Commodo, figlio di Marco Aurelio e nemico del senato.

I GRANDI PERSONAGGI STORICI


Ritengo che ripercorrere le vite dei maggiori personaggi della storia del pianeta, analizzando le loro virtù e i loro difetti, le loro vittorie e le loro sconfitte, i loro obiettivi, il rapporto con i più stretti collaboratori, la loro autorevolezza o empatia, possa essere un buon viatico per un imprenditore come per una qualsiasi persona.

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Commodo

din. antonini

Dinastia degli antonini

Cesare Lucio Marco Aurelio Commodo Antonino Augusto, Lanuvium, 31 agosto 161 – Roma, 31 dicembre 192, è stato membro della dinastia degli antonini; regnò dal 180 al 192. Come Caligola e Nerone, è descritto dagli storici come stravagante e depravato. Figlio di Marco Aurelio, Commodo fu associato al trono nel 177, succedendo al padre nel 180. Avverso al Senato e da questi odiato, governò in maniera autoritaria.
Durante i dodici anni di principato, nonostante la fama di despota, Commodo esercitò un'ampia tolleranza religiosa, a esempio ponendo fine alle persecuzioni contro i cristiani dopo alcuni anni dall'ascesa al trono, le quali ricominciarono dopo la sua morte. Egli stesso praticò culti orientali e stranieri. Il regno di Commodo diede anche un nuovo impulso alle arti, che si svilupparono rispetto all'arte dei primi antonini. Durante il suo regno egli eresse vari monumenti celebranti le imprese del padre Marco Aurelio, tra i quali la Colonna Aureliana, e forse completò anche la statua equestre di Marco Aurelio che si trova oggi sul Campidoglio.
Amato dal popolo e appoggiato dall'esercito riuscì a mantenere il potere tra numerose congiure, fino a quando venne assassinato in un complotto ad opera di alcuni senatori, pretoriani e della sua amante Marcia, finendo strangolato dal suo maestro di lotta, l'ex gladiatore Narcisso, cospirazione che portò al potere Pertinace. Sottoposto a damnatio memoriae dal senato, venne riabilitato e divinizzato dall'imperatore Settimio Severo, che voleva ricollegarsi alla dinastia antoniniana cercando il favore dei membri superstiti della famiglia di Commodo e Marco Aurelio.
Commodo, nacque come Lucio Elio Aurelio Commodo a Lanuvio, l'antica Lanuvium vicino a Roma. Aveva un fratello gemello, Tito Aurelio Fulvio Antonino, morto nel 165. Il 12 ottobre 166, Commodo fu nominato Cesare insieme al fratello minore, Marco Annio Vero Cesare; quest'ultimo morì nel 169, perciò l'unico figlio superstite rimase Commodo.
Egli ricevette una buona istruzione nelle mani di quella che Marco Aurelio chiamò "un'abbondanza di buoni maestri". Nell'aprile del 175 Avidio Cassio, governatore della Siria, si dichiarò imperatore seguendo la voce che Marco Aurelio fosse morto. Essendo stato riconosciuto imperatore dalla Siria, Palestina ed Egitto, Cassio portò avanti la sua ribellione nonostante Marco Aurelio fosse ancora in vita.
Durante i preparativi per la campagna contro Cassio, il principe assunse la sua toga sul fronte del Danubio il 7 luglio 175, entrando così ufficialmente nell'età adulta. Cassio, invece, fu ucciso da uno dei suoi centurioni prima che la campagna contro di lui potesse iniziare. Commodo successivamente accompagnò il padre in un lungo viaggio nelle province orientali, durante il quale visitò Antiochia. L'imperatore e il figlio si recarono successivamente ad Atene.
Poi tornò a Roma nell'autunno del 176. Marco Aurelio è stato il primo imperatore dopo Vespasiano, che ebbe un figlio proprio, e sembra fosse sua ferma intenzione che Commodo divenisse il suo erede, nonostante da molto tempo gli imperatori, spesso senza figli maschi adulti, adottassero i loro eredi.
Il 27 novembre 176, Marco Aurelio conferì a Commodo il rango di Imperator, e nel 177, il titolo di Augusto, attribuendo al figlio la sua stessa posizione, e formalmente condivise il potere con lui. Il 23 dicembre dello stesso anno, ottenne la tribunicia potestas. Il 1º gennaio 177, Commodo divenne console per la prima volta, e questo a soli 15 anni, diventando il più giovane console nella storia romana fino a quel momento. Durante il regno assieme al padre, Commodo non commise stranezze né crudeltà. Sposò Bruzia Crispina prima di accompagnare suo padre ancora una volta al fronte del Danubio nel 178 per le guerre contro i barbari, dove poi Marco Aurelio morì il 17 marzo 180, lasciando a 19 anni come unico imperatore suo figlio Commodo.
Dopo una nuova serie di vittorie decisive negli anni 178-179 contro marcomanni e quadi, il padre, Marco Aurelio, si ammalò gravemente nel 180, forse anch'egli colpito dalla peste che affliggeva l'impero da anni. Marco Aurelio morì il 17 marzo 180, a circa cinquantanove anni, secondo Aurelio Vittore nella città-accampamento di Vindobona (Vienna).

