Gordiano I, II e III e la crisi del terzo secolo

I GRANDI PERSONAGGI STORICI


Ritengo che ripercorrere le vite dei maggiori personaggi della storia del pianeta, analizzando le loro virtù e i loro difetti, le loro vittorie e le loro sconfitte, i loro obiettivi, il rapporto con i più stretti collaboratori, la loro autorevolezza o empatia, possa essere un buon viatico per un imprenditore come per una qualsiasi persona.

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Gordiano I, II e III

Marco Antonio Gordiano Semproniano Romano Africano, meglio noto come Gordiano I (159 circa – 12 aprile 238), è stato imperatore romano per poche settimane nel marzo/aprile del 238, assieme al figlio Gordiano II.
Poco si conosce delle origini familiari e dei primi anni di vita di Gordiano. Ci sono pochi riferimenti alla sua famiglia, che apparteneva all'ordine equestre ed era molto ricca; pare fosse imparentato con senatori di un certo rilievo. Secondo la Historia Augusta sua madre era una donna romana di nome Ulpia Gordiana, suo padre un senatore romano di nome Mecio Marullo; gli storici hanno però scartato questa attribuzione. I suoi praenomen e nomen, Marcus Antonius, suggeriscono che i suoi antenati ricevettero la cittadinanza romana sotto il triumviro Marco Antonio durante la tarda Repubblica romana; il nome Gordianus suggerisce invece un'origine anatolica, in Frigia, Galazia o Cappadocia, in quanto lì si trovava la città di Gordio. Il nome Sempronianus potrebbe essere il collegamento con la madre o con la nonna; nella città di Ankara (l'antica Ancira) è stata trovata un'iscrizione funebre che nomina una Sempronia Romana.
Sempre secondo la Historia Augusta, la moglie di Gordiano sarebbe stata Fabia Orestilla, che l'autore vorrebbe discendente di Antonino Pio e Marco Aurelio attraverso il padre, Fulvio Antonino. Gli storici ritengono invece che la moglie di Gordiano fosse la nipote di Erode Attico; da lei Gordiano ebbe almeno due figli, Marco Antonio Gordiano (Gordiano II) ed Antonia Gordiana, la madre di Gordiano III.
La carriera politica di Gordiano I iniziò relativamente tardi e con ogni probabilità i suoi anni giovanili furono spesi negli studi di retorica e letteratura. Come militare, Gordiano comandò la Legio IIII Scythica quando questa era di guarnigione nella provincia di Siria. Ricoprì la carica di governatore in Britannia nel 216 e fu console suffetto sotto Eliogabalo. Il fatto che il suo nome sia stato cancellato da alcune iscrizioni in Britannia suggerisce che sia caduto in qualche modo in disgrazia.
Mentre egli guadagnava una grande popolarità con i magnifici giochi e spettacoli che produceva come edile, la sua prudente moglie si preoccupava di placare i sospetti di Caracalla, in cui onore egli stesso scrisse un lungo poema epico intitolato Gli Antoniniani.
Gordiano certamente curò la sua salute e le relazioni politiche durante i caotici tempi della dinastia dei Severi, il che suggerisce il suo poco amore per gli intrighi. Durante il regno di Alessandro Severo a Gordiano (che aveva già circa 80 anni) fu affidato il difficile ruolo di proconsole in Africa. Durante il suo proconsolato Massimino Trace uccise nella Germania meridionale l'imperatore Alessandro Severo e salì al trono. Ascesa e caduta[modifica | modifica wikitesto] Massimino era divenuto impopolare come imperatore, a causa del crescente malcontento generale dovuto ad un governo sempre più oppressivo, che era culminato con la ribellione in Africa del marzo del 238. Gordiano, spinto dal clamore popolare, assunse la porpora controvoglia sotto la minaccia delle armi, ed il cognomen Africano, il 22 marzo. In considerazione della sua età avanzata, insistette che gli venisse associato suo figlio, Marco Antonio Gordiano (Gordiano II). Pochi giorni più tardi Gordiano entrò a Cartagine con il preponderante appoggio della popolazione e dei leader politici locali.
« Gordiano entrò [in Cartagine] insieme alla sua scorta, con i soldati che lo accompagnavano (formati da una coorte urbana), compresi i giovani più alti, quasi fossero sue guardie del corpo di Roma. I fasces erano decorati con alloro (il simbolo che differenzia l'Imperatore romano da un comune cittadino romano), oltre a fiaccole in testa alla processione, tanto che la città di Cartagine sembrava una replica di Roma e della sua immagine di prosperità. »
