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Ivo Andric che ha descritto temi e destini umani tratti dalla storia del proprio Paese.
«Umana cosa è aver compassione degli afflitti; e come che a ciascuna persona stea bene, a coloro è massimamente richiesto, li quali già hanno di conforto avuto mestiere, et hannol trovato in alcuni: fra’ quali, se alcuno mai n’ebbe bisogno, o gli fu caro, o già ne ricevette piacere, io son uno di quegli.»
(Giovanni Boccaccio, Decameron, Proemio)
GRANDI PERSONAGGI STORICI Ritengo che ripercorrere le vite dei maggiori personaggi della storia del pianeta, analizzando le loro virtù e i loro difetti, le loro vittorie e le loro sconfitte, i loro obiettivi, il rapporto con i più stretti collaboratori, la loro autorevolezza o empatia, possa essere un buon viatico per un imprenditore come per una qualsiasi persona. In questa sottosezione figurano i grandi poeti e letterati che ci hanno donato momenti di grande felicità ed emozioni.
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Ivo Andric
Andric nel 1961
Ivo Andric (Travnik, 9 ottobre 1892 – Belgrado, 13 marzo 1975) è stato uno scrittore e diplomatico jugoslavo.
Nel 1961 vinse il Premio Nobel per la letteratura con la seguente motivazione:
«per la forza epica con la quale ha tracciato temi e descritto destini umani tratti dalla storia del proprio Paese».
Ivo Andric, figlio dei cattolici croato-bosniaci Antun Andric e Katarina Pejic, nacque a Travnik, nel 1892, nella Bosnia occupata dagli austriaci, ma ancora fortemente legata al passato ottomano. Visse con i genitori a Sarajevo fino all'età di due anni; quando il padre morì fu costretto a trasferirsi da una zia a Višegrad, dove visse la sua infanzia. La cultura orientale e occidentale si mescolavano in Bosnia in misura molto maggiore che in qualsiasi altro posto della penisola balcanica; sebbene fosse una piccola città di provincia della Bosnia orientale, Višegrad, definita più tardi dallo scrittore "la mia vera casa", rappresentò la sua fonte principale di ispirazione. Le abitudini della popolazione locale, i costumi e le particolarità della vita quotidiana dei suoi abitanti, il fiume Drina e il famoso ponte di Mehmed Paša Sokolovic di questa città multietnica e multiconfessionale, in cui i gruppi predominanti erano i serbi e i musulmani bosniaci, osservati da vicino da Andric fin dalla tenera età, avrebbero fornito ambientazione e materiale per le sue opere.
Al termine della scuola elementare, Andric ricevette una borsa di studio triennale da un gruppo culturale croato chiamato Napredak (Progresso) per studiare a Sarajevo. Nell'autunno del 1902 venne iscritto al Gran Gymnasija di Sarajevo, la più antica scuola secondaria in Bosnia.
Nel 1911, quando era ancora uno studente della scuola secondaria, pubblicò le sue prime due poesie nella rivista letteraria Bosanska vila che promuoveva l'unità serbo-croata. Prima della prima guerra mondiale, le sue poesie, saggi, recensioni e traduzioni (August Strindberg, Walt Whitman e un certo numero di autori sloveni), apparvero in riviste come Vihor (Vortice), Savremenik (Contemporaneo), Hrvatski pokret (Movimento croato) e Književne novine (Notizie letterarie). Una delle forme letterarie preferite di Andric era la prosa lirica e molti dei suoi saggi e pezzi più brevi erano poesie in prosa. Lo storico Wayne S. Vucinich descrive la poesia di Andric di questo periodo come " per lo più malinconica".
La casa dove nacque Ivo Andric
Nel 1908 l'Austria-Ungheria annetté ufficialmente la Bosnia ed Erzegovina. Alla fine del 1911, Andric fu eletto primo presidente del Movimento progressista serbo-croato Srpsko-Hrvatska Napredna Organizacija (SHNO), una società segreta di Sarajevo che promuoveva l'unità e l'amicizia tra serbi e la gioventù croata e si opponeva all'occupazione austro-ungarica. I suoi membri non erano visti di buon grado dai nazionalisti serbi e croati, da questi definiti "traditori delle loro nazioni". Il 28 febbraio 1912 Andric parlò davanti a una folla di 100 studenti nella stazione ferroviaria di Sarajevo, esortandoli a continuare le loro manifestazioni. La polizia austro-ungarica iniziò a perseguire i membri della SHNO: dieci furono espulsi dalle loro scuole o furono sottoposti a sanzioni, che non colpirono però Andric. Quest'ultimo si unì anche al movimento studentesco del Sud slavo noto come Giovane Bosnia, diventandone uno dei membri più importanti.
