Puskin, antesignano dei grandi romanzieri russi


«Bambini affamati, vittime torturate dai loro oppressori, anziani indifesi considerati un odioso fardello dai loro figli; e tutta la solitudine, la povertà, e il dolore, si facevano beffa di ciò che la vita umana avrebbe dovuto essere. Desidero fortemente alleviare i mali del mondo, ma non posso farlo, e ne soffro.» (Autobiografia di Bertrand Russell)

Versi tratti dalla poesia "Orologio da rote" di Neruda

GRANDI PERSONAGGI STORICI Ritengo che ripercorrere le vite dei maggiori personaggi della storia del pianeta, analizzando le loro virtù e i loro difetti, le loro vittorie e le loro sconfitte, i loro obiettivi, il rapporto con i più stretti collaboratori, la loro autorevolezza o empatia, possa essere un buon viatico per un imprenditore come per una qualsiasi persona. In questa sottosezione figurano i grandi poeti e letterati che ci hanno donato momenti di grande felicità ed emozioni. Io associo a questi grandi personaggi una nuova stella che nasce nell'universo.

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«La nostra memoria serba sin dall'infanzia un nome allegro: Puškin. Questo nome, questo suono, riempie molti giorni della nostra vita. Accanto ai cupi nomi degli imperatori, dei condottieri, di inventori di armi per uccidere, di torturatori e di martiri, si affaccia un nome, Puškin. [Egli] seppe portare con allegria e gentilezza il suo fardello, sebbene il suo ruolo di poeta non fosse né facile né allegro, ma tragico.» (Aleksandr Blok, citato in Jurij M. Lotman, Puškin. Vita di Aleksandr Sergeevic Puškin, Ledizioni, Milano, 2012, p. 226.)

Aleksandr Sergeevic Puškin; Mosca, 6 giugno 1799, 26 maggio del calendario giuliano – San Pietroburgo, 10 febbraio 1837, 29 gennaio del calendario giuliano) è stato un poeta, saggista, scrittore e drammaturgo russo.

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Aleksandr Puškin, ritratto del 1827 di Vasilij Andreevic Tropinin


In filologia egli è considerato il fondatore della lingua letteraria russa contemporanea e le sue opere, tra le migliori manifestazioni del romanticismo russo, hanno ispirato numerosi scrittori, compositori e artisti; dette opere costituiscono tuttora tra le più importanti espressioni della letteratura russa, in quanto nonostante i quasi due secoli passati dalla loro creazione, ci presentano una lingua tuttora viva e attuale. L'Istituto Puškin, che si prefigge la diffusione della lingua russa nel mondo, prende il nome dal letterato.
Il padre, Sergej L'vovic Puškin (1767-1848), era un maggiore in congedo, appartenente a un'antichissima famiglia aristocratica russa, mentre la madre, Nadežda Osipovna Gannibalova (1775-1836), era la figlia di Osip Abramovic Gannibal (un gentiluomo, a sua volta figlio del maggior generale russo di origine africana Abram Petrovic Gannibal - a cui Puškin dedicherà l'incompiuto romanzo storico Il negro di Pietro il Grande - e della di lui seconda consorte Christina Regina Siöberg, una dama appartenente a una nobile famiglia di origini scandinave e tedesche), e di Marija Alekseevna Puškina, una nobildonna imparentata con lo stesso Sergej L'vovic (ciò faceva dei lontani parenti i genitori del poeta)

