dei servizi offerti, si modifica quanto previsto dal comma 3 dell'articolo 32 ter del Decreto legge 185/2008, estendendo la non applicabilità delle sanzioni anche ai versamenti relativi ai periodi d'imposta 2009 e 2010.

Scheda carburante (articolo 7, comma 2, lettera p). Sempre nell'ottica di semplificazione degli adempimenti a carico dei contribuenti, la norma è volta a esonerare dall'obbligo di tenuta della scheda carburante i soggetti che acquistano il carburante per autotrazione presso gli impianti stradali di distribuzione esclusivamente mediante carte di credito, carte di debito e carte prepagate da operatori finanziari soggetti all'obbligo di comunicazione previsto dall'art. 7, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605. Tali strumenti di pagamento - sebbene non consentano, come la scheda carburante, l'univoca attribuzione del rifornimento all'autoveicolo utilizzato nell'esercizio dell'attività d'impresa, dell'arte e della professione - sono comunque idonei a consentire l'identificazione del soggetto che effettua il rifornimento, e la corretta determinazione dell'ammontare dello stesso, ai fini di un eventuale controllo fiscale.

Scuola, piano assunzioni e precariato (articolo 9, commi da 17 a 21). Disco verde a un piano triennale di assunzione di personale docente e Ata, sulla base dei posti vacanti e disponibili, nel rispetto degli obiettivi programmati dei saldi di finanza pubblica. L'approvazione del piano di assunzioni determinerebbe, in concreto, la copertura totale (o quasi) dei posti vacanti e disponibili nell'anno 2011-2012, stimati dai sindacati in circa 65mila unità. Si sposta poi al 31 agosto di ciascun anno il termine per l'adozione dei provvedimenti in materia di assunzioni a tempo indeterminato, utilizzazione, assegnazione provvisoria e di ogni altro atto di durata annuale riguardante il personale di ruolo e si prevede che l'aggiornamento delle graduatorie scolastiche a esaurimento avvenga con cadenza triennale e che contestualmente possa essere disposto il trasferimento in un'unica provincia. I prof neo immessi in ruolo infine dovranno rimanere nella provincia di titolarità per almeno cinque anni di effettivo servizio.

Semplificazione fiscale (articolo 7, comma 1). Via libera a un pacchetto di misure per ridurre il peso della burocrazia che grava su imprese e contribuenti.

Servizi pubblici (articolo 8, comma 5, lettera e). Si modifica l'articolo 23-bis del decreto legge n. 112 del 2008, convertito in legge n. 133 del 2008, estendendo alle società controllate da società quotate la norma che esclude le quotate affidatarie dirette di servizi pubblici locali dai divieti di partecipazione alle gare pubbliche.

Sì alla carta di identità elettronica (articolo 10, commi da 1 a 5). Viene semplificato il procedimento di rilascio dei documenti di identificazione dei cittadini mediante l'introduzione della Carta di identità elettronica (Cie), con durata triennale per i minori e decennale per i maggiorenni. Le modalità tecniche di attuazione della Cie saranno definite con apposito provvedimento da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Progressivamente la CIE sarà unificata con la tessera sanitaria, in modo da consentire il rilascio gratuito di un documento unificato. Viene soppresso inoltre il limite minimo di età per il rilascio della carta d'identità, attualmente fissato in anni quindici.

Statuto del contribuente, modifiche (articolo 7, comma 2, lettere c e d). Si modifica lo Statuto dei diritti del contribuente, prevedendo che il periodo di permanenza presso la sede del contribuente, così come l'eventuale proroga, non possa essere superiore a quindici giorni in tutti i casi in cui la verifica sia svolta presso la sede di imprese in contabilità semplificata e lavoratori autonomi, computandosi, ai fini del computo dei giorni lavorativi, i giorni di effettiva presenza degli operatori presso la sede del contribuente. Si stabilisce poi di estendere le disposizioni di cui all'articolo 12 dello Statuto dei diritti del contribuente (in materia di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali), anche alle attività ispettive o di controllo effettuate dagli enti di previdenza e assistenza obbligatoria.

Taglio oneri (articolo 6). La norma detta diverse disposizioni volte a ridurre gli oneri derivanti dalla normativa vigente e gravanti sulle piccole e medie imprese. Si parte con una modifica dell'ambito di applicazione del codice della privacy, sottraendovi il trattamento di dati personali relativi a persone giuridiche effettuato esclusivamente tra persone giuridiche, enti e associazioni, pubblici e privati, per sole finalità di natura amministrativo-contabile. L'effetto di tale modifica è di ridurre gli oneri derivanti dal trattamento di dati nell'ambito di rapporti di natura meramente amministrativa o economica tra imprese e tra queste ed enti pubblici, senza alterare in alcun modo i livelli di tutela garantiti dal codice alle persone fisiche. I rapporti tra imprese pertanto vengono esclusi dall'applicazione della disciplina con riferimento a quei trattamenti che non presentano rischi specifici, effettuati appunto per fini amministrativo-contabili, e peraltro limitatamente a singoli adempimenti (in particolare, gli obblighi di informativa e consenso). Rimangono ferme infatti le disposizioni dettate per specifici settori dalla seconda parte del codice (per esempio, ambito sanitario, scopi storici, statistici o scientifici, marketing diretto) che non riguardano trattamenti effettuati per finalità amministrativo-contabili, così come rimangono applicabili alle imprese tutti gli adempimenti richiesti dalla normativa sia nei rapporti interni (obblighi relativi alla sicurezza, nomine di incaricati del trattamento, norme sulla videosorveglianza) che, - come già precisato sopra - in quelli con le persone fisiche. Si modifica poi l'articolo 13 del Codice della privacy, eliminando l'obbligo di informativa preliminare al trattamento dei dati nel caso in cui il candidato abbia spontaneamente inviato il proprio curriculum vitae ad un determinato soggetto pubblico o privato, al fine dell'eventuale instaurazione di un rapporto di lavoro. Attualmente infatti il soggetto che riceve il curriculum, prima ancora di poter consultare e valutare le informazioni in esso contenute è tenuto a inviare una preventiva informativa al soggetto cui si riferiscono i dati, e a richiedergli un ulteriore consenso espresso al trattamento. Si tratta evidentemente di adempimenti privi di utilità sul piano pratico e ingiustificati ai fini della tutela dei dati, in quanto imposti dalla legge nonostante il candidato acconsenta spontaneamente al trattamento dei propri dati personali per finalità occupazionali. Peraltro, l'onere a carico del titolare del trattamento diviene ancora più gravoso nel caso in cui il curriculum "non sollecitato" contenga dati sensibili, idonei a rivelare determinate condizioni o status del candidato (per esempio, origine etnica, convinzioni religiose, stato di salute, etc.), in quanto in tal caso è necessario il consenso in forma scritta. Conseguentemente vengono modificati gli articoli 24 e 26 del Codice in tema di consenso preventivo e di consenso scritto per il trattamento dei dati sensibili, prevedendo specifiche ipotesi di esonero dal consenso in caso di invio spontaneo dei curricula. La lettera a) n. 3 dell'articolo in esame modifica invece l'articolo 24 del Codice della privacy, prevedendo l'esonero dal consenso per i trattamenti effettuati sulla base di rapporti di controllo e collegamento tra società e nell'ambito delle altre forme di organizzazione congiunta dell'attività d'impresa (consorzi, AtI, joint venture, reti d'impresa, etc.). La finalità è di semplificare i trattamenti effettuati per le esigenze operative delle imprese, che hanno rapporti di controllo e di collegamento e che rappresentano una componente diffusa nel tessuto imprenditoriale italiano, nel rispetto di un attento bilanciamento degli interessi del titolare, del terzo destinatario e dell'interessato. La lettera a) n. 5) modifica l'articolo 34 del Codice stabilendo che, per i soggetti che trattano con strumenti elettronici soltanto dati personali non sensibili e come unici dati sensibili e giudiziari quelli relativi ai propri dipendenti e collaboratori, anche se extracomunitari, ovvero al coniuge e ai loro parenti, la tenuta del documento programmatico sulla sicurezza (Dps) - prescritta dalla lettera g) del comma 1 dello stesso articolo 34 - è sostituita dall'obbligo di autocertificazione resa dal titolare del trattamento ai sensi dell'articolo 47 del Testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 di trattare soltanto tali dati in osservanza delle misure minime di sicurezza previste dal predetto codice e dal disciplinare tecnico, contenuto nell'allegato B) al codice medesimo. Viene poi inserito nell'articolo 34 un nuovo comma 1-ter che contiene precisazioni in ordine alla nozione di "trattamenti effettuati per finalità amministrative e contabili", allo scopo di semplificare le modalità di adempimento degli obblighi privacy da parte degli operatori. Si tratta in particolare dei trattamenti connessi allo svolgimento delle attività di natura organizzativa, amministrativa, finanziaria e contabile, a prescindere dalla natura dei dati trattati, quali le attività organizzative interne, quelle funzionali all'adempimento di obblighi contrattuali e precontrattuali, alla gestione del rapporto di lavoro in tutte le sue fasi, alla tenuta della contabilità e all'applicazione delle norme in materia fiscale, sindacale, previdenziale-assistenziale, di salute, igiene e sicurezza sul lavoro. Ancora, la lettera a) n. 6) modifica l'articolo 130 del Codice al fine di ampliare l'ambito di applicazione della disciplina delle comunicazioni a fini commerciali, consentendo quindi il trattamento dei dati contenuti negli elenchi telefonici pubblici, a fini di invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta o per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale, non solo mediante l'impiego del telefono, ma anche mediante l'utilizzazione della posta cartacea, semprechè non sia stato esercitato il diritto di opposizione. Arriva poi l'obbligo di pubblicare sui siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni un elenco degli atti e documenti da produrre a corredo di ciascun procedimento amministrativo a istanza della parte e tale adempimento deve essere svolto nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali previste in base alla legislazione vigente. In caso di mancato adempimento dell'obbligo di pubblicazione, l'amministrazione non può opporre diniego adducendo l'omessa allegazione di un atto o documento ed è tenuta a invitare gli istanti a regolarizzare la documentazione entro un termine congruo. Il diniego non preceduto dall'invito a regolarizzare la documentazione è nullo. La lettera b, numero 6) riguarda le modalità di pubblicazione dei questionari predisposti dalla Società per gli studi di settore - Sose spa per la raccolta dei dati contabili e strutturali di comuni e province ai fini della determinazione del fabbisogno standard. Questi devono essere resi disponibili sul sito internet della medesima società e della data in cui sono disponibili deve essere data notizia con provvedimento del Tesoro, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale. Dalla data di pubblicazione di questo ultimo provvedimento decorre il termine (previsto a pena del blocco di tutti i trasferimenti a comuni e province) di sessanta giorni per la restituzione dei questionari compilati alla Sose stessa. La lettera c) dell'articolo in esame abroga una disposizione introdotta dall'ultimo decreto legge "Milleproroghe" con lo scopo di eliminare i nuovi costosi adempimenti connessi all'utilizzo dei piccoli serbatoi di Gpl. Le disposizioni di cui alla lettera d) mirano a incrementare l'utilizzo delle modalità telematiche nell'erogazione dei servizi ai cittadini da parte delle Asl. Viene consentito infatti il pagamento online delle prestazioni erogate, e la consegna, tramite web, posta elettronica certificata o altre modalità digitali, dei referti medici, fatto salvo il diritto dell'interessato di ottenere, anche a domicilio, copia cartacea del referto redatto in forma elettronica. La lettera e) semplifica la disciplina vigente in tema di trasporti eccezionali su gomma, prevedendo che qualora siano relativi ai beni della medesima tipologia e ripetuti nel tempo, la relativa autorizzazione venga rilasciata periodicamente ("una tantum") e in forma semplificata. Le disposizioni di cui alla lettera f) introducono una serie di interventi volti a potenziare le attività di misurazione e di riduzione degli oneri amministrativi, in coerenza con gli obiettivi assunti in sede di Unione europea. Il comma 3 estende anche la misurazione degli oneri amministrativi ai settori regolati dalle autorità amministrative indipendenti.

Titoli di risparmio per l'economia meridionale (articolo 8, comma 4). Che vengono istituiti per favorire l'afflusso di capitali verso investimenti a medio-lungo termine delle piccole e medie imprese del Mezzogiorno. Questi titoli sono strumenti finanziari con scadenza non inferiore a diciotto mesi, emessi da banche italiane, comunitarie ed extracomunitarie, che possono essere sottoscritti, sotto forma di titoli nominativi o al portatore, da persone fisiche non esercenti attività di impresa. Le norma in esame estende poi ai titoli di risparmio la disciplina di cui al decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239, recante modificazioni al regime fiscale degli interessi, premi e altri frutti delle obbligazioni e titoli similari, pubblici e privati e prevede, relativamente all'imposta sostitutiva sugli interessi di cui all'articolo 2 del citato decreto legislativo, l'applicazione di un'aliquota di favore nella misura del 5%, anche nei casi in cui i sottoscrittori si trovino in una situazione di regime di risparmio gestito individuale (consistente nella tassazione del risultato della gestione maturato nel periodo d'imposta), disciplinato dall'articolo 7 del decreto legislativo 461/1997. La norma, ancora, identifica in 3 miliardi cumulativi la soglia massima annua di emissione di questa tipologia di titoli di risparmio. Tale soglia può essere modificata con decreto del Tesoro da emanarsi entro il 31 gennaio di ogni anno. Viene fissato anche il limite massimo di emissione per singola banca nella misura del 20% dell'importo nominale complessivo annuo. Inoltre, al fine di evitare il rischio di eccessiva concentrazione dello strumento sulla singola banca, viene fissato nel 30% del patrimonio di vigilanza consolidato del gruppo bancario o individuale della banca non facente parte di un gruppo bancario il limite massimo di emissione. Spetterà al Tesoro stabilire le relative modalità attuative, con riguardo tra l'altro alle modalità attuative e di monitoraggio dei titoli di risparmio per l'economia meridionale.

Usura, modifiche al tasso (articolo 8, comma 5, lettera d). Si interviene sulla legge n. 108 del 1996 rideterminando in aumento la soglia oltre la quale il tasso di interesse deve considerarsi usurario, così da restituire margini di azione alle banche ed agli altri intermediari finanziari.

Variazioni unilaterali dei contratti bancari (articolo 8, comma 5, lettera e). Si modifica il Tub, il Dlgs n. 385 del 1993, prevedendo che nell'ambito dei servizi di pagamento, diversamente da quanto previsto nella disciplina sulla trasparenza, le parti possano derogare, in tutto o in parte, alla disciplina sulle variazioni unilaterali del contratto, qualora il cliente non sia un consumatore né una micro impresa.

Vigili del fuoco (articolo 10, commi da 8 a 10). Arrivano norme finalizzate a rafforzare la piena operatività del sistema nazionale di soccorso assicurato dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco al fine di fronteggiare la grave carenza di personale responsabile e coordinatore delle squadre operative di soccorso. A tal fine si prevedono modalità semplificate (una o più procedure straordinarie) per acquisire complessivamente 2.007 capi squadra e 1.493 capi reparto, figure di fondamentale importanza soprattutto nell'attuale momento di emergenza umanitaria conseguente all'eccezionale afflusso di straneri provenienti dalle aree di conflitto e di crisi del Nord Africa. Viene poi dimezzata la durata dei corsi di formazione - che saranno avviati nel triennio 2011-2013 - per l'accesso alle qualifiche operative (allievi vigili del fuoco, allievi vice ispettori antincendi e vicedirettori), garantendo - con moduli intensivi e, comunque, altamente qualificati - una più rapida immissione nei ruoli per mantenere inalterata l'efficacia del complessivo dispositivo del sistema di soccorso pubblico su tutto il territorio nazionale.

Agenzie di rating sotto tiro (8 luglio 2011).
Jean-Claude Trichet ha lanciato un duro attacco alle agenzie di rating, definendole «un piccolo gruppo oligopolistico», che «probabilmente non è la cosa più auspicabile per la finanza globale». Sulle agenzie di rating pesa l'accusa di essere troppo poche, tutte americane, e con poca concorrenza nel settore. Poi Trichet ha lanciato un secondo attacco: insito nello stesso funzionamento delle agenziec'è «chiaramente un elemento di prociclicità», ovvero la tendenza ad accentuare la fasi preesistenti di tensione e volatilità dei mercati. Insomma le tre "sorelle" come vengono chiamate in gergo dagli operatori finanziari, accentuerebbero invece di limitarsi ad analizzare le tendenze già in atto e soprattutto farebbero profezie che poi si autorealizzerebbero. Chiara l'allusione alla nota di SandP's sul «selected default» nel caso di rollover o a quella di Moody's sul Portogallo che parla di un Paese «incapace di prendere a prestito capitali a tassi sostenibili sul mercato... nella seconda metà del 2013», previsioni di lungo termine che descrivono scenari con molte variabili e che dopo appena un mese dagli aiuti dicono che Lisbona è già spacciata. Come se non bastasse il presidente della Bce ha detto che si tratta di una questione su cui «dobbiamo riflettere a livello globale, e riflettiamo su questo in seno al Financial Stability Board», riferendosi all'ente di consultazioni internazionali presieduto dal governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, suo futuro successore a Francoforte. L'attacco di Trichet si associa al fatto che il presidente ha reso noto che la Bce, così come aveva fatto in precedenza con la Grecia, ha sospeso per il Portogallo i requisiti di rating sui bond lusitani dalle banche a garanzia della liquidità. Insomma la Bce "dribbla" i giudizi delle agenzie e continuerà ad accettare i titoli portoghesi come collaterali per i sistemi creditizi di Lisbona. In questa guerra contro lo strapotere delle tre "sorelle", Trichet non è solo. Il presidente della Commisisione europea José Barroso aveva tuonato contro le agenzie accusandole di «errori ed esagerazioni» mentre il commissario europeo al Mercato Interno, Michel Barnier, aveva invitato «le agenzie, che sono sotto il controllo degli organismi nazionali di supervisione, a fare estrema attenzione alle norme Ue e a rispettarle. Dovrebbero imparare dagli errori del passato», facendo riferimento alle gravi negligenze nel caso di Lehman Brother, fallita con la tripla A. Barnier ha aggiunto che Bruxelles potrebbe valutare la «sospensione dei rating sui paesi che stanno ricevendo aiuti», ovvero Grecia, Portogallo e Irlanda. L'Esma, la Consob comunitaria, ha facoltà di revocare la licenza alle agenzie di rating che violino le regole. Sullo sfondo infine l'idea di creare un'agenzia di rating europea (come i cinesi hanno già fatto) mentre il ministro delle Finanze tedesche Wolfgang Schäuble ha fatto un appello a «rompere il monopolio delle agenzie di rating» per «limitare la loro influenza», che segue le dichiarazioni di fuoco del cancelliere Angela Merkel (gli Stati «non si lasceranno privare della loro libertà di giudizio»). Alcune interviste pubblicate su l'Espresso. """L'intervistato John non si chiama John. Non vuole e non può rivelare il suo nome. Ma racconta che "il modo di lavorare in Moody's è cambiato nel giro di una decina d'anni: progressivamente la redditività è diventata la molla principale. Se dicevo che avevo bisogno di restare due giorni in più nel Paese di cui ero responsabile per il rating sul rischio sovrano, perché avevo bisogno di approfondire le mie ricerche, mi rispondevano: no, è troppo caro". Lavorare sempre più rapidamente: "E' anche così", precisa John, "che Standard and Poor's, quando ha declassato il debito Usa dalla tripla A a AA+, ha sbagliato i conti di 2 mila miliardi di dollari, un errore madornale, subito rinfacciato dal segretario del Tesoro, Timothy Geithner". Lavorare sotto pressione, "mentre il potere delle agenzie lievita. E non è colpa loro, "sono gli enti regolatori a imporre per ogni operazione il rating e senza quello la Bce o i fondi d'investimento non muovono un dito". Moody's quest'anno punta a un margine operativo compreso fra il 38 e il 40 per cento. Una gallina dalle uova d'oro: potrebbe aumentare davvero le risorse umane disponibili. "Ma il gruppo è quotato: bisogna contenere i costi, lo pretendono gli azionisti". John si ricorda che intorno al 2000 le agenzie di rating "erano ancora piene di vecchi hippy, intellettuali anticonformisti della finanza. Poi sono arrivati i giovanotti ambiziosi e superdinamici". Con gli occhi che scivolavano inesorabilmente verso la Borsa, ai possibili riflessi di un rating sull'azione dell'impresa privata valutata. O sul bond dello Stato messo sotto esame. "L'ultimo anno di servizio", conclude John, "il mio superiore mi ha rifiutato i bonus previsti nello stipendio perché le indicazioni da me fornite sul rating non erano state avvalorate dal resto del comitato di valutazione. Insomma, perché non avevo seguito la linea del partito dominante. Non avevo proposto il rating che si doveva proporre. Ho capito che era l'ora di andarsene". Il "rating committee" è il momento clou per le "tre sorelle", le principali agenzie (Fitch, oltre a Moody's e SandP). L'analista che segue l'impresa, lo Stato o il prodotto finanziario illustra la sua relazione, inviata nei giorni precedenti ai colleghi che partecipano al comitato, per decidere alla fine (secondo il sistema "one man, one vote") se cambiare o lasciare intatto il rating, indice di affidabilità. Il numero dei componenti è dispari (fino a una ventina per il debito sovrano, il più delicato), così da evitare un'impasse. I senior esprimono la loro opinione alla fine per non influenzare i junior. Anche se, si dice, negli ultimi tempi l'ordine sarebbe talvolta invertito. "Non è vero: sono solo esagerazioni", sottolinea David (che non si chiama David), altro ex, stavolta di Standard and Poor's. Non è così critico nei confronti della sua precedente impresa come il collega di Moody's. "Chi lavora per un'agenzia di rating non lo fa per soldi", sottolinea, "anche perché guadagna molto, molto meno dei suoi "pari grado" di Wall Street". Per la precisione l'equivalente di 105 mila euro lordi all'anno in media, con scarse progressioni durante la carriera. "E' ripagato, però, dalla possibilità di incontrare persone ad alti livelli: manager, addirittura ministri, se si segue il debito pubblico. Si può mettere su una rete di contatti". Che può servire a riciclarsi: David lavora adesso per una delle maggiori investment bank europee. Che sia uno dei "giovanotti dinamici"? E' un altro cambiamento intervenuto nell'ultimo decennio. Prima si restava in genere tutta la vita a lavorare per un'agenzia, quasi una missione. Ora si trasloca dopo qualche anno nelle imprese che prima si contribuiva a valutare. Tra gli hippy della finanza si possono classificare personaggi mitici del settore, come John Chambers e David Beers, rispettivamente direttore generale e capo della divisione del rating sovrano di Standard. Il primo è laureato in letteratura inglese. Il secondo, invece, ha studiato alla London School of Economics. Ma con quei baffoni e un look, diciamolo, un po' trasandato, è l'antitesi del rampante di Wall Street. Dei "rating committee" non è possibile sapere nulla: tutto resta top secret. Ma è molto probabile che in quello per la discussa bocciatura del debito Usa, il ruolo di Beers sia stato fondamentale. Quell'atto è stato interpretato come la volontà della vecchia guardia di SamdP di ribadire la propria indipendenza, osando remare contro una potenza come gli Stati Uniti. Peccato l'errore da 2 mila miliardi di dollari e peccato che il dipartimento di Giustizia Usa stia conducendo un'inchiesta sui giudizi (sbagliati) attribuiti da Standard ad alcuni prodotti legati ai mutui ipotecari americani prima dello scoppio della crisi dei subprime nel 2007. Con il fallimento di Lehman Brothers, nel 2008, quando né SandP, né le altre due "big" si accorsero di nulla (o non vollero?) fino all'ultimo momento, i subprime sono l'altro grande incidente di percorso più recente delle agenzie. Per Norbert Gaillard, docente presso Sciences Po a Parigi, autore di "Les agences de notation" per l'editore La Découverte, l'inchiesta è sacrosanta "ma la tempistica è sospetta: sa un po' di ritorsione". Gaillard è ben cosciente dei problemi irrisolti relativi al mondo delle agenzie, soprattutto per i conflitti d'interesse ("La situazione più a rischio è quella di Moody's, l'unica quotata in Borsa e dove una parte del pagamento degli analisti è assicurata dalle stock-options"). "Ma oggi il rating è utile più che mai agli investitori", sottolinea, "e ai nuovi emittenti di debito, soprattutto corporate". E' l'opinione di tanti: senza le agenzie sarebbe anche peggio. Bisogna porre più limiti, nuove regole. Ma, se non ci fossero le "sorelle", i mercati diventerebbero ancora più volatili. Gaillard non crede alla possibilità di ricorrere a enti pubblici, tanto più al progetto di agenzia europea caro alla Merkel. "Non rassicurerebbe gli investitori privati". "L'esperienza delle agenzie pubbliche giapponesi e sudcoreane", osserva Giovanni Ferri, professore di economia all'università di Bari, autore con Ponziana Lacitignola di "Le agenzie di rating" (ed. Il Mulino), "insegna che organismi del genere possono risultare utili per il rating di imprese medie che vogliono accedere ai mercati. Ma per il debito sovrano non credo siano la soluzione più giusta. Sarebbero troppo influenzate dalla politica"."""