(Erodiano, Storia dell'impero dopo Marco Aurelio, VII, 6.2.)
Poi Gordiano si affrettò ad inviare numerosi messaggi tramite ambasciatori (uno dei quali sembra fosse il futuro imperatore Valeriano), a tutti coloro che egli considerava fra i più facoltosi cittadini di Roma, tra cui alcuni senatori amici o parenti, oltre allo stesso Senato e Popolo di Roma. Promise, quindi, grande clemenza per coloro che avessero collaborato. Ai soldati (guardia pretoriana e legio II Parthica), invece, promise un donativum, come mai prima di allora era stato distribuito, oltre a una distribuzione di denaro per il popolo di Roma. Prese poi le giuste precauzioni contro il prefetto del pretorio, Vitaliano, poiché sapeva che era fedele a Massimino il Trace. Inviò, pertanto, il suo questore, persona fidata, a portare questi importanti messaggi segreti. Giunto a Roma con una delegazione, si presentò allo stesso Vitaliano, il quale, colto alla spovvista, fu ucciso da uomini legati ai due usurpatori; molti amici di Massimino furono messi a morte, come pure il praefectus urbi Sabino fu ucciso dalla folla in una sommossa; e la rivolta sembrò aver successo. Questa fu invece la lettera che Gordiano inviò al Senato di Roma, per ottenerne il favore:
« Contro la mia volontà, o senatori, i giovani a cui fu affidata l'Africa, mi hanno acclamato Imperator. Ma per rispetto a voi, sono disposto ad assumere questo importante compito volentieri. Spetta però a voi prendere una giusta decisione. Io sarò quindi incerto e dubbioso fino a quando il Senato non avrà deliberato in tal senso. »
(Historia Augusta - I due Massimini, 16.2.)
Il Senato confermò Gordiano nuovo imperatore insieme al figlio, e al nipote Gordiano III fu promessa la pretura, il consolato ed il titolo di Cesare, mentre Massimino ed il figlio furono proclamati "nemici pubblici", e la maggior parte delle province si schierarono con Gordiano I, tranne poche città ancora fedeli a Massimino. Ecco come si espresse il Senato, secondo la Historia Augusta:
« Il Senato ed il Popolo romano, grazie ai principi Gordiani, avendo deciso di liberarsi da quella belva ferocissima [di Massimino], augurano ai proconsoli, governatori, legati, generali tribuni, magistrati, singole città, municipi, fortezze, villaggi, castelli quella prosperità che ora stanno cominciando a godere. Grazie al favore degli dei, abbiamo avuto quale imperatore il proconsolare Gordiano, uomo integerrimo e senatore di grandi principi morali, a cui abbiamo conferito il titolo di Augusto, non solo a lui ma anche al figlio, nobile e giovane Gordiano, a ulteriore protezione della Repubblica. Ora a voi sta dare il vostro assenso alla lotta per la salvezza della Repubblica, per impedire ogni scelleratezza e difenderla da quella belva e dai suoi amici, ovunque essi siano. Noi abbiamo dichiarato Massimino e suo figlio nemici pubblici (hostis). »
(Historia Augusta - I due Massimini, 15.6-9.)
L'opposizione venne dalla confinante provincia di Numidia e dal suo governatore, Capeliano, il quale era rimasto fedele a Massimino il Trace. Quest'ultimo, infatti, invase poco dopo la provincia di Africa con adeguate e ben addestrate forze militari, tra cui la Legio III Augusta, e si diresse su Cartagine. Gordiano II fu sconfitto e ucciso nella battaglia di Cartagine: in seguito alla morte del figlio, Gordiano I si suicidò, impiccandosi con una cintura. Avevano regnato per soli venti giorni.
Gordiano I deve la sua buona reputazione al suo carattere amichevole. Si dice che sia lui che il figlio avessero raggiunto una buona fama come letterati, pubblicando alcuni voluminosi lavori. Tuttavia essi non furono altrettanto validi come uomini di governo né ebbero la necessaria mano ferma. Avendo sostenuto la causa di Gordiano, il Senato fu costretto a continuare la lotta contro Massimino, e nominò Pupieno e Balbino coimperatori. Tuttavia per la fine del 238, l'unico imperatore riconosciuto fu Gordiano III, figlio di Antonia Gordiana.