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La madre Nadežda Osipovna


Il poeta venne alla luce in casa Skorcov - dove i Puškin, ridotti in ristrettezze economiche, vivevano in affitto -, sulla Molcanovka, all'attuale numero 10 di via Bauman. Il padre era un uomo dedito alla mondanità e molto avaro; Pëtr Andreevic Vjazemskij, amico di Aleksandr, ne avrebbe tracciato una descrizione corredata da un aneddoto: «Egli era avaro sia con se stesso che con i familiari. Un giorno, durante il pranzo, suo figlio Lev ruppe un bicchiere. Il padre avvampò e per tutto il pranzo continuò a brontolare. "Ma come si può prendersela tanto per un bicchiere che costerà venti copeche", disse Lev. "La prego di scusarmi, signore, non venti, ma trentacinque copeche!"». Molto mondana era anche la madre, una donna «dispotica e capricciosa».
Nonostante i rapporti con i genitori fossero piuttosto freddi, il secondogenito Puškin andrà sempre orgoglioso della sua nobiltà "vecchia di 600 anni" e del suo sangue in parte africano. Non venne educato dai genitori, come s'è detto assidui frequentatori di salotti mondani, bensì dalla nonna materna, dallo zio materno Vasilij, che apparteneva a un circolo letterario d'avanguardia chiamato Arzamas, e dalla balia Arina Rodionovna, il cui nome fu reso celebre dalle liriche che l'autore compose nell'ultimo periodo della sua vita.
L'infanzia, trascorsa a Mosca, lo vide immerso in un ambiente assai stimolante dal punto di vista culturale. Puškin fu messo fin da piccolo a contatto con una realtà in cui si discorreva di letteratura, ed ebbe modo di conoscere, tra gli intellettuali che frequentavano la sua casa, Nikolaj Karamzin, pioniere di un rinnovamento linguistico e letterario della letteratura russa. La sua educazione, come quella dei fratelli, fu tuttavia alquanto disordinata; prima dell'ingresso al Liceo imperiale di Carskoe Selo, Puškin imparò ad apprezzare la lingua e la letteratura francese, avvalendosi della biblioteca paterna. Il poeta non parlerà mai del periodo precedente al liceo, né negli scritti autobiografici né in quelli letterari. Fu « un uomo senza infanzia »: i suoi ricordi più antichi faranno sempre capo a Carskoe Selo, vera culla della sua formazione umana e spirituale.
Lettore accanito, formò la sua prima cultura nella ricca biblioteca paterna, sui classici di Boileau, Racine, Molière, Parny, Chénier, Rousseau, Montesquieu, Voltaire. Nel 1811 Puškin entrò al Liceo imperiale di Carskoe Selo, che diventerà la sua seconda casa: qui conobbe il futuro poeta Del'vig, i futuri decabristi I. I. Pušcin e V. K. Kjuchel'beker, oltre a collaborare alla rivista della scuola, "Vestnik" (Notiziario), con primissime poesie in francese. È in questo periodo, infatti, che cominciò a scrivere versi. Nel 1814 alcune sue poesie comparvero sul "Vestnik Evropy" (Messaggero d'Europa), e prima ancora di lasciare il liceo egli venne invitato a far parte della celebre società letteraria dell'Arzamas, dove si patrocinava la nuova letteratura di Karamzin e dove fu in grado di gareggiare con poeti già molto affermati come Žukovskij e Batjuškov. Nello stesso periodo conobbe Caadaev. In una sua opera raccontò l'incontro risalente agli anni liceali col poeta Deržavin, presidente di commissione all'esame finale. Puškin scrive di quanto fosse emozionato nel declamare dinanzi all'anziano poeta una propria poesia. Successivamente viene riportato che Deržavin rimase molto colpito dal giovane Puškin, il quale, però, colto dall'emozione scappò via prima di poter ricevere i complimenti.

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Natal'ja Goncarova, moglie di Puškin


