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Tamerlano e il suo immenso impero.


GRANDI PERSONAGGI STORICI - Ritengo che ripercorrere le vite dei maggiori personaggi della storia del pianeta, analizzando le loro virtù e i loro difetti, le loro vittorie e le loro sconfitte, i loro obiettivi, il rapporto con i più stretti collaboratori, la loro autorevolezza o empatia, possa essere un buon viatico per un imprenditore come per una qualsiasi persona. Gli imperatori romani figurano in un'altra sezione.

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Tamerlano
Timur Barlas conosciuto in Europa come Tamerlano (it.), o Tamerlane (fr., eng.); Kesh, 1336 circa – Otrar, 19 gennaio 1405) è stato il condottiero turco-mongolo, che tra il 1370 e il 1405 conquistò larga parte dell'Asia centrale e occidentale, fondando l'Impero timuride. Nacque nel villaggio di Haji Hgar dipendente dalla cittàdi Kesh, oggi Shahr-i-Sabz, cioè la citta verde, a un centinaio di chilimetri a Sud di Samarcanda; fu dunque nella Transoxiana che Tamerlano mosse i primi passi, in una terra che risentiva ancora delle devastanti conquiste mongole.
È considerato uno dei più celebri conquistatori e strateghi della storia. Da lui discesero l'astronomo e scienziato Ulug Bek e l'imperatore Babur ("il Leone"), fondatore della dinastia Mogul nel subcontinente indiano.
Figlio del capo della tribù turco-mongola dei Barlas, stanziatasi nel Khanato Chagatai in seguito all'invasione mongola del secolo precedente, si considerava un discendente della stirpe di Gengis Khan (come sta scritto sulla sua tomba a Samarcanda) e aspirava a riedificarne l'impero. Giudicato un genio dell'arte militare, aveva la capacità di tenere in pugno un esercito sterminato, composto da cavalieri nomadi provenienti dai quattro angoli dell'Asia (turco-mongoli chagatay, mongoli, tartari, turcomanni, persiani e persino, infine, indiani con i loro elefanti) e di condurli di vittoria in vittoria in alcune delle più grandi battaglie del medioevo. Aveva anche inventato gli Scacchi Tamerlani.

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Samarcanda- Registan Square, il cuore dell'antica città, ricostruita nel 2014