Nel 1912, grazie a una borsa di studio ottenuta da una fondazione educativa a Sarajevo, si iscrisse al Dipartimento di matematica e scienze naturali dell'Università di Zagabria, seguendo nel contempo dei corsi di letteratura croata. Continuò la sua attività fra i nazionalisti slavi del Sud, partecipando regolarmente alle dimostrazioni nel campus. Anche quando l'anno seguente si trasferì all'Università di Vienna, continuò a promuovere con altre associazioni studentesche la causa dell'unità jugoslava.
L'anno seguente, dopo un aggravamento della sua salute fisica, dovuto alla contrazione della tubercolosi, decise di lasciare Vienna e di completare i suoi studi all'Università Jagiellonica di Cracovia. Vi si trasferì all'inizio del 1914, e qui continuò a pubblicare traduzioni, poesie e recensioni.
Il 28 giugno 1914 venne assassinato l'Arciduca Francesco Ferdinando a Sarajevo. L'assassino era Gavrilo Princip, un giovane bosniaco amico di Andric, uno dei primi che nel 1911 avevano aderito allo SHNO. Dopo averne appreso la notizia, Andric fece ritorno in Bosnia. Allo scoppio della guerra, quando già la maggior parte dei suoi amici era stata arrestata per attività nazionaliste, Andric si trovava a Spalato, esausto e malato. Nonostante non fosse coinvolto nella trama dell'assassinio, venne imprigionato per "attività anti-statale" prima a Spalato, poi a Sebenico, Fiume e infine a Maribor, dove arrivò il 19 agosto. Afflitto dalla tubercolosi, Andric trascorse il periodo di detenzione leggendo, conversando con i suoi compagni di cella e imparando le lingue.
Venne rilasciato dal carcere il 20 marzo 1915 per mancanza di prove, ed esiliato nel villaggio di Ovcarevo, vicino a Travnik, dove fu posto sotto la supervisione dei monaci francescani locali.
In questo periodo trascorso nella parrocchia, iniziò a studiare la storia delle comunità cristiane cattoliche e ortodosse della Bosnia sotto il dominio ottomano, ed ebbe libero accesso alle cronache del monastero, in cambio di un aiuto al parroco e dell'insegnamento di canzoni religiose agli alunni della scuola.
Venne poi trasferito in una prigione di Zenica, e nel marzo 1917, ritenuto una minaccia politica dall'esercito austro-ungarico, gli fu comunicato l'esonero dal servizio militare. Nel luglio dello stesso anno riacquistò la libertà grazie a un'amnistia concessa dall'imperatore ai detenuti politici. Fece quindi ritorno a Višegrad, e in seguito, a causa della sua cattiva salute, fu ricoverato in un ospedale, prima a Sarajevo e poi a Zagabria.
Monastero di OvcarevoTravnik. Nel 1915, Andric venne esiliato nel villaggio di Ovcarevo, vicino a Travnik, dove fu posto sotto la supervisione dei monaci francescani locali.
Nel gennaio del 1918 Andric con altri nazionalisti slavi del Sud pubblicò un periodico pan-jugoslavo, Književni jug, che ebbe breve durata. Qui e in altri periodici, Andric continuò la pubblicazione di recensioni di libri, opere teatrali, versi e traduzioni. Dopo un aggravamento della sua malattia, nella primavera del 1918 trascorse un periodo di miglioramento fisico, che gli permise di portare a termine il suo primo libro, Ex ponto, una raccolta di poesie in prosa pubblicato a luglio.
La fine della prima guerra mondiale vide la disintegrazione dell'Austria-Ungheria e la nascita di un nuovo stato slavo meridionale, il Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, ribattezzato Jugoslavia nel 1929.
Nell'immediato dopoguerra, la tendenza di Andric a identificarsi con il nazionalismo serbo divenne sempre più evidente. Nel 1919 conseguì la laurea in storia e letteratura slava meridionale all'Università di Zagabria, dove si era reiscritto un anno prima. Nel corso dell'anno si ammalò nuovamente e venne ricoverato in ospedale a Spalato, dove rimase per i successivi sei mesi, durante i quali completò il secondo volume di poesie in prosa, intitolato Nemiri, pubblicato l'anno seguente. La sua condizione economica era però preoccupante: i guadagni provenienti dall'attività di scrittore non erano sufficienti a garantire il suo sostentamento, né quello dell'anziana madre e degli zii. Chiese quindi aiuto al suo vecchio insegnante, Andric Tugomir Alaupovic, da poco nominato Ministro degli affari religiosi del nuovo Regno, per ottenere un lavoro governativo. Nel settembre 1919 Alaupovic gli offrì una posizione di segretario presso il Ministero della Religione, che Andric accettò. Alla fine di ottobre, Andric partì per Belgrado. Prese parte ai circoli letterari della città e presto ne divenne uno dei giovani scrittori più famosi, suo malgrado, in quanto non amava essere un personaggio pubblico, preferendo la solitudine.