Dopo aver completato i suoi studi, senza tuttavia eccellervi, nel 1817, Puškin diventò funzionario del Ministero degli Esteri, anche se di fatto non risulta che abbia mai svolto alcun lavoro ministeriale. A San Pietroburgo, dove risiedeva in quegli anni, condusse una vita all'insegna del piacere, primo fra tutti quello per le donne. In questo periodo frequentò Pavel Aleksandrovic Katenin e Aleksandr Sergeevic Griboedov. Ai salotti alternava tuttavia la partecipazione a società letterarie politiche progressiste, come l'Arzamas e la Lampada verde tanto che la poesia ispirò i lavori poetici di quel periodo (La libertà, La campagna, Nöel) facendolo cadere in sospetto di attività sovversive tanto che fu confinato da un provvedimento di polizia nella Russia meridionale.
Alcuni epigrammi rivoluzionari avevano infatti cominciato a circolare tra i salotti nobili ancor prima della pubblicazione di quest'opera, ed erano giunti a conoscenza dello stesso zar Alessandro I, che lo obbligò a lasciare la città, e ad assumere un incarico governativo nella sperduta e lontana Ekaterinoslav. Lavorò nel frattempo a un poema epico romantico in sei canti Ruslan e Ljudmila, edito nel 1822, a cura degli amici che erano rimasti nella capitale, che gli valse il rispetto e gli onori della nuova generazione di letterati e le antipatie della vecchia che vedevano nell'opera un'involuzione e un meticciamento della letteratura russa.
Puškin trasse vantaggio dal confino viaggiando al seguito del generale V. F. Raevskij, nominato suo custode, e visitando la Crimea, il Caucaso e la Bessarabia spingendosi, libero sulla parola data al generale con cui nel frattempo aveva stretto un forte legame di amicizia, fino a Kamenka e Chi?inau, in Moldavia, dove il 4 maggio del 1821 fu iniziato alla Massoneria nella loggia "Ovidio", che faceva parte della Gran Loggia Astraea, messa al bando l'anno successivo dallo zar Alessandro I. Sarà poi segretario della loggia "I cercatori della Manna", fondata a Mosca da Sergueï Stepanovitch Lanskoï nel 1817. Essendo l'odierna capitale moldava situata ai margini dell'Impero russo, questa non godeva di una buona reputazione nei primi decenni dopo la sua conquista, venendo considerata un campo di trasferimento punitivo per detenuti e ribelli. Per questo motivo Puškin, giunto in loco dal 1820 al 1823 in veste di traduttore, scrisse della città[:

«Oh Kišinev, oh città oscura! […] Maledetta di Kišinev, la lingua non si stanca mai di insultarti!»

A Kamenka frequentò Pavel Ivanovic Pestel', capo della società segreta Associazione del Sud. Durante i due anni di confino scrisse Il prigioniero del Caucaso e una serie di liriche e poemetti in stile byroniano oltre ai primi tre canti dell'Evgenij Onegin.
L'esilio
Nel 1823 venne trasferito a Odessa alle dipendenze del principe Voroncov, governatore generale della Nuova Russia. Odessa era allora un grande centro commerciale e una città cosmopolita per la presenza di stranieri, in particolare greci, ed era un ambiente piuttosto stimolante per uno scrittore (tra l'altro qui inizia il poema Gli zingari, pubblicato poi nel 1827). Si profilarono peraltro dissapori con Voroncòv il quale, volendo vendicarsi della corte di Puškin verso la moglie Elisabetta, forse coronata da successo stanti le bellissime liriche che l'autore russo le ha dedicato, lo denunciò per attività sovversiva alla polizia. Come prova produsse una lettera, sottratta dallo stesso Voroncòv, in cui Puškin scriveva a un suo interlocutore di Pietroburgo con frasi giudicate atee. La polizia lo spedì quindi in esilio presso Pskov, nella tenuta materna di Michajlovskoe, dove rimase, senza la possibilità di allontanarsene, fino al 1826. In quell'anno infatti lo zar Nicola I, dopo aver represso il movimento decabrista, decise di annullare il provvedimento di confino avvisandolo tuttavia, in un'udienza privata, che da quel momento sarebbe stato il suo unico censore, salvo venir meno a quanto promesso quando la polizia intercettò una lettera mandata da Puškin ai decabristi in Siberia e riprese a controllarlo.
Intanto nel 1825 finì il poema drammatico Boris Godunov (rappresentato solo nel 1831) e il racconto in versi Il conte Nulin, oltre a diverse poesie.
Il ritorno a Pietroburgo
Tornato a San Pietroburgo, l'autore visse il momento più prolifico della sua esistenza di scrittore, coronato nel 1831 con il matrimonio con la bellissima Natal'ja Nikolaevna Goncarova. La coppia ebbe quattro figli:
Marija Aleksandrovna (19 maggio 1832 - 7 marzo 1919);
Aleksandr Aleksandrovic (6 luglio 1833 - 19 luglio 1914);
Grigorij Aleksandrovic (14 maggio 1835 - 5 luglio 1905);
Natal'ja Aleksandrovna (23 maggio 1836 - 10 marzo 1913).
Nello stesso anno Puškin incontra Gogol', e con lui instaura un forte rapporto di amicizia e reciproca stima, tanto che, quando nel 1836 avvia una sua rivista, pubblica al suo interno alcuni dei racconti più belli e famosi di Gogol'. Intanto Puškin e sua moglie cominciarono a frequentare la società di corte e gli eventi mondani. Ne derivò un periodo di grandi problemi finanziari e umiliazioni per lo scrittore, soprattutto a causa della moglie e dei suoi numerosi ammiratori, tra i quali lo zar stesso.
Nel 1833 uscì in volume Evgenij Onegin (con un capitolo censurato) e pubblicò La dama di picche, nel 1835 l'antologia Poemi e racconti (che non contiene ancora La figlia del capitano né le ultime poesie).
Il duello e la morte
Nel 1837, a seguito d'una lettera anonima che insinuava l'infedeltà della moglie, dopo aver insultato il barone van Heeckeren, ambasciatore del Regno dei Paesi Bassi e padre adottivo del presunto amante di lei - il barone francese Georges d'Anthès, dal 1836, anno in cui fu adottato dal barone, Georges de Heeckeren, marito della sorella di Natal'ja, Ekaterina - Puškin fu sfidato a duello. Fissato per le quattro del pomeriggio dell'8 febbraio 1837, il duello si svolse alla Cërnaja Recka a Pietroburgo, dove oggi si trova l'omonima fermata della metropolitana e dove una statua del poeta ricorda l'evento. Il barone Georges d'Anthès ferì mortalmente al petto Puškin che morì due giorni dopo la sfida, ad appena 37 anni per complicanze settiche della ferita all'addome. Leggende narrano che d'Anthès si salvò grazie ad un bottone che parò il colpo del poeta.