Perchè la speculazione si abbatte sulle banche italiane (9 luglio 2011).
Le nostre banche sono sane afferma Mario Draghi. Non si sono mai lasciate sedurre dalla finanza più spregiudicata. Non hanno avuto bisogno di aiuti di Stato. Eppure le banche italiane sono quotidianamente colpite da una borsa ribassista: nell'ultima settimana UniCredit ha perso quasi il 20%, Intesa Sanpaolo il 13,5%, Montepaschi il 7%, Banco Popolare il 12%, Ubi Banca il 10%. E' vero, esistono gli speculatori che per ogni raffreddore di Tremonti puntano alle vendite, ma il problema delle banche italiane è rappresentato dalla stato italiano che è ritenuto a rischio. Nell'ultima emissione i Btp sono stati offerti con uno spread di 244 punti base rispetto ai bund tedeschi e ciò non avveniva da anni. Ogni 10 punti base di aumento dello spread tra Italia e Germania sui mercati dei titoli di Stato ha l'effetto di «bruciare» il 2-3% degli utili delle banche grandi e il 5% dei profitti di quelle medio-piccole. Se si pensa che in una settimana lo spread tra BTp e Bund è salito di circa 60 punti base, si capisce qual è il timore degli investitori: questo caro-BTp, se fosse strutturale e non temporaneo, si "mangerebbe" il 30% degli utili delle banche piccole e il 12-18% dei profitti di quelle grosse. Investitori e speculatori, pertanto, vendono. Gli effetti negativi dell'aumento degli spread sono diversi. Il principale riguarda il costo della raccolta: cioè il costo (in termini di tasso d'interesse) che le banche devono sostenere per trovare finanziamenti. Se lo spread tra BTp e Bund sale, le banche italiane sono costrette di riflesso a pagare tassi d'interesse più alti agli investitori. Calcola McKinsey che nel 2007 mediamente gli istituti di credito pagavano sui prestiti obbligazionari 17 punti base sopra l'Euribor, mentre ora sono costretti a sopportare uno spread di 118 punti base. Questo pesa sulle banche, perché nel 2011 e nel 2012 devono rifinanziare i debiti in scadenza. UniCredit a maggio aveva soddisfatto solo il 58% delle sue esigenze di finanziamento, pari a 32 miliardi per l'intero 2011. E nel 2012 a Piazza Cordusio scadranno obbligazioni per 37 miliardi. Intesa ha coperto tutte le esigenze del 2011, ma nel 2012 dovrà rastrellare sui mercati 22 miliardi. Anche Montepaschi è a posto per quest'anno: il problema è che i 5,1 miliardi di bond istituzionali in scadenza nel 2012 sono quasi il doppio di quelli del 2011. Questi numeri, di per sé, non destano preoccupazioni. Ma se i tassi d'interesse restano elevati, il costo per le banche diventa oneroso: i profitti vengono erosi e gli istituti italiani si trovano spiazzati rispetto ai concorrenti esteri. Il secondo è dato dal fatto che le banche italiane hanno in bilancio - stima Rbs - 200 miliardi di euro di titoli di Stato italiani. Le vendite sui BTp, dunque, provocano altre potenziali perdite in bilancio. C'è poi un altro elemento di debolezza: l'aumento dei crediti deteriorati. Calcola l'Abi che nel 2007 l'intero sistema creditizio del Belpaese aveva sulle spalle 48 miliardi di euro di sofferenze lorde, mentre ora questa zavorra è di 95 miliardi: l'aumento, in pochi anni, è stato del 97,7%. Questo più che erodere i profitti assorbe capitale e, di conseguenza, riduce la loro possibilità di finanziare famiglie e imprese. Le conseguenze sono tante. Innanzitutto gli utili futuri delle banche rischiano di sciogliersi. Di conseguenza nei prossimi anni per gli azionisti potrebbero non esserci dividendi: cosa che a nessun investitore piace. Non solo. L'erosione dei profitti potrebbe lasciare prima o poi gli istituti di credito a corto di capitale. E anche questa eventualità non piace a chi investe in azioni bancarie. Alla fine il conto rischiano di pagarlo famiglie e imprese, che dovranno probabilmente sopportare tassi d'interesse più alti sui finanziamenti e sui mutui. Questo potrebbe avere un effetto negativo sull'economia italiana e - in un circolo vizioso - sullo spread tra BTp e Bund.

L'opinione di Oscar Giannino e altri sulla crisi in corso (12 luglio 2011).
Scrivo alla chiusura di Borsa di lunedì, ed è stato un nuovo bagno di sangue, con un meno 4% che è il peggiore nell’eurozona. Lo spread sui decennali pubblici tedeschi è oggi salito di 70 punti base totali rispetto a dove stava all’inizio della seduta di venerdì. Intesa e Unicredit si sono alternate tutto il giorno nella sospensione al ribasso. La Spagna ci ha risuperati nel differenziale sui Bund, saltando a oltre quota 300 punti base. Ci siamo, c’è poco da fare. Per un anno e mezzo l’Italia ci era riuscita, a non entrare nella lista dei Paesi sfiduciati nell’euroarea, Grecia, Portogallo, Irlanda, Spagna. Tre grandi fattori internazionali, e tre circostanze italiane, in pochi giorni hanno fatto convergere i propri effetti. Il quadro è cambiato. Purtroppo per noi. O si risponde subito col massimod ella serietà, o è solo l’inizio di altri peggiori guai. Quali sono, le ragioni che spiegano l’accelerazione dello spread italiano sul Bund in pochi giorni, e il crollo dei titoli bancari e a seguire dell’intero listino? E’ ovvio che non è successo nulla che abbia modificato i fondamentali. Non sono emersi ammanchi pubblici non rivelati al mercato, e restiamo l’euromembro che ha fatto in questi anni meno deficit pubblico subito dopo la Germania. Le banche italiane non sono state salvate dal denaro del contribuente né due anni fa né oggi, ma stanno ricapitalizzando con risorse dei propri soci. E allora? Si è ufficialmente aperta una finestra molto succosa per il mercato mondiale: scommettere sulla sostenibilità del quarto debito pubblico al mondo (il terzo è quello della Germania, che per ammontare complessivo ci ha superato nel 2010, ma il suo Pil è ben maggiore del nostro). E’ un’opzione succosa, perché queste scommesse si vincono – cioè si fanno soldi a palate – giocando al ribasso, cioè con opzioni a breve su una certa soglia di Cds sovrano o bancario (il Cds è il derivato che stima il premio al rischio in caso di default del soggetto interessato, nel caso in cui gli si prestino soldi o gli si sottoscriva un titolo). Ed è un’opzione succosa per un’altra ragione. Il linguaggio del realismo impone di dire e spiegare che la finestra è quasi del tutto indipendente dalla manovra finanziaria italiana appena presentata. Si voti o meno così com’è, la finestra resta aperta fino al 2013, quando scatterà la nuova cornice per il salvataggio degli euromembri in difficoltà visto che nessuno è riuscito sin qui a smuovere i tedeschi a “veri” interventi d’emergenza salvaeuro. E dunque, a meno cambi il quadro internazionale, è fino al 2013, che attualmente ritengono di dover essere ribassiste le forze potenti che scommettono sulla crisi dell’euroarea. Lo penso e lo dico a prescidnere da quello che penso io, sull’euro e sulle sue attuali regole, perché non ha alcun rilievo di fronte a forze e processi di tale portata. La prima grande molla internazionale che gonfia le vele alla volatilità al ribasso è dunque proprio l’errore europeo. L’errore franco-tedesco, ma germanico in primis. L’ho scritto e ripetuto molte volte. E’ una costosa e drammatica sciocchezza non voler dire da 19 mesi agli elettori tedeschi che occorrono strumenti straordinari, non previsti dal Trattato, volti non a salvare la Grecia cicala o il Portogallo per la sua bilancia dei pagamenti o la Spagna per la sua bolla immobiliare, ma l’euro in quanto tale. Può essere che da tedesco sarei in prima fila a non volere gli aiuti: ma coerentemente dovrei dire allora che voglio un euro ristretto, insomma un marco rivalutato e travestito. Aver diluito gli aiuti condizionandoli a misure che strangolano i Paesi eurodeboli e rendono ancor meno sostenibile il loro debito può aver aiutato le banche tedesche e francesi a disfarsi della troppa carta pubblica greca che avevano in pancia, ma ha invogliato tutti i ribassisti del mondo a scommettere che entro il 2013 l’euro salta, se il Consiglio europeo non apre gli occhi. E come abbiamo detto mille volte, l’Italia vista la dimensione del suo debito pubblico sarebbe finita a lungo andare nel mirino, anche ad onta del suo basso deficit di questi anni. La seconda potente molla si chiama America. Il 2 agosto si sfonda il tetto di debito pubblico autorizzato dal Congresso, 14,3 mila miliardi di dollari pari grosso modo all’intero GDP degli Stati Uniti. Manca ancora l’accordo tra Amministrazione e repubblicani che controllano la Camera dei rappresentanti, su come dosare tra tagli alle spese e tasse i 4 o 4,5 trilioni di dollari in un decennio che bisogna prevedere di minor deficit rispetto alle enormi spese aggiuntive accese dall’attuale Amministrazione, senza che per questo la disoccupazione americana scenda sotto il 9,2%, e il totale degli scoraggiati al lavoro sotto il 16-17% delle forze di lavoro complessive. E’ ovvio che ai fondi e alle grandi banche d’affari USA convenga con questi chiari di luna sul proprio mercato drammatizzare sull’Europa scommettendo sulla sua bassa tenuta, perché gli intermediari e gli investitori Usa sarebbero i primi a pagare invece i maggiori oneri di una crisi di credibilità della propria capacità di sostenere l’eccesso di debito. La terza potente molla è quella del sistema bancario internazionale. In attesa venerdì prossimo dei risultati degli stress test europei – tra parentesi dico che questo esercizio è stato tecnicamente compiuto a mio giudizio coi piedi, consentendo alle banche tedesche di fare quello che vogliono o quasi e proiettando su tutte le altre lunghe ombre – l’interesse convergente del sistema internazionale ma soprattutto delle maggiori banche tedesche, francesi e britanniche – molte di loro in piedi grazie ai denari dei contribuenti – è a spingere verso il basso la capitalizzazione delle maggiori banche italiane. Unicredit e Intesa sono trattate oggi a prezzi ridicoli, rispetto ai fondamentali e ai mezzi propri. Non è leggenda metropolitana ma realtà, che qualcuno di molto forte in Germania pensa che così si spinga per esempio Unicredit – puliti nel frattempo gli attivi tedeschi e all’EstEuropa comprati anni fa a caro prezzo per come erano opacamente contabilizzati dai germanici – a ricederli agli stessi tedeschi a prezzi di saldo. Attenti per favore. Io non penso e non sto affatto dicendo che l’Italia è vittima di una congiura. Lascio il complottismo a chi crede che il mercato sia guidato da pochi malefici gnomi. Il mercato è fatto da centinaia di migliaia di operatori che decidono sulle finestre di possibilità che vedono aperte. Ma la politica dovrebbe tenere gli occhi aperti, e sapere che nel mondo globalizzato meccanismi di questo tipo sono pronti a scattare sinergicamente, appena se ne creano le condizioni. Invece, la politica italiana non lo ha fatto. Ed ecco i tre fattori interni. Si chiamano: dvisione verticale all’interno del governo dopo un anno e mezzo di polemiche laceranti, con diluizione della manovra originaria prima e durante il Consiglio dei ministri; le vicende giudiziarie di Marco Milanese, che lambiscono il Tesoro, con indebolimento conseguente di Tremonti anche per quanto Berlusocni ha detto su di lui a Repubblica; infine l’indebolimento ulteriore del premier, e quando dico ulteriore sconto che è di lungo tempo la perdita dells sua faccia nei consessi internazionali, per effetto della sentenza sul lodo Mondadori e del risarcimento di 560 milioni alla Cir. Conclusione. Per realismo e se conosco i mercati, non basta affatto approvare la manovra com’è, cioè senza ulteriori diluizioni che erano annunciate, e il più rapidamente possibile in Parlamento. Onestà e serietà impongono oggi di dire che la danza macabra degli spread si interromperebbe solo per pochi giorni, rispetto all’attesa dell’eurocrac comunque entro il 2013. Occorre rafforzarla, la manovra, con almeno una decina di miliardi di euro di tagli aggiuntivi strutturali, e non di più tasse. Subito: per esempio ripristinando il tetto pensionabile a 65 anni per le lavoratrici private a cominciare dal 2012 e a pieno regime entro il 2018, non a cominciare dal 2020 fino al 2032 come hanno corretto la prima stesura. In più, aggiungendo privatizzazioni immobiliari per un paio di punti di Pil almeno. State attenti. Io vorrei sbagliare. Ma o si ha la forza di far così, subito, oppure di qui alla fine della legislatura sarà un calvario. E alla fine sarà patrimoniale. da Chicago blog.
Il parere di Ferruccio de Bortoli. La manovra economica non c'è ancora, ma parte rilevante dei suoi ipotetici benefici è già stata bruciata. In un giorno. È questa l'amara sintesi di quello che è accaduto lunedì sui mercati. La differenza, lo spread , fra il rendimento dei nostri Btp e i Bund è al record storico. I primi, sulla scadenza decennale, rendono il 5,7 per cento contro il 2,65 degli analoghi titoli tedeschi. Che cosa significa? Semplice: dobbiamo promettere di più, concedendo un premio maggiore al rischio, a chi ci presta i soldi. Il nostro debito, il 119 per cento del Pil, cioè superiore a quanto produciamo in beni e servizi ogni anno, va continuamente rifinanziato. La media mensile delle emissioni lorde di titoli sfiora i 40 miliardi. Nel 2010 gli interessi pagati sul debito sono stati pari al 4,5 per cento del Pil, ovvero 70 miliardi, e oggi sono intorno al 5. Lo spread con i Bund era di 245 punti base venerdì, ieri ha toccato i 305. Tanto per dare un'idea: cento punti significano 3,2 miliardi di maggiori interessi per l'anno in corso e 6,4 per il prossimo. Quello che è accaduto rende ridicola e preoccupante la litania dei distinguo e delle promesse di togliere questo o quell'aspetto della manovra per compiacere fette di elettorato o clientele. E ancora più incomprensibili la decisione di rinviare alla prossima legislatura il taglio dei costi della politica e l'anacronistica difesa delle Province. La crisi dei mercati espone nella sua drammaticità tutta la perdita di immagine di un esecutivo diviso da teatrali rivalità interne e indebolito dalle inchieste della magistratura. Della manovra, e soprattutto dei suoi saldi, abbiamo capito poco in Italia, figuriamoci che cosa possono aver pensato gli osservatori internazionali, spesso preda di pregiudizi. Il pareggio di bilancio al 2014 è obiettivo importante, ma se il percorso per raggiungerlo appare incerto e contraddittorio è come dire ai mercati: noi ci crediamo poco, però voi per favore credeteci. Per esempio, non si può pensare che la spesa pubblica (al 48 per cento del Pil nel 2001 è arrivata al 51 per cento lo scorso anno) non sia più seriamente riducibile, come farebbe qualsiasi avveduta famiglia. Si può fare molto di più. I mercati hanno bisogno di segnali chiari. Prendersela con la speculazione internazionale non serve a nulla. Consolarsi con la spiegazione, corretta, che è tutta l'area dell'euro sotto attacco, sarebbe fuorviante. Si approvi velocemente la manovra con una discussione aperta e concreta. Maggioranza e opposizione si ritrovino, una volta tanto, sulla linea della responsabilità tracciata da Napolitano che ha sollecitato Pd, Udc e Idv a concordare e limitare gli emendamenti: una svolta positiva. Si pensi al Paese, non ai voti. Il governo valuti anche la possibilità di anticipare il pareggio di bilancio, come hanno proposto sul Sole 24 Ore Roberto Perotti e Luigi Zingales, e dia un segnale più forte sulla crescita. Come? Le idee sono molte. Alcuni esempi: raggruppare tutti gli incentivi alle imprese in un fondo dedicato al finanziamento delle nuove imprese, soprattutto giovanili; abbattere con più coraggio la burocrazia; semplificare di colpo le procedure amministrative; costringere le società concessionarie (autostrade e aeroporti) a sbloccare investimenti già decisi; utilizzare meglio i fondi europei. Altre proposte sono contenute nell'articolo di Maurizio Ferrera. Se siamo seri non dobbiamo temere nulla, ha detto nei giorni scorsi Napolitano rivolgendosi ai palazzi della politica. Purtroppo finora non lo siamo stati. E i mercati ce la fanno pagare. Cara. Il Corriere della Sera. it
Il parere di Luigi Gruiso e Luigi Zingales. Quando nel 1946 Alcide De Gasperi parlò alla Conferenza di pace di Parigi non aveva dalla sua parte solo la cortesia dei vincitori, ma anche la credibilità di un uomo che aveva conosciuto la galera per la sua opposizione alla tirannide fascista. Il Paese era prostrato, ma la credibilità di cui gran parte della nostra classe politica di allora godeva permise all'Italia di essere accettata nel consesso delle nazioni occidentali, gettando le basi del miracolo economico. Nonostante il benessere raggiunto, oggi il nostro Paese agli occhi della comunità internazionale manca proprio di credibilità. La scarsità di questa risorsa, consolidatasi nei decenni, è senza dubbio diventata una caratteristica di fondo dell'Italia. Secondo i dati dell'Eurobarometro, tra i manager dei principali Paesi europei gli italiani sono quelli che godono della minor fiducia da parte dei loro colleghi. Tra i popoli della vecchia Europa gli italiani sono secondi solo ai greci per il grado di sfiducia che generano. Ma questo difetto di credibilità oggi è amplificato drammaticamente dal quadro politico. È un dato che prende corpo nell'opinione pubblica internazionale e riguarda direttamente l'affidabilità della classe politica che, dal presidente del Consiglio in giù, si trova al centro di indagini giudiziarie con ministri e sottosegretari costretti alle dimissioni. Questa mancanza di credibilità e fiducia non è solo un problema politico, ma anche economico. I Paesi che non generano fiducia sono in grado di esportare meno, attraggono meno investimenti esteri e sono meno capaci di sviluppare grandi imprese. In un mondo in cui la ricchezza è sempre più composta da beni intangibili (brevetti, segreti industriali, informazioni privilegiate) e dove la complessità accresce la necessità di ricorrere alla delega, la fiducia diventa sempre più una precondizione per fare affari. Nel comprare una valvola per un impianto nucleare, non posso permettermi il rischio che non sia affidabile. Il minimo dubbio sulla controparte mi induce a scegliere un altro fornitore. Nel condividere i miei segreti industriali con un partner, non posso permettermi un dubbio sulla sua onestà. Appena li nutro, la partnership è finita. Nell'effettuare in tempi brevi grandi transazioni, non posso dubitare dell'onestà del venditore. Nella primavera del 2008 Warren Buffett decise di non investire in Lehman Brothers quando scoprì che Dick Fuld, l'amministratore delegato della società, non era stato completamente trasparente nella trattativa. Buffett giudicò (correttamente) che chi non è onesto nel poco a maggior ragione non è onesto nel molto. La fiducia è particolarmente importante in tutte quelle situazioni in cui il beneficio derivante dal fidarsi a ragione di una controparte dubbia è limitato, ma la perdita causata dal fidarsi erroneamente è enorme, come nel caso di un impianto nucleare. Per questo la fiducia è particolarmente importante nel mercato del credito. La perdita che posso subire nel prestare a un debitore disonesto è di gran lunga maggiore del beneficio che posso trarre dal prestare ad un prenditore onesto. Per questo il mercato del credito è particolarmente sensibile alle crisi di fiducia. Alcuni lo chiamano panico, ma non c'è nulla di irrazionale nel maturare convinzioni da piccoli segnali, soprattutto quando il costo di non farlo può essere elevatissimo. Venerdì scorso i titoli di Stato italiani sono stati colpiti da una di queste crisi di fiducia. Lunedì la sfiducia è stata confermata ed estesa. Né panico, né tantomeno cospirazione internazionale contro l'Italia, ma solo ordinaria interpretazione delle notizie. Per la consuetudine con cui gli analisti americani guardano i fatti, se l'ex braccio destro del ministro Tremonti è accusato di corruzione e il ministro è ospite a casa sua, l'intero Paese e i suoi conti sono messi in dubbio. L'Italia non è la Grecia, da tutti i punti di vista. Ma il dato politico influenza il giudizio esterno. Perché, si domandano gli osservatori, l'Italia dovrebbe essere diversa? Realisticamente sono questi i pensieri che serpeggiano tra i detentori del nostro debito pubblico. In queste condizioni sorprende solo che il crollo sia stato tutto sommato limitato. La trasparenza non paga solo in termini di credibilità, ma anche di solidarietà. I tedeschi sono molto più disponibili ad aiutare l'Irlanda di quanto lo siano ad aiutare la Grecia, perché la Grecia ha mentito. L'unica attenuante è che le colpe appartengono al Governo precedente e Papandreou cerca di accreditarsi ai partner europei, come fece De Gasperi, come il volto della nuova Grecia. Abbiamo anche noi bisogno di credibilità, di persone credibili. Non è importante se abbiamo un Governo di destra o di sinistra. L'attuale destra e l'attuale sinistra soffrono, purtroppo, dello stesso deficit di credibilità nei confronti degli italiani e della comunità internazionale. Bisogna ricostruire un capitale di credibilità e fiducia, come fecero i nostri padri costituenti dopo l'esperienza del fascismo. Nuove basi perché il mondo creda che il nostro debito venga ripagato e gli italiani credano che questo verrà fatto in modo equo. Senza questa credibilità e fiducia l'Italia non può sopravvivere in Europa. Il Sole 24 Ore.it
Il parere di Impresa Oggi. Abbiamo condotto un'analisi monitorando l'aumento degli spread tra i Btp e i Bund tedeschi e abbiamo correlato ogni aumento dello spread ad avvenimenti del nostro paese. Emerge chiaramente che gli investitori o gli speculatori hanno tenuto sotto stretta sorveglianza gli avvenimenti collegati al nostro governo. L'allargamento della forbice si è avuta per strappi in relazione ai seguenti episodi: sconfitta del governo alle amministrative, sconfitta del governo ai ballottaggi, sconfitta del governo ai referendum, affaire Milanese Tremonti, dichiarazione di Berlusconi critica nei confronti di Tremonti. Oggi mercoledì 13 luglio la borsa segue l'andamento di ieri e supera il -4% di perdita con gli sprea oltre i 300 punti base. Quando Tremonti esce dall'Ecofin, in notevole anticipo rispetto alla chiusura dei lavori e afferma "Torno in Italia per chiudere il bilancio" nel giro di poche ore la borsa ha girato arrivando fino in territorio positivo. Il 24 luglio lo spread Btp/Bund scende a 247 puntii baser. Questa evidenza mostra un fatto innegabile "il nostro governo è sotto sorveglianza", pertanto se il governo non prende decisioni efficaci e tempestive lo spread è destinato a crescere.