Nel 1920 pubblicò a Belgrado il suo secondo racconto, Put Alije Ðerzeleza. Insoddisfatto del lavoro governativo che stava svolgendo, scrisse ad Alaupovic, che lo assegnò alla missione del Ministero degli Esteri in Vaticano, e successivamente a Bucarest. Questo nuovo lavoro, non richiedendo molto sforzo, gli permise di concentrarsi sulla scrittura.
Nel 1922, dopo aver chiesto un'altra riassegnazione, venne trasferito a Trieste e, a seguito del peggioramento della sua salute per il clima umido della città, su consiglio del medico l'anno dopo si trasferì a Graz. Arrivò in città il 23 gennaio e fu nominato vice-console. Si iscrisse all'Università, riprese la sua istruzione e iniziò a lavorare sulla sua tesi di dottorato in studi slavi.
Nell'agosto del 1923 Andric sperimentò una battuta d'arresto inaspettata nella sua carriera. Era stata approvata una legge che stabiliva che tutti i dipendenti pubblici dovevano avere un dottorato. Poiché Andric non aveva completato la sua tesi, fu informato che il suo impiego non sarebbe stato confermato. A seguito di pressioni presso il ministro degli Esteri, nel 1924 gli venne permesso di svolgere il suo lavoro con una qualifica diversa, in attesa del completamento del dottorato, conseguito a luglio. Su richiesta della Commissione, la sua tesi venne pubblicata con il titolo Die Entwicklung des geistigen Lebens in Bosnien unter der Einwirkung der türkischen Herrschaft (Lo sviluppo della vita spirituale in Bosnia durante il dominio ottomano). In questo lavoro Andric commentò negativamente l'occupazione ottomana della Bosnia, un passato che riteneva non ancora superato.
Nell'ottobre 1924 fu assegnato al quartier generale del ministero degli Esteri a Belgrado. Durante i successivi due anni trascorse gran parte del suo tempo a scrivere. La sua prima raccolta di racconti fu pubblicata nel 1924 e ricevette un premio dall'Accademia Reale Serba, di cui Andric divenne membro a pieno titolo nel febbraio 1926. Nell'ottobre dello stesso anno fu assegnato al consolato di Marsiglia e di nuovo nominato vice-console, per poi essere trasferito all'ambasciata jugoslava di Parigi. Il tempo che Andric trascorse in Francia fu contrassegnato da una crescente solitudine e dall'isolamento, funestato dalla morte della madre e degli zii. Passò gran parte del suo tempo negli archivi di Parigi, esaminando i rapporti del consolato francese a Travnik tra il 1809 e il 1814, materiale che avrebbe usato in Travnicka hronika, uno dei suoi futuri romanzi.
Nell'aprile 1928 fu inviato a Madrid come vice-console. Quivi scrisse saggi su Simón Bolívar e Francisco Goya e iniziò a lavorare sul romanzo La cronaca di Travnik. Nel giugno del 1929 fu nominato segretario della delegazione jugoslava in Belgio e in Lussemburgo. Il 1º gennaio 1930 venne inviato in Svizzera come parte della delegazione permanente della Jugoslavia nella Società delle Nazioni a Ginevra e fu nominato delegato l'anno seguente. Nel 1933 Andric tornò a Belgrado; due anni dopo venne nominato capo del dipartimento politico del Ministero degli affari esteri. Il 5 novembre 1937 divenne assistente di Milan Stojadinovic, primo ministro e ministro degli esteri della Jugoslavia.
Andric fu nominato ambasciatore della Jugoslavia in Germania, a Berlino, nella primavera del 1939, dimostrando con questa nomina di essere molto stimato dagli alti comandi del suo paese. Il re della Jugoslavia Alessandro I fu assassinato a Marsiglia nel 1934. Gli succedette il figlio di dieci anni, Pietro, che ebbe come reggente lo zio, il principe Paolo Karadordevic, designato a governare al suo posto fino al compimento della sua maggiore età. Tale governo stabilì legami economici e politici più stretti con la Germania. Nel marzo 1941, la Jugoslavia sottoscrisse il patto tripartito, garantendo il proprio sostegno alla Germania nazista, al Regno d'Italia e all'Impero giapponese. Sebbene i negoziati fossero stati decisi agli altri vertici, nella sua veste di ambasciatore Andric fu obbligato a partecipare alla firma del documento a Berlino. Egli era stato precedentemente incaricato di ritardare l'accettazione delle richieste delle potenze dell'Asse il più a lungo possibile. Fu molto critico nei confronti di quanto stava accadendo e il 17 marzo scrisse al Ministero degli Affari Esteri chiedendo di essere sollevato dalle sue funzioni. Alcuni giorni dopo la firma del Patto, seguito da grandi manifestazioni di protesta a Belgrado, avvenne un colpo di Stato che rovesciò la reggenza. Con la nomina a Primo ministro del generale Dušan Simovic, di simpatie filobritanniche, il Regno di Jugoslavia ritirò l'adesione all'Asse, con la conseguente rottura dei rapporti con la Germania. Adolf Hitler ordinò il 6 aprile 1941 l'invasione del paese.