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Georges d'Anthès che uccise Puskin con un duello alla pistola


Puskin mostrò pentimento e conseguentemente ebbe funerali religiosi. Dato che il governo temeva rivolte e dimostrazioni popolari, il funerale fu celebrato nella massima semplicità e il corpo di Puškin fu trasportato segretamente nella notte per essere sepolto nella proprietà di famiglia. Curiosamente, Puškin aveva più volte ritratto nei suoi racconti delle morti da duello, in particolare nel romanzo Eugenio Onegin e nel racconto Il colpo di pistola de Le novelle del compianto Ivan Petrovic Belkin.
Stile e importanza dell'opera letteraria
Autore assai prolifico, nonostante la breve vita, Aleksandr Puškin fu poeta universale, e nella sua produzione - che passò da un'iniziale fase romantica a una successiva di più accentuato realismo - accolse motivi e forme provenienti da diverse fonti della letteratura classica o contemporanea, russa o straniera, usufruendone soltanto come elementi in grado, fra gli altri, di aiutare l'indagine della realtà nella sua essenza più profonda e nei suoi aspetti più differenti. Contemporaneo del grande Romanticismo europeo, egli ne fu influenzato soprattutto esteriormente, restando in realtà fedele a un'impronta essenzialmente illuministica e settecentesca (fu, ad esempio, un fervente ammiratore di Voltaire). Il complesso della sua opera, pur nella grandissima varietà, possiede una leggerezza che si potrebbe quasi definire mozartiana. L'arte fu per lui un mezzo magnifico tanto di conoscenza come di rappresentazione sia dell'animo individuale sia della collettiva spiritualità di un popolo; adatta pertanto a cogliere i moti della coscienza e a scoprire con intuitiva comprensione il processo storico o a delinearne il paesaggio naturale. Egli seppe anche creare, nella poesia come nella prosa - entrambe esemplari nella loro perfezione costruttiva - un linguaggio equilibratissimo di cristallina purezza e semplicità, che divenne uno strumento fondamentale di rinnovamento per la letteratura russa. Cominciando ad approfondire lo studio dell'uomo in generale e dell'uomo russo in particolare, egli pose inoltre quelle basi che permisero poi agli scrittori di tutto l'Ottocento di pervenire, seguendo le sue tracce, a un livello artistico di dimensione mondiale.

