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Francesco Cirio e le conserve alimentari

INVENTORI E GRANDI IMPRENDITORI

In questa sottosezione illustrerò la vita di quei capitani d'industria e/o inventori che hanno sostanzialmente contribuito al progresso industriale del mondo occidentale con particolare riguardo dell'Italia.

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cirio 1

Francesco Cirio

Nizza Monferrato (AT), 25 dicembre 1836 - Roma, 9 gennaio 1900
Di estrazione modestissima, trascorre l’infanzia nel paese di Fontanile, vicino a Nizza Monferrato, dove il padre, già fallito come mediatore di granaglie, esercita una piccola rivendita di generi alimentari. La condizione familiare gli impedisce di intraprendere un corso di studi e lo costringe a lavorare fin dalla prima adolescenza: è sterratore ad Alessandria, garzone di pastificio a Torino, manovale a Genova. All’inizio del 1850 si stabilisce a Torino e intraprende il commercio ambulante degli ortaggi, in proprio e per conto di alcuni grossisti, lavorando contemporaneamente come scaricatore allo scalo ferroviario.
Attirato dalle possibilità di collocamento dei prodotti orticoli sui mercati francesi, nel 1855-56 viaggia tra l’Italia e la Francia, avventurandosi nel traffico di esportazione di vari generi alimentari. Alla fine del 1856 impianta una modestissima attività di conservazione dei piselli in un locale preso in affitto in via Borgo Dora a Torino. L’esito di questo esperimento, uno dei più antichi nella storia dell’industria conserviera italiana, lo stimola ad aumentare la produzione in ambienti più adatti, nello stesso quartiere, e ad aprire un negozio per smerciare le sue conserve, oltre a frutta e verdura fresche.
Al principio degli anni Sessanta, ormai affermato nel mondo commerciale e industriale della città, vede premiati i suoi prodotti nella prima (1864) e nella seconda (1865) delle mostre organizzate a Torino dalla Società promotrice di esportazioni agrarie. Nel 1867, all’Esposizione universale di Parigi, conquista la prima di una serie di onorificenze straniere, una medaglia per un procedimento di salatura della carne da lui inventato. La produzione di conserve, ancora limitata nel 1868 a cinquanta quintali di piselli e a poche decine di chili di tartufi neri, è già quadruplicata l’anno seguente, quando Cirio estende la gamma delle conserve anche ai pomodori e ai funghi, e continua a crescere: più di 1.000 quintali nel 1871 e 4.400 nel 1876, quando comincia a comprendere asparagi, carciofi, pesce e pere, e arriva a 10.000 quintali nel 1880.
In realtà, più che all’impresa conserviera, in questi anni Cirio dedica il suo impegno all’esportazione delle derrate alimentari fresche. Dopo i primi tentativi, talvolta disastrosi, a causa della lunghezza del viaggio e degli intralci doganali, ottiene dalla Società delle ferrovie dell’Alta Italia facilitazioni di tariffa e di velocità indispensabili per merci voluminose e deperibili: il suo commercio – interno, dal Sud al Nord del Paese, e soprattutto quello estero – comincia allora a svilupparsi con ritmo accelerato: nel 1871 spedisce 60 vagoni, di cui 53 fuori di Italia, nel 1873 arriva a spedirne 409, di cui 325 all’estero, nel 1875 partono 641 vagoni di merci Cirio, di cui 580 diretti all’estero, per la maggior parte in Austria, Germania, Ungheria, Russia, con un carico complessivo di 49.571 quintali.
Nel 1880, dopo il rinnovo della convenzione con le Ferrovie Alta Italia e la conclusione di accordi analoghi con altre società ferroviarie italiane e straniere, il volume delle spedizioni raggiunge i 4.500 vagoni di merci: Cirio infittisce intanto la sua rete di succursali – alle più antiche di Napoli, Vienna, Monaco di Baviera, Praga, si aggiungono all’inizio del 1877 quelle di Verona, Pescara, Berlino, Varsavia, Pietroburgo, Charenton, e tra il 1879 e 1880 quelle di Bologna, Firenze, Reggio Calabria, Milano, Roma, Venezia, Amsterdam, Bruxelles, Francoforte sul Meno, Londra, Parigi, Zurigo – e allarga il suo commercio alle uova e ai latticini.
Nel novembre del 1875 aggrega un gruppo di produttori agricoli nella costituzione della Società in nome collettivo Esportazione uova di Verona, alla quale apporta non solo una cospicua quota di capitale ma, soprattutto, i suoi privilegi ferroviari; il successo di questa iniziativa è replicato da Cirio con una simile combinazione societaria fra produttori caseari del Lodigiano e del Cremonese con la fondazione, all’inizio del 1879, della ditta Polenghi Lombardo Cirio e C., di Codogno, per l’esportazione di burro e formaggi.