La posizione di Andric divenne estremamente difficile. Prima dell'invasione del suo paese, i tedeschi gli offrirono l'opportunità di trasferirsi nella Svizzera neutrale, ma egli rifiutò, perché non venne permesso al suo staff di seguirlo. Il 17 aprile la Jugoslavia capitolò e venne successivamente divisa tra le potenze dell'Asse. All'inizio di giugno, Andric e i suoi collaboratori furono ricondotti a Belgrado, occupata dai tedeschi. Alcuni di questi vennero incarcerati. Andric fu sospeso dal servizio diplomatico, ma rifiutò di ricevere la pensione e di collaborare in alcun modo con il governo fantoccio del generale serbo Milan Nedic, imposto militarmente dai tedeschi in Serbia. Anche se non venne imprigionato, Andric fu sottoposto a una stretta sorveglianza da parte dei tedeschi durante l'occupazione. Discendendo da genitori croati, gli venne offerta la possibilità di stabilirsi a Zagabria, allora capitale dello Stato indipendente di Croazia, occupato dalle forze congiunte italo-tedesche, ma Andric declinò l'offerta. Trascorse i successivi tre anni nell'appartamento di un amico a Belgrado, in condizioni che alcuni biografi hanno paragonato agli arresti domiciliari. Nell'agosto del 1941, le autorità fantoccio serbe pronunciarono un "Appello alla nazione", invitando gli abitanti del paese ad astenersi dalla ribellione comunista contro i tedeschi; Andric rifiutò di sottoscriverlo. Dedicò le sue energie alla scrittura, completando in questo periodo due dei suoi romanzi più noti, Il ponte sulla Drina e La cronaca di Travnik.
Verso la fine della primavera del 1942 inviò un messaggio di simpatia al generale Draža Mihailovic, il capo dei realisti Cetnici, un movimento di resistenza a base etnica serba, di stampo monarchico-conservatore e anticomunista, in netto contrasto con l'altro movimento di resistenza alla Jugoslavia occupata dall'Asse, quello dei partigiani comunisti di Josip Broz Tito. Nel 1944, in seguito ai bombardamenti alleati su Belgrado, Andric fu costretto a lasciare la città. Quando si unì a una colonna di profughi, si vergognò di fuggire da solo, in contrasto con le masse di persone accompagnate da figli, coniugi e genitori infermi. "Mi sono guardato su e giù", scrisse, "e ho visto che stavo salvando solo me stesso e il mio soprabito". Nei mesi successivi, rifiutò di lasciare l'appartamento in cui si trovava, anche quando il bombardamento si fece più pesante. Nell'ottobre del 1944 i partigiani jugoslavi, alla testa di Tito, con l'appoggio dell'Armata Rossa cacciarono i tedeschi da Belgrado.
Andric tornò alla vita pubblica solo dopo che i tedeschi vennero espulsi da Belgrado. Il ponte sulla Drina venne pubblicato nel marzo 1945. A settembre seguì La cronaca di Travnik, e a novembre venne dato alle stampe La signorina.
Il ponte sulla Drina, ritenuta l'opera più importante di Andric, venne proclamata dai comunisti un classico della letteratura jugoslava. Il libro ripercorre la storia del ponte di Mehmed Paša Sokolovic e della città di Višegrad dalla costruzione del ponte nel XVI secolo, fino allo scoppio della prima guerra mondiale. Il secondo romanzo, La cronaca di Travnik, segue la storia di un diplomatico francese in Bosnia durante le guerre napoleoniche. Il terzo, La signorina, ruota intorno alla vita di una donna di Sarajevo. Nel dopoguerra, Andric pubblicò anche diverse raccolte di racconti, alcune memorie di viaggio e numerosi saggi su scrittori serbi come Vuk Karadžic, Petar II Petrovic-Njegoš e Petar Kocic.
Nel novembre 1946 lo scrittore venne eletto vicepresidente della Società per la cooperazione culturale della Jugoslavia con l'Unione Sovietica. Lo stesso mese venne nominato presidente dell'Unione jugoslava degli Scrittori. L'anno seguente divenne membro dell'Assemblea popolare della Bosnia ed Erzegovina. Nel 1948 Andric pubblicò una raccolta di racconti che aveva scritto durante la guerra. Il suo lavoro influenzò scrittori come Branko Copic, Vladan Desnica, Mihailo Lalic e Meša Selimovic.
Nell'aprile 1950 divenne deputato all'Assemblea nazionale della Jugoslavia. Nel 1952 venne decorato dal Presidium dell'Assemblea nazionale per i servizi resi al popolo jugoslavo. L'anno seguente concluse la sua carriera di deputato parlamentare. Nel 1954 Andric pubblicò la novella Prokleta avlija, che racconta la vita in una prigione ottomana a Istanbul. Nel dicembre dello stesso anno fu ammesso nella Lega dei comunisti di Jugoslavia, il partito di governo del paese.