Le opere

Poemi

  • Ruslan e Ljudmila (1820), messo in musica tra il 1837 e il 1842 da Michail Glinka 
  • Gavriiliada o Il Gabrieliad (1821, attribuzione incerta)
  • Poemi meridionali:
    • Il prigioniero del Caucaso (1820-1821), messo in musica negli anni 1857-58 da Cesar Cui  
    • La fontana di Bachčysaraj (1822), adattato come opera lirica (da Alexander Ilyinsky nel 1911) e come balletto (da Boris Asafyev nel 1934)
    • I fratelli masnadieri (1821)
  • Evgenij Onegin (1823-1831), messo in musica nel 1879 da Pëtr Il'ič Čajkovskij
  • Il cavaliere di bronzo (1833, pubblicato nel 1841)

Racconti in versi

  • Gli zingari (1824)
  • Il conte Nulin (1825)
  • Poltava (1828)
  • Tazit (pubblicato nel 1837)
  • La casetta a Kolomna (1830)
  • Andželo (1833)

Fiabe in versi

  • Zar Nikita e le sue quaranta figlie (1822)
  • Il fidanzato (1825)
  • Fiaba del pope e del suo bracciante (1830)
  • La fiaba dello zar Saltan (1831)
  • Fiaba del pescatore e del pesciolino (1833)
  • Fiaba del galletto d'oro (1834)

Narrativa in prosa

  • Il negro di Pietro il Grande (1828, incompiuto), trad. italiana di Irina Wassilcikoff e Gino Tomaioli, Documento Libraio Editore in Roma, 1944.
  • Le novelle del compianto Ivan Petrovič Belkin (5 racconti scritti a Bòldino nell'autunno del 1830):
  • Dubrovskij (risalente al 1832-33, uscito nel 1841)
  • La dama di picche (1834), messo in musica nel 1890 da Pëtr Il'ič Čajkovskij 
  • Kirdžali (1834)
  • La figlia del capitano (1836), messo in musica da Cesar Cui i che tra il 1907 e il 1909 scrisse il libretto e la partitura
  • La solitaria casetta sull'isola di Vasilij, trad. italiana a cura di Alberta Brambatti e Mili Romano, Sellerio ed. 1983

Teatro

  • Boris Godunov (1825, pubblicato nel 1831), musicato da  Modest Petrovič Musorgskij
  • Piccole tragedie (1830, microdrammi in versi)
    • Mozart e Salieri, messo in musica nel 1898 da Nikolaj Rimskij-Korsakov 
    • Il banchetto durante la peste, messo in musica nel 1900 da César Cui 
    • Il cavaliere avaro, messo in musica nel 1906 da Sergej Rachmaninov  
    • Il convitato di pietra, messo in musica nel 1869 da Aleksandr Dargomyžskij 

Saggi

  • Storia della rivolta di Pugacev  (1834)
  • Viaggio ad Arzrum durante la campagna del 1829 (1836)
  • Prose critiche e articoli:
    • Le mie osservazioni sul teatro russo (1820, ma uscito postumo nel 1895)
    • Sulla prosa (1822, ma uscito nel 1884)
    • Sulle cause che hanno rallentato il cammino della nostra letteratura (abbozzo del 1824, pubblicato nel 1874)
    • Sulla poesia classica e romantica (1825)
    • Sulla tragedia (1924-25, ma 1916)
    • Dell'elemento nazional-popolare in letteratura (uscito nel 1855)
    • Abbozzo di un'introduzione al "Boris Godunov" (1829-30, pubblicato nel 1855)
    • Sul dramma popolare e sul dramma "Marfa Posadnica" 
    • Su Salieri (1832, ma uscito nel 1855)
    • Sul viaggio da Mosca a Pietroburgo (1833-34, censurato)
    • Sull'inconsistenza della letteratura russa (1834, ma 1855)
    • Byron (1835, incompiuto)
    • Voltaire (1836, uscito su "Sovremennik")
    • John Tenner (1836)
    • Le veglie alla fattoria di Dikan'ka (sul testo di Gogol ')
    • Il naso (segnalazioni sulla stessa rivista dei racconti di Gogol')
    • Su "I doveri degli uomini" di Silvio Pellico (articolo sulla stessa rivista)