Infaticabile nei suoi spostamenti attraverso l’Italia e l’Europa, pronto nell’intuire le esigenze del mercato e nell’assumere decisioni conseguenti, Cirio, nonostante la modestissima formazione culturale, governa alla fine degli anni Settanta un’iniziativa imprenditoriale di dimensione europea, una delle pochissime nell’Italia dell’Ottocento. Per incrementare la propria notorietà internazionale, persegue una tenace politica di presenza nelle mostre agricole e industriali in tutta Europa, collezionando riconoscimenti particolarmente lusinghieri all’Esposizione universale di Parigi del 1878.
La sua clamorosa ascesa – arriva a fare uscire dal Paese un numero di vagoni superiore a quello messo insieme da tutti gli altri spedizionieri – suscita l’ostilità dei concorrenti, che lo accusano di sfruttare slealmente i vantaggi derivanti dalle convenzioni ferroviarie: nelle sedute della Commissione parlamentare d’inchiesta sull’esercizio delle ferrovie italiane, nel 1878-79, il monopolio di Cirio appare così minaccioso che depongono contro di lui molti operatori attivi nel settore, esportatori, rappresentanti, esponenti di Camere di commercio, sostenuti da una vivace polemica giornalistica.
Nella sua deposizione, Cirio rivendica alle proprie capacità di imprenditore il successo della sua attività, sostenendo che il suo ruolo non è riducibile a quello di uno spedizioniere, sia pure operante su vasta scala, perché non si limita a far viaggiare merci altrui, ma vanta la "rivoluzione agricola" da lui promossa nel Paese per adeguare la produzione ai livelli crescenti del poderoso flusso commerciale cui ha dato origine. L’incidenza dell’attività di Cirio sulle campagne italiane viene peraltro registrata da diversi osservatori competenti: oltre a orientare gli agricoltori verso precise direzioni produttive compatibili con le richieste dei mercati europei, a rifornirli di semi, a garantirli finanziariamente vincolandosi in anticipo all’acquisto dei raccolti, Cirio tenta anche, in proprio, grandiose imprese agrarie – senza successo - nel Grossetano e a Poliporo (Matera).
Attento alle innovazioni tecniche, l’imprenditore punta a introdurre anche in Italia i vagoni frigoriferi che cominciano a circolare in Europa, inducendo il Ministro dei Lavori Pubblici a presentare un progetto di legge che ne autorizza la sperimentazione sulle linee ferroviarie nazionali e che viene approvato dalle Camere nel maggio 1879. Lo stesso Cirio avvia la produzione dei vagoni e chiede alle amministrazioni ferroviarie la sola trazione. Il suo parco di vetture speciali si arricchisce presto di carri predisposti per il trasporto di pollame e di carri-serbatoio destinati al trasporto dei vini; tutelato da attestati di privativa industriale, diviene così imponente che, per gestirlo, costituisce nel 1884 a Torino la società Vagoni Cirio e C. insieme alla Unione banche piemontese e subalpina.
Nel decennio Ottanta l’imprenditore piemontese moltiplica le iniziative e le compartecipazioni in altre imprese, a rischio di disperdere energie e capitali: prende in affitto la tenuta del Pantano Borghese (Roma) per trasformarla in orto modello, si cimenta nella esportazione di vini e olii in Giappone, impianta uno stabilimento orticolo vicino Torino, utilizza le acque termali di Acqui per la coltura forzata di frutta e ortaggi, acquista l’azienda enologica di Stradella della Società anonima deposito vini, cui era interessato come azionista Agostino Depretis, e la rende una delle più moderne del tempo, si procura interessenze nella ostricoltura del Mar Piccolo di Taranto, nell’industria della enocianina di Conegliano (Treviso) e in quella dei concimi artificiali di Brembio (oggi in provincia di Lodi).
Il volume dei suoi traffici di esportazione è tale che nell’ottobre 1884 assume l’obbligo contrattuale di spedire 3.000 vagoni annui solo in Germania, Belgio, Olanda e Inghilterra e sigla convenzioni ferroviarie con le amministrazioni ferroviarie dei diversi Paesi europei.