Iniziando a stare male, Marco Aurelio chiamò Commodo al capezzale e gli chiese per prima cosa di concludere onorevolmente la guerra, affinché non sembrasse che lui avesse "tradito" la res publica. Il figlio promise che se ne sarebbe fatto carico, ma che gli interessava prima di tutto la salute del padre. Chiese pertanto di poter aspettare pochi giorni prima di partire. Marco, sentendo che i suoi giorni erano alla fine e il dovere compiuto, accettò da stoico una morte onorevole, astenendosi dal mangiare e bere, e aggravando così la malattia per permettergli di morire il più rapidamente possibile.
Il sesto giorno, chiamati gli amici e "deridendo le cose umane" disse loro: "perché piangete per me e non pensate piuttosto alla pestilenza e alla morte comune? Se vi allontanerete da me, vi dico, precedendovi, statemi bene". Mentre anche i soldati si disperavano per lui, alla domanda su "a chi affidasse il figlio", rispose ai subordinati: "a voi, se ne sarà degno, e agli dèi immortali". Nel settimo giorno si aggravò e ammise brevemente solo il figlio alla sua presenza, ma quasi subito lo mandò via, per non contagiarlo.
Uscito Commodo, coprì il capo come se volesse dormire, come il padre Antonino Pio, e quella notte morì. Cassio Dione Cocceiano aggiunge che vi furono delle negligenze da parte dei medici, che avrebbero voluto accelerare la successione per compiacere Commodo, ma potrebbero essere solo dicerie. Marco Aurelio riteneva, a torto, che il figlio avrebbe abbandonato quel genere di vita così poco adatto a un princeps, assumendosi le necessarie responsabilità nel governare un Impero come quello romano.
E poiché Commodo non era pazzo, come molti sostennero, anche se amava esibirsi come gladiatore e in prove di forza, egli intelligentemente si assicurò subito la fedeltà dell'esercito e del popolo romano con ampie elargizioni (donativa e congiaria), governando così da vero e proprio monarca assoluto, al riparo dalle continue congiure del Senato e mantenendo il potere per dodici anni. In una di queste congiure venne coinvolta anche la sorella, Lucilla (oltre ad altri membri della famiglia, come il cognato e un nipote, figlio di Cornificia), che Commodo fece prima esiliare e poi uccidere (non invece il marito, Pompeiano, che preferì autoesiliarsi, e Cornificia). Un'altra sorella, Fadilla, fu invece, insieme al marito, una delle più fedeli consigliere del fratello. A conclusione del principato di Marco Aurelio, Cassio Dione scrisse un elogio all'imperatore, seppure descrivendo il passaggio a Commodo con dolore e rammarico:
« [Marco] non ebbe la fortuna che meritava, perché non era forte nel corpo ed era stato coinvolto in una moltitudine di problemi durante tutto il suo regno. Ma da parte mia, lo ho ammirato tanto, più per questo motivo, che tra difficoltà insolite e straordinarie, sopravvisse e conservò l'impero. Solo una cosa gli impedì di essere completamente felice, cioè, dopo aver dato l'educazione migliore possibile al figlio, rimase enormemente deluso da lui. Questa materia deve essere il nostro prossimo argomento, per cui la nostra storia ormai discende da un regno d'oro a uno di ferro e ruggine, come fu per i Romani quel giorno. » (Cassio Dione, 72, 36.3-4.) Giova ricordare che Cassio Dione oltrecchè storico era anche un influente membro della classe senatoriale.
Tra i primi atti di Commodo vi fu, oltre alla divinizzazione del padre, la costruzione della grande colonna celebrativa delle vittorie del padre sulle genti barbariche del Nord.
Commodo aveva la passione - come la madre Faustina e lo zio e cognato Lucio Vero (co-imperatore di Marco Aurelio) - per i combattimenti gladiatori e quelli contro le bestie, al punto da scendere egli stesso nell'arena vestito da gladiatore, come l'Ercole romano. Questo comportamento era considerato scandaloso dai romani: la morale comune poneva i gladiatori nei ranghi più bassi della scala sociale. Ereditò, pare, tale passione dalla madre: una leggenda priva di fondamento voleva, del resto, che non fosse figlio di Marco Aurelio ma di un gladiatore.