Ancora in soccorso della Grecia (24 luglio 2011).
L'ufficialità arriva attraverso un tweet di Herman Van Rompuy, presidente della Ue: «la dichiarazione dei capi di Stato e di governo è stata approvata». E ancora, si legge nel documento conclusivo: «Concordiamo di sostenere un nuovo programma di aiuti per la Grecia e, insieme con il Fondo monetario e la partecipazione volontaria del settore privato, a coprire pienamente il 'gap' di finanziamento». I privati parteciperanno al salvataggio della Grecia per una cifra pari a 135 miliardi di euro in 30 anni, dice Nicolas Sarkozy. Nella bozza si afferma che il Fondo salva-stati sarà messo in condizioni di agire secondo le nuove modalità «come veicolo finanziario il più presto possibile». Il programma per la Grecia «sarà disegnato in particolare attraverso tassi di interessi più bassi e l'allungamento delle scadenze (dei titoli - ndr), in modo tale da migliorare la sostenibilità del debito e il profilo di rifinanziamento della Grecia». Il secondo programma di salvataggio della Grecia è una «soluzione eccezionale» che prevede l'intervento del settore finanziario «su base volontaria» per scambio di bond, «rollover» e «buyback». Ecco gli elementi principali del compromesso alla base del salvataggio della Grecia e euro, in seguito all'accordo raggiunto fra il presidente francese Nicolas Sarkozy e il cancelliere tedesco Angela Merkel. Innanzitutto, lo statuto dell'Efsf (il fondo salva Stati dell'Eurozona) verrebbe modificato in modo da consentire al Fondo l'acquisto diretto sul mercato secondario dei titoli di Stato greci o di altri paesi membri in crisi; oggi l'Efsf può intervenire solo sul mercato primario, ovvero al momento dell'emissione, e non raccogliere i titoli già sul mercato. In secondo luogo il settore privato verrebbe coinvolto nei costi del salvataggio della Grecia con il «roll-over», ovvero l'impegno volontario a riacquistare i titoli greci di nuova emissione, probabilmente a 30 anni, dopo aver incassato il rimborso dei vecchi bond, oppure con lo scambio diretto dei vecchi titoli con i nuovi. Da notare che quest'operazione sarebbe considerata come un «default selettivo» da parte delle agenzie di rating. Il terzo punto riguarda gli interessi sui prestiti dell'Eurozona ai paesi in crisi (Grecia, Irlanda e Portogallo), che verrebbero tutti ridotti al 3,5 per cento, mentre la durata del credito potrebbe essere allungata fino a 15-30 anni. Si parla anche, infine, di un impegno della Banca centrale europea ad accettare come «collaterali» per la liquidità fornita alle banche i titoli di Stato greci, se saranno garantiti dall'Efsf. Si accentuano ulteriormente i rafforzamenti dei mercati europei, con l'euro che arriva a superare quota 1,44 dollari sospinto da crescenti prospettive di un accordo di ampia portata - al vertice straordinario tra leader dell'area euro - per rafforzare e prolungare gli aiuti alla Grecia. Questo dovrebbe stabilizzare la situazione del paese e bloccare finalmente i rischi di contagio della sua crisi di bilancio ad altri Stati dell'area euro e al sistema finanziario, che nelle passate sedute avevano più volte zavorrato gli indici. Intanto la Borsa di Milano è tra le più rialziste di quello che tra le piazze europee e non solo si sta delineando come un rally, tra forti rialzi dei gruppi bancari l'indice Footsie-Mib segna un più 3,86 per cento, mentre Londra segna un più 1,07 per cento, Parigi più 2,09 per cento, Francoforte più 1,34 per cento. Le notizie in arrivo dal vertice straordinario di Bruxelles fanno crollare i rendimenti dei titoli di Stato dei Paesi toccati dale tensioni di questi giorni. Il calo più spettacolare è quello dello spread dei Btip italiani a 10 anni rispetto agli equivalenti Bund tedeschi: in base ai dati del sito Bloomberg, infatti, il differenziale di rendimento è sceso di oltre 35 punti, a quota 247 punti, con un calo del 12,7% rispetto all'apertura. Altrettanto forte è la discesa dello spread dei titoli spagnoli, che per la prima volta da giorni scendono abbondantemente sotto quota 300: dall'apertura a 321 punti, infatti, attualmente i Bonos di Madrid quotano a 285 punti (-11,2%). È di 40 punti, inoltre, il calo dello spread dei titoli portoghesi che passano da 913 a 873 punti (-4,4%). I benefici delle intese in via di definizione a Bruxelles sono evidenti anche sui bond a 10 anni della Grecia il cui rendimento scende di oltre l'1 per cento, passando dal 17,50 % dell'apertura al 16,49 % attuale. Wall Street si accoda all'Europa e registra a sua volta rialzi, mentre si rafforzano le prospettive di un accordo al vertice straordinario dei leader dell'area euro per prolungare e rafforzare gli aiuti alla Grecia. Questo dovrebbe stabilizzare la situazione del paese e bloccare finalmente i rischi di contagio della sua crisi di bilancio ad altri Stati dell'area euro e al sistema finanziario. Intanto oltre atlantico continuano a confluire i rapporti trimestrali sugli utili delle grandi società.

Brebemi a tempo di record (25 luglio 2011).
Il gruppo di banche che affianca Brebemi ha interamente reso disponibile gli 1,9 miliardi del finanziamento necessario per completare l'autostrada direttissima Milano-Brescia. Contestualmente i soci della cordata hanno, nella loro assemblea straordinaria, sottoscritto un aumento di capitale di 320 milioni portando a 520 milioni l'equity. Inoltre Francesco Bettoni, ad di Societa' di progetto Brebemi, ha annunciato, a sorpresa, che l'autostrada potrebbe essere aperta in anticipo: entro il 31 dicembre 2012 anzichè l'estate 2012. A patto però che il Cipe approvi entro settembre il progetto definitivo della Tem, la tangenziale esterna di Milano. L'opera rappresenta il naturale completamento della Brebemi. «In caso contrario - ha detto Bettoni - rinvieremo l'inaugurazione pur avendo terminato i lavori. Non possiamo scaricare 60/70mila veicoli nell'imbuto delle strade di campagna». Brebemi viene realizzata in completo autofinanziamento senza oneri per i contribuenti e per lo Stato, per un fabbisogno finanziario complessivo di 2,4 miliardi di euro, compresi gli oneri finanziari e l'Iva; l'investimento verra' ripagato dai ricavi dei pedaggi autostradali. La Brebemi dunque sarà realizzata completamente in project financing, come la Tem. «E non si capisce - ha detto, con evidente irritazione, Roberto Formigoni, presidente della Regione Lombardia - perchè il Cipe debba vagliare il progetto pur non essendoci un euro di denaro pubblico investito. Prevale la logica di farci perdere del tempo». Il Cipe è sotto il controllo del ministero dell'economia. Anche il vice ministro dei Trasporti Roberto Castelli ha stigmatizzato l'inopportunità del passaggio del progetto Tem al Cipe e l'inutilità di alcuni riti romani. «Io al ministero - ha concluso Castelli - svolgo un lavoro di facilitatore, ponendo in contatto le esigenze e i progetti per il territorio con i funzionari. Il Cipe però segue logiche e strade diverse».

Il debito usa (26 luglio 2011).
Lo scontro sul debito americano è diventato così drammatico che ieri sera, quando in Italia erano le tre di notte, il presidente Obama ha tenuto un discorso al paese per avvertirlo: «La nazione è davanti alla minaccia imminente di default». Subito gli ha risposto in tv lo speaker della Camera Boehner, mentre i parlamentari democratici e repubblicani continuavano a duellare con piani opposti per risolvere il problema dell’insolvenza, che scatterà il 2 agosto se il Congresso non autorizzerà il governo ad alzare il tetto sull’emissione di nuovi titoli. Ieri mattina, poco dopo l’apertura negativa dei mercati, il Fondo Monetario Internazionale ha pubblicato il rapporto annuale sull’economia degli Stati Uniti. Il responso è stato netto: «I direttori (del Fondo) hanno sottolineato l’urgenza di alzare il tetto del debito federale e trovare l’accordo sugli aspetti specifici di un ampio piano di risanamento dei conti di medio termine». Secondo l’Fmi l’America sta uscendo dalla crisi, ma «ad un ritmo modesto». Le ragioni sono chiare: «Il depresso mercato immobiliare, l’elevata disoccupazione e la debole fiducia dei consumatori». Il pil è aumentato del 2,9% nel 2010, si è ritratto al 2,5% nel 2011, e risalirà solo del 2,7 nel 2012. In questo quadro, «mettere il debito su una traiettoria sostenibile è essenziale per la stabilità dell’economia americana, con un impatto positivo sugli altri Paesi». Ovvio che il Fondo veda il mancato innalzamento del debito, con la successiva insolvenza degli Usa, come una minaccia per l’economia mondiale da scongiurare a tutti i costi. Ma i politici americani sembrano più preoccupati di posizionarsi in vista delle elezioni del 2012. Ieri Obama, parlando alla lobby ispanica del National Council of La Raza, è tornato a chiedere al Congresso un accordo complessivo che alzi il tetto del debito, riduca le spese e aumenti le tasse: i ricchi e le grandi corporation, ha detto, «devono pagare la loro parte». Riferendosi all’immigrazione, ma non solo, ha aggiunto che «l’idea di fare le cose da solo mi tenta molto, ma il nostro sistema non funziona così». In questo modo sembra aver messo da parte i suggerimenti di alzare il tetto d’autorità, sfruttando il quattordicesimo emendamento della Costituzione. Sul tavolo ci sono due proposte partitiche concorrenti. Ieri Boehner ha spiegato ai colleghi repubblicani i dettagli del suo piano in due tempi, da approvare entro mercoledì: primo, alzare subito il tetto del debito di circa un trilione di dollari, accompagnandolo con una riduzione della spesa per 1,2 trilioni; secondo, costituire una commissione bipartisan che individuerà altri tagli per 1,8 trilioni, consentendo così ad Obama di contrarre nuovi debiti per 1,6 trilioni. Niente aumenti di tasse e nessun successo per il presidente, che resterebbe impiccato alla crisi del debito fino alle elezioni. Il leader democratico del Senato, Reid, ha risposto con un’altra soluzione: tagli alla spesa per 2,7 trilioni, niente nuove tasse, e immediato innalzamento del tetto del debito fino a tutto il 2012. La Casa Bianca l’ha appoggiato con un comunicato, perché consentirebbe ad Obama di liberarsi del problema fino alle elezioni, senza toccare programmi sociali cari alla sua base. Nessuno dei due piani, però, potrebbe avere abbastanza voti per passare, perché alcuni conservatori hanno già detto che non voteranno la proposta di Boehner. Uno di loro, Steve King, è arrivato a minacciare l’impeachment per Obama se consentirà il default. Vista la drammaticità dello scontro, alle nove di sera il presidente è andato in tv per denunciare lo stallo in Congresso: sabato avevo chiesto una via d’uscita, non è arrivato nulla. Quindi ha spiegato i rischi del default e i vantaggi della proposta di Reid. Ha minacciato di bloccare col veto soluzioni ponte, chiedendo un compromesso. A ruota è arrivata la risposta di Boehner. La prossima mossa, visto che un accordo entro la scadenza del 2 agosto pare impossibile, potrebbe essere chiedere al Congresso di estendere il debito per due o tre settimane, in modo da evitare il disastro, guadagnare tempo e continuare il negoziato.

La strategia di Marchionne (26 luglio 2011).
Un punto d'arrivo, ma anche la base per lo sviluppo futuro di Fiat-Chrysler: si presta a essere letto secondo questo modo il significato del consiglio di amministrazione che la Fiat tiene oggi a Betim, in Brasile. È fin troppo facile capire perché l'appuntamento di questo 26 luglio rappresenti l'approdo di un percorso, in quanto sarà la prima occasione in cui i risultati delle due società verranno considerati unitariamente. Con il controllo da parte del Lingotto del 53,5% del capitale della casa americana, dopo una corsa che ha bruciato le tappe per assicurare alla Fiat la maggioranza delle azioni, i dati economici possono essere consolidati a partire dal mese di giugno. Nel primo semestre del 2011, per Sergio Marchionne è stato questo l'obiettivo prioritario, insieme col rinnovamento della Chrysler, che ha consentito un aumento del 20% delle vendite nel periodo. L'accelerazione impressa alla partita sul fronte americano è stata così la nota dominante nel processo di costruzione del nuovo soggetto globale dell'auto che, di fatto, fa adesso la sua comparsa ufficiale in Brasile. Questo compito prioritario conduce all'annuncio dell'assetto organizzativo che caratterizzerà il nuovo gruppo. In pratica, Fiat-Chrysler tenderà a funzionare d'ora in avanti come un soggetto d'impresa unitario, anticipando la fusione che dovrà essere codificata più avanti nell'architettura societaria. Sembra così di poter dire che Marchionne vuole anticipare, con lo schema manageriale che verrà adottato, un modello gestionale di gruppo prima ancora che la fusione fra le due società si realizzi. Ciò probabilmente allo scopo di accelerare la dinamica dell'integrazione fra le due compagini aziendali, indotte a operare come un corpo unico, ma, allo stesso tempo, di guadagnare il consenso degli investitori, mostrando loro l'efficacia e i vantaggi immediati della fusione. Del resto, nell'agenda di quest'anno permane ancora un ulteriore rafforzamento della quota di controllo della Chrysler, che dovrebbe salire entro l'anno di un altro 5%, in concomitanza con lo sviluppo di una nuova auto ecologica, in grado di compiere 40 miglia con un gallone di benzina, secondo l'obiettivo stabilito dal Governo americano. L'aspetto più importante dell'incontro di oggi, oltre alla comunicazione dei risultati economici, sta nella consacrazione del nuovo schema direzionale di Fiat-Chrysler. Esso si regge su quel progetto di ottimizzare l'incrocio fra prodotti e mercati che sin qui è stato la chiave di volta del matrimonio tra le due imprese. Al suo centro vi è l'interazione fra i responsabili delle quattro aree regionali strategiche (Stati Uniti, Europa, America Latina e, in prospettiva, Oriente) e i responsabili dei marchi. Dalla capacità d'istituire una collaborazione virtuosa fra chi dovrà governare i brand e chi le aree continentali dipenderanno il presidio articolato dei mercati e, in ultima analisi, il grado di successo complessivo del nuovo gruppo globale. La novità maggiore sta proprio nella logica mondiale a cui Fiat-Chrysler intende subito uniformarsi. Il gruppo si disloca secondo una modalità strategica e operativa che tende a mettere a fuoco le specificità di ogni area, spostando l'attenzione dall'interrogativo ricorrente sulla sua natura e matrice nazionale (basta scorrere i blog americani per accorgersi che anche là sussistono timori per un'eventuale perdita del carattere "made in Usa" da parte della terza delle case storiche di Detroit). Adottando questa configurazione, l'enfasi viene spostata sulle opportunità precipue offerte dalla varie aree mondiali e sulle politiche più valide per garantire il loro presidio. Ed è ovvio che da questo assetto emerge anche una naturale divisione del lavoro fra di esse: all'Europa, e all'Italia che è il caposaldo di Fiat-Chrysler nel continente, compete la specializzazione nelle attività progettuali legate all'esperienza di modelli come Panda, Grande Punto, eccetera. Risalta parimenti il rilievo acquistato dal Brasile, cui viene riconosciuto a tutti gli effetti il ruolo determinante che già ricopre attraverso la sanzione definitiva della sua autonomia. Non c'è dubbio, d'altronde, che oggi non siano equilibrati i pesi delle quattro aree, e non solo perché la presenza orientale e asiatica del gruppo è da costruire: Usa e America Latina sono attualmente le realtà più dinamiche e in espansione, mentre l'Europa presenta un profilo di mercato ancora incerto. Di qui in poi occorrerà essere ben consapevoli che l'orizzonte strategico e il dimensionamento operativo di Fiat-Chrysler obbediranno a criteri fondati sulla possibilità di monitorare e comparare in maniera costante l'andamento delle diverse realtà. La flessibilità con cui verranno gestiti i differenti mercati presuppone modalità di analisi e di valutazione delle performance assolutamente omogenee. La varietà dei mercati implica, in questa visione, la linearità e l'uniformità delle procedure che regolano i processi interni, a cominciare da quelli produttivi. Con le ricadute sui sistemi di relazioni industriali che da oltre un anno sono tema di controversia nel nostro Paese.

Ripresa in Giappone (28 luglio 2011).
Bene l'abbigliamento e il settore degli elettrodomestici a minori consumi energetici: per la prima volta dal terremoto di marzo, le vendite al dettaglio in Giappone sono amentate a giugno, mese in cui sono cresciute del'1,1% rispetto al giugno 2010 e del 2,9% rispetto a maggio, quando invece erano scese del 1,3% rispetto a un anno prima. Un buon segnale di recupero della domanda dei consumatori che rende piu favorevole lo scenario per le imprese straniere che esportano attraverso i canali della grande distribuzione nipponica. A guidare la ripresa sono stati appunto gli articoli di elettronica di consumo ed elettrodomestici a bassi consumi energetici. Oggi i grandi gruppi dell'elettronica hanno rilasciato i loro risultati finanziari per il secondo trimestre (il primo del nuovo anno fiscale); come c'era da attendersi, in genere i profitti operativi risultano in crollo per gli effetti del terremoto sia sulla catena manifatturiera sia sulla domanda interna, il risultato netto è leggermente negativo ma le previsioni di utili di gestione sull'intero esercizio risultano per lo più confermate, a indicare una prospettiva di sensibile ripresa. Panasonic, per esempio, ha accusato un calo del 93% degli utili operaivi a 5,6 miliardi di yen, ma ha confermato la stima di un profitto di gestione di 270 miliardi di yen a fine esercizio. Anche Sony ha registrato un netto calo dei profitti operativi nel periodo aprile-giugno a 27,5 miliardi di yen (rispetto ai precedenti 67 miliardi) e mantenuta invariata la previsione di guadagnare dalla gestione 200 miliardi di yen nell'intera annata (pur abbassando le stime su utili netti e ricavi); stessa dinamica per Sharp (meno 84% a 3,5 miliardi e conferma della stima annuale di 97 miliardi di yen) e Toshiba (meno 88% a 4,1 miliardi di yen e previsione annuale di 300 miliardi di yen in profitti operativi). Solo Nec e Fujitsu risultano in rosso. L'anticipazione del giorno riguarda però la potenziale ulteriore crescita del colosso cinese Haier sul mercato giapponese e su quelli asiatici grazie all'acquisto per circa 130 milioni di dollari - non ancora confermato - della divisione elettrodomestici bianchi (frigoriferi e lavatrici) di Sanyo, ceduta dalla controllante Panasonic. Dopo l'accordo tra Nec e Lenovo nei pc, è un altro segno dell'espansione in atto da parte dei grandi gruppi cinesi sul mercato giapponese.

Disoccupazione e attività manufatturiera (1 agosto 2011).
Nel primo trimestre 2011 il tasso di disoccupazione è sceso in Italia all'8,6% dal 9,1% del primo trimestre 2010, ma non certo a vantaggio dei giovani. Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) è salito infatti al 29,6% dal 28,8%, con un picco del 46,1% per le donne del Mezzogiorno. Lo comunica l'Istat. E' il tasso di disoccupazione giovanile più alto dall'inizio delle serie storiche omogenee, ovvero dal 2004. A maggio inoltre, sempre secondo i dati grezzi dell'Istat, il tasso di disoccupazione è salito dello 0,1% mensile all'8,1% con una flessione su base annua dello 0,5% e il numero complessivo dei disoccupati è risalito sopra la soglia dei 2 milioni: è pari infatti a 2.011 mila unità contro 1.994 mila unità di aprile. Nel primo trimestre 2011 la crescita tendenziale del numero degli occupati, sottolinea l'Istat «si rafforza ed è pari allo 0,5% (116mila unità)» e «il risultato è dovuto esclusivamente allo sviluppo dell'occupazione femminile». Continua a calare l'occupazione italiana (-160mila unità), a fronte di un lieve incremento del tasso di occupazione (dal 56,1% al 56,2%). L'occupazione straniera, invece, aumenta significativamente (+276mila unità), ma il relativo tasso di occupazione scende dal 62,8% al 62,4%. Dopo una caduta durata oltre tre anni, l'occupazione nell'industria in senso stretto manifesta un moderato recupero tendenziale (+1,5%, pari a 70mila unità). Il terziario registra un nuovo risultato positivo (+0,9%, pari a 140mila unità), diffuso nelle posizioni lavorative dipendenti e autonome. Dopo una lunga fase di riduzione gli occupati a tempo pieno tornano ad aumentare su base tendenziale (+0,2%, pari a 37mila unità); anche quelli a tempo parziale aumentano su base annua (+2,3%, 78mila unità), ma «si tratta ancora una volta di part-time involontario». In confronto al recente passato, la riduzione dei lavoratori con contratto a tempo indeterminato é molto più contenuta (-0,1%, pari a -19mila unità), mentre continua a crescere il numero dei dipendenti a termine (+4,1%, pari a 84mila unità), in gran parte nell'industria in senso stretto. Oltre alla disoccupazione giovanile, cresce anche la popolazione inattiva. Il fenomeno interessa sia coloro che cercano lavoro non attivamente (+79mila unità), sia quanti non cercano e non sono disponibili a lavorare (+61mila unità). Il tasso di inattività si porta al 37,8%, due decimi di punto in più rispetto a un anno prima. L'aumento degli inattivi deriva da un modesto calo della componente italiana (-38mila unità) e dalla persistente crescita di quella straniera (+165mila unità), soprattutto femminile. L'attività del settore manifatturiero italiano ha registrato a giugno la prima contrazione da oltre un anno e mezzo, in linea con il rallentamento verificatosi in tutta l'eurozona. E' quanto emerge dall'indagine Markit Economics che evidenzia un calo dell'indice Pmi a 49,9 (52,8 maggio) sotto la soglia 50, che separa l'espansione dalla contrazione. E' il livello più basso da ottobre 2009. A pesare è la debolezza della domanda, soprattutto quella interna. Il settore manifatturiero italiano per la prima volta in 7 mesi ha tagliato posti di lavoro, un fattore destinato a deprimere la spesa per i consumi.
Intanto sul fronte finanziario lo spread tra i Btp e i Bund tedeschi continua a salire; occorrono misure urgenti. Privatizzare e liberalizzare con decisione, ridurre drasticamente il costo della burocrazia e della politica. L'adozione di misure eccezionali, anche se dovesse comportare sacrifici per imprese e famiglie, sarebbe accettata a fronte di una ripresa degli investimenti e di prospettive meno incerte sul versante della crescita. Interventi più incisivi sul mercato del lavoro e sul sistema previdenziale potrebbero avere come contropartita maggiori opportunità di occupazione per i giovani, sostegni agli investimenti, certezze per le imprese. Una volta tanto si chiede al governo di pensare solo al Paese. E di cercare un dialogo con un'opposizione che non può essere tentata di scommettere sul disastro del Paese per liberarsi del suo avversario. Un confronto responsabile e serio.