EUGENIO ONEGIN

Trama
Eugenio Onegin è il nome del personaggio principale della storia: è un giovane dandy ozioso, già disilluso dalla vita e che sembra aver già provato tutto quello che gli era possibile, provando una certa noia esistenziale, si ritira in campagna e diventa amico di un giovane poeta, Vladimir Lenskij. Questi è innamorato di Olga, con cui si è appena fidanzato. La sorella di Olga, Tatiana, si innamora a prima vista di Onegin. Ardendo di questo amore, ella gli scrive una lettera infiammata, ma Onegin la respinge. Qualche tempo dopo, Lenskij insiste perché il suo amico assista al ballo in occasione dell'onomastico di Tatiana. Onegin, scontento e annoiato, decide di vendicarsi provando a sedurre Olga che sta al gioco, con grande dispiacere di Lenskij che, sentendosi tradito, chiede riparazione con un duello. Il duello con le pistole si svolge il giorno dopo all'alba. Il destino vuole che Onegin uccida il suo amico, trovandosi così costretto a lasciare la città.
Alcuni anni dopo Onegin incontra per caso un suo cugino principe e generale, che lo invita a un ricevimento. A esso ritrova Tatiana, che nel frattempo ha sposato il principe. Ella è cambiata e la sua bellezza provoca molti rimpianti a Onegin, che si rende conto dell'errore commesso tempo prima quando la rifiutò. Le confessa il suo amore, ma è troppo tardi: Tatiana preferisce restare fedele a suo marito, anche se il suo amore per Onegin è ancora vivo.
Struttura
Eugenio Onegin è un romanzo in versi, costituito da otto capitoli, più i "Frammenti dal viaggio di Oneghin" che Puškin pubblicò a parte con una nota esplicativa, più dei frammenti di un decimo capitolo decifrati solo nel 1910. Il romanzo è composto da 389 stanze, ciascuna delle quali è costituita da quattordici tetrametri giambici, ossia versi di otto sillabe quando terminano in parola tronca (o "rima maschile") o di nove sillabe quando terminano in parola piana (o "rima femminile"), con l'inusuale schema di rima "AbAbCCddEffEgg" dove le lettere maiuscole rappresentano le rime femminili e le lettere minuscole le rime maschili. Le sole eccezioni a questo schema si hanno alla fine del terzo capitolo, nel cosiddetto «canto delle fanciulle», dove le stanze sono costituite da diciotto versi trocaici di sei sillabe.
Critica
Eugenio Onegin venne apprezzato solo verso la metà del XIX secolo, molti anni dopo la morte dell'autore e ha costituito il modello del grande romanzo realistico russo, quale per esempio Anna Karenina. In questo poema sono rintracciabili i sentimenti, gli stati d'animo, i pensieri e gli atteggiamenti di Puškin di fronte agli eventi della vita. La sua composizione durò quasi otto anni ed il critico Belinskij scrisse che questa è l'opera più intima del poeta essendo qui presenti il suo amore, i suoi sentimenti e i suoi ideali; Belinskij definì l'Onegin «una enciclopedia della vita russa», e il protagonista il primo degli «uomini superflui» (come verrà definito in seguito da Dobroljubov). Il critico formalista russo Viktor Šklovskij evidenzia come la struttura del romanzo di Puškin sia un esempio di costruzione "ad anello" o "a nodo":

«La descrizione di un amore felice e corrisposto non crea un romanzo, o anche se lo crea, ciò è soltanto perché la si percepisce sullo sfondo tradizionale delle descrizioni di un amore ostacolato. Il romanzo ha bisogno di un amore ostacolato. Per esempio, A ama B, B non ama A; quando B si è innamorato di A, A non ama più B. Secondo questo schema sono costruitii rapporti di Evgenij Onegin e Tat'jana, dove le ragioni delle loro reciproche attrazioni asincroniche vengono date in una complessa motivazione psicologica.» (Viktor Šklovskij, «La struttura della novella e del romanzo». In: Teoria della prosa; traduzione di Cesare De Michelis e Renzo Oliva, Torino: Einaudi, 1976, p. 74).

Grazie alla mia passione per la letteratura russa e grazie all'omonimia nel nome ho letto più volte questo romanzo restandone sempre affascinato.

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I. E. Repin - Il duello tra Eugenio Onegin e Lenskij.