L'instabilità di Commodo non si limitava a questo "hobby". Nel 190, una parte della città di Roma fu distrutta da un incendio, e Commodo colse l'opportunità per "rifondarla", chiamandola in suo onore Colonia Commodiana (come forse avrebbe voluto fare Nerone nel 64). Anche i mesi del calendario furono rinominati in suo onore, e perfino al Senato cambiò il nome in Senato della Fortuna Commodiana, mentre l'esercito divenne Esercito commodiano e così pure la flotta Classis Commodiana. Questi atteggiamenti da monarca erano considerati gravemente offensivi dal senato.
Cominciò il suo regno con un trattato di pace sfavorevole concordato con le tribù dei marcomanni, quadi e buri (tribù dei germani), che erano state in guerra contro Marco Aurelio. Più tardi egli stesso intraprese guerre contro i germani, riportando spesso parziali vittorie, per le quali inoltre pretendeva onori dal Senato. A differenza di quanto riportano alcuni storici, Commodo non era però un cattivo stratega come poteva apparire.
Nel 182, un gruppo di membri della famiglia imperiale riuniti intorno alla sorella Annia Aurelia Galeria Lucilla - la figlia del primo matrimonio, un nipote (figlio dell'altra sorella, Annia Cornificia Faustina Minore), il proprio cugino paterno, l'ex console Marco Numidio Quadrato e la sorella di quest'ultimo Numidia Cornificia Faustina - pianificò l'assassinio di Commodo immaginando di vedere Lucilla e suo marito come nuovi governanti di Roma. Il nipote di Quintiniano irruppe dal suo nascondiglio con un pugnale cercando di colpire Commodo. Gli disse "Qui c'è il pugnale che ti spedisce il Senato" svelando la sua intenzione prima ancora di agire. Le guardie furono più veloci di lui, fu sopraffatto e disarmato senza riuscire nemmeno a ferire l'imperatore.
Commodo ordinò la sua condanna a morte e quella di Marco Numidio Quadrato; Lucilla, sua figlia e Numidia Cornificia Faustina furono esiliate nell'isola di Capri. Un anno dopo Commodo spedì un centurione a Capri per uccidere le tre donne. Altri complotti coinvolsero di nuovo il secondo marito di Lucilla, Tiberio Claudio Pompeiano, che scampò alla repressione auto-esiliandosi. L'altra sorella che risiedeva a Roma, Fadilla, fu invece molto vicina a Commodo, e lo sostenne col marito, in qualità di consigliere.
Nel 192 Commodo divorziò da Bruzia Crispina, facendola esiliare, per adulterio. Di fronte al crescente malcontento per gli eccessi di Commodo, il prefetto del Pretorio Quinto Emilio Leto ed il cubicularius Ecletto organizzarono una congiura con numerosi senatori. Venne coinvolta la concubina Marcia, favorita di Commodo di probabile fede cristiana (aveva spinto Commodo a interrompere le persecuzioni e a graziare papa Vittore I), e la convinsero, approfittando della sua prossimità al principe, ad avvelenarlo.
L'attentato venne messo in atto il 31 dicembre 192, vigilia dell'insediamento dei nuovi consoli, durante un banchetto. L'Imperatore, però, credendo di sentirsi appesantito dal lauto pasto chiese ai domestici di aiutarlo a vomitare, salvandosi così inconsapevolmente. A quel punto, avendo mancato il bersaglio e temendo di poter essere scoperti, i congiurati si rivolsero al maestro dei gladiatori Narcisso, istruttore personale dell'Imperatore, il quale, spinto dalla promessa di una ricca ricompensa, strangolò quella sera stessa Commodo nel bagno.
Il giorno successivo, 1º gennaio 193, dopo un brevissimo interregno, i congiurati sparsero la voce dell'improvvisa e provvidenziale morte dell'Imperatore per un colpo apoplettico e di come quel fortuito evento avesse evitato appena in tempo il piano di Commodo per assassinare i consoli designati, Quinto Pompeio Sosio Falcone e Gaio Giulio Erucio Claro Vibiano, per poi recarsi in Senato, accompagnato da un gladiatore e vestito egli stesso in abiti da arena, per essere assieme a questi acclamato console per l'ottava volta.