Vola l'export italiano (2 agosto 2011).
Nei primi cinque mesi del 2011 l'export manifatturiero italiano ha fatto segnare un +17% risultato che si può definire tedesco. Nello stesso periodo, infatti, la Germania ha incrementato le proprie vendite all'estero del 17,7%. Il dato sull'export è di ieri e proviene dall'analisi dei settori industriali che Prometeia e IntesaSanpaolo redigono periodicamente. Se l'export tedesco ci batte per uno 0,7% come mai lo spread tra i Btp e i Bund tedeschi è di 300 punti base? Perchè le nostre imprese si battono bene e si fanno apprezzare sui mercati mondiali, mentre il nostro stato non è credibile e le manovre per abbattere il debito non dànno alcuna affidabilità. Parlare della straordinaria vitalità delle imprese italiane serve più di tante parole di circostanza a spiegare il valore dell'iniziativa avviata in questi giorni dalle forze sociali per dare un'impulso al nostro settore produttivo. Dietro quel documento più che un elenco di sigle c'è un'Italia che non si arrende e chiede alla politica di fare il suo mestiere. Un'Italia che per buona parte alle ultime politiche ha votato per il centrodestra e oggi si sente delusa. Quando furono resi noti i punti-chiave della manovra di rientro ideata dal governo e furono avanzate le prime critiche per la debolezza delle misure pro-crescita, ministri ed esponenti della maggioranza reagirono nervosamente. Ora lo dichiarano tranquillamente anche i più ligi: sarà per un deficit di competenze, sarà per la difficoltà obiettiva di varare misure immediatamente redditizie, non abbiamo un'agenda della crescita. Nei mesi scorsi abbiamo sprecato l'occasione del Pnr, il piano di riforme che Bruxelles da quest'anno chiede ai Paesi membri. Andate a consultare i rispettivi documenti di Italia, Francia e Germania e vedrete la differenza. Bene hanno fatto dunque Marcegaglia, Mussari, Malavasi, Marino, Bonanni, Camusso e gli altri a prendere l'iniziativa. Tutti i leader delle categorie produttive sanno benissimo che siamo entrati in una fase «geneticamente» nuova delle politiche pubbliche e sono coscienti che da oggi in poi non si potrà più produrre crescita tramite incremento della spesa. Non per questo si sono arresi e del resto non potrebbero, gli uni perché devono rendere conto agli imprenditori del «più 17%» e gli altri perché hanno una responsabilità nei confronti dei lavoratori che stanno firmando ovunque accordi aziendali orientati all'aumento di produttività e alla condivisione degli obiettivi. Bene ha fatto anche il governo a prendere sul serio il manifesto delle parti sociali e a organizzare un incontro formale per giovedì 4 agosto. Ma gli italiani non vogliono vertici ad uso dei fotografi o, peggio, kermesse oratorie. I cittadini hanno un'aspettativa in comune: sperano che da quella riunione esca un messaggio chiaro, un'inversione di tendenza, una scossa, una vera discontinuità con il passato.

Il documento delle parti sociali (4 agosto 2011)
«Decidiamo insieme cosa possiamo fare». Così il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, a imprese e sindacati nel corso del vertice sulla crisi a Palazzo Chigi. «Lo spirito di questo incontro è di trasformare le criticità in opportunità. Decidere insieme cosa insieme possiamo fare». Tremonti ha assicurato che il governo «non vuole rinunciare alla riforma fiscale. Se la delega assistenziale va avanti, riusciamo a fare quella fiscale». Pareggio di bilancio nel 2014, costi della politica, liberalizzazioni e privatizzazioni, sblocco degli investimenti, semplificazioni e pubblica amministrazione, mercato del lavoro. Sono questi i sei punti contenuti nel documento comune presentato dalle parti sociali al governo. Sul pareggio, le parti chiedono «provvedimenti strutturali capaci di incidere sulle tendenze di fondo della spesa pubblica». Sui costi della politica bisogna «anticipare da subito le riduzioni contenute nella manovra. Non c'è bisogno di fare una Commissione per valutare i tagli da fare in relazione agli standard europei». Occorre inoltre «un grande piano di privatizzazioni e liberalizzazioni da avviare subito». Gli investimenti vanno sbloccati «con misure eccezionali per le opere già finanziate con risorse pubbliche e private». Su semplificazioni e Pubblica Amministrazione bisogna «approvare rapidamente i provvedimenti all'esame del Parlamento». Infine per il mercato del lavoro «le parti sociali proseguiranno l'impegno per modernizzare le relazioni sindacali». Su un punto, le privatizzazioni, la Cgil non è d'accordo con le altre parti sociali. «Abbiamo condiviso con le parti - ha detto Susanna Camusso durante il tavolo con l'esecutivo - i punti presentati, tranne quello relativo alle privatizzazioni, perché privato non sempre è meglio e più efficace del pubblico». «La tempesta che stiamo attraversando è connessa a fragilità intrinseche di un'Unione Europea che è ancora carente sotto il profilo politico e degli assetti istituzionali» si legge nel testo condiviso in tempi record questa mattina nella foresteria di Confindustria, tra imprese banche e sindacati. «Il momento è grave va affrontato con la massima determinazione senza cercare scuse o scappatoie», viene sottolineato. «L'accordo raggiunto il 21 luglio scorso dal Consiglio europeo non è sufficiente - si aggiunge -. I mercati ci hanno detto che non basta. Comprendiamo che è difficile convincere gli altri Paesi a fare di più, ma riteniamo che questo sia assolutamente necessario». Per le parti sociali è necessario che il governo promuova «un'immediata azione verso i governi e le istituzioni europee affinchè l'Unione riprenda vigore e capacità d'iniziativa. Questo contribuirebbe a ridurre la pressione sui titoli italiani» «Dopo la relazione al Parlamento, ho la convinzione che solo la partecipazione di tutti gli attori economici e sociali può favorire un'uscita condivisa dalla crisi» ha detto il premier Silvio Berlusconi aprendo l'incontro con le parti sociali, secondo quanto riferiscono fonti presenti a palazzo Chigi. Il premier ha ricordato anche l'evoluzione del Consiglio Europeo, un vertice che Berlusconi giudica «fondamentale» per le regole condivise a sostegno dell'euro: «Ho lasciato Bruxelles con la convinzione che l'Europa oggi ha gli strumenti per difendere con maggiore vigore la costruzione comune». «L' Italia ha sempre onorato il proprio debito. Negli anni abbiamo dimostrato di essere stati capaci a ridurlo». Infine: «Vogliamo arrivare ad un patto complessivo entro settembre». «Possiamo produrre un documento alla fine di questa riunione con punti comuni, se condivisi e altri da aggiungere, facendolo seguire da riunioni anche a distanza o da tavoli, lo vedremo lungo il percorso, purché si riesca a dare discontinuità rispetto al passato, con tutto il rispetto per il lavoro già fatto insieme». È la proposta che il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, avrebbe avanzato nel suo intervento. «È stata definita un'agenda che riprende alcuni di questi punti che abbiamo presentato. Auspichiamo che questi temi vengano affrontati con la necessaria urgenza e straordinarietà che il momento richiede. È un momento grave che va affrontato con la massima determinazione. Sappiamo che parte della crisi viene dalla situazione internazionale, ma sappiamo anche che il problema va affrontato con urgenza nel nostro Paese», ha detto il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia dopo il confronto tra governo e parti sociali.

Il debito delle famiglie italiane (7 agosto 2011).
Il debito medio delle famiglie italiane, a fine 2010, ha superato i 19.000 euro. Nell'ultimo anno il debito medio è cresciuto di 3.200 euro. È quanto emerge da un'indagine della Cgia di Mestre. Gli italiani, spiega lo studio, si sono indebitati principalmente per l'accensione di mutui per l'acquisto della casa, per prestiti per l'acquisto di beni mobili, per credito al consumo, e finanziamenti di ristrutturazione degli immobili. Rispetto al dicembre 2009, afferma la Cgia, l'indebitamento medio nazionale è cresciuto in termini assoluti di 3.268 euro, segno che gli effetti della crisi si fanno sentire soprattutto sui bilanci delle famiglie. A livello provinciale le difficoltà maggiori sono a carico delle famiglie residenti in provincia di Roma (debito pari a 27.727 euro), seguite da quelle di Lodi (27.479) e da quelle di Milano (27.241). Al quarto posto si colloca la provincia di Prato (25.912), al quinto Varese (25.085) e al sesto Como (24.608). Il record della crescita del debito delle famiglie, tra l'1 gennaio 2002 (data dell'introduzione dell'euro) e il 31 dicembre 2010, appartiene alla provincia di Taranto (+197,8%). Seguono Caserta (+186,2%), Napoli(+184,3%) e Chieti (+177,3%). Chiude la classifica la provincia di Bolzano, con il +60%. Sempre in questo periodo la crescita dell'indebitamento medio delle famiglie è più che raddoppiato, +131%. Nello stesso arco temporale, invece, l'inflazione a livello nazionale è cresciuta del +18% circa. Per Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia di Mestre, «tendenzialmente la maggiore incidenza del debito sul reddito la ritroviamo tra i nuclei famigliari con possibilità economiche medio-basse». «È chiaro che con il perdurare della crisi economica questa situazione non tende a migliorare - aggiunge - non dimentichiamo, inoltre, che in Italia esiste un ampio mercato del prestito informale che non transita per i canali ufficiali». «Con la contrazione dei prestiti effettuati dalle banche in questi ultimi anni - prosegue - ho l'impressione che questo fenomeno sia in espansione, con il pericolo che la piaga dell'usura si diffonda sempre di più e non solo nel Mezzogiorno».

La manovra di ferragosto (18 agosto 2011).
Nel mese di agosto si è scatenata nei mercati mondiali una poderosa speculazione su quasi tutte le borse, complice anche la bassa quantità di titoli trattati. La speculazione ha colpito alla cieca ed ha una ragione precisa. Quando negli ultimi mesi del 2007 è partita la crisi i paesi più industrializzati stavano incubando due virus: una montagna di titoli tossici ed enormi stock di debito privato. Dopo tre anni e mezzo gran paerte dei titoli tossici e del debito privato si è trasferito nel debito pubblico; è cambiato il nome degli addendi ma il risultato non cambia. L'immenso debito, che è stato creato per poter vivere al di sopra delle singole possibilità, resta. L'unica soluzione è adottare provvedimenti che vadano nella direzione di ridurre il debito. L'Italia, sollecitata dalla Bce che sta acquistando titoli di stato italiani, ha adottato le misure indicate nel seguito. Il parere di IMPRESA OGGI è che alcune di queste manovre (vedi enti territoriali) sono complesse, troveranno infiniti ostacoli, richiedono tempi lunghi. Manca l'unica manovra che consentitrebbe di realizzare denaro in tempi brevi: le privatizzazioni.
ENTI TERRITORIALI
Accorpamento per province e comuni
Dalle prossime elezioni è prevista la soppressione delle Province sotto i 300mila abitanti. Si tratta di 36 province, in base ai dati Istat relativi al 2010. In più la nuova manovra prevede la fusione dei Comuni sotto i mille abitanti, con sindaco anche assessore, e la riduzione dei componenti dei Consigli regionali. Si tratta di circa 1.500 piccoli Comuni. Sempre in tema di enti territoriali, il decreto riduce di 6 miliardi i trasferimenti nel 2012 e di 3,5 nel 2013. Per le regioni il peso della riduzione dei fondi è pari a 1 miliardo di euro
MINISTERI
Ridotti i fondi Fas
Il taglio di 6 miliardi ai ministeri previsto nella manovra di Ferragosto arriverà attraverso la riduzione dei fondi Fas. In particolare, si tratta di tagli alla banda larga per quanto riguarda il ministero dello Sviluppo economico, meno risorse per la prevenzione di rischi di dissesto idrogeologico per quanto riguarda il ministero dell'Ambiente. Queste voci (dissesto idrogeologico e banda larga) sono infatti finanziati attraverso i fondi Fas. Ieri sera, durante la conferenza stampa, Berlusconi ha precisato che non saranno toccati i finanziamenti per l'edilizia scolastica e carceraria
FESTIVITÀ
Vengono spostate alla domenica le festività non religiose (non concordatarie) che cadono in un giorno infrasettimanale. Le festività spostate sono: il 25 aprile (festa della Liberazione), il 2 giugno (festa della Repubblica) e il 1° maggio (festa dei lavoratori). L'ipotesi di spostare le festività era stata formulata nei giorni scorsi. Ieri, poi, era stata ventilata l'ipotesi che questi giorni di festa venissero spostati al lunedì, per evitare i ponti. Alla fine ha prevalso l'abolizione del giorno di vacanza. Restano intatte le festività religiose, come ha sottolineato ieri sera durante la conferenza stampa il ministro dell'Economia Giulio Tremonti
PENSIONI
Il pacchetto previdenza esce drasticamente ridotto dalla correzione alla manovra. Il consiglio dei ministri ha approvato solo l'anticipo al 2016 (rispetto al 2020) del gradualissimo aumento del requisito di età per il pensionamento di vecchiaia delle lavoratrici del settore privato. Si partirà con un incremento di un mese il primo anno, due mesi il secondo anno (2018) e via via con gradini di sei mesi negli ultimi anni della transizione che si conclude nel 2027. Al requisito di età si aggiungerà, naturalmente, la finestra unica di un anno e i mesi di posticipo legati all'aspettativa di vita
PUBBLICO IMPIEGO
Il Tfr liquidato in 24 mesi
Nuova stretta sul pubblico impiego per garantire i risparmi aggiunti disposti per le amministrazioni centrali. Se l'obiettivo di riduzione della spesa indicato non verrà rispettato saranno congelate le tredicesime mensilità dei dipendenti. La secondo misura riguarda il Tfr, che non verrà più liquidato entro sei mesi dal momento del pensionamento ma entro 24 mesi. Infine, il taglio al personale: dovrà essere assicurata una riduzione del 10% del numero dei dirigenti di seconda fascia e del 10% dei dipendenti delle amministrazioni centali entro il marzo del 2012
COSTI DELLA POLITICA
Tagliate 54mila poltrone
Perderanno la poltrona 445 tra deputati e senatori, cancellati dalla legge costituzionale che dovrebbe anche rimodularne le indennità. Queste ultime, infatti, dovranno essere collegate al tasso di presenza ai lavori parlamentari. Aboliti i doppi incarichi, di parlamentare e sindaco o assessore e rafforzate le incompatibilità come quelle tra amministratore locale e presidente o consigliere di amministrazione delle società partecipate, prevista dalla riforma dei servizi pubblici locali.
CONTRIBUTO DI SOLIDARIETÀ
Tassati i redditi alti
Il contributo di solidarietà colpirà i redditi privati medio-alti: il prelievo è previsto per chi guadagna sopra i 90mila euro. L'aliquota del 5% si applicherà solo alla quota eccedente i 90mila euro. L'aliquota sale al 10% per quella sopra i 150mila euro.L'intervento ricalca quello già previsto per i dipendenti pubblici. Il prelievo non sarà eterno, ma si applicherà solo per due anni. È saltata l'ipotesi di un contributo di solidarietà a due vie per autonomi e lavoratori dipendenti: l'aliquota e le fasce sono uguali per entrambe le categorie.

Il PIL nell'area OCSE (19 agosto 2011)
Nel secondo trimestre del 2011 il Pil dell'area Ocse è rallentato allo 0,2% dopo lo 0,3% del primo trimestre dell'anno. Si tratta del quarto trimestre consecutivo in cui si registra una crescita sempre più fiacca. Gli unici due Paesi in cui il Pil avanza più che nel primo trimestre sono dunque Italia e Stati Uniti (entrambi a +0,3% da +0,1%). In Italia il Pil è salito dello 0,3%, facendo meglio rispetto allo 0,1% dei tre mesi precedenti. Nell'intera area euro la crescita è stata dello 0,2%, dallo 0,8% del primo trimestre. Gli andamenti delle macroaree evidenziano una crescita dello 0,2% sia per l'Unione europea (+0,8% nei primi tre mesi), che per l'area euro (+0,8%) e per i G7 (+0,2%). Tra le prime sette economie del mondo, le battute d'arresto più marcate sono state di Germania (0,1% da 1,3%) e Francia (crescita zero rispetto a 0,9%), seguite dal Regno Unito (0,2% da 0,5%). Per quanto riguarda gli Stati Uniti, il Pil è salito dello 0,3% dopo lo 0,1% dei primi tre mesi dell'anno (dato rivisto al ribasso rispetto allo 0,5% iniziale). In Giappone continua una fase negativa, anche se in miglioramento (-0,3% da -0,9%). Su base annuale, il Pil del secondo trimestre dell'intera area Ocse é salito dell'1,6%, contro il +2,4% del primo trimestre.

La disoccupazione dei giovani (24 agosto 2011).
Questa volta è la Confartigianato a lanciare l'allarme e a confermare un dato tristemente noto: L'Italia detiene il record negativo in Europa della disoccupazione giovanile. Sono 1.138.000 gli under 35 senza lavoro, è stato calcolato dall'Ufficio Studi dell'Associazione degli artigiani. A stare peggio sono i ragazzi fino a 24 anni: il tasso di disoccupazione in questa fascia d'età è del 29,6%: uno su 3 è senza lavoro, rispetto al 21% della media europea. Il rapporto conferma tuttavia il paradosso italiano: aumentano le iscrizioni ai licei e calano quelle agli istituti professionali. Mentre le imprese faticano a trovare manodopera specializzata e artigiani. Il primato negativo a livello nazionale è della Sicilia con una quota di disoccupati under 35 oltre il 28%. E se la media italiana si attesta al 15,9%, va molto peggio nel Mezzogiorno dove il tasso sale a 25,1%, pari a 538.000 giovani senza lavoro. Tra il 2008 e il 2011 gli occupati under 35 sono diminuiti di 926.000 unità. Nella classifica delle regioni seguono la Campania con il 27,6% di giovani senza lavoro, la Basilicata (26,7%), Sardegna (25,2%). Conviene invece andare in Trentino Alto Adige dove il tasso di disoccupazione tra 15 e 34 anni è contenuto al 5,7%, oppure in Valle d'Aosta con il 7,8%, Friuli Venezia Giulia con il 9,2%, la Lombardia con il 9,3%. Ma non sono solo i giovani le vittime della crisi del mercato del lavoro italiano. Il rapporto di Confartigianato segnala il peggioramento della situazione per tutti. La quota di inattivi tra i 25 e i 54 anni arriva al 23,2%, a fronte del 15,2% della media europea, e tra il 2008 e il 2011 è aumentata dell'1,4% mentre in Europa è diminuita dello 0,2%. In un contesto così critico, il rapporto di Confartigianato rivela paradossi tutti italiani sul fronte dell'istruzione e della formazione che prepara al lavoro. Per il prossimo anno scolastico 2011-2012, infatti, è previsto un aumento del 3% degli iscritti ai licei e una diminuzione del 3,4% degli iscritti agli istituti professionali. Nel frattempo, le imprese italiane, nonostante la crisi, denunciano la difficoltá a reperire il 17,2% della manodopera necessaria. Una strada per facilitare l'ingresso dei giovani nel mercato del lavoro è quella dall'apprendistato, sostiene Confartigianato. Gli apprendisti in Italia sono 592.029. In particolare l'artigianato è il settore con la maggiore vocazione all'utilizzo di questo contratto: il 12,5% delle assunzioni nelle imprese artigiane avvengono infatti con l'apprendistato, a fronte del 7,2% delle imprese non artigiane. «La riforma dell'apprendistato voluta dal Ministro Sacconi - ha affermato il Segretario Generale Cesare Fumagalli - potrá contribuire a ridurre la distanza tra i giovani e il mondo del lavoro. Da un lato, i ragazzi potranno trovare nuove strade per imparare una professione, dall'altro le imprese potranno formare la manodopera qualificata di cui hanno necessità».

Anche la Germania sotto attacco (27 agosto 2011).
Nella tempesta che ha travolto negli ultimi mesi le banche italiane e quindi il FTSE MIB, ma anche i listini di Grecia e Spagna, il Dax ha finito per fare da argine. Di fatto fino a tutto luglio l'indice ha tenuto con perseveranza la quota intorno ai 7mila punti. Poi improvvisamente lo scivolone: con il Dax a inanellare cadute su cadute che hanno portato in soli 30 giorni l'indice a quota 5.537 con cui ha chiuso ieri. Una secca perdita del 23%, oltre un quinto dell'intera capitalizzazione in un mese. Vista così l'episodio dell'altro ieri con quel maxi-ordine di vendita che ha fatto cadere l'indice del 4% (per poi chiudere a -1,7%) e che ha precipitato per una buona mezz'ora gli operatori di tutto il mondo nel panico, si iscrive in un contesto ben più ampio. C'è davvero, e non per lo spazio di un mattino, una vera e propria fuga degli investitori dalla locomotiva borsistica tedesca. Ora anche le banche si scoprono vulnerabili. E questo apre una luce nuova sui mercati, che esula dal nervosismo per la sorte di Grecia e affini. Non si vende il Dax per la paura del debito tedesco ovviamente e neppure per le sorti greche che pur continuano a tenere con il fiato sospeso Berlino così come le altre capitali. Ci si libera dei migliori titoli tedeschi in realtà per due motivi che si sono concatenati. Il primo è il timore del rallentamento della crescita mondiale. Che sia recessione o meno cosa fa un operatore di Borsa? Si libera di quei titoli più legati al ciclo economico. E il listino tedesco è perfetto, pieno com'è di titoli di società manifatturiere che fanno della Germania il primo esportatore dell'eurozona. Vista in quest'ottica ci si può spiegare il crollo di un colosso dell'acciaio come Thyssen Krupp, scivolata di un 29% da inizio agosto e di un 39% da inizio luglio. Ma anche la chimica è caduta: Basf segna un rosso del 22% a un mese; la Bayer del 20%. Venduti a piene mani i cementieri come Heidelberg (-26%) e che dire dell'auto che pur raccoglie ancora, come nel caso di Volkswagen, margini e utili in Estremo Oriente? La casa di Wolfsburg perde da inizio agosto il 21% e Daimler il 27%. Il maggior produttore di auto in Europa ha chiuso il primo semestre dell'anno con ricavi in crescita del 25,8% a 77,8 miliardi un utile netto salito a 6,5 miliardi dagli 1,8 miliardi. E il consenso prevede tuttora utili netti a 8 miliardi dai 5 miliardi del 2010. Su Basf sono sì state tagliate le stime, ma nonostante ciò le aspettative sono per utili per azione a 6,3 euro quest'anno e a 7,15 per il 2012. Insomma per ora niente che faccia pensare a un capitombolo sui bilanci. Eppure si vende. La spiegazione anche qui ha una sua ragion d'essere: se si teme l'arrivo di una recessione globale si prende profitto sui titoli che rischiano di rallentare e che hanno corso molto. Volkswagen è reduce da un rally del 250% dai minimi del marzo 2009. Siemens guadagna tuttora il 64% dal marzo 2009; la stessa Basf ha regalato finora agli investitori un buon 108% dai minimi del 2009. Ma c'è un secondo elemento che s'intreccia con la paura della recessione che fa vendere gli industriali (e non solo) del Dax. È il fatto che con il divieto delle vendite allo scoperto sugli altri listini continentali, Francoforte resta l'unica vera piazza dell'eurozona a calamitare chi vuole giocare al ribasso. Spiega un operatore di vecchia data come Gian Luca Bolengo, direttore generale di Intermonte: «Con il bando sullo short in mezza Europa, il Dax è divenuto nei fatti l'unico indice su cui andare corti sulle azioni europee. Non si possono usare gli indici nazionali degli altri Paesi e neanche l'EuroStoxx data la presenza di titoli francesi e italiani. E così la scelta del Dax è quasi obbligata». Unisci a questo fatto tecnico la prevalenza su Francoforte di titoli fortemente legati al ciclo economico e il mix per l'attacco alla Germania è perfetto.