L’estensione e la varietà di questi affari, ormai difficilmente collocabili nella dimensione individuale delle imprese da lui dirette – la ditta F. Cirio e la ditta F. Cirio e C. – lo inducono ad accordarsi con alcune banche per fondare, il 1° gennaio 1885, la Società anonima di esportazione agricola Cirio, con sede a Torino. Il capitale sociale di cinque milioni di lire viene sottoscritto quasi per la metà dallo stesso Cirio – nominato direttore generale per dieci anni –, mentre tra i soci maggiori figurano la Banca subalpina e di Milano, la Banca di Torino, la Banca generale, la Banca napoletana.
Le molteplici attività già avviate da Cirio si complicano nella Società di esportazione con nuove iniziative, la più notevole delle quali è l’avvio della coltivazione a torbiera di terreni a Codigoro e Mezzogoro, nel Ferrarese. Inizia inoltre l’importazione in Sicilia di buoi da macello, la lavorazione di sardine e tonno in Portogallo, lo scambio di pietre delle Alpi e pozzolana tra Torino e Roma, dove apre una fornace per la fabbricazione dei laterizi.
Dopo i primi due esercizi soddisfacenti (1885-87), i problemi emersi nella conduzione di un complesso di iniziative così eterogenee, in cui rischiava di perdersi il disegno integrato iniziale, suscitano contrasti tra i soci e Cirio, al quale non vengono riconosciute attitudini amministrative pari allo spirito di intrapresa.
Nel 1888, l’assemblea degli azionisti delibera la retrocessione di Cirio a direttore tecnico e la riduzione del capitale sociale. Indebitata con diverse banche, la società attraversa una grave crisi nell’estate del 1889 ed evita il fallimento grazie all’intervento del Presidente del Consiglio Crispi, personalmente sollecitato da Cirio. Mentre l’amministrazione dell’Esportazione agricola si preoccupa di pagare i creditori e di riassestare l’azienda, restringendo rigorosamente l’azione sociale e sopprimendo succursali e interessenze, Cirio si disimpegna dalla società per volgersi ad altre iniziative: a partire dal 1891 è impegnato nel progetto di recupero delle terre incolte da assegnare a cooperative o colonie penali per la coltivazione, cercando di coinvolgere in un vasto progetto di cooperazione agricola il Governo; nel 1893, dopo l’arresto dell’ultima iniziativa, Cirio riassume la carica di direttore tecnico della Esportazione agricola, società rianimata dai finanziamenti del Credito mobiliare; in seguito al crollo dell’istituto di credito, Cirio si stacca definitivamente dalla società a cui aveva dato il suo nome e questa, ripiombata nelle angustie finanziarie, sopravvive stentatamente fino all’agosto 1898, quando cambia denominazione in La Codigoro, Società anonima agricola industriale, con sede a Ferrara.
Dal 1894 al 1897 Cirio si dedica al progetto di coltivazione sperimentale del tabacco a Battaglia (Padova), in concorso con lo Stato, ma i risultati, dapprima incoraggianti, sono alla fine giudicati negativamente dall’Azienda dei tabacchi. Negli stessi anni e con lo stesso esito negativo avvia la coltivazione del tabacco anche a Castiglione (Lecce), sempre per conto delle manifatture statali. Continua intanto l’impegno per la bonifica delle terre incolte, chiedendo al Governo l’autorizzazione a impiegare alcune centinaia di detenuti nel risanamento di parte dell’Agro romano: il suo piano prevede che i prodotti agricoli coltivati nei terreni bonificati, insieme con altri del Mezzogiorno, vengano esportati in Inghilterra da una grande società di navigazione che egli intende fondare e per la quale invoca esenzioni fiscali e doganali.
Neanche questo piano ambizioso ha effetto, ma alla fine dell’aprile 1896 Cirio ottiene in enfiteusi perpetua dal Comune di Terracina 5.000 ettari di terreni improduttivi presso San Felice Circeo, dove inizia a realizzare la nuova colonia agricola. Questo progetto viene salutato, con eccessivo ottimismo, come l’avvio alla soluzione del problema emigratorio italiano e ha risonanza anche all’estero. Costituita, alla fine del 1897 a Roma, la Società anonima per la colonizzazione dei terreni incolti in Italia, Cirio inizia l’opera di bonifica: nel corso del 1898 sistema dodici poderi di dodici ettari ciascuno, condotti a mezzadria e coltivati in gran parte a vigneto e per il resto a cereali, a patate e a prati, interrotti da alberi fruttiferi e gelsi. Nel 1899 organizza altri dodici poderi, ma non fa in tempo a estendere la colonia: muore a Roma il 9 gennaio 1900.
Il 27 gennaio 1900 viene costituita, con il concorso dei fratelli di Cirio, Pietro e Clemente, la Società generale delle conserve alimentari Cirio, con sede a San Giovanni a Teduccio (Napoli).