Il 27 settembre 1958, all'età di 66 anni, sposò Milica Babic, costumista al Teatro Nazionale di Serbia, di vent'anni più giovane di lui. In precedenza aveva annunciato che era "probabilmente meglio" che uno scrittore non si sposasse mai. "Era perennemente perseguitato da una specie di paura", ricorda un caro amico. "Sembrava che fosse nato spaventato, ed è per questo che si è sposato così tardi, semplicemente non ha osato entrare in quella zona della vita".
Alla fine degli anni Cinquanta le opere di Andric erano già state tradotte in diverse lingue. Il 26 ottobre 1961 lo scrittore venne insignito del premio Nobel per la letteratura, assicurandosi un riconoscimento a livello internazionale. I documenti pubblicati cinquanta anni dopo rivelano che il Comitato per il Nobel lo aveva selezionato preferendolo a scrittori come JRR Tolkien, Robert Frost, John Steinbeck e E.M. Forster; anche se il premio fu meritatissimo, giova notare che il Comitato per ilo Nobel ha spesso privilegiato letterati comunisti, a volte, cadendo nel ridicolo.
Andric firma i suoi libri alla Fiera del Libro di Belgrado, dopo il Nobel.
Il marzo successivo Andric si ammalò durante un viaggio al Cairo e dovette tornare a Belgrado per un'operazione. Fu obbligato a cancellare tutti gli eventi promozionali in Europa e Nord America, ma i suoi lavori continuarono a essere ristampati e tradotti in numerose lingue. A giudicare dalle lettere scritte all'epoca, Andric si sentì gravato dall'attenzione, ma fece del suo meglio per non farlo vedere pubblicamente. Dopo aver ricevuto il premio Nobel, il numero di premi e onorificenze conferitogli si moltiplicò. Ricevette l'Ordine della Repubblica nel 1962, il Premio del 27 luglio della Bosnia-Erzegovina, il Premio AVNOJ nel 1967 e l'Ordine dell'Eroe del Lavoro Socialista nel 1972.[47] Oltre ad essere un membro delle Accademie e delle scienze jugoslave e serbe, divenne anche corrispondente delle loro controparti bosniaca e slovena, e ricevette dottorati onorari dalle università di Belgrado, Sarajevo e Cracovia.
Dopo la morte della moglie nel 1968, la salute dello scrittore peggiorò costantemente e lo costrinse a ridurre i suoi viaggi all'estero. Continuò a scrivere fino al 1974, quando la sua salute peggiorò e fu costretto al ricovero nell'ospedale di Belgrado.
Morì il 13 marzo 1975, all'età di 82 anni. Le sue spoglie furono cremate e il 24 aprile l'urna contenente le sue ceneri fu sepolta nel cimitero di Belgrado, alla presenza di circa 10.000 persone.
Andric in gioventù fu un avido lettore. I suoi interessi letterari variavano molto, dai classici greci e latini ai contemporanei, inclusi scrittori tedeschi e austriaci come Johann Wolfgang von Goethe, Heinrich Heine, Friedrich Nietzsche, Franz Kafka, Rainer Maria Rilke e Thomas Mann ; dagli scrittori francesi come Michel de Montaigne, Blaise Pascal, Gustave Flaubert, Victor Hugo e Guy de Maupassant agli scrittori britannici come Thomas Carlyle, Walter Scott e Joseph Conrad. Andric lesse anche le opere dello spagnolo De Cervantes, del poeta e filosofo italiano Leopardi, dello scrittore russo Nikolay Chernyshevsky, dello scrittore norvegese Henrik Ibsen, degli scrittori americani Walt Whitman e Henry James e del filosofo cecoslovacco Tomáš Garrigue Masaryk.
Egli amava particolarmente la letteratura polacca e in seguito affermò che essa era stata per lui un'importante fonte di ispirazione. Tenne anche in grande considerazione numerosi scrittori serbi, in particolare Vuk Stefanovic Karadžic, Petar II Petrovic-Njegoš, Petar Kocic e Aleksa Šantic, e ammirò i poeti sloveni Fran Levstik, Josip Murn e Oton Župancic, dei quali tradusse alcune opere. Sembra che Kafka abbia avuto un'influenza significativa sulla prosa di Andric, e che la sua visione filosofica sia stata fortemente influenzata dalle opere del filosofo danese Søren Kierkegaard. A un certo punto della sua gioventù, Andric s'interessò anche alla letteratura cinese e giapponese.