Gordiano III

Marco Antonio Gordiano Pio, meglio noto come Gordiano III ( Roma, 20 gennaio 225 – Circesium, 11 febbraio 244), è stato imperatore romano dal 238 alla sua morte, avvenuta durante una campagna militare in Oriente contro i Sasanidi. A causa della sua giovane età (salì al trono a tredici anni e regnò fino a diciannove), il governo dell'impero fu nelle mani di reggenti appartenenti all'aristocrazia senatoriale, che si dimostrarono capaci; Gordiano funse da simbolo dell'unità dell'impero, riscuotendo il sostegno del popolo. La storiografia ne dipinge quindi un ritratto estremamente positivo, forse anche in opposizione al suo successore Filippo l'Arabo.
Nel frattempo, Massimino era in procinto di marciare su Roma e il senato elesse co-imperatori Pupieno e Balbino. Questi senatori non erano personaggi popolari e la popolazione di Roma, ancora scioccata dalla fine dei due Gordiano, pretese che il figlio tredicenne di Antonia Gordiana prendesse il nome del nonno, Marco Antonio Gordiano e che fosse nominato Cesare.
Pupieno e Balbino sconfissero Massimino Trace principalmente grazie alla diserzione di alcune legioni, in particolare della Legio II Parthica, che assassinò Massimino. Il regno di Pupieno e Balbino fu minato fin dall'inizio da ribellioni popolari, dal malcontento nelle legioni e anche da un enorme incendio che divorò Roma nel giugno del 238. Il 29 luglio Pupieno e Balbino furono uccisi dai pretoriani e Gordiano, giovanissimo, fu proclamato imperatore, riconosciuto anche dal Senato. In suo onore furono organizzati gare sceniche e ginniche.
Pupieno e Balbino furono colpiti dalla damnatio memoriae; le famiglie senatorie che erano state al potere sotto la dinastia dei Severi mantennero i propri posti e detennero il potere effettivo, controllando il giovanissimo imperatore. Nel 240 Gordiano dovette subire l'usurpazione del proconsole Sabiniano in Africa: a differenza della rivolta di Gordiano I e Gordiano II, Sabiniano non ebbe il sostegno delle altre province, e la sua rivolta fu sedata rapidamente con la consegna dell'usurpatore.
Tra la fine del 240 e l'inizio del 241 l'imperatore nominò Gaio Fulvio Sabinio Aquila Timesiteo prefetto del pretorio, sposandone la figlia Furia Sabina Tranquillina nell'estate 241. Gordiano pensava così di poter rimediare nel governo del suo Impero alla sua giovane età con un personaggio tanto autorevole e di grande spessore culturale. Timesiteo, infatti, che aveva già dimostrato le proprie capacità nelle amministrazioni di diverse province, era uno dei più colti personaggi del tempo, che il Senato onorò con il titolo di protettore della Repubblica. Come capo dei pretoriani e suocero dell'imperatore, Timesiteo rapidamente divenne di fatto il vero arbitro dell'impero romano.
Nel III secolo, le frontiere romane erano sottoposte alla pressione delle tribù germaniche lungo il Reno ed il Danubio. I sasanidi, che erano succeduti alla dinastia arsacide dei Parti, aumentarono i loro attacchi lungo il confine dell'Eufrate, avendo come obiettivo la riconquista della Mesopotamia settentrionale. Nel 241 il sovrano sasanide Sapore I, succeduto al padre Ardashir I, invase la regione, conquistando Hatra (oltre che le città di Nisibis e Carre, se queste non erano già state strappate ai Romani dal padre di Sapore, Ardashir I, durante gli ultimi mesi di regno di Massimino). Il giovane imperatore fece aprire, per l'ultima volta della storia, le porte del tempio di Giano e nel 242, dopo aver mobilitato l'esercito, marciò personalmente verso oriente, con il comando effettivo della campagna affidato a Timesiteo e all'altro prefetto del pretorio, Gaio Giulio Prisco. Alla spedizione partecipò anche il filosofo Plotino.