Reazioni al decreto di ferragosto (29 agosto 2011).
Come era prevedibile la seconda metà del mese di agosto è trascorsa in profondissime discussioni su come avrebbe dovuto essere o non essere il decreto (Chi aveva ridicolizzato Calderoli quando aveva affermato che non ci sarebbero state vacanze oper la poliotica?). Ad esempio le provincie per Berlusconi sono tutte da abolire, per Calderoli i ragionamenti intorno a eventuali risparmi dovuti alla cancellazione delle Province sono solamente “castronerie”. La Lega sta contestando molti punti della manovra, ma su qualche punto il Carroccio dovrà pur cedere: se le pensioni non si toccano, se la protesta degli amministratori in camicia verde deve essere placata con qualche contentino, se le province rappresentano un tabù… che fare? Non c’è dubbio che “contributo di solidarietà” e abolizione delle province siano i due temi più “caldi” che connotano il dibattito intorno alla manovra, con l’aumento dell’Iva a fare da terzo incomodo. L’aumento di un punto percentuale dell’Iva sarebbe la misura che farebbe incassare più soldi allo Stato, permettendo anche di “ammorbidire” i tagli agli enti locali. Il problema però è duplice: da una parte si inasprirebbe il carico fiscale, dall’altra si rinuncerebbe a tagliare con decisione la spesa pubblica. Sulla diminuzione della spesa, il decreto incrementa per 6 mld e 2,5 mld (rispettivamente per il 2012 e per il 2013) gli obiettivi di riduzione di spesa dei Ministeri. Ma gli obiettivi di risparmio riguardano anche le regioni (a statuto speciale e ordinario), le province e i comuni con più di 5 mila abitanti. Il concorso degli enti locali alla riduzione della spesa è stimato dal governo in 6 miliardi totali per il 2012 e in 3,2 miliardi per il 2013. Fin qui tutto bene, ovvero: fin qui si è parlato di tagli. Veniamo al contributo di solidarietà, che rappresenta la tassa della discordia. Si tratta dell’ormai famoso prelievo del 5% sulla parte eccedente i 90 mila (e fino i 150 mila euro) del reddito complessivo delle persone fisiche, e del 10% sulla parte eccedente i 150 mila euro. Il contributo di solidarietà viene stimato dal governo in circa 2,8 miliardi di euro per ciascuno degli anni dal 2012 al 2014, ma contro di esso si è schierato un esercito di detrattori neo-liberisti. Ma cosa si può fare per eliminarlo? occorre recuperre i soldi da altre fonti. Il partito "anti contributo di solidarietà" sostiene che l’abolizione delle province potrebbe coprire il mancato gettito grazie a un risparmio di oltre 2 miliardi di euro. L'Istituto Bruno Leonu ha pubblicato un Report che mosstra l'inutilità delle provincie.

Consumi in stallo (29 agosto 2011).
«La debolezza dei consumi a livello pro capite lascia prevedere un rallentamento generalizzato dell'uscita dalla crisi tanto che, a fine 2011, ben 17 Regioni su 20 rischiano di registrare un livello di consumi inferiore a quello del 2000». È quanto rileva un'indagine della Confcommercio, che evidenzia i ritardi del Sud. Su 20 Regioni italiane, la dinamica dei consumi pro-capite indica che solo Friuli, Molise e Basilicata segnano livelli di consumi superiori a quelli di 11 anni fa. Secondo la ricerca della Confcommercio «negli ultimi anni si riduce il contributo del Sud in termini di consumi rispetto al totale nazionale con una quota che è passata dal 27,2% del 2007 al 26,6% del 2011». Risultano, invece, positive le dinamiche delle regioni settentrionali, «con quote - spiega - in costante aumento sia nel Nord-Est (dal 21,8% al 22,2%) che nel Nord-Ovest (dal 30,1% al 30,6%)». L'associazione dei commercianti, fa, inoltre, notare, che «alle deboli performance del Mezzogiorno si associano anche gli effetti del calo demografico registrato in quest'area (la quota della popolazione sul totale nazionale è scesa dal 36,4% del 1995 al 34,4% del 2011) che hanno determinato il protrarsi del calo dei consumi anche nel 2010». A livello di singole regioni, sottolinea la Confcommercio, «nel 2009 tutte fanno registrare una contrazione dei consumi in termini reali con picchi in Calabria (-4,2%), Puglia (-3,6%), Sicilia (-3,2%) e Campania (-3,0%), mentre nel 2010 solo il Nord-Est ha recuperato i livelli di consumo pre-crisi». Per l'associazione in una prospettiva di più lungo periodo, nel 2017, «il Mezzogiorno avrà acuito il suo ritardo con una continua riduzione della spesa per consumi rispetto al totale nazionale». In ogni caso, aggiunge, «al di là delle differenti dinamiche dei consumi che evidenziano una maggiore debolezza delle regioni meridionali confermando i divari territoriali presenti nel Paese, a livello generale va segnalato il tentativo delle famiglie di recuperare i livelli di consumo persi nel biennio recessivo anche se le previsioni per il 2011 sull'intero territorio restano modeste con un +0,8%».

Modifiche alla manovra di ferragosto (30 agosto 2011).
Completa abolizione del contributo di solidarietà sui redditi più elevati, con la sola eccezione dei parlamentari, riduzione di tre miliardi dei tagli a carico degli enti locali e salvataggio dei piccoli Comuni. Sono gli aspetti rilevanti sulle modifiche alla manovra raggiunto nella maggioranza alla fine del vertice di Arcore. Sono stati approvati un intervento sulle pensioni di anzianità, vincolando le uscite con il solo canale contributivo a 40 anni effettivi di servizio senza più il computo dei riscatti per laurea e servizio militare (intervento subito rimosso per l'assurdità dell'impostazione), una stretta sui vantaggi fiscali delle cooperative e a «nuove misure finalizzate a eliminare l'abuso di intestazioni e interposizioni patrimoniali elusive», come sottolinea una nota di Palazzo Chigi nell'esplicitare l'intesa. In altre parole, società di comodo e trust finiranno nel mirino del fisco. Per le Province, invece della prevista abolizione degli enti sotto i 300mila abitanti, si procederà alla loro soppressione totale con il disegno di legge costituzionale già messo a punto nelle scorse settimane dal Governo, sotto la spinta del ministro, Roberto Calderoli, per riorganizzare l'assetto istituzionale; è previsto anche di dimezzare il numero dei parlamentari. Il Ddl sarà inviato al Quirinale con le integrazioni. Salvi anche i piccoli Comuni che resteranno in vita ma dovranno gestire in forma associata i servizi. La maggioranza garantisce che con le modifiche concordate i saldi restano invariati visto che l'alleggerimento dei tagli sugli enti locali e la soppressione della super-Irpef verrebbero compensati dall'intervento sulle pensioni, dalla stretta sulle coop e dalle misure anti-evasione; questa ipotesi va analizzata con attenzione. Le opposizioni sostengono che i saldi non restano invariati e che nmancano alcuni miliardi. Il vertice con Silvio Berlusconi, Umberto Bossi e il ministro Giulio Tremonti, allargato allo stato maggiore di Pdl, Lega e Responsabili e al relatore della manovra al Senato, Antonio Azzollini (Pdl) si è rivelato decisivo. Il premier ha ottenuto l'eliminazione del contributo di solidarietà (abolite le due soglie di 90mila e 150mila euro e la doppia aliquota del 5 e del 10%), che, oltre che per i parlamentari, dovrebbe restare in vigore solo per i dipendenti pubblici e i pensionati, come previsto dalle precedenti manovre. Tremonti l'ha spuntata sull'Iva: il capitolo sarà affrontato nell'ambito della delega fiscale. Il Pdl ha ottenuto un primo intervento di freno sulle pensioni di anzianità, anche in linea con le richieste di frondisti e Responsabili. E la Lega ha incassato l'alleggerimento del taglio agli enti locali e un intervento anti-evasione almeno in parte sulla falsariga della patrimoniale contro gli evasori. Il governo continua nella sua opera di aggiustamento della manovra, ma, non si possono accontentare tutti. La coperta è troppo piccola. In questi giorni ci si sta accorgendo di quanto sia ammalato il nostro Paese. Lo spettacolo è pietoso, sia da parte del governo che non riesce a trovare la quadra e un po' di pratico decisionismo, ma anche da parte di tutti gli italiani che non hanno altro orizzonte che il proprio orticello e i grilli parlanti che hanno come orizzonte le loro profonde convinzioni. E' un continuo fiorire di proposte ma il problema è che ciscuno è più interessato a scardinare quelle degli altri.

Relazione Unioncamere: occupazione e tasse (31 agosto 2011).
Sarà un autunno nero per l'occupazione: anche se l'emorragia dei posti di lavoro registra un rallentamento, il saldo a fine 2011 per le imprese con almeno un dipendente (circa 1,5 milioni) mostra ancora il segno meno: 88mila i posti in uscita - dice Unioncamere - pari a un calo dell'occupazione dipendente dello 0,7%. Più a rischio il lavoro nelle piccole e medie imprese e, a livello geografico, è il Sud a mostrare un deciso affanno. Nel 2010 il saldo negativo era stato di 178mila unità, -1,5%. Peggio ancora era andata nel 2009, anno clou della crisi: 213.000 i posti bruciati, pari a -1,9%. Nei numeri del centro studi Unioncamere il 2011 vede quasi 44mila entrate in più rispetto al 2010 e 47mila uscite in meno ma, anche a causa dell'accresciuta incertezza sulla scena internazionale, l'inversione di tendenza non sembra essere alle porte per le imprese dell'industria, commercio e servizi. Per il settore industriale a fine 2011 è attesa una perdita di quasi 59mila unità (-1,2%); meglio i servizi che dovrebbero fermarsi a quota -29mila unità (-0,4%). Crollo invece per le imprese delle costruzioni (quasi 29mila posti in meno). Nei servizi, l'unico settore che arriva a perdere un punto percentuale è relativo agli alberghi e ristoranti, mentre i tassi di variazione degli altri comparti sono compresi tra il -0,7% (servizi alle imprese) e il -0,2% (commercio al dettaglio). Unico segno più i servizi avanzati, dove le imprese pensano di incrementare di circa 1.500 unità i propri dipendenti. E un'altra cattiva notizia arriva dal fronte delle tasse. Tra il 1995 e il 2010 la tassazione a livello locale è aumentata del 137,9%. In termini assoluti, le entrate fiscali delle Amministrazioni locali (Comuni, Province, Regioni) sono passate da 40,58 miliardi a 96,55 miliardi di euro. Sono questi i principali risultati emersi da una elaborazione realizzata dalla Cgia di Mestre, dati a prezzi costanti 2010, ovvero al netto dell'inflazione. Secondo La Cgia, inoltre, l'amministrazione centrale ha invece incrementato le entrate «solo» del 6,8%. Se nel 1995 il gettito era di 326,69 miliardi, nel 2010 ha raggiunto i 348,92 miliardi di euro, mentre il Pil, sempre in questi ultimi 15 anni, è cresciuto nel nostro Paese del 19,1%.

Crollo delle borse (2 settembre 2011)
Borse in forte ribasso nell'ultima seduta della settimana. Gli indici aumentano le perdite dopo la diffusione del dato sulla disoccupazione negli Stati Uniti, rimasto invariato in agosto al 9,1%. È rimasto invariato, però, anche il numero degli occupati, per la prima volta dal 1945. Questo dato è decisamente peggiore delle attese (75mila nuovi posti di lavoro). Sono inoltre stati rivisti al ribasso i dati dei due mesi precedenti: a luglio sono stati creati 85mila posti e a giugno 20mila. Questa indicazione getta un'ombra sulla ripresa economica e trascina in profondo rosso i listini. A Piazza Affari il FTSE MIB ha ceduto il 3,89%.. Pesanti anche il CAC 40 di Parigi (-3,59%) e il DAX 30 di Francoforte che segna un calo del 3,55 per cento. Male anche l'IBEX 35 di Madrid (-3,7%). A Wall Street il Dow Jones cede l'1,38%, lo SandP 500 l'1,4% e il Nasdaq l'1,5%. In questo contesto di avversione al rischio vola il franco svizzero, scambiato a 1,1087 contro l'euro. Sale ancora e supera i 320 punti base lo spread tra BTp e Bund. Sull'onda del calo delle Borse, il differenziale di rendimento tra Italia e Germania sulla scadenza decennale è aumentato fino a 324 punti base e oscilla ora sui 318 centesimi. «L'allargamento dello spread - dice un trader- è dovuto più agli acquisti sul Bund, che è sceso sotto il 2% di rendimento, che alla debolezza del decennale italiano, che è rimasto sostanzialmente fermo». Al momento il rendimento del decennale italiano schizza verso l'alto di ben 8 centesimi e vale il 5,23%. In affanno, ma meno del pari scadenza italiano, anche il decennale spagnolo, con un rendimento che si attesta al 5,03% (+3 centesimi). In deciso rialzo anche il Bund future che, dopo la diffusione dei dati sul mercato del lavoro americano, ha accentuato i guadagni e sale quasi una figura tick a 136,66. Attenzione sui titoli delle banche, dopo il monito lanciato dal Fondo Monetario Internazionale sulla necessità di rafforzare il patrimonio degli istituti europei. In aggiunta il New York Times di quest'oggi sostiene che le autorità americane hanno allo studio di richiedere migliaia di dollari di indennizzo danni alle banche americane coinvolte nello scandalo dei mutui "subprime". Si tratterebbe di JPMorgan Chase, Goldman Sachs o Deutsche Bank. L'euro resta debole attorno a 1,42 dollari. La moneta unica scambia a 1,4232 dollari (1,4265 ieri) mentre gli operatori concentrano gli acquisti su yen e franco svizzero. La moneta elvetica passa di mano a 1,1251 sull'euro (1,1355 ieri) e a 0,7906 sul dollaro (0,7961). Secondo gli operatori, il mercato valutario sta speculando sul fatto che le cattive notizie sul fronte dell'occupazione Usa spingano la Fed a misure di alleggerimento quantitativo che andranno a indebolire la divisa Usa. Per quel che riguarda l'euro, Michael Hewson, analista di Cmc Markets, in un report di oggi, ipotizza invece che gli investitori stiano iniziando a prezzare un taglio dei tassi da parte dell'Eurotower già a partire dalla riunione della prossima settimana. Chiusura in ribasso per la Borsa di Tokyo dove l'indice NIKKEI 225 cede l'1,21% a 8.950,74 punti sulla scia di Wall Street. Sui mercati asiatici è debole il prezzo del petrolio in attesa della pubblicazione del rapporto mensile sull'occupazione Usa e vuole capire quale sarà l'impatto sulle coste americane dell'uragano Katia. Il Wti con consegna a ottobre è in calo dello 0,28% a 88,68 dollari mentre il Brent cede lo 0,05% a 114,23 dollari. Il primo ministro giapponese, Yoshihiko Noda, ha presentato oggi la composizione del suo governo che avrà la responsabilità di guidare la ricostruzione del Paese dopo lo Tsunami. Due quarantenni sono stati nominati a capo dei ministeri chiave delle Finanze e degli Affari Esteri. Noda, 54 anni, ha dato il portafoglio delle Finanze a Jun Azumi, 49 anni, nativo della prefettura di Miyagi (nel nord-est), una delle più devastate dal sisma dell'11 marzo. Il premier giapponese ha poi messo a capo della diplomazia giapponese Koichiro Gemba, 47 anni, ministro per la Strategia Nazionale del precedente governo. Azumi, sotto il governo di Naoto Kan era responsabile dei rapporti del partito Democratico di Giappone (PdJ) con il Parlamento. Noda é divenuto martedì il sesto primo ministro del Giappone in cinque anni.

Cernobbio: pareri sulla crisi (2 settembre 2011).
Un’aria pesante che al Forum Ambrosetti non si era mai respirata negli ultimi pur difficilissimi anni, nemmeno alla vigilia del crac Lehman e nemmeno dopo, quando alla bufera finanziaria è seguito l’affanno economico. Così nero come oggi non hanno mai visto gli imprenditori solitamente e malgrado tutto inclini a sperare in tempi migliori: nel primo sondaggio condotto in mattinata sono in netta maggioranza quelli che affermano di credere al peggiore degli scenari, la doppia recessione, il cosiddetto e pericolosissimo double dip. La stessa platea, almeno in prevalenza, teme addirittura la mancata tenuta dell’euro nei prossimi tre anni o comunque forti difficoltà per la moneta unica. «L'Italia sia responsabile»- Gli intervistati sembrano superare in disfattismo i relatori della prima sessione, il piatto forte della giornata, con le relazioni sulla crisi mondiale degli economisti Nouriel Roubini e Hans-Werner Sinn e dell’esponente del Fondo monetario internazionale, Zhu Min. I primi due, nell’ordine un americano e un tedesco, concordano sulla possibilità che lo scivolone recessivo abbia un andamento a doppia v. Il vice direttore generale del Fmi, cinese, già ai vertici della Bank of China, vede invece la lenta e graduale uscita dal tunnel. Inutile ripetere quale tesi hanno sposato manager e imprenditori italiani preoccupati dall’assenza di crescita. – Per il seguitissimo professore della New York University - uno che per aver previsto la crisi dovette scontare la nomea di menagramo - l’Italia paga sui mercati il deficit di «credibilità politica». Un problema che andrebbe risolto «affidandosi a un governo tecnico di alto profilo». Detto questo, per l’economista l’Italia come l’Europa ha bisogno di crescita. «Stringere la cinghia non basta – sostiene- ci vogliono misure per la crescita». – «C’è la grande necessità da parte dell’Italia di avere un comportamento responsabile», ha avvertito il presidente dell’Università Bocconi, già commissario europeo, e da più parti indicato come l’uomo giusto per guidare un governo tecnico. Un comportamento «che non alimenti sospetti nell’opinione pubblica e nei partner europei circa la serietà del nostro Paese». Anche per questo «la confusione» sulla manovra va evitata perché può contribuire a «rinfocolare la diffidenza europea e le preoccupazioni della Bce». – A dar voce alle inquietudini degli imprenditori, che tra l’altro sembrano temere che la versione definitiva della manovra non sia quella attuale, è il vicepresidente di Confindustria, Alberto Bombassei. «Se avesse la volontà di decidere, un governo forte porterebbe avanti le sue scelte senza badare alle reazioni – afferma -. Invece ogni volta che si prende un’iniziativa c’è qualcuno che mette il veto. Le divisioni vanno superate». Di tutti gli interventi di Cernobbio questo, a mio parere, è il più saggio. Continua .. «Terribili, i numeri della disoccupazione sono terribili». Martin Feldstein, docente di Economia a Harvard, presidente emerito del National Bureau of Economic Research, scuote la testa mentre a Cernobbio viene raggiunto dalla notizia della "crescita zero" nei posti di lavoro in America. E continua: «Potremmo già essere in recessione. Non so quanto potrà essere grave o se avremo una recessione globale. Anche su Paesi europei si allunga l'ombra di recessioni. Ma non credo ci sia molto da fare, in termini di politica monetaria o fiscale, per cambiare la direzione dell'economia. Sono molto preoccupato».
Feldstein, di recessioni, ne sa qualcosa: il Nber è l'istituto incaricato di "datare" il ciclo economico, di stabilire quando una crisi comincia e finisce. E non è affatto isolato nella sua preoccupazione: tra gli economisti e analisti internazionali al Forum Ambrosetti di Villa d'Este domina il pessimismo. Nouriel Roubini, docente alla New York University, ha tenuto fede alla fama di Cassandra e vede oltre il 50% di probabilità di una recessione nelle economie avanzate entro l'anno prossimo. Hans-Werner Sinn, docente all'Università di Monaco e direttore del centro di ricerca tedesco Ifo, ha detto che l'Europa è «fermamente avviata su un doppio binario, con la Germania e alcuni Paesi nordici capaci di performance ragionevoli mentre l'Europa meridionale lotta con elevata disoccupazione, bassa crescita e un debito schiacciante».
Sinn pronostica anche una frattura dell'euro, che vedrebbe l'uscita almeno della Grecia. «Siete diventati troppo costosi», ha detto riferendosi al fatto che la valuta unica e una politica monetaria centralizzata rendono impossibile per le economie più deboli stimolare le esportazioni attraverso svalutazioni e ridurre il peso del debito con crescita e inflazione: «Occorre una vera ristrutturazione in Europa, per quanto dolorosa».
Questa crisi ha gli epicentri negli Stati Uniti e in Europa, Roubini ha parlato di uno "stallo" nelle economie sviluppate, in crescita forse dell'1% dopo una serie di nuovi shock - dal terremoto giapponese alle crisi del debito. Una bassa velocità che non può essere sostenuta per più di uno o due trimestri: o si riaccelera o si cade, come più probabile, in recessione, sia che appaia sotto forma di una contrazione del Pil che come growth recession, una crescita così debole da far aumentare la disoccupazione. Tra le misure oggi considerate della Fed per stimolare l'economia americana, a suo avviso, la migliore resta il quantitative easing, nuovi acquisti di obbligazioni per iniettare liquidità, accompagnata forse dall'adozione di un target per i prezzi, ma la sua efficacia dopo ripetuti interventi è ormai dubbia. Potrebbe incoraggiare i mercati azionari, ma solo temporaneamente prima che la "forza di gravità" delle difficoltà economiche li riporti a terra. In Europa, ha aggiunto, la sua ricetta prescrive crescente attenzione a ardue politiche di crescita, non solo di austerità.
Feldstein, già consigliere di Ronald Reagan e oggi membro di una commissione di consiglieri sulla ripresa esterni all'amministrazione di Barack Obama, a sua volta non vede facili vie d'uscita. «Non sono neppure a favore di nuovi quantitative easing, non credo servano», spiega.
Il compito di sollevare qualche speranza è spettato, forse non a caso, al vicedirettore cinese del Fondo monetario internazionale, Min Zhu. Ha sostenuto che il pessimismo ignora il ruolo cruciale svolto da Paesi emergenti quali la Cina, che rappresentano la metà dell'output globale a parità di potere d'acquisto, e dovrebbero crescere del 6 per cento. E ha azzardato: «Questa non è una recessione».

La manovra va ancora ritoccata (4 settembre 21011)..
Berlusconi a più riprese torna sull'aumento dell'Iva, che tanti nel Pdl avrebbero preferito introdurre già ora per rendere meno pesanti i tagli previsti dalla manovra. Una «clausola di salvaguardia», l'ha definita il premier che può scattare per via d'urgenza, ovvero con un decreto, «in qualsiasi momento». Una frase pronunciata non per creare suspense, bensì perché effettivamente ancora la decisione sul quando e sul quantum non è stata ancora presa. Anche perché la prima domanda a cui dover rispondere è: a cosa servirà l'eventuale incremento di «uno o due punti» dell'aliquota oggi al 20%? Nei piani iniziali di via XX Settembre le maggiori entrate derivanti dall'imposta sui consumi sarebbero dovute servire ad alleggerire i tagli agli sconti fiscali previsti dalla delega. Ma è ancora così? «Per consolidare la ripresa servirà comunque un secondo tempo», anticipa Andrea Augello, senatore del Pdl e sottosegretario alla Funzione pubblica particolarmente attento all'evoluzione del dibattito parlamentare sulla manovra. L'Iva viene indicata come una sorta di jolly da cui attingere per venire incontro alle eventuali falle che dovessero aprirsi e anche per compensare l'impossibilità di rispettare alcune previsioni. L'opposizione continua a ripetere che la manovra è priva di copertura, che all'appello mancano almeno 4 miliardi. Se così fosse, un punto dell'Iva al 20% servirebbe giusto a compensare l'ammanco. Ci sono poi gli sconti sulle agevolazioni previste dalla delega e che scatteranno automaticamente, anche in questo caso si pensava all'Iva per attenuarne l'impatto. Senza contare gli interventi sulla spesa. I ministri ad esempio già tremano all'idea dei tagli che gravano sui loro dicasteri: 7 miliardi nel 2012, a cui se ne aggiungono (per ora) altri 6 l'anno successivo. Poi ci sono i Comuni che comunque devono ridurre la spesa, cioè i servizi, per 4 miliardi. «È inutile girarci attorno, siamo sull'orlo del baratro e copertura o non copertura serve un intervento strutturale e questo si traduce con due sole opzioni: pensioni o Iva, oppure tutte e due se volessimo pensare davvero anche a misure effettivamente funzionali alla crescita», sostiene perentorio Osvaldo Napoli, vicepresidente del Pdl alla Camera e al momento presidente Anci facente funzioni, particolarmente critico verso i tagli ai Comuni previsti dalla manovra. Napoli è tra coloro che l'aumento dell'imposta sui consumi (o in alternativa un intervento sulle pensioni di anzianità) l'avrebbe voluto fin da ora: «Ma tanto tra poco ci arriveremo, è inevitabile e lo sanno tutti». La scadenza dovrebbe essere l'autunno, in concomitanza con la legge di stabilità e la delega fiscale. «Questa manovra apre un percorso – sottolinea Gaetano Quagliariello, vicecapogruppo vicario al Senato – e quindi prevedere fin d'ora una valvola di sicurezza, qual è l'Iva, è fondamentale anche perché, come purtroppo abbiamo visto quest'estate le variabili che possono influire non sono solo di origine interna, dunque meglio attrezzarsi». Nessuno dunque ritiene che questa manovra sia sufficiente. Tremonti ha spiegato al premier che l'Iva va preservata come ultima carta.