In gran parte delle sue opere Andric si è ispirato alle tradizioni e alle esperienze di vita degli abitanti della Bosnia, e ha esaminato la complessità dei contrasti culturali degli abitanti musulmani, serbi e croati della regione. Le sue opere contengono molti cosiddetti "turchismi", parole di origine turca, araba o persiana presenti nelle lingue degli slavi del Sud durante il dominio ottomano, che lo scrittore utilizza per esprimere sfumature che non possono essere rese anche nella lingua serbo-croata.
Secondo l'opinione dello storico della letteratura Nicholas Moravcevich, l'opera di Andric "tradisce spesso la sua profonda tristezza per la miseria e lo spreco inerente allo scorrere del tempo".
Alcuni critici, fra cui la scrittrice serba Isidora Sekulic in un famoso articolo del 1923, hanno evidenziato una certa differenza fra la produzione di Andric autore delle opere di poesia in prosa come Ex Ponto (1918), e quella in cui lo scrittore si fa cantore della Bosnia ottomana, ritenuta l'essenza della sua narrativa.
Secondo Sekulic, che scrisse il suo articolo prima della pubblicazione dei più noti romanzi di Andric (Il ponte sulla Drina, La cronaca di Travnik, La corte maledetta), la prosa dello scrittore jugoslavo sarebbe basata sul modello espositivo dell'antico racconto orale orientale: dialoghi brevi, descrizioni essenziali delle persone e della natura, incedere fluido, leggero, sempre moderato nei toni. La presenza del mondo orientale islamico si rivelerebbe inoltre nell'assenza, in questi racconti, di "vita borghese", di storie familiari, di introspezione psicologica e drammi interiori. I suoi personaggi più frequenti sono eroi e assassini, furfanti, vagabondi e cortigiane, zingari e avventurieri, senza fissa dimora, sempre in viaggio e in movimento, come l'ubriacone Kriletic in Dan u Rimu (Una giornata a Roma); spesso in preda ad istinti oscuri e primitivi, "anime nere", come Mustafa Madzar.
Riflettendo su quali contenuti e motivazioni si regga la rappresentazione dell'Impero ottomano nell'opera di Ivo Andric, Branka Šarancic individua la presenza di immagini contrastanti e multiple, così come registri letterari diversi - poetici, mitici, comici, tragici e morbosi - rilevabili anche nell'opera maggiore dello scrittore, Il ponte sulla Drina. L'intento di Andric non sarebbe quello di sostenere, attraverso una ricostruzione del passato, una causa nazionale o politica. In quanto difensore dell'autonomia ideologica dell'artista, egli sarebbe piuttosto interessato a ricostruire l'impatto psicologico prodotto nella vita delle persone dall'incontro di due civiltà straniere tra loro, utilizzando non solo la storia ufficiale, ma anche materiali come miti, leggende e credenze popolari.
Fin dalle prime pubblicazioni Andric è attratto dai temi della transitorietà e della solitudine umana, dal senso di ansia e irrequietezza di fronte alla morte, e dalla sofferenza, considerata inevitabile nell'esistenza dell'essere umano. Quest'ultima caratteristica viene rappresentata metaforicamente nella Corte del Diavolo attraverso il tema della prigione. Nei suoi racconti i personaggi di rango sociale elevato sono più rari rispetto a quelli che vivono nella povertà e si lasciano andare ai vizi che una tale esistenza comporta. In quasi tutte le sue opere Andric vuole rendere un quadro preciso della realtà che lo circonda dedicandosi a una ricerca introspettiva dell'animo umano e soffermandosi sui vizi e i difetti che spesso portano i suoi personaggi all'autodistruzione.
La maggior parte degli studiosi, riferendosi alla sua opera più famosa e studiata, Il ponte sulla Drina, ha interpretato il ponte omonimo come una metafora della Jugoslavia, a sua volta ponte tra Oriente e Occidente durante la Guerra Fredda. Nel suo discorso di accettazione del Nobel, Andric ha descritto il suo paese come uno "che, a velocità vertiginosa e al costo di grandi sacrifici e sforzi prodigiosi, sta tentando in tutti i campi, incluso il campo della cultura, di sopperire a quelle cose di cui è stato privato da un passato singolarmente turbolento e ostile". Secondo Andric, le posizioni apparentemente contrastanti tra i disparati gruppi etnici della Jugoslavia potevano essere superate attraverso la conoscenza della storia, che avrebbe potuto aiutare le generazioni future a evitare gli errori del passato.
La figura del ponte acquisisce quindi fondamentale importanza per l'autore, che descrive gli antichi ponti di pietra come dei vegliardi che "stanno ancora in piedi, come scheletri in guardia", permettendo alle diverse etnie di venire in contatto tra loro. In merito Andric scrisse: "Tutto ciò che questa nostra vita esprime - pensieri, sforzi, sguardi, sorrisi, parole, sospiri - tende verso un'altra sponda, verso una meta tramite cui acquista il suo vero senso. Tutto è un passaggio, un ponte le cui estremità si perdono nell'infinito [...] e la nostra speranza è su quell'altra sponda". Andric rappresenta una società multietnica e multi-religiosa in un preciso contesto storico, nel quale i ponti si fanno metafora della continua, vicendevole influenza che i diversi popoli dei Balcani esercitavano l'uno sull'altro.