I Romani sconfissero ripetutamente i Persiani, strappando loro Carre e Nisibis e sconfiggendoli nella battaglia di Resena. Gordiano stava progettando la campagna del 244, con la quale avrebbe dovuto attraversare l'Eufrate e invadere il territorio nemico, quando Timesiteo morì di malattia, indebolendo notevolmente la fiducia del principe.
Senza Timesiteo la campagna militare e la sicurezza stessa dell'imperatore furono a rischio. Il prefetto Prisco convinse Gordiano a nominare suo fratello Marco Giulio Filippo (meglio noto come Filippo l'Arabo) nuovo prefetto del pretorio, in sostituzione di Timesiteo. Durante l'autunno e all'inizio dell'inverno le truppe romane avanzarono lungo l'Eufrate.
Le fonti persiane riportano che, all'inizio del 244, i persiani e i romani si scontrarono nella battaglia di Mesiche (l'odierna Falluja), conclusasi con una pesante sconfitta dei romani: Sapore I cambiò il nome della città in Peroz-Shapur ("Sapore vittorioso") e celebrò la vittoria con un'iscrizione a Naqsh-i-Rustam in cui affermava di aver ucciso Gordiano. Le fonti romane, invece, non menzionano la battaglia e suggeriscono che Gordiano sia morto a Circesium, a oltre 300 km a nord di Peroz-Shapur, ma non riportano la causa della morte dell'imperatore, anche se il prefetto del pretorio, Filippo, che gli succedette sul trono, fu spesso descritto come il mandante del suo assassinio. Secondo Zosimo, Filippo appena assunse la carica di prefetto del pretorio, fu preso dall'ambizione di occupare il potere imperiale e fomentò lo scontento dei soldati, inclini alla rivolta. Si racconta che, quando vide che gli approvvigionamenti dell'esercito erano sufficienti, mentre l'Imperatore si trovava con le armate tra Carre e Nisibis, ordinò alle navi che portavano i rifornimenti ai soldati lungo l'Eufrate, di avanzare all'interno, affinché l'esercito oppresso dalla fame e dalla mancanza di viveri si ribellasse. Il piano di Filippo riuscì. I soldati, infatti, circondarono Gordiano e lo uccisero, come unico responsabile della loro rovina. Si dice che Gordiano, sperando di salvarsi, si fosse dichiarato disposto a rinunciare al trono ma inutilmente. Altre fonti ricordano che l'esercito romano in ritirata costruì un cenotafio a Gordiano sulla riva dell'Eufrate, a Zaitha.
La possibilità che Gordiano sia morto in conseguenza della battaglia di Mesiche è poco considerata dagli storici. La campagna di Gordiano in Oriente fu infatti presentata come una vittoria; in effetti, i sasanidi non conquistarono altre città, oltre ad Hatra, e Sapore non intraprese ulteriori iniziative militari per i successivi otto anni. La giovane età ed il buon carattere, insieme alla morte di suo nonno, dello zio e la sua tragedia personale per mano di un altro usurpatore, accattivarono a Gordiano III il favore popolare e del Senato romano. Malgrado l'opposizione del nuovo imperatore, egli fu divinizzato dopo la sua morte per compiacere il popolo ed evitare ribellioni.

Eugenio Caruso - 23 aprile 2018

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