Cernobbio: l'intervento di Ferruccio De Bortoli (4 settembre).
Come da tradizione la domenica mattina dei nostri workshop è dedicata all’agenda per l’Italia. In tanti anni questa sala ha ascoltato molte parole sagge, valutato impegni ambiziosi, assistito a momenti di verità assai meno numerosi di tante promesse cadute nel vuoto. Troppe. Nell’aprire questa sezione, e certo di interpretare uno spirito diffuso, vorrei rivolgere ai nostri ospiti una piccola preghiera. Siate semplici e sinceri, o almeno provate ad esserlo. Non raccontateci di un Paese che non c’è e non fateci sognare un Paese che non ci sarà. Facciamo tutti insieme una modesta professione di concretezza e di umiltà. Il tempo delle parole vuote è finito. La stagione degli annunci si è spenta nella miseria dei risultati e in un gioco per nulla divertente di apparenze e di ombre, in cui il pubblico si è mischiato al privato, il politico al personale in un impasto che farebbe la fortuna di un commediografo. Nella nostra attualità c’è poco teatro, ci sono molti sguaiati teatrini. C’è troppo avanspettacolo. Il Paese sta attraversando una delle crisi più serie della sua storia. Ha bisogno di essere credibile non solo nei confronti dei mercati e delle istituzioni europee ma anche con se stesso. Vogliamo tornare a guardarci serenamente allo specchio, orgogliosi delle nostre qualità, dei nostri talenti e dei nostri prodotti, senza doverci vergognare di una immagine deteriorata e impietosa, che non meritiamo. Non diteci che la colpa è sempre dell’altro, dell’alleato di governo riottoso e inaffidabile, dell’oppositore preconcetto e irresponsabile, dell’osservatore internazionale preda di pregiudizi e riserve, del governo in carica sempre e comunque. Per una volta tanto, facciamo tutti insieme, politici, imprenditori e anche noi giornalisti, non esenti da colpe, uno sforzo supplementare di chiarezza e sincerità. Così fa una classe dirigente all’altezza del proprio prestigio e consapevole delle proprie responsabilità. Più che un mistero divino, riprendo le parole pronunciate qui ieri dal presidente Napolitano, la formazione della classe dirigente italiana appare un mistero buffo. Gli scenari globali che stiamo vivendo non tollerano più minuetti e furbizie. Rischiamo di essere meno competitivi non per la qualità e il prezzo dei nostri prodotti e servizi, ma per l’inaffidabilità del Paese e delle sue istituzioni. La credibilità, e lo sapete voi che difendete ogni giorno a denti stretti marchi e mercati, è tutto. Lo è soprattutto per un Paese che ogni anno emette trecento miliardi di titoli pubblici per rinnovare il proprio debito. E non può permettersi di pagare a lungo un premio al rischio così elevato. E per fortuna i mercati non quotano la coerenza. Per queste semplici ragioni gradiremmo sentire qualche voce autocritica, qualche sincera confessione. Ciò ci consentirebbe di dare qualche credito alle promesse e agli impegni che verranno annunciati. Siamo stanchi di riti e qualche volta abbiamo la sgradevole sensazione di essere presi in giro. Il paradosso delle ultime svariate manovre è che gli emendamenti hanno avuto molti padri; le proposte sono desolatamente orfane. Non per una insana curiosità, ma vorremmo che chi ha proposto il superprelievo sui redditi, ce ne spiegasse le ragioni; chi ha estratto dal cilindro la norma sul riscatto di laurea e servizio militare alzasse la mano; che il genio che riteneva possibile l’abolizione delle feste laiche si palesasse soltanto per un attimo. Ma vorremmo anche che coloro i quali incalzano, giustamente, il governo nella lotta all’evasione o nell’imposizione di una patrimoniale si astenessero dal farlo, almeno per un modesto senso estetico, se residenti all’estero e gonfi di società in paradisi fiscali. E sarebbe rassicurante se chi ogni giorno chiede rigore e sacrifici agli altri non sabotasse, con una incessante azione di lobbying, ogni proposta destinata a sfiorarlo, anche in minima parte. Un aumento dell’Iva, la liberalizzazione degli orari dei negozi, la Robin tax. E forse sarebbe anche auspicabile che si ragionasse, in questo disgraziato ma bellissimo Paese - ditelo anche nelle vostre conversazioni private, non si sa mai - sulla estrema resistenza di corporazioni e microinteressi davanti a ogni piccolo sacrificio. Un neofeudalesimo irresponsabile e stucchevole. Un blocco conservatore, vasto e radicato, che rende priva di significato la distinzione fra destra e sinistra. Non ci sono più torte da dividere, né orticelli e privilegi da difendere. C’è molta serietà da ritrovare, lo dico anche per la mia professione, e una credibilità da ricostruire. La sincerità è un modo civile per farlo. Anche in pubblico. Altrimenti consegneremo alle generazioni future, ai nostri figli, non solo un alto debito ma anche lo spiacevole ricordo di un’età ricca di sprechi e di egoismi. Grazie.

Cernobbio: commenti a margine del workshop (4 settembre 2011).
Gli imprenditori chiedono alla politica «di rendersi conto della gravità della situazione in cui ci troviamo e di agire immediatamente, perché il nostro Paese rischia molto». Lo ha detto Emma Marcegaglia, a margine dei lavori del Workshop Ambrosetti. Il leader di viale Astronomia ha preannunciato poi l'intenzione di fare «una serie di richieste al governo, in linea con quanto deciso dal direttivo». Il suo intervento fa il paio con le parole di Christine Lagarde, presidente del Fondo monetario internazionale, che in un'intervista a Der Spiegel ha esortato i governi ad intervenire con misure serie di risparmio e di crescita per fare fronte al rallentamento dell'economia. Il ministro dell'economia Giulio Tremonti ha invece posto l'accento sugli Eurobond, a suo giudizio «un'idea gloriosa», «il destino di questo continente». E sull'evasione fiscale ha parlato di «un'azione civile, di equità», in alternativa a una «repressione selvaggia». «Qui c'è un problema di credibilità di questo Paese - ha sottolineato la leader degli imprenditori -, di una manovra che deve avere i saldi certi e, soprattutto, c'è un problema di piano della crescita che manca completamente». «La preoccupazione del mondo dell'industria e dell'imprenditoria italiana è molto forte», ha sottolineato. Il presidente di Confindustria ha aggiunto che al governo farà «una serie di richieste in linea con quanto deciso nel direttivo». In particolare, ha spiegato, «c'è un problema di riforme delle pensioni, c'è un problema di crescita, c'è un problema di fisco che deve essere ridotto sui lavoratori e sulle imprese e messo su beni di qualsiasi altro tipo. Insomma ci sono una serie di cose è importante farle subito perché la preoccupazione è molto forte». «L'idea di Eurobond è un'idea gloriosa». Lo ha detto il ministro dell'economia Giulio Tremonti nel suo intervento al Workshop Ambrosetti in corso a Cernobbio. «O si fanno gli Eurobond - ha aggiunto - o ci saranno grandi criticità». Questo strumento finanziario è per Tremonti «il destino di questo continente. Credo che sia una polemica inutile quella sul fatto che sia solo una proposta italiana. Se fosse un interesse esclusivo italiano - ha concluso - perché è interamente appoggiata dal governo britannico?». E sull'intervento della Marcegaglia: «Ho una visione diversa da quella del presidente di Confindustria»: nella manovra di luglio «c'erano 14 miliardi di tagli e 6 di tasse e non viceversa». Sulla lotta all'evasione, il ministro ha affermato: «Credo che ci sia stato un cambiamento fondamentale, con l'obiettivo di convincere a dichiarare un po' di più. Credo che ci siano i margini per un'azione civile, di equità e non di repressione selvaggia». In Italia, ha aggiunto Tremonti, «chi dichiara più di 500 mila euro sono 3.641 persone, e chi dichiara più di 1 milione sono 796 persone». «Ho letto sulla stampa di buchi di 4 miliardi o di 5 miliardi - ha aggiunto Tremonti - ma se leggete il testo il gettito del contributo di solidarietà era di 700 milioni nel 2012 e 1,6 miliardi nel 2013. Considerando che il recupero dell'evasione è stato di 25 miliardi nel triennio, a legge invariata, non mi pare siano cifre impossibili». A proposito delle festività soppresse e poi ripristinate, Tremonti ha affermato: «Certo, nel fare un provvedimento in quattro giorni puoi fare degli errori». E riugardo alle numerose polemiche: «Nessuno ha la bacchetta magica, un po' in tanti hanno la mania di bacchettare troppo. Se si usassero le bacchette giuste con l'armonia giusta sarebbe nell'interesse del Paese», ha aggiunto, ricordando il film di Fellini Prova d'Orchestra. A Cernobbio è presente anche il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, che non replica direttamente alla presidente degli industriali. Ma che, parlando con i giornalisti, sottolinea che «la manovra passerà» e che «l'importante è mantenere saldi e questo è garantito». Nessun dubbio, insomma, sulla possibilità di portare a buon fine l'iter parlamentare della manovra da 45,5 miliardi, varata dal governo. «Ogni cambiamento che può essere utile è accettato», ha in ogni caso aggiunto il responsabile del Viminale.

Le ultime sulla manovra (7, 8 settembre 2011).
Manovra in aula al Senato dal pomeriggio, approvazione a Palazzo Madama domani, con il Cdm convocato alle 18 per autorizzare il voto di fiducia. Poi il testo passerà all'esame della Camera. La conferenza dei capigruppo ha stabilito la nuova tabella di marcia del provvedimento dando un colpo d'acceleratore all'esame del decreto legge che sarà approvato già domani, anziché sabato. Tre le modifiche al testo approvato in commissione Bilancio annunciate da Palazzo Chigi al termine del vertice di maggioranza: 1) aumento di un punto Iva, dal 20 al 21, con destinazione del maggior gettito a miglioramento dei saldi del bilancio pubblico; 2) fino al pareggio di bilancio, contributo del 3% sopra i 500mila euro; 3) adeguamento delle pensioni delle donne nel settore privato a partire dal 2014. (7 settembre). Doppia attesa decisione dal Consiglio dei ministri. Stamane ha approvato il disegno di legge costituzionale per l’introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Costituzione. Il Consiglio dei ministri ha varato anche l'abolizione delle Province e la creazione, al loro posto, delle «Città metropolitane». Il provvedimento, in otto articoli, stabilisce che «dall’attuazione della presente legge costituzionale deve derivare in ogni Regione una riduzione dei costi complessivi degli organi politici ed amministrativi». Le disposizioni previste da questa legge costituzionale si applicheranno anche alle Province delle Regioni a statuto speciale, fatta eccezione per quelle autonome di Trento e Bolzano. Le reazioni alla manovra del governo sono come da copione per la sonistra il geverno deve andare a casa, per il centro occorre immediatamente un bel governo tecnico, per la destra sono necerssari solo piccoli aggiustamenti. (8 settembre).

OCSE: vicini alla stagnazione (9 settembre 2011)
Il rapporto presentato ieri dall'Ocse, con l'aggiornamento delle previsioni sulla crescita dei Paesi del G-7, fa paura. «L'andamento delle principali economie sviluppate nel secondo trimestre dell'anno - spiega il capo economista e numero due dell'organizzazione parigina Pier Carlo Padoan - è stato nettamente peggiore di quanto ci aspettavamo e il ritmo di sviluppo degli emergenti sta rallentando. Il commercio mondiale ha smesso di crescere e la disoccupazione ha smesso di scendere. L'impatto sul Giappone di terremoto e tsunami è stato più forte del previsto e i prezzi delle materie prime si sono nuovamente impennati. Ma soprattutto c'è una caduta generalizzata della fiducia da parte di famiglie e imprese, cui si aggiunge un aumento del rischio percepito sui mercati. In particolare negli ultimi due mesi si è diffusa la sensazione che i policy makers sui due lati dell'Atlantico stiano tentennando e che le risorse per correre ai ripari siano ormai ridotte al lumicino». Un disastro che si traduce in stime largamente riviste al ribasso sulla seconda parte del 2011. La crescita delle grandi economie del G-7, i cui ministri delle Finanze si riuniscono oggi e domani a Marsiglia insieme ai governatori delle rispettive banche centrali, sarà inferiore all'1% annualizzato (1,6% nel terzo e 0,2% nel quarto trimestre). Pur nel quadro di un'incertezza crescente, che rende le stime abbastanza aleatorie (i margini di approssimazione arrivano fino al 2,7%), le previsioni parlano di un'economia americana in crescita dell'1,1% nel terzo trimestre (rispetto al 2,9% immaginato dallo stesso Ocse solo tre mesi e mezzo fa) e di appena lo 0,4% nel quarto (era del 3%). Ci sono persino dei segni negativi, nella tabella dell'Ocse: -0,1% per l'Italia nel terzo trimestre e -1,4% per la Germania nel quarto. Francia (0,9% e 0,4%) e Gran Bretagna (0,4% e 0,3%) danno qualche timido segnale di vitalità e solo il Canada (1% e 1,9%) se la cava abbastanza bene. Ovvie le conseguenze sulle stime relative all'intero 2011: per l'Italia è prevista una crescita dello 0,7% (era dell'1,1% in maggio), per gli Stati Uniti si passa dal 2,6% all'1,4% e per la Germania dal 3,4% al 2,9 per cento. Una situazione che spinge Padoan a ipotizzare la possibilità di una recessione tecnica (due trimestri successivi di crescita negativa) in qualche grande economia. Il numero due dell'Ocse preferisce non dire quali, ma esclude comunque il nostro Paese: «L'Italia mi sembra destinata a galleggiare appena sopra lo zero, siamo più in una prospettiva di semistagnazione che di recessione. Ma da un punto di vista più generale non si può escludere un peggioramento del quadro complessivo nei prossimi mesi, anche se siamo in presenza di una situazione decisamente meno drammatica rispetto al 2008 e 2009». Cosa si può fare per cercare di invertire una tendenza che appare oggi quasi inevitabile? «Bisogna fare il possibile - risponde Padoan - per cercare di trovare un equilibrio tra il processo di risanamento dei conti pubblici, che deve assolutamente proseguire, e misure di sostegno alla crescita. La politica monetaria deve restare accomodante e dove ci sono i margini per farlo i tassi devono scendere. Sul fronte della politica fiscale lo cose sono più complicate perché c'è un giusto, inevitabile piano di consolidamento in corso. Ma alcuni Paesi hanno qualche spazio di movimento, penso in particolare alla Germania». Quanto alla manovra appena varata dal Governo italiano dall'Ocse arrivano giudizi positivi: «Si tratta di misure importanti - commenta Padoan - che vanno nella direzione giusta e danno segnali di fiducia. Mi riferisco soprattutto all'inserimento in Costituzione dei vincoli di bilancio, all'aumento dell'Iva, all'accelerazione della riforma pensionistica, all'abolizione delle Province. Il problema è che sarebbe opportuno non fermarsi qui. Anche per quanto riguarda l'Italia credo sia necessario adottare misure di sostegno alla crescita. È stato detto e ripetuto, ma insisto nel sottolineare che bisogna varare riforme strutturali di liberalizzazione del mercato, in particolare quello dei servizi. E, pur con le difficoltà del momento, bisogna affrontare il tema del cuneo fiscale. Se non subito, appena possibile». L'Ocse dice infine la sua sulla controversa questione del livello di capitalizzazione delle banche: «Va rafforzato, alla luce della forte esposizione sui debiti sovrani».

OBAMA: il piano per lo sviluppo (9 settembre 2011).
Barack Obama ha sfidato i repubblicani giovedì sera (8 settembre) con un discorso di 45 minuti di fronte al Congresso in seduta comune, per illustrare il piano da 447 miliardi di dollari per far ripartire l'occupazione. Un pacchetto molto più grande dei 300 miliardi anticipati alla vigilia, e battezzato «American Jobs Act». «Dovete approvarlo subito», ha detto senza mezzi termini il presidente, e lo ha ripetuto più volte in un discorso dal tono secco, temperato dall'invito a lavorare insieme ma tutto rivolto a rovesciare sui repubblicani la colpa di un'eventuale recessione futura. «Qualcuno pensa che le differenze tra noi sono così grandi che solo le elezioni possono risolverle. Ma sappiate che le elezioni sono tra 14 mesi, e gli americani non possono permettersi di aspettare 14 mesi», ha detto il presidente. La prima reazione da parte repubblicana è stata di apertura. Il presidente della Camera John Boehner, nonostante più volte non si fosse alzato con il resto dell'emiciclo durante gli applausi in piedi, ha fatto sapere subito che il piano Obama «merita considerazione» e che «è mia speranza che si possa lavorare insieme». Parole lontane però da quelle della destra del partito, con diversi esponenti vicini al Tea Party che non si sono neppure presentati ad ascoltare il presidente. Nelle intenzioni della Casa Bianca le misure annunciate dovrebbero avere effetto a partire dal prossimo anno. In particolare le misure prevedono come pilastro dell'iniziativa un'estensione del taglio fiscale per i lavoratori dipendenti grazie alla proroga della riduzione del prelievo in busta paga, misura che da sola vale 240 miliardi che rimarrebbero nelle tasche degli americani. Secondo Obama, per la famiglia media si tradurrà in 1.500 dollari in più nel 2012. È tornato nel discorso del presidente anche un attacco ripetuto più volte nell'ultimo mese, contro i grandi profitti: «Dobbiamo tenere i cavilli che permettono alle imprese petrolifere di pagare meno tasse, e gli sgravi fiscali per i miliardari? Oppure usare quei soldi per tagliare le tasse alle piccole imprese che assumono o rimettere al lavoro gli insegnanti? Non possiamo fare entrambe le cose, non ce lo possiamo permettere». Parole che Obama ha pronunciato di fronte a molti presidenti di grandi imprese e amministratori delegati invitati da Casa Bianca e repubblicani, come Jeffrey Immelt di General Electric, seduto vicino alla fist lady Michelle. Ma è nel campo degli oppositori che Obama ha buttato decisamente la palla: «Non c'è niente di controverso in questa proposta di legge. È tutto già stato appoggiato da democratici e repubblicani. La questione è se siamo capaci di fermare il circo politico di fronte a una crisi nazionale e fare qualcosa per l'economia».

ISTAT: l'Italia cresce troppo lentamente (9 settembre 2011).
Il Pil nel secondo trimestre 2011 è cresciuto dello 0,3% rispetto al trimestre precedente e dello 0,8% nei confronti del secondo trimestre 2010. Lo comunica l’Istat. Nel primo trimestre del 2011 si era registrato un incremento congiunturale dello 0,1% e tendenziale dell'1%. L'ISTAT spiega che il dato sul prodotto interno lordo (Pil) è espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2000, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato. Quindi, rispetto al primo trimestre 2011, la crescita del Pil accelera su base congiunturale (al +0,3% dal +0,1%), mentre rallenta in termini tendenziali (al +0,8%, dal +1,0%). Le importazioni sono diminuite del 2,3% e le esportazioni sono cresciute dello 0,9%. In particolare, in termini congiunturali, le importazioni di beni e servizi sono diminuite del 2,3%, il totale delle risorse (Pil e importazioni di beni e servizi) è diminuito dello 0,3%. Le esportazioni sono aumentate dello 0,9%, gli investimenti fissi lordi dello 0,2% e i consumi finali nazionali dello 0,2%. La crescita degli investimenti è stata determinata da un aumento degli investimenti in macchine, attrezzature e altri prodotti del 2,5% mentre gli investimenti in costruzioni sono scesi dell’1,6%, e gli acquisti di mezzi di trasporto hanno subito una contrazione dello 0,3%. La spesa delle famiglie sul territorio nazionale ha registrato un aumento, in termini tendenziali, dell’1,1%; in particolare, gli acquisti di servizi sono cresciuti dell’1,9%, i consumi di beni non durevoli sono aumentati dello 0,1% mentre i consumi di beni durevoli sono rimasti stazionari. Gli investimenti fissi lordi hanno segnato nel complesso una crescita dello 0,6% (aumentano del 3,4% gli investimenti di macchinari e altri prodotti e dello 0,6% gli investimenti in mezzi di trasporto, mentre si registra un calo dell’1,5% per gli investimenti in costruzioni).

Le dimissioni di Stark (9 settembre 2011).
Il capo economista della Bce Juergen Stark si è dimesso dal comitato esecutivo e dal consiglio direttivo della Banca. Come informa un comunicato dell'Eurotower, «Juergen Stark, membro del Comitato esecutivo e del consiglio direttivo della Banca centrale europea, ha informato il presidente Jean-Claude Trichet che per ragioni personali lascerà l'incarico prima della scadenza del 31 maggio 2014». Va ricordato che nelle ultime settimane Stark, che occupa uno dei posti-chiave nella struttura della banca centrale europea, aveva espresso la sua contrarietà al programma di acquisti di titoli di stato da parte dell'istituto di Francoforte mirato a sostenere alcuni dei paesi investiti dalle ultime turbolenze di mercato sul debito, come la Spagna e l'Italia. Il mandato di Stark, membro del consiglio esecutivo e del consiglio dei governatori sin dal 1 giugno 2006, sarebbe scaduto il 31 maggio 2014. In una nota ufficiale il presidente della Bce Jean Claude Trichet ha ringraziato Stark per il suo contributo all'unità europea per molti anni e ha espresso la sua «personale gratitudine» al banchiere centrale tedesco ricordando il lavoro comune per quasi 20 anni. Stark resterà nella sua attuale posizione finché non sarà nominato un successore, il che in base alla procedura prevista, avverrà entro la fine dell'anno. È il secondo rappresentante tedesco che lascia gli incarichi alla Bce quest'anno, dopo le dimissioni a sorpresa di Axel Weber dalla guida della Bundesbank, e quindi dalla Bce, alla fine dello scorso aprile. Venerdì nero in Europa dopo le dimissioni di Stark. A Milano l'indice Ftse-Mib ha chiuso a -4,93%; pesanti ribassi anche a Madrid (-4,44%), Francoforte (-4,04%), Parigi (-3,60%). L'addio di Stark secondo gli analisti penalizzerebbe il mercato perché «viene letto come un segnale di tensioni all'interno della Bce». A Wall Street si intensificano le perdite con i listini in calo di oltre due punti percentuali e il Dow Jones sceso sotto la soglia degli 11.000 punti. Il Dow Jones perde il 2,70%, a 10.990,51 punti, il Nasdaq arretra del 2,15% a 2.474,85 punti, e lo SandP lascia sul terreno il 2,54% a 2.474,85 punti. Lo spread tra i Btp decennali italiani e i Bund tedeschi si attesta a 358 punti, sulla scia delle dimissioni Stark, dopo aver toccato un massimo di 371 punti. A frenare l'impennata dello spread sono stati gli acquisti da parte delle banche centrali europee. Il differenziale tra i titoli italiani e quello tedeschi resta sopra quello dei Bonos spagnoli, al momento a 336 punti. L'euro è scivolato intorno a quota 1,36 quando la Bce ha confermato le dimissioni di Stark. Tornano decisamente a salire i contratti derivati credit-default swap (che coprono dal rischio di insolvenza) sui Paesi europei a maggior debito, con la Grecia all'ennesimo record che sfora i 3000 punti. In rialzo i "cds" sull'Italia, a 439 punti (poco al di sotto del record dei giorni scorsi), mentre la Spagna viaggia a 392 (+1 punto) e il Portogallo a 1.075 (+17 punti). Intanto, sul mercato obbligazionario, a causa dello stallo sul salvataggio greco, bloccato dalle mancate riforme di Atene, il rendimento pagato dai titoli greci a due anni vola (+72 centesimi) al 55,84%, un livello mai raggiunto dall'adesione del Paese all'euro. Oggi sarà resa nota la percentuale di investitori privati che hanno aderito al piano di swap di titoli di stato greci in scadenza al 2020 con titoli a scadenza più lunga, proposto da Atene nell'ambito del secondo piano di salvataggio. Giornata di vendite sull'oro (che ha guadagnato oltre il 10% nella tempesta finanziaria di agosto) sceso da 1.880 dollari a 1.830. Vendite sui bancari a Piazza Affari penalizzati anche da un taglio di target sulle banche europee annunciato in un report da Goldman Sachs. In controtendenza Banca Pop Mi (+1,4) all'indomani della finalizzazione della cessione di Bpm Vita a Covea. Chiusura in calo per la Borsa di Tokyo. L'indice Nikkei ha perso lo 0,63% a 8.737,66 punti, 55,46 punti in meno rispetto alla chiusura di ieri. I mercati archiviano il dato sul prodotto interno lordo del Giappone, sceso del 2,1% nel secondo trimestre 2011, tasso annualizzato, molto più che il calo dell'1,3% inizialmente previsto. Lo ha comunicato il governo. Il Pil si è ridotto dello 0,5% tra aprile e giugno rispetto ai tre mesi precedenti (contro una stima iniziale dello 0,3%), ha detto il governo. Questo è il terzo trimestre consecutivo di declino per il Giappone che è ufficialmente in recessione dal primo trimestre, dopo il terremoto e lo tsunami dell'11 marzo, un disastro naturale che ha inferto un duro colpo all'economia giapponese, distruggendo le infrastrutture, danneggiando gli impianti e compromettendo la catena distributiva delle imprese. In Cina ad agosto l'inflazione ha rallentato la sua corsa, segnando un tasso di aumento annuo del 6,2%, in calo dal 6,5% di luglio (il massimo degli ultimi 37 mesi). La discesa dell'inflazione (giudicata una delle principali prioritá economiche dal governo di Pechino) è stata favorita dalla frenata dei prezzi del cibo, cresciuti il mese scorso su base annua del 13,4%, contro il 14,8% di luglio: l'aumento dei prezzi resta comunque notevolmente superiore al tetto del 4 per cento fissato per il 2011 dalle autoritá cinesi. Sempre oggi l'ufficio nazionale di Statistica di Pechino ha diffuso il dato delle vendite al dettaglio di agosto che sono cresciute del 17 per cento su base annua, a 1.470 miliardi di yuan (230 milardi di dollari).Ritengo che i mercati finanziari siano pilotati da un esercito di incapaci. Obama annuncia investimenti per 477 miliardi di dollari e il mercaro neanche se ne accorge, Stark dà le dimissioni per contrasti con il comitato della Bce e il mercato impazzisce.