Leto ed Ecletto si recarono quindi dal Praefectus Urbi Publio Elvio Pertinace, generale e console in carica e collega dell'imperatore defunto, offrendogli la porpora imperiale. Questi, temendo dapprima per la propria vita, si convinse ad accettare solo quando, condotto al Palatino, vide il corpo di Commodo privo di vita. A Roma, la notizia della morte del Principe spinse il Senato ed il popolo a chiedere che il cadavere fosse trascinato con un uncino e precipitato nel Tevere, così come voleva un'antica usanza per i nemici della Patria.
« Che il ricordo dell'assassino e del gladiatore sia cancellato del tutto. Lasciate che le statue dell'assassino e del gladiatore siano rovesciate. Lasciate che la memoria dell'osceno gladiatore sia completamente cancellata. Gettate il gladiatore nell'ossario. Ascolta o Cesare: lascia che l'omicida sia trascinato con un gancio, alla maniera dei nostri padri, lascia che l'assassino del Senato sia trascinato con il gancio. Più feroce di Domiziano, più turpe di Nerone. Ciò che ha fatto agli altri, sia fatto a lui stesso. Sia da salvare invece il ricordo di chi è senza colpa. Si ripristinino gli onori degli innocenti, vi prego. » (Historia Augusta, Commodo, 19.1.)
Pertinace diede tuttavia incarico affinché Commodo fosse segretamente sepolto nel mausoleo di Adriano. Avutane notizia, il Senato dichiarò allora Commodo hostis publicus e ne decretò la damnatio memoriae: venne ripristinato il nome corretto delle istituzioni, mentre le statue e gli altri monumenti eretti dall'Imperatore defunto venivano abbattuti. Appena due anni dopo tuttavia, nel 195, l'imperatore Settimio Severo, cercando di legittimare il proprio potere ricollegandosi alla dinastia di Marco Aurelio e in aperta contrapposizione con il Senato, riabilitò la memoria di Commodo, ordinando che ne fosse decretata l'apoteosi. Commodo passò quindi dall'essere un nemico dello Stato alla condizione di divus, con un apposito flamine preposto al proprio culto.
Secondo alcuni storici, Commodo era ben proporzionato ed attraente, con capelli biondi e ricci. Portava la barba e gli occhi erano leggermente sporgenti. Come Nerone e Caligola era considerato folle e come Domiziano e Tiberio era considerato crudele. Pareva strano che fosse figlio dell'imperatore filosofo Marco Aurelio e così fu messa in giro la voce che fosse il figlio naturale di un gladiatore. Finché il padre fu in vita Commodo si comportò in maniera normale. Tuttavia bisogna ricordare che le fonti erano tutte ostili. Da imperatore si paragonava a Ercole, scendendo nell'arena contro individui non allenati o zoppi, o uccidendo moltissimi struzzi e animali poco pericolosi, ma in alcuni casi anche elefanti. Tuttavia, anche i detrattori gli riconoscono una certa destrezza nel combattimento corpo a corpo e nel tiro con l'arco. Per molti era semplicemente affascinato, come già Caligola e successivamente Eliogabalo, dalla figura ellenistica e orientale del sovrano divino (venerava il culto orientale di Mitra, nonché quelli egiziani di Iside e Anubi) e, comunque, era inadatto al governo di Roma. Per altri aveva invece un vero squilibrio mentale e caratteriale, con comportamenti che oggi definiremmo sociopatici, cioè privi di rispetto per le regole sociali e i sentimenti altrui sebbene non fosse pazzo. Cassio Dione lo descrisse come cresciuto in un clima stoico e austero, e divenuto quindi un ribelle appena poté avere il potere, benché non fosse di indole malvagia, traviato ben presto dai suoi amici a causa della sua debolezza di carattere. Conoscendo l'onestà e la moralità di Marco Aurelio sembra molto improbabile che possa aver lasciato l'onere dell'impero a una persona con disturbi mentali.

Eugenio Caruso - 6 aprile 2018

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