Le prime pubblicazioni di Ivo Andric sono opere poetiche che risalgono al periodo della sua partecipazione come simpatizzante dell'organizzazione Giovane Bosnia (Mlada Bosna), un movimento politico giovanile basato su forte sentimento nazionalista, che aveva come fine ultimo la formazione di un unitario Stato Jugoslavo. Scritte durante la prima guerra mondiale, sono caratterizzate dall'uso del verso libero.
La raccolta di poesie Ex Ponto (1918) appartiene proprio a questo periodo. Il titolo fa riferimento all'omonima composizione di Ovidio, che racconta il suo esilio sul Mar Nero. Il senso di disperazione che pervade l'intera raccolta si coglie pienamente in una delle pagine finali: "dovunque io guardi vedo poesia, qualsiasi cosa io tocchi sento dolore".
La natura umana appare segnata dalla malinconia, dall'introspezione e dall'isolamento dell'individuo, ovvero da tutti quegli stati che l'autore aveva già sperimentato nel periodo del suo imprigionamento, e che lo portano ad estendere il concetto di prigione a uno stato simbolico e psicologico, oltre che fisico.
Tuttavia, non si può delineare uno sviluppo schematico e lineare degli stati d'animo: momenti di disperazione e angoscia sono infatti alternati da attimi luminosi e di pace. Se l'opera inizia con un ammonimento a Dio, accusato di donare all'uomo una vita piena di sofferenze che lo porta a odiare la propria esistenza, chiaro riferimento alla filosofia di Kierkegaard che l'autore stesso lesse e tradusse, con il procedere del testo l'ispirazione cambia, e si intravede la capacità dell'io non solo di resistere all'isolamento e alla solitudine, ma anche di crescere e prendere forza da esse.
La stessa natura, inizialmente ritenuta parte del mondo ostile che circonda l'essere umano, diventa fonte di conforto. Nella parte finale avviene inoltre uno spostamento dal punto di vista individuale a quello collettivo: la vita umana è ritenuta parte dell'esistenza universale e al protagonista che soffre per la propria anima, subentra la dimensione della totalità degli esseri, con i loro bisogni concreti e e comuni.
Poco prima della sua morte, Andric dichiarò che desiderava che tutti i suoi beni venissero conservati come parte di un patrimonio da utilizzare per "scopi culturali e umanitari generali". Nel marzo 1976 un apposito comitato decise che lo scopo della Fondazione sarebbe stato quello di promuovere lo studio del lavoro di Andric, dell'arte e della letteratura in generale. La Zadužbina Ive Andrica ha da allora organizzato una serie di conferenze internazionali, elargito borse di studio a studiosi stranieri che si occupano delle opere dello scrittore, e ha offerto un aiuto finanziario per coprire i costi di pubblicazione degli studi su Andric. La fondazione pubblica un annuario annuale, Sveske Zadužbine Ive Andrica.
La strada che corre accanto al nuovo palazzo di Belgrado, ora sede del presidente della Serbia, è intitolata ad Andric, e include una statua a grandezza naturale dello scrittore. L'appartamento in cui Andric ha trascorso i suoi ultimi anni è stato trasformato in un museo. Aperto oltre un anno dopo la morte di Andric, ospita libri, manoscritti, documenti, fotografie e oggetti personali. In diverse altre città importanti della Serbia, come Novi Sad e Kragujevac, le strade prendono il nome da Andric, così come le strade di alcune città della Bosnia ed Erzegovina, come Sarajevo, Banja Luka, Tuzla e Višegrad.
Andric rimane l'unico scrittore jugoslavo ad aver ricevuto il premio Nobel. Dato il suo uso del dialetto ekavo (ekavo è una delle varianti in cui si è modificato l'antico slavo) e il fatto che la maggior parte dei suoi romanzi e racconti sono stati scritti a Belgrado, la sua opera è associata quasi esclusivamente alla letteratura serba. Lo studioso di studi slavi Bojan Aleksov ritiene Andric, con Njegoš, uno dei due pilastri della letteratura serba. "La plasticità della sua narrativa", scrive Moravcevich, "la profondità della sua intuizione psicologica e l'universalità del suo simbolismo rimangono insuperate in tutta la letteratura serba".
A causa della sua autoidentificazione come serbo, molti degli intellettuali bosniaci e croati limitano o respingono l'associazione di Andric con le loro letterature. Con la fine della Jugoslavia nei primi anni Novanta, sotto il presidente Franjo Tudman le opere di Andric furono inserite nella lista nera in Croazia. La politologa Sabrina P. Ramet caratterizza Andric come uno scrittore che solo per poco non ha preso la parte dei cetnici. Anche se Andric rimane una figura controversa in Croazia, l'establishment letterario croato ha ampiamente riabilitato le sue opere dopo la morte di Tudman nel 1999.