Altre raccomandazioni dall'UE (12 settembre 2011)
L'allarme sullo stato di salute dei conti pubblici italiani arriva non solo dalla crescita dello spread tra Btp e Bund o dalla necessità di aumentare i rendimenti dei Bot nell'ultima asta, ma anche dall'Europa. L'Italia deve essere pronta a prendere «misure aggiuntive qualora le entrate derivanti dal fisco siano minori di quanto previsto e se vi fossero difficoltà a tagliare la spesa come stabilito»: è quanto rileva il rapporto 2011 della Commissione Ue sullo stato delle finanze pubbliche dell'Unione. «Gli Stati membri sotto la pressione dei mercati devono continuare a lavorare sui loro obiettivi di consolidamento delle finanze e, se necessario, prendere ulteriori misure» sottolinea ancora il rapporto. Per difendersi dalla speculazione e affrontare le tensioni dei mercati, i paesi coinvolti «devono continuare a puntare al raggiungimento degli obiettivi di consolidamento di bilancio e a decidere misure aggiuntive se necessarie» ha commentato il Commissario Ue agli Affari economici e monetari Olli Rehn. La Commissione - sempre nel rapporto sulle finanze pubbliche 2011 - stima che il deficit della zona euro nel 2011 si attesti al 4,3% del Pil per scendere al 3,5% nel 2012. Nel 2012 è attesa una crescita del Pil per i paesi Ue dell'1,9%, poco variata rispetto al 2011, si legge nel rapporto. La Commissione ha chiesto a quei Paesi che possono ancora agire sulla leva fiscale di usare la spesa pubblica per sostenere la crescita. I governatori delle banche centrali dei maggiori Paesi lanciano un messaggio a governi, politica e istituzioni di tutto il mondo affinchè «portino avanti tutte le decisioni prese in maniera rapida e totale». È quanto afferma il presidente della Bce Jean Claude Trichet al termine del Global Economy meeting di cui è presidente. Trichet ha rinnovato l'impegno all'Europa di portare a compimento le decisioni sulle governance prese lo scorso 21 luglio. Le banche centrali di tutto il mondo sono pronte a fornire tutta la liquidità necessaria al sistema finanziario ha spiegato ancora Trichet. «È una convinzione espressa da tutti» ha affermato Trichet secondo cui gli istituti centrali «sono all'erta e pronti ad agire a seconda dell'evoluzione della situazione» e dispongono ancora «delle munizioni necessarie». Via libera intanto della Commissione Vigilanza della Camera al decreto legge della manovra economica. Il testo è stato approvato senza modifiche così come uscito dal Senato. La Commissione ha votato il mandato al relatore Remigio Ceroni di referire in Aula.

Borse ancora in rosso (12 settembre 2011).
Chiusura in profondo rosso per le Borse europee dopo l'illusorio tentativo di recupero del primo pomeriggio, legato alla promessa di Trichet di fornire liquidità alle banche. A Milano l'indice FTSE MIB ha chiuso in calo del 3,89%, mentre il DAX 30 tedesco ha perso il 2,27% e il CAC 40 francese ha lasciando sul terreno il 4,03%, dopo essere arrivato a perdere oltre il 5% per le indiscrezioni su un possibile declassamento da parte di Moody's dei principali istituti bancari transalpini. Male anche Madrid, a -3,41%. Bene la richiesta alle aste di oggi dei Bot, anche se il rendimento medio si è attestato al 4,152%, +1,194% rispetto all'asta precedente. A Piazza Affari crolla Unicredit (-10,91%) seguita da Intesa Sanpaolo (-9,54%). Rosso profondo per tutto il listino principale, dal comparto finanziario a industriali, energetici e telecomunicazioni. Sale, in controtendenza, Stm grazie all'acquisizione conclusa negli Usa dal colosso californiano dei semiconduttori Broadcom. In leggera risalita il volume degli scambi, che ha superato i 2,6 miliardi di controvalore. Wall Street torna a perdere terreno, sempre sui timori che la crisi del debito sovrano in Europa mini la ripresa economica globale. Il Dow Jones arretra dello 1,14%, a 10.866,99 punti, il Nasdaq è in calo dello 0,47% a 2.456,35 punti e lo SandP 500 perde l'1,01% a 1.142,60 punti. Il differenziale fra i titoli italiani e quelli tedeschi a 10 anni è salito fino a 384 punti, dopo aver aperto a 362.62. Lo spread tra Btp italiani e Bund tedeschi supera ampiamente quello tra Bonos spagnoli e Bund (352 punti). Domani l'attesa asta dei BTp. La scorsa settimana la Banca centrale europea ha comprato sul mercato secondario titoli di Stato dell'area euro per 13,96 miliardi di euro, in lieve rialzo dai 13,305 della settimana precedente. Lo comunica la Banca centrale europea in una nota. Secondo i trader, gli acquisti d'emergenza la scorsa settimana si erano concentrati su Italia e Spagna. Euro sempre debole, ma resistente rispetto ai minimi della parte iniziale, quando prevaleva il pessimismo sulle voci di un possibile default della Grecia e per il rincorrersi di indiscrezioni sul sistema bancario francese. La divisa quota circa 1,365 dopo avere toccato il livello più basso degli ultimi sette mesi, a 1,3493. L'avversione al rischio premia le divise difensive, come franco e yen. A Parigi oggi la più colpita è Bnp Paribas, molto esposta sul debito sovrano di Atene, che è arrivata a perdere quasi il 13% a 25,93 euro. Male anche Société Générale, dopo le indiscrezioni circolate ieri su un imminente downgrade da parte dell'agenzia Moody's. Il titolo è sceso del 9,83%, a 15,73 euro, e dall'inizio dell'anno ha ridotto il proprio valore di oltre il 61%. Forti ribassi anche per Crédit Agricole, e per il gruppo assicurativo Axa, anch'esso gravato da una considerevole esposizione ai titoli greci. Il titolo Edf perde oltre il 6% dopo l'esplosione nel sito nucleare di Marcoule, nel sud della Francia.

La situazione della FIAT (13 settembre 2011)
Gli obiettivi di Fiat e Chrysler per il 2011 sono confermati, ha detto l'amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne, al salone di Francoforte, ma ha aggiunto: 2011 e 2012 saranno anni difficili per il mercato. Sulle indiscrezioni sull'accordo Suzuki-Wolkswagen, apparentemente rotto perché la casa giapponese starebbe trattando con quella di Torino: «Parliamo con tutti» è stata la risposta di Marchionne alla domanda su Suzuki. Poi il manager ha risposto a diverse domande: la manovra italiana? «Deve essere credibile, la manovra bis, con le misure sui contratti aziendali - ha aggiunto - ha dato alla Fiat e alle imprese italiane quello che serviva. Ora abbiamo la certezza di poter gestire». Mentre i negoziati con i sindacati di Chrysler - il termine dei negoziati con i sindacati della casa americana scade domani - non sono ancora conclusi e non ho un contratto ancora. Non siamo vicini». Infine una considerazione complessiva: il mondo sta guardando all'Italia per vedere come affronta la crisi del debito sovrano e per questo bisogna fare le cose seriamente ed essere credibili a livello internazionale. Le case automobilistiche tedesche non preoccupano la Fiat nelle auto piccole perchè «stanno cercando di imitare, in una maniera molto goffa, quello che stiamo facendo noi» ha detto Marchionne parlando della concorrenza tedesca nel segmento delle auto più piccole, a partire dalla Volkswagen che lancia la Up al salone di Francoforte. «Da una parte se le autorità della Cina dovessero trovare la capacità di assorbire il debito italiano sarebbe un segno di fiducia nel Paese, dall'altra il fatto che siamo dovuti andare là di per sè non è un buon segno». Cosi l'a.d. della Fiat, Sergio Marchionne, ha commentato la notizia che il governo italiano avrebbe chiesto alla Cina di acquistare titoli di Stato. Mentre, a livello industriale, l'arrivo di eventuali investitori cinesi sarebbe ben accolto dalla Fiat. «Non ho la minima idea - ha affermato Marchionne - ma se dovessero esserci investitori cinesi che dio li benedica, che vengano. Tutto aiuterà. Abbiamo già ottime relazioni con loro».

Crisi delle banche francesi (14 settembre 2011).
Grande incertezza nelle Borse europee divise tra la paura di un ulteriore avvitamento della crisi dei debiti sovrani e le parole di speranza che arrivano dalla Comissione europea che apre agli eurobond. Avvio in calo per le Borse europee, dopo la bocciatura da parte di Moody's delle banche francesi Crédit Agricole e Société Générale. Il Ftse Mib cedeva l'1,03% e il Ftse All Share l'1,06%, mentre Parigi andava giù dell'1,2%. In calo anche Londra (-0,29%) e Francoforte (-0,70%). Andavano male soprattutto i titoli bancari. Male le Borse anche in Asia dove i listini sono crollati al livello più basso dell'anno. Tokyo ha chiuso la seduta odierna in calo dell'1,1%. Successivamente però Piazza Affari recuperava terreno e passava in territorio decisamente positivo. Il Ftse Mib guadagna attualmente l'1,63%. In recupero anche le altre piazze europee. A Parigi l'indice Cac segna +0,60%, a Londra il Ftse +0,84% e a Francoforte il Dax segna un progresso del 2,08%. Anche Wall Street apre in rialzo: il Dow Jones segna +0,25%, il Nasdaq +0,61% e lo SandP 500 +0,31%. Successivamente però il Dow Jones perde terreno ed attualmente cede lo 0,57%, mentre il Nasdaq guadagna lo 0,35%. A rincuorare i mercati sono state soprattutto le parole del presidente della Commissione Ue Barroso: «Confermo che la commissione presenterà presto delle opzioni per l'introduzione di eurobond» ha detto nel suo intervento al dibattito sulla crisi dell'Eurozona al Parlamento di Strasburgo. Alcune di queste opzioni, aggiunge, «saranno implementate nei termini dell'attuale Trattato, altre richiederanno delle modifiche». «Tuttavia - dice ancora - occorre essere onesti: tutto ciò non porterà a immediate soluzioni dei problemi che stiamo affrontando ma rappresenterà un approccio complessivo verso un'ulteriore integrazione economica e politica». Barroso ha anche affermato che l'Ue «proporrà l'introduzione della tassa sulle transazioni finanziarie», la cosiddetta Tobin Tax. Sulla questione eurobond si è espresso successivamente però anche il vicecancelliere tedesco Philipp Roesler nel corso di una conferenza stampa al Ministero dello Sviluppo Economico: «Dico espressamente no agli eurobond e questo è il parere del governo tedesco». Come detto l'agenzia di rating Moody's ha tagliato, riducendolo di un «notch», il giudizio sul debito di due tra le principali banche francesi, Crédit Agricole e Société Générale. L'outlook sul debito a lungo termine è «negativo» per entrambe gli istituti vista la loro esposizione all'economia greca. L'agenzia ha tagliato i rating sul debito e sui depositi di SocGen a Aa3 da Aa2. L'outlook sui rating sul debito a lungo termine è negativo. Per Crédit Agricole, Moody's ha tagliato il rating Bank Financial Strength di un notch a C da C+ e i rating su depositi e debito a lungo termine di un notch a Aa2 da Aa1. Nella «lista nera» delle banche francesi c'è anche Bnp Paribas, su cui Moody's mantiene la revisione per un possibile downgrade dei rating a lungo termine. In apertura dei mercati lo spread tra il Btp decennale e il corrispettivo Bund tedesco sale a 394,7 punti base dopo aver chiuso martedì a 391,7. Successivamente il differenziale ha raggiunto i 401 punti per poi attestarsi intorno ai 400. Grazie alle parole di Barroso lo spread si attenuava successivamente per attestarsi intorno a quota 388 punti. Poi però tornava a quota 400 punti base, ovvero il 4% di differenziale sui rendimenti. Il tasso dei Btp è al 5,76%. Più contenuta la forbice dei buoni del Tesoro tedeschi sui Bonos spagnoli a 365 punti base, con il rendimento dei decennali di Madrid al 5,41%. «La Cina continuerà ad aumentare i suoi investimenti in Europa», perché fiduciosa nella capacità del Vecchio Continente di riprendersi e crescere. È quanto dichiarato dal premier cinese Wen Jiabao in apertura della sessione estiva del Forum di Davos, che si svolge a Dalian, nel nord-est della Cina. «La Cina crede che l'economia europea possa riprendersi», ha spiegato il premier cinese, pur chiedendo ai Paesi europei di «ridurre il debito» e auspicando «che i leader europei e i dirigenti dei principali paesi europei, delineino con coraggio le loro relazioni future con la Cina da un punto di vista strategico». Con queste parole, Wen ha fatto riferimento alla richiesta della Cina di vedersi accordato lo statuto di «economia di mercato» da parte dell'Unione europea, che invece ha stimato finora che non fossero raggiunte le condizioni. Pechino ha ribadito il suo sostegno all'Europa in queste ultime settimane, durante le quali la crisi del debito si è aggravata in modo serio, trascinando nel baratro le Borse mondiali. Già impegnata a sostenere la Grecia, la Spagna e il Portogallo, Pechino non ha fatto espliciti riferimenti in questa sede ad eventuali acquisti di titoli di stato italiani.

Marcegaglia e il governo (15 settembre 2011)
«Dobbiamo prendere decisioni chiare, tutti insieme, il tempo ormai è scaduto, bisogna mettersi a fare cose non piccole, non spot per accontentare un pezzo dell'elettorato, ma un grande disegno organico, riforme profonde» già «dai prossimi giorni», dice la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia. Che avverte: «altrimenti il governo avrà una responsabilità pesantissima, responsabilità gravissime». Serve un nuovo governo? «Non sta a me dirlo, noi diciamo che il tempo è scaduto», dice la leader degli industriali. Che ribadisce: «Il problema del Paese è la crescita». «Ci salviamo tutti insieme» e per farlo occorre rimettere in piede «un patto sociale. Stiamo lavorando per questo, io vedo i presupposti perché questo patto sociale possa esserci», ha detto la leader di Confindustria, a margine del convegno del Centro studi. «Non ci arriveranno aiuti né dagli eurobond né da nessun altra parte: dobbiamo contare solo su noi stessi e fare le riforme che sono state lasciate da parte per tanti anni. O le facciamo - insiste Marcegaglia - o le responsabilità che si prende il governo saranno gravissime». La leader degli industriali non crede al rischio fallimento per l'italia ma «una crescita così bassa può portare a una situazione complicata e difficile. Il mantenimento dello spread intorno ai 400 punti é un problema enorme». «Due temi sulle pensioni donne e quelle di anzianità vanno affrontati», ha sottolineato Marcegaglia ribadendo la necessità di mettere mano «in modo serio e completo» alla riforma delle pensioni. «Questo - sottolinea Marcegaglia - é un tema che non c'é dubbio verrà affrontato, quindi, é meglio avere una riforma chiara, completa invece di tanti aggiustamenti. Potrebbe risolvere anche un problema di equità». A chi le chiede se è intenzionata a scendere in politica, Marcegaglia risponde: «Assolutamente no. È la solita logica per cui chi dice liberamente e in modo indipendente come stanno le cose, basandosi sui dati e sui fatti, vuole scendere in politica. Io - assicura - non voglio assolutamente scendere in politica, ma sto cercando di fare, in un momento difficilissimo, il meglio possibile per rappresentare la voce degli imprenditori che è preoccupata e, in qualche modo, arrabbiata perchè non si vedono decisioni che possono aiutare il Paese».

Ossigeno alle banche (16 settembre 2011).
Un intervento coordinato di cinque banche centrali per l'immissione di liquidità in dollari sul mercato interbancario ha messo le ali ai listini europei e in particolare a quello italiano e alle banche. Ma anche l'euro si rafforza sopra quota 1,39 e lo spread tra Bund e Btp scende di colpo sotto i 360 punti base. Milano ha chiuso in rialzo del 3,56%. Francoforte ha guadagnato il 3,15%, Parigi il 3,27%, Londra il 2,11%, Madrid il 3,63%. Euforia per le principali banche europee e sul listino milanese Intesa Sanpaolo ha guadagnato il 10,27% riportandosi sopra quota 1 euro a 1,052 dopo una breve sospensione al rialzo. Unicredit è risalita del 6,9% a 0,77 euro. Bene Mps (+4,8%) In tensione anche Fiat (+5,17%) La Bce ha annunciato l'intervento congiunto con la Fed e le banche centrali britannica, giapponese e svizzera di immettere liquidità in dollari dopo che proprio a causa delle tensioni sul debito sovrano la provvista in divisa americana era diventata assai problematica. Interventi di questo tipo erano stati effettuati nel 2008 subito dopo il crac di Lehman Brothers. «La Bce - si legge in una nota - ha deciso, in coordinamento con la Fed, La Boe, la Boj e la Snb di avviare tre diverse operazioni per fornire liquidità in dollari con prestiti a tre mesi fino alla fine dell'anno». Le operazioni saranno condotte a tassi fissi e sulla base di aste che si terranno il 12 ottobre, il 9 novembre e il 7 dicembre. Il governo tedesco starebbe studiando un piano per sostenere le banche nel caso in cui la Grecia dichiarasse bancarotta. È quanto scrive il «Financial Times Deuthschland». Il piano 'B' di Berlino, da applicare se la crisi di Eurolandia si dovesse aggravare, includerebbe misure per finanziare istituti di credito e assicurazioni e si avvarrebbe anche delle risorse del fondo Ue salva-stati e di quelle del fondo tedesco istituito nel 2008 a sostegno del sistema bancario nazionale. «Tre anni dopo il crollo di Lehman Brothers, siamo entrati in una nuova pericolsa fase della crisi» che richiede «una forte volontà politica a livello globale» ha detto il direttore generale del Fondo Monetario Internazionale, Christine Lagarde, in un intervento a Washington ribadendo come «la ripresa sta rallentando» e «senza una forte azione collettiva esiste un rischio concreto che le principali economie arretrino anzichè avanzare». «Ci sono troppi debiti nel sistema - ha detto ancora - conti deboli e crescita debole si stanno alimentando negativamente in un circolo vizioso che si sta rafforzando e che è stato esasperato dalle disfunzioni e dalle indecisioni della politica».

Rapporto dell'Istituto Bruno Leoni sulle liberalizzazioni (19 settembre 2011).
Oltre al controllo dei conti pubblici, le riforme sono il nodo centrale di quanto ci chiede l'Ue per evitare il declino. Altrimenti potremo forse rimandare il collasso di un altro anno, ma non lo renderemo meno inevitabile». Di questo è convinto l'Istituto Bruno Leoni che, nei giorni caldi della manovra, offre alla politica un suo Rapporto in otto punti (Uscire dalla crisi. Un'agenda di liberalizzazioni) per tornare a crescere. Secondo la Banca d'Italia la piena liberalizzazione dei servizi farebbe lievitare il nostro Pil di addirittura 11 punti. Liberalizzare per crescere, insomma. Sul mercato del gas, ad esempio, Ibl propone la separazione della rete gas dall'ex monopolista Eni, per liberalizzare il mercato e far scendere i prezzi in bolletta, rendendo più competitivo anche quello dell'elettricità. Per gli stoccaggi, invece, il problema è la creazione di un contesto competitivo facendo spezzatino dei siti attualmente gestiti da Stogit (Snam Rete Gas, quindi Eni) e accelerando le autorizzazioni per i siti progettati dai diversi operatori. Sul trasporto ferroviario regionale, gli interventi che invoca il Bruno Leoni sono la separazione tra la rete e l'erogatore dei servizi, cioè tra Rfi e Trenitalia, attualmente controllate dalla medesima holding Ferrovie dello Stato; e l'istituzione di un regolatore indipendente al posto dell'inadeguato Ufficio regolazione servizi ferroviari. Nei servizi pubblici locali, recentemente investiti dal decreto correttivo, con l'abrogazione referendaria della «legge Ronchi», è venuto meno l'obbligo di gara per gli affidamenti. Ma la bocciatura per l'IBL non va confusa con il rigetto di qualunque efficienza nell'erogazione dei servizi. Di qui la proposta di recuperare l'impianto del ddl Lanzillotta, fissando il principio per cui l'affidamento deve avvenire obbligatoriamente attraverso procedure a evidenza pubblica. Lo stesso vale per i servizi idrici, anche loro bocciati dal referendum. Uno stallo che determina un quadro di incertezza normativa. Gli investimenti infatti sono urgenti: il 37% dell'acqua viene dispersa durante il trasporto, un terzo della popolazione italiana non ha depuratore. Secondo Ibl bisogna arrivare a un regolatore indipendente che determini le tariffe, all'obbligo di gara (con possibilità di deroga), e alla remunerazione dell'attività industriale. Altro capitolo su cui punta Ibl è la liberalizzazione del settore postale, per adeguare il paese alle direttive comunitarie. Come? Istituendo un organismo indipendente di regolazione; riducendo l'ambito del servizio universale al perimetro minimo previsto dalla disciplina europea; eliminando ogni residuo di riserva, inclusa quella sulle notifiche di atti giudiziari. Anche sugli orari dei negozi si deve osare di più. Il legislatore a luglio ha già liberalizzato gli orari commerciali, intervenendo in via sperimentale per le località d'arte e turistiche. La manovra correttiva dell'altro giorno estende a tutto il territorio nazionale la sperimentazione. Il giudizio di Ibl è positivo, ma chiede che la sperimentazione diventi definitiva e si allarghi a tutti gli esercizi commerciali. Il costo delle rigidità nella distribuzione pesa infatti per 23 miliardi di euro, decisamente troppo. Altro canale per spingere la crescita è la liberalizzazione delle assicurazioni infortuni. L'attività dell'Inail è del tutto analoga a quella delle compagnie private che operano nei rami infortuni e malattie. Il suo monopolio va smontato e privatizzato. Infine, ottavo punto dell'agenda Leoni, la liberalizzazione delle telecomunicazioni. Nella telefonia fissa, l'ex monopolista pubblico mantiene una posizione preponderante, c'è poca concorrenza, i prezzi restano alti e non si fa abbastanza innovazione. Ovviamente per Ibl nessuna di queste ricette è la panacea. Ma tutte insieme darebbero ai mercati il senso di una chiara inversione a favore della crescita.