BORIS GODUNOV

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Illustrazione dal Boris Godunov (Boris Zvorykin, 1925)

Storia
Con il dramma Boris Godunov l'intento di Puškin fu quello di dare alla letteratura russa un dramma nazionale, per liberarla dal dominio dello pseudoclassicismo. La realizzazione di questo intento richiedeva due elementi fondamentali: una nuova forma e un contenuto storicamente nazionale. Puškin risolse il problema della forma ispirandosi ai drammi storici di Shakespeare, oltre che alle antiche Cronache; il problema del contenuto fu risolto dalla lettura della Storia dello Stato russo di Karamzin, i cui primi otto volumi erano stati pubblicati nel 1818. Scriverà lo stesso Puškin: «Lo studio di Shakespeare, di Karamzin e delle nostre antiche Cronache mi ha dato l'idea di rivestire di forme drammatiche una delle epoche più drammatiche della storia moderna. Shakespeare l'ho imitato nella libera e larga pittura dei caratteri, nella straordinaria costruzione dei tipi e nella semplicità; Karamzin l'ho seguito nel chiaro sviluppo degli avvenimenti; nelle Cronache infine mi sono sforzato di indovinare la forma dei pensieri e la lingua dell'epoca» (Aleksandr Sergeevic Puškin, Polnoe sobranie socinenij v desjati tomach, Moskva-Leningrad, 1949, VII: 164; citato in L.Magarotto, 2015, p. 150).
Se la struttura formale del dramma teatrale ricalca la fisionomia e la forma delle tragedie shakespeariane, invece il soggetto dell'opera deriva dalla Storia dello Stato russo scritta da Karamzin, mentre per i contenuti l'autore si è ispirato alla vecchie Cronache russe per i costumi e la lingua parlata dell'epoca descritta.
Il soggetto riguarda Boris Godunov che regnò come Zar dal 1598 al 1605 nel periodo definito "epoca dei torbidi", regno contestato dalla ipotesi di un'usurpazione del potere da parte di Godunov ai danni del vero erede al trono. Questo pretesto innesca la campagna polacca contro la Russia, che si conclude con l'ascesa della dinastia dei Romanov. Lo scrittore aggiunse all'intreccio principale la storia d'amore del falso Dimitri e della polacca Marina. Il dramma consiste di 25 scene composte nello stile del Blank verse e porta in scena 63 personaggi. Di indubbio significato sia il tono spirituale-morale che governa le gesta sia la voce e l'anima del popolo, elementi di derivazione romantica.
Neppure negli anni seguenti il Boris Godunov ricevette una prima rappresentazione nella sua forma originale. Modest Petrovic Musorgskij basò la sua famosa opera dal dramma rielaborando la struttura narrativa in base alle esigenze melodrammatiche, e durante gli anni trenta Vsevolod Meyerhold tentò di dirigerne una rappresentazione teatrale con musiche composte da Sergei Prokofiev ma abbandonò presto la produzione a causa di pressioni politiche, e tale soggetto rimase abbandonato per lungo tempo. La prima rappresentazione mondiale del dramma originale privo di censure è avvenuta il 12 aprile 2007 negli Stati Uniti d'America all'Università di Princeton nella traduzione integrale in lingua inglese. Questa produzione era basata sul progetto di Meyerhold e sulle musiche di Prokofiev, con ulteriori musiche aggiunte composte da Peter Westergaard. Da segnalare la versione televisiva del 1966 curata da Gerardo Guerrieri, con la regia di Giuliana Berlinguer e interpretata da alcuni dei migliori attori dell'epoca: Tino Carraro (Boris Godunov), Gino La Monica (Fëdor), Ludovica Modugno (Kseniâ), Turi Ferro (Pimen), Luigi Vannucchi (Otrep’ev), Bruno Cirino (Misail), Mario Feliciani (Principe Šujskij) e Andrea Checchi (Puškin).
Struttura
Boris Godunov non è diviso in atti, ma in tre parti principali (il prologo, il nucleo e l'epilogo), divise in scene. Il Prologo riguarda gli avvenimenti del 1598, si sofferma soprattutto alla proclamazione di Boris Godunov a zar, e rivela l'atteggiamento dei boiardi e del popolo di fronte a essa.
Il Nucleo comprende gli avvenimenti del 1603, cioè la fuga di Grigorij Otrep’ev dal monastero, l'apogeo del potere di Boris, del quale tuttavia fa intuire l'inizio della successiva e graduale caduta, e rivela l'atteggiamento dei boiardi e del popolo di fronte alla persona di Boris; si sofferma inoltre sulla vita di Boris in mezzo alla famiglia, la comparsa del falso Dmitrij in Polonia e il suo amore per Maria Mniszek.
L'Epilogo comprende gli avvenimenti del 1604: la lotta col falso Dmitrij e la morte di Godunov.

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14 settembre 2023 - Eugenio Caruso

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