La Cirio diventa un simbolo. Impiega 10mila persone in tutta la Camoania assieme all'indotto, nel periodo estivo in 3 mila sono occupati solo a Napoli Est, tra San Giovanni e Vigliena. Poi arrivano gli anni Settanta, la crisi del modello industriale, le battaglie dei sindacati, un duro colpo per l'azienda. Venduta alla Sme nel 1972, la famiglia si sfila dalla società e la Cirio sopravvive al Sud pochi anni ancora. Chiudono i tanti stabilimenti nella Regione, le 4 tenute agricole. Nell'orbita dell'IRI allora gestita da Romano Prodi fu oggetto, direttamente o indirettamente in fase di privatizzazione di operazioni delle quali la magistratura ebbe modo di occuparsi sia per quello che si riferisce alla vicenda SME, sia a quella Lamiranda, sia infine a quella Federconsorzi. In particolare dopo una discussa aggiudicazione a una catena di cooperative guidata da Lamiranda, passò al gruppo Cragnotti in una complessa operazione finanziaria in cui l'imprenditore romano Sergio Cragnotti ha acquistato Fedital dal concordato preventivo Federconsorzi. Lo stesso Cragnotti acquista la Cirio per 400 miliardi di Lire. La Procura della Repubblica di Perugia formulò una accusa di concorso di bancarotta impropria e durante tale inchiesta emerse che i marchi del settore "latte" erano stati acquisiti con valutazione 0 lire, mentre in sede di conferimento alla Cirio erano stati valutati per decine di miliardi di lire. Il Giudice dell'Udienza Preliminare di Perugia ha tuttavia prosciolto Sergio Cragnotti. Il 2 marzo 2011 la Procura della Repubblica di Roma ha richiesto per il crac Cirio 15 anni di reclusione per Sergio Cragnotti e 8 per Cesare Geronzi. Ugualmente molto controverso è il successivo passaggio del settore latte della Cirio alla Parmalat. Secondo la Pubblica accusa il prezzo pagato dalla Parmalat era eccessivo e l'operazione, sempre secondo il P.M., era finalizzato a permettere il rientro dell'esposizione delle banche. Nel novembre 2002 una rata di prestito non fu onorata. Questo, però, determinò, in base alla clausola di insolvenza incrociata la caduta in sofferenza di tutte le obbligazioni del gruppo e così in breve l'insolvenza divenne generalizzata. La crisi interessò un gran numero di risparmiatori, perché si venne a scoprire che le obbligazioni, emesse solo per investitori finanziari, erano state collocate sul mercato secondario presso la clientela privata. La procedura dell'amministrazione straordinaria permise, però, in tempi relativamente brevi, di separare la parte produttiva dal marasma delle altre posizioni e di permettere una ripresa dal punto di vista industriale. Il settore industriale è stato conferito a Conserve Italia. Conserve Italia rappresenta una delle maggiori aziende agroindustriali operanti in Europa. Una realtà tutta italiana aderente alla Confcooperative (Confederazione Cooperative Italiane), che in trent’anni di storia ha assunto una dimensione internazionale, caratterizzata dal controllo di diverse società presenti in Francia, Gran Bretagna, Spagna e Germania, e che si è collocata ai vertici dell’industria conserviera per fatturato, volume di materie prime lavorate e qualità dei prodotti. Il successo di Conserve Italia e la sua presenza sui mercati – con succhi e nettari di frutta, frutta allo sciroppo, derivati del pomodoro, conserve di ortaggi e specialità alimentari - nascono da una strategia commerciale profondamente legate alla realtà agricola italiana. Conserve Italia raggruppa 48 cooperative di primo grado con 14.000 produttori agricoli associati, che annualmente producono oltre 600.000 tonnellate di frutta e ortaggi destinati alla trasformazione e alla vendita con la garanzia di marche che sono sinonimo della migliore tradizione ortofrutticola. Il fatturato del Gruppo raggiunge nell'esercizio 2015/16 i 903 milioni di Euro.
Risorse bibliografiche
Manca una biografia scientificamente attendibile su Cirio. Si segnalano: G. Ubezzi, Francesco Cirio: note biografiche, Nizza Monferrato, Quaderni dell’Erca, 2000 (ristampa anastatica dell’edizione: Torino, Tipografia Roux e Viarengo, 1905), N. D. Basile, All’origine del “made in Italy”: i primi 150 anni della Cirio, s. l., Cirio, 2006. Per un quadro generale della storia dell’industria alimentare in Italia, cfr. AA.VV, Storia d’Italia. Annali 13. L’alimentazione, Torino, Einaudi, 1988, in particolare i saggi di G. Pedrocco, La conservazione del cibo: dal sale all’industria agro-alimentare e di F. Chiapparino, Tra polverizzazione e concentrazione. L’industria alimentare dall'Unità al periodo tra le due guerre.

impresa.san.beniculturali.it - Eugenio Caruso - 17 aprile 2017

 

 

Tratto da

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www.impresaoggi.com