Downgrading delll'Italia (20 settemnre 2011)
L'agenzia internazionale di rating Standard and Poor's ha annunciato, a sorpresa, la decisione di tagliare di un gradino il voto sul debito pubblico italiano: il «rating» indica in sintesi la capacità di ripagare il debito pubblico da parte di un Paese. Standard and Poor's ha declassato il debito sovrano a breve e a lungo termine dell'Italia portandolo ad «A» da «A+» e a «A-1» dal precedente «A-1+». Le prospettive future per l'Italia, spiega l'agenzia americana, sono per giunta «negative». Nella nota dell'agenzia americana, si sottolinea come il taglio del rating sul debito sia dovuto alle «deboli prospettive» di crescita economica, con il Paese governato da una «fragile coalizione»: la situazione politica e la fragilità della coalizione di governo in Italia, si legge, «limita la capacità di risposta dello Stato» nell'affrontare la crisi, così come la debolezza della crescita economica. Sulla manovra, SandP sostiene che le misure allo studio e le riforme prospettate «riusciranno probabilmente a fare ben poco per rilanciare le performance di crescita dell'Italia». «A nostro parere - si legge ancora nella nota, datata 19 settembre e diffusa a New York nel pomeriggio, notte fonda in Italia (ndr) - una crescita economica più debole probabilmente limiterà l'efficacia del programma di consolidamento del bilancio in Italia». SandP ha rivisto le previsioni sul debito pubblico italiano, il cui picco è previsto ora a un livello più elevato rispetto alle precedenti aspettative. L'agenzia di rating sostiene come «le prospettive di crescita economica dell'Italia si stanno indebolendo. E ci aspettiamo - prosegue il rapporto - che la fragile coalizione di governo e le differenze politiche all'interno del Parlamento continueranno a limitare la capacità del governo di rispondere in maniera decisa alle sfide macroeconomiche interne ed esterne». La scelta di Standard and Poor's - che all'inizio di agosto aveva per la prima volta declassato gli Stati Uniti, negando la «tripla A» al debito americano - è giunta inattesa nel panorama già molto complicato della finanza internazionale: ci si attendeva, per la verità, un declassamento da parte di Moody's, un'altra, e più piccola, agenzia di rating. Alla fine della scorsa settimana Moody's ha però comunicato che l'esame sul debito e sulle prospettive del Paese avrebbero richiesto un altro mese di lavoro. Invece, è arrivata la nota del gruppo Usa. La decisione è destinata a produrre effetti negativi sui mercati europei, già duramente provati dallo spettro del contagio dell'effetto Grecia, considerata da molti pericolosamente vicina al default, ovvero dalla dichiarazione di insolvenza. Lunedì, i rinnovati timori sulla capacità del governo di Atene di rinsaldare le finanze pubbliche avevano mandato a picco le Borse, con Piazza Affari (-3,17%) nello scomodo ruolo di maglia nera d'Europa. Un quadro fosco, in cui il cancelliere tedesco, Angela Merkel, era stata costretta a difendere la moneta unica e lo stesso progetto di Unione monetaria europea, sostenendo: «Se crolla l'euro, crolla anche l'Europa».

Downgrading anche per le banche (22 settembre 2011).
Standard and Poor's ha tagliato il rating di 7 banche italiane a seguito della decisione di lunedì di abbassare il voto al debito sovrano dell'Italia. il downgrading interessa il rating a lungo termine di Mediobanca e di Intesa Sanpaolo e tre delle controllate di quest' ultima Banca Imi, Cassa Risparmio Bologna e Biis che passano da A+ ad A, mentre restano immutate le valutazioni sul breve. Ridotto anche il rating di Findomestic e Bnl. Giudizio immutato per Unicredit il cui «outlook» passa tuttavia a negativo a causa della revisione del rischio sovrano. Il taglio del rating agli istituti di credito si è reso necessario per allineare al livello del Paese (appunto da A+ ad A) quelle banche che hanno almeno il 40% dei propri asset sul mercato domestico. Martedì gli analisti dell'agenzia americana avevano ventilato un possibile «meccanismo di trasmissione del downgrade sulle banche italiane attraverso il calo del valore dei titoli di Stato nei portafogli degli istituti di credito». Il cambio dell' outlook da stabile a negativo colpisce, oltre alle 7 banche ai quali è stato ridotto il rating (Intesa Sanpaolo e tre sue controllate, Mediobanca, Findomestic, Bnl) anche altri otto istituti. Nel dettaglio si tratta di Unicredit (e tre sue controllate , la tedesca nicredit Bank ag, Unicredit Bank Austria e Unicredit Leasing), Agos-Ducato, Istituto per il Credito Sportivo e Banca Fideuram (anch'essa gruppo Intesa Sanpaolo). Tutte banche che avevano già un rating di lungo termine A e di breve A-1. Outlook negativo anche per Cariparma alla quale è stato invece confermato il rating A+. Il taglio ai rating bancari era stato preceduito nel pomeriggio dalle valutazioni su alcune imprese a partecipazione pubblica. È passato da A+ ad A il rating della Cassa depositi e prestiti, controllata per il 70% dallo Stato e il restante 30 dalle Fondazioni di origine bancaria. Cdp investe nei settori di interesse strategico per il Paese, dalle infrastrutture ai trasporti all'edilizia, e gestisce il risparmio postale degli italiani che nel 2010 ammontava a 207 miliardi di euro circa. La manovra da 54 miliardi appena varata è «pienamente sufficiente per il pareggio 2013». Lo afferma una nota del Tesoro al termine di una giornata scandita dalle voci di una manovra aggiuntiva in arrivo. Il provvedimento «incorpora stime di crescita aggiornate a oggi e, pur a fronte di una minore crescita cumulata sull'orizzonte previsivo, prevede sul 2013, come appena confermato dalla Commissione Europea, il raggiungimento del doppio obbiettivo del pareggio di bilancio e di un ampio avanzo primario idoneo a porre il debito pubblico su uno stabile sentiero discendente». La crescita degli Stati Uniti resta lenta, mentre il tasso di disoccupazione rimane elevato e il mercato del lavoro debole. È il quadro assai critico che la Fed, la Banca centrale americana, è tornata a tracciare nel bollettino diffuso mercoledì sera. I nuovi stimoli all'economia non sono stati votati all'unanimità dal direttivo della Banca centrale. Per la seconda volta consecutiva, il board si è spaccato e la decisione è stata votata con 7 voti a favore e tre contrari. A votare contro sono stati il presidente della Fed di Dallas Richard W. Fisher, quello della Fed di Philadelphia Charles Plosser, e il presidente della Fed di Minneapolis Narayana Kocherlakota. La Fed ha tenuto intanto i tassi fermi fra lo 0 e lo 0,25%, assicurando che il costo del denaro resterà «eccezionalmente basso almeno fino alla metà del 2013». E lancia l«operazione Twist», ovvero l'allungamento della scadenza dei titoli di stato in portafoglio, acquistando 400 miliardi di dollari di Treasury con scadenza 6-30 anni e cedendo 400 miliardi di dollari di titoli di Stato a breve termine. Si tratta di un'operazione senza precedenti.

Marcegaglia ancora contro il governo (23 settembre 2011).
Confindustria, insieme con altre associazioni imprenditoriali, presenterà al Governo «un manifesto delle imprese in cinque punti per salvare l'Italia» sulle riforme da fare in fretta, ha annunciato la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, intervenendo all'assemblea di Confindustria Toscana. «Vogliamo una vera discontinuità - ha spiegato - la vogliamo velocemente, non siamo disponibili a vedere questa situazione di stallo. Non si può continuare a dire che abbiamo superato la crisi meglio di altri» perché «non è vero: non cresciamo e abbiamo una scarsa credibilità sui mercati finanziari». «Presenteremo al Governo un documento, insieme con le altre associazioni di imprese, un manifesto delle imprese per salvare l'Italia, per cambiare le aspettative e tornare a crescere. Se il Governo è disponibile a parlare con noi sulle grandi riforme siamo pronti, se il Governo vuole andare avanti sulle piccole cose noi non siamo interessati, noi scindiamo le nostre responsabilità perché vogliamo un cambiamento vero. È inutile perdere tempo». «Nella manovra del governo non c'è niente che riduca la spesa dello Stato», e ha illustrato agli imprenditori toscani riuniti a Firenze, i punti chiave di «un documento che dica quali sono per noi le riforme da fare». In primo luogo, c'è l'obiettivo della «riduzione della spesa pubblica». Per Marcegaglia, non servono «i tagli lineari, ma bisogna guardare alle singole cose, costo per costo». Vengono poi la «riforma delle pensioni e il rapporto tra fisco e impresa. I cinque punti sono:
1 - Riforma delle pensioni che «non deve penalizzare i giovani». «Non è possibile - ha ribadito Marcegaglia - che un Paese con i problemi che abbiamo noi, mandi le persone in pensione a 58 anni, con assegni molto alti, mentre domani i giovani ci andranno a 70 anni se non di più, con assegni pari alla metà di adesso. Non è possibile».
2 - Abbassare il debito e ridurre l'ingerenza del pubblico nell'economia. Sempre nell'ambito del secondo punto, il rapporto tra fisco e impresa: «Dobbiamo abbassare il cuneo contributivo fiscale, a partire proprio dai giovani», ha detto Marcegaglia, che lancia un appello per «iniziative serie e concrete».
3 - Vendere patrimonio pubblico per ridurre la spesa pubblica.
4 - Piano di privatizzazioni e di liberalizzazioni serio. «Nell'ultima manovra - accusa Marcegaglia - sono stati citati alcuni capitoli sulle liberalizzazioni, ma se andiamo a vedere cosa c'è, non c'è niente». Inaccettabile, per la numero uno di Confindustria, che esistano ancora «le tariffe minime: non è giusto che ci sia un pezzo del paese che lavora nel libero mercato e un altro pezzo che è protetto e ha le tariffe minime e scarica sugli altri i proprio costi». Quanto alla «liberalizzazione dei servizi pubblici locali, tutto questo aiuterebbe a far crescere l'economica del Paese».
5 - Infrastrutture Il quinto e ultimo punto. «Se il governo vuole andare avanti solo su piccole cosette e piccole manutenzioni, noi non siamo interessati. Noi vogliamo un cambiamento vero e pensiamo che questo nostro manifesto possa essere una base concreta di discussione e di confronto».

Maxipiano per l'Europa (26 settembre 2011).
Il messaggio inviato dal G20, di un impegno corale a sostenere gli sforzi dell'Europa per superare le crisi del debito sovrano, potrebbe non bastare a rassicurare i mercati. I ministri, i governatori delle banche centrali, i regolatori che hanno partecipato alla tre giorni di vertice dei Venti paesi più ricchi del pianeta e ai lavori dell'Fmi sono i primi ad esserne cpnvinti. Sui quali aleggia la prospettiva di un inevitabile default della Grecia. Così ieri si sono rafforzati gli inviti a potenziare il fondo salva-Stati (Efsf), reso permanente e già più ricco rispetto alla prima edizione del maggio 2010, dal piano approvato, ma non ancora attuato, a Bruxelles il 21 luglio. Indiscrezioni parlano di un nuovo mega piano europeo da 3 mila miliardi di euro che sarebbe stato già esaminato e discusso da parte dei ministri del G20. Venerdì e sabato scorsi sotto la pressione della Cina, dell'Fmi e degli Usa che con il suo segretario al Tesoro Tim Geithner sabato hanno avvertito del pericolo di una serie di «default a cascata» nei paesi dell'Eurozona. La maggior parte delle risorse verrebbe dirottata a rafforzare il capitale delle 16 maggiori banche del continente più in difficoltà, onde evitare disastrosi sconquassi sistemici, e per il resto ad alimentare in misura maggiore il Fondo salva-Stati. Il piano verrebbe annunciato nei prossimi giorni. A chiedere comunque un rafforzamento dell'Efsf ieri a Washington è stato Lorenzo Bini Smaghi, componente del board della Bce: il fondo va rafforzato, deve diventare uno strumento realmente efficace per garantire la liquidità sui mercati», ha detto, aggiungendo che bisogna «agire tempestivamente nei prossimi giorni» perché «l'attuale rete di protezione va rafforzata per assicurare che il sistema finanziario europeo resista a qualunque choc». Dal Fondo invece è arrivata, dal capo del dipartimento Europa del Fmi, Antonio Borges, la sollecitazione alla Bce per «un'azione congiunta» con l' Efsf per calmare il nervosismo dei mercati e scongiurare il rischio di contagio della crisi dal Vecchio Continente agli Stati Uniti e al resto del mondo. La Grecia da parte sua non ci sta a fare da «capro espiatorio» della crisi europea e, col primo ministro George Papandreou, rilancia sui ritardi e le divisioni della comunità internazionale la responsabilità della gravità dell'attuale situazione. La Grecia «non è il problema centrale dell'Europa, anche perché possiede solo il 3% del debito pubblico della zona», ha affermato il ministro delle Finanze greco, Evangelos Venizelos parlando a Washington. Il paese farà «qualunque cosa sarà necessario» per centrare gli obiettivi che sono stati fissati ed «è pronto a prendere le iniziative opportune qualunque sia il costo politico». E che la Grecia non si debba far fallire lo ha spiegato anche la cancelliera Angela Merkel in tv ai tedeschi: «Si distruggerebbe la fiducia degli investitori nell'Eurozona». Giovedì il Bundestag voterà la riforma dell'Efsf e Merkel - per la quale il fondo va ampliato e «si deve avere la possibilità di ristrutturare i debiti dei Paesi come si fa con le banche» - ha «fiducia» nella maggioranza della sua coalizione.

Resa nota la lettera inviata all'Italia il 5 agosto (29 settembre 2011).
Il Consiglio direttivo ritiene che l'Italia debba con urgenza rafforzare la reputazione della sua firma sovrana e il suo impegno alla sostenibilita' di bilancio e alle riforme strutturali. Il Governo italiano ha deciso di mirare al pareggio di bilancio nel 2014 e, a questo scopo, ha di recente introdotto un pacchetto di misure. Sono passi importanti, ma non sufficienti. Nell'attuale situazione, riteniamo essenziali le seguenti misure:
1.Vediamo l'esigenza di misure significative per accrescere il potenziale di crescita. Alcune decisioni recenti prese dal Governo si muovono in questa direzione; altre misure sono in discussione con le parti sociali. Tuttavia, occorre fare di piu' ed e' cruciale muovere in questa direzione con decisione. Le sfide principali sono l'aumento della concorrenza, particolarmente nei servizi, il miglioramento della qualita' dei servizi pubblici e il ridisegno di sistemi regolatori e fiscali che siano piu' adatti a sostenere la competitivita' delle imprese e l'efficienza del mercato del lavoro.
a) E' necessaria una complessiva, radicale e credibile strategia di riforme, inclusa la piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali e dei servizi professionali. Questo dovrebbe applicarsi in particolare alla fornitura di servizi locali attraverso privatizzazioni su larga scala.
b) C'e' anche l'esigenza di riformare ulteriormente il sistema di contrattazione salariale collettiva, permettendo accordi al livello d'impresa in modo da ritagliare i salari e le condizioni di lavoro alle esigenze specifiche delle imprese e rendendo questi accordi piu' rilevanti rispetto ad altri livelli di negoziazione. L'accordo del 28 Giugno tra le principali sigle sindacali e le associazioni industriali si muove in questa direzione.
c) Dovrebbe essere adottata una accurata revisione delle norme che regolano l'assunzione e il licenziamento dei dipendenti, stabilendo un sistema di assicurazione dalla disoccupazione e un insieme di politiche attive per il mercato del lavoro che siano in grado di facilitare la riallocazione delle risorse verso le imprese e verso i settori piu' competitivi.
2. Il Governo ha l'esigenza di assumere misure immediate e decise per assicurare la sostenibilita' delle finanze pubbliche.
a) Ulteriori misure di correzione del bilancio sono necessarie. Riteniamo essenziale per le autorita' italiane di anticipare di almeno un anno il calendario di entrata in vigore delle misure adottate nel pacchetto del luglio 2011. L'obiettivo dovrebbe essere un deficit migliore di quanto previsto fin qui nel 2011, un fabbisogno netto dell'1% nel 2012 e un bilancio in pareggio nel 2013, principalmente attraverso tagli di spesa. E' possibile intervenire ulteriormente nel sistema pensionistico, rendendo piu' rigorosi i criteri di idoneita' per le pensioni di anzianita' e riportando l'eta' del ritiro delle donne nel settore privato rapidamente in linea con quella stabilita per il settore pubblico, cosi' ottenendo dei risparmi gia' nel 2012. Inoltre, il Governo dovrebbe valutare una riduzione significativa dei costi del pubblico impiego, rafforzando le regole per il turnover e, se necessario, riducendo gli stipendi.
b) Andrebbe introdotta una clausola di riduzione automatica del deficit che specifichi che qualunque scostamento dagli obiettivi di deficit sara' compensato automaticamente con tagli orizzontali sulle spese discrezionali.
c) Andrebbero messi sotto stretto controllo l'assunzione di indebitamento, anche commerciale, e le spese delle autorita' regionali e locali, in linea con i principi della riforma in corso delle relazioni fiscali fra i vari livelli di governo. Vista la gravita' dell'attuale situazione sui mercati finanziari, consideriamo cruciale che tutte le azioni elencate nelle suddette sezioni 1 e 2 siano prese il prima possibile per decreto legge, seguito da ratifica parlamentare entro la fine di Settembre 2011. Sarebbe appropriata anche una riforma costituzionale che renda piu' stringenti le regole di bilancio.
3. Incoraggiamo inoltre il Governo a prendere immediatamente misure per garantire una revisione dell'amministrazione pubblica allo scopo di migliorare l'efficienza amministrativa e la capacita' di assecondare le esigenze delle imprese. Negli organismi pubblici dovrebbe diventare sistematico l'uso di indicatori di performance (soprattutto nei sistemi sanitario, giudiziario e dell'istruzione). C'e' l'esigenza di un forte impegno ad abolire o a fondere alcuni strati amministrativi intermedi (come le Province). Andrebbero rafforzate le azioni mirate a sfruttare le economie di scala nei servizi pubblici locali. Confidiamo che il Governo assumera' le azioni appropriate. Con la migliore considerazione, Mario Draghi, Jean-Claude Trichet.

Germania: approvato il fondo salva stati (29 settembre 2011).
Via libera del Parlamento tedesco al rafforzamento del fondo europeo cosiddetto Salvastati (Esfs). Il voto favorevole, per nulla scontato alla vigilia, ha ottenuto una larga maggioranza: 523 sì, 85 contrari e 3 astensioni. L'orientamento del Bundestag rappresentava un test cruciale sulla leadership del Cancelliere Angela Merkel, per le sue scelte europeiste, e per lo stesso governo federale. Merkel ha dovuto fare i conti in questi mesi con l'intransigenza di una parte dell'opinione pubblica ma anche dell'élite economica e politica preoccupate per la crisi dei debiti sovrani e per i costi dei salvataggi che potrebbero gravare sulla Germania. La Commissione Ue ha accolto con favore il voto di Berlino che è considerato uno dei paletti a difesa della moneta unica si è detta fiduciosa sulla possibilità che l'estensione del mandato del Efsf sará approvato in tutti i paesi dell'Eurozona entro la metà di ottobre. La riforma prevede l'ampliamento della dotazione del fondo da 250 a 440 miliardi di euro e introduce la possibilità di acquistare titoli di stato europei sul mercato secondario e di mettere linee di credito a disposizione dei paesi in difficoltà. In base all'accordo raggiunto dal Consiglio europeo il 21 luglio, tutti i parlamenti dei 17 paesi membri dell'Eurozona devono ratificare l'adozione delle nuove misure.

FIAT esce da Confindustria (3 ottobre 2011)
"Ti confermo che, come preannunciato nella lettera del 30 giugno scorso, Fiat e Fiat Industrial hanno deciso di uscire da Confindustria con effetto dal 1 gennaio 2012". È quanto scrive l'amministratore delegato, Sergio Marchionne, al presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia. «Cara Emma - inizia la missiva di Marchionne - negli ultimi mesi, dopo anni di immobilismo, nel nostro Paese sono state prese due importanti decisioni con l`obiettivo di creare le condizioni per il rilancio del sistema economico. Mi riferisco all`accordo interconfederale del 28 giugno, di cui Confindustria è stata promotrice, ma soprattutto all`approvazione da parte del Parlamento dell`articolo 8 che prevede importanti strumenti di flessibilità oltre all`estensione della validità dell`accordo interconfederale ad intese raggiunte prima del 28 giugno». «La Fiat fin dal primo momento ha dichiarato a Governo, Confindustria e organizzazioni sindacali il pieno apprezzamento per i due provvedimenti che avrebbero risolto molti punti nodali nei rapporti sindacali garantendo le certezze necessarie per lo sviluppo economico del nostro paese. Questo nuovo quadro di riferimento, in un momento di particolare difficoltà dell`economia mondiale, avrebbe permesso a tutte le imprese italiane di affrontare la competizione internazionale in condizioni meno sfavorevoli rispetto a quelle dei concorrenti». « Ma, con la firma dell`accordo interconfederale del 21 settembre è iniziato un acceso dibattito che, con prese di posizione contraddittorie e addirittura con dichiarazioni di volontà di evitare l`applicazione degli accordi nella prassi quotidiana, ha fortemente ridimensionato le aspettative sull`efficacia dell`articolo 8. Si rischia quindi di snaturare l`impianto previsto dalla nuova legge e di limitare fortemente la flessibilità gestionale». «Fiat, che è impegnata nella costruzione di un grande gruppo internazionale con 181 stabilimenti in 30 paesi, non può permettersi di operare in Italia in un quadro di incertezze che la allontanano dalle condizioni esistenti in tutto il mondo industrializzato». Per queste ragioni, non sono politiche e che non hanno nessun collegamento con i nostri futuri piani di investimento, ti confermo che, come preannunciato nella lettera del 30 giugno scorso, Fiat e Fiat Industrial hanno deciso di uscire da Confindustria con effetto dal 1 gennaio 2012. Stiamo valutando la possibilità di collaborare, in forme da concordare, con alcune organizzazioni territoriali di Confindustria e in particolare con l`Unione industriale di Torino». L'ad del Lingotto informa Marcegaglia che «da parte nostra, utilizzeremo la libertà di azione applicando in modo rigoroso le nuove disposizioni legislative. I rapporti con i nostri dipendenti e con le organizzazioni sindacali saranno gestiti senza toccare alcun diritto dei lavoratori, nel pieno rispetto dei reciproci ruoli, come previsto dalle intese già raggiunte per Pomigliano, Mirafiori e Grugliasco». L'uscita da Confindustria «è una decisione importante - conclude Marchionne - che abbiamo valutato con grande serietà e attenzione, alla quale non possiamo sottrarci perché non intendiamo rinunciare a essere protagonisti nello sviluppo industriale del nostro paese». In sostanza Marchionne teme che con gli accordi tra Confindustria e Sindacato si annacqui quanto previsto dal governo all'articolo 8 e quindi si riducano le possibilità di avere contrattazioni flessibili. Il gruppo torinese ha anche annunciato che produrrà a Mirafiori un suv a marchio jeep. L'installazione degli impianti produttivi inizierà nel 2012, il primo prodotto dalla seconda metà 2013. A Torino è anche stata confermata la produzione dell'Alfa Romeo Mito, incluse nuove versioni e aggiornamenti. Infine la Fiat produrrà all'inizio del 2013, nello stabilimento di Pratola Serra (Avellino), un nuovo motore benzina turbo a iniezione diretta per l'Alfa Romeo.

Eugenio Caruso


Luglio - settembre 2011

Per un approfondimento su come l'Italia sia arrivata al limite del baratro si rimanda al successo editoriale
E. Caruso, L'estinzione dei dinosauri di stato.

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