Gli studiosi bosniaci hanno contestato il ritratto apparentemente negativo dei personaggi musulmani nelle opere di Andric. Durante gli anni Cinquanta, i suoi detrattori bosniaci più accesi lo accusarono di essere un plagiatore, un omosessuale e un nazionalista serbo. Alcuni di loro hanno addirittura chiesto che gli venisse ritirato il premio Nobel. La maggior parte delle critiche bosniache alle sue opere apparve nel periodo immediatamente precedente allo scioglimento della Jugoslavia e all'indomani della guerra bosniaca . All'inizio del 1992, un nazionalista bosniaco a Višegrad distrusse una statua di Andric con un martello. Vent'anni dopo, nel 2012, il cineasta Emir Kusturica e il politico serbo-bosniaco Milorad Dodik hanno inaugurato un'altra statua di Andric a Višegrad, questa volta come parte della costruzione di un villaggio etnico chiamato Andricgrad, sponsorizzata da Kusturica e dal governo della Republika Srpska. Andricgrad è stata ufficialmente inaugurata nel giugno 2014, in occasione del centenario dell'assassinio di Francesco Ferdinand; ancora una volta un "ponte" ha collegato due culture.
Andric e la moglie Milica dopo aver saputo di aver vinto il premio Nobel
Raccolte tradotte in italiano
- 1993. Racconti di Sarajevo, Newton,
- 1995. Racconti di Bosnia, Newton,
- 2007. La storia maledetta. Racconti triestini, a cura di Marija Mitrovic, traduzione di Alice Parmeggiani, Milano, Mondadori; Contiene: Esaltazione e rovina di Toma Galus, Dalla parte del sole, Impero di Postruznik, La storia maledetta
- 2010. La donna sulla pietra, traduzione di Alice Parmeggiani, Rovereto, Zandonai, Contiene: La donna sulla pietra (Žena na kamenu, 1954); Ferie al Sud (Letovanje na jugu, 1959); La maltrattata (Zlostavljanje, 1946); Parole (Reči, 1964); La festa (Svečanost, 1962); La passeggiata (Šetnja, 1934); Segnali (Znakovi, 1951); Byron a Sintra (Bajron u Sintri, 1935); La danza (Igra, 1956)
- 2011. Romanzi e racconti, traduzione e note di Dunja Badnjević, saggio introduttivo di Predrag Matvejević, Milano, Mondadori. Contiene: La cronaca di Travnik. Il ponte sulla Drina. Racconti (Racconto dal Giappone. L'amore nella kasaba. Il ponte sulla Žepa. Mara la concubina. I tempi di Anika. I ponti. Conversazione con Goya. Sentieri. Una lettera del 1920. La storia dell'elefante del visir. Aska e il lupo. La corte del diavolo. Jelena, la donna che non c'è.
- 2011. Sul fascismo, traduzione dal serbo di Manuela Orazi e Dunja Badnjević, Portogruaro, Nuova Dimensione
- 2012. Litigando con il mondo, Rovereto, Zandonai
- 2012. Buffet Titanik, Verona, Perosini 2012
Il ponte sulla Drina
Il ponte sulla Drina
Il romanzo è caratterizzato da una prosa lenta ma vigorosa e da uno svolgimento che abbraccia diversi secoli: la trama si svolge infatti partendo dall'inizio del XVI secolo e giungendo fino alla prima guerra mondiale. Il protagonista del romanzo è il ponte sul fiume Drina (Ponte di Mehmed Paša Sokolovic) situato nella cittadina di Višegrad, località che si trova nella parte orientale della Bosnia, al confine con la Serbia. Il ponte fu costruito su ordine di Mehmed Pa?a Sokolovic, che da ragazzino fu rapito dalla zona di Višegrad (1516) e portato a Istanbul dove, dopo anni di addestramento militare, vestì dapprima la divisa dei giannizzeri (il cosiddetto dev?irme, una pratica assidua durante il dominio dell'Impero ottomano) e divenne poi visir, inviato durante il regno di Solimano il Magnifico nella zona di origine. Tramite una serie di racconti e aneddoti ambientati sullo sfondo e spesso sopra il ponte, Andric traccia la storia di Višegrad e della Bosnia stessa, area costantemente al confine tra Impero ottomano ed Europa, tra cultura orientale e religione musulmana e cultura occidentale e cristiana. Io lessi con estremo piacere questo romanzo che considero importante per la comprensione della storia della ex-Jugoslavia e del confronto scontro tra cristianesimo e islamismo, (utilizzando non solo la storia ufficiale, miti, leggende e credenze popolari) e tra oriente e occidente, degli anni sessanta.
I PONTI
La fuga
22 dicembre 2022 - Eugenio Caruso
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