Tamerlano fu un implacabile distruttore di eserciti nemici e delle città che gli si opponevano, al pari del suo predecessore Gengis Khan, ma diversamente da questi fu anche protettore di letterati, uomini di scienza e artisti e costruttore di splendidi edifici (come a Samarcanda e a Kesh). Tamerlano segnò al tempo stesso il culmine e il declino delle grandi invasioni dei cavalieri nomadi in Asia e in Europa. Molto abile nello sfruttare le divisioni degli avversari, costruì il suo impero sulle vittorie militari e su una doppia legittimazione. Come "erede" della legittimazione di Gengis Khan, dopo avere riunificato sotto il suo dominio i Khanati gengiskhanidi dell'Asia centrale (Chagatai) e della Persia (Ilkhan), distrusse anche la potenza della cosiddetta Orda d'Oro, che non si riprese mai più, rendendo così possibile la nascita del principato di Moscovia e l'indipendenza di quello di Kiev, dai quali si formerà la Russia moderna. Tamerlano si considerava anche un ghazi, ovvero un "Combattente per la Fede", e con questa legittimazione si scontrò con i khanati mongoli, ancora legati allo sciamanesimo, e con i sultanati indiani, strappando anche ai cristiani Smirne, il Regno di Georgia e i possedimenti genovesi nel Mar Nero. Alla fine della sua vita, l'impero di Tamerlano aveva un'estensione immensa, dalla Moscovia e dall'Ucraina fino alle attuali Turchia e Siria a occidente, e a oriente fino ai confini della Cina, comprendendo tutta l'Asia centrale, la Persia e l'India. Personalmente non assunse mai altro titolo se non quello di emiro (comandante), o Grande Emiro, come per ribadire costantemente il fatto che governava soltanto in nome della legittima dinastia dei Khan mongoli, discendenti diretti di Gengis Khan. Assunse peraltro anche il titolo di Khaghan, cioè "Genero imperiale", dopo il matrimonio con la principessa Bibi Khanum, discendente diretta di Gengis Khan.
L'impero timuride che creò aveva al suo centro le odierne nazioni del Turkestan asiatico (gli odierni Uzbekistan, Kazakistan, Turkmenistan, Kirghizistan), includendo l'Afghanistan, l'Iran, e il Caucaso. Sottomise il Khanato dell'Orda d'Oro (1395), il Sultanato di Delhi nel 1398 (India Tughlaq), il Sultanato mamelucco (Iraq e Siria) (1400) e l'Anatolia ottomana, arrivando sulle sponde del Mediterraneo e a sconfiggere a Smirne i cavalieri di Rodi (1402-1403), anche se queste ultime conquiste rimasero in mano ai suoi discendenti (Timuridi) solo per pochi anni, tornando agli antichi detentori subito dopo la morte di Tamerlano nel 1405.
Mentre fra le genti turco-mongole dell'Asia centrale Tamerlano ha lasciato una memoria eroica, come quelle di Alessandro Magno o di Giulio Cesare per gli europei, i biografi contemporanei di Tamerlano si dividono fra coloro che lo descrissero come il restauratore della pax mongolica e persino un precursore del Rinascimento umanistico che avrà luogo in Occidente (in genere si tratta degli autori persiani e degli occidentali), e, all'opposto, coloro che ne sottolinearono le modeste origini e la ferocia verso i nemici e gli abitanti delle città conquistate. In questo caso si tratta in genere degli autori arabi indignati per la distruzione delle città "sante" per la fede sunnita di Baghdad, Damasco e Aleppo. Secondo il principale biografo malevolo Ibn ?Arabshah (che fu deportato ancora bambino a Samarcanda assieme ai genitori dagli uomini di Tamerlano dopo la distruzione di Damasco) ad esempio, la sua zoppia sarebbe derivata da una ferita subita in gioventù nella sua vita da nomade durante un furto di bestiame. Certamente si trattò invece di gravi ferite subite più tardi in combattimento, che lo lasciarono invalido della gamba e del braccio destri. Molto controversa è anche la questione se sia stato fin dalla gioventù un uomo colto oppure addirittura un analfabeta. Stando alle fonti storiografiche, Tamerlano poteva agevolmente sostenere una discussione su temi di filosofia, geografia o di storia antica con un erudito del calibro del grande storico Ibn Khaldun. Anche in questo caso il paragone con Alessandro Magno o Giulio Cesare sarebbe più che giustificato.
Per un altro verso le sue vittorie militari e le conquiste lasciarono una scia di stragi e di devastazioni quasi senza precedenti. Da Delhi nella valle del Gange fino a Bursa e Smirne sul Mediterraneo furono a decine le città incendiate e distrutte, come Delhi, Herat, Isfahan, Baghdad, Damasco, Aleppo, Kiev, Astrakhan e Mosca, o addirittura cancellate della carta geografica come Saraj. Le stragi delle popolazioni (stimate da alcuni studi demografici fino a 17 milioni di vittime fra civili e militari, circa il 5% della popolazione mondiale allora esistente) hanno un confronto solo con le precedenti invasioni dei mongoli di Gengis Khan. Di certo Tamerlano aveva una statura imponente, come venne descritto da chi lo incontrò di persona, e come anche si rileva dai suoi resti nella tomba di Samarcanda. Aveva inoltre forza e resistenza fisica eccezionali, al punto di potere sfidare a duello individuale i propri avversari a oltre quarant'anni di età. Le sue capacità di stratega, oltre alla sua abilità di cavaliere e nel tiro con l'arco, gli consentirono - malgrado le gravi ferite subite - di guidare personalmente fino quasi a settant'anni di età i propri eserciti in battaglia.
Origini
Nato nell'antica Kesh, ora Shahrisabz, (la città verde, 50 km circa a sud di Samarcanda), nell'odierno Uzbekistan, secondo alcune fonti il giorno 8 aprile 1336, Tamerlano proveniva dalla tribù di mongoli turchizzati dei Barlas, stanziata in quella regione a seguito della conquista di Gengis Khan. La tribù faceva parte dei Qara?una, i "mezzosangue" cioè nati da padri mongoli e da donne turche o indo-iraniche, per distinguerli dai mongoli "puri" che vivevano nei territori più a oriente. Tamerlano era figlio del capo dell'ulus (tribù) Barlas, chiamato Amir Taraghai, Khan della discendenza di Kajuli Khan (fondatore del clan Barlas), a sua volta della stirpe di Khaidu Khan, progenitore mongolo comune a Gengis Khan. Dai suoi biografi farà tramandare questa genealogia che lo rendeva consanguineo dei discendenti di Gengis Khan, cosa di cui Tamerlano sarà sempre molto fiero. Il padre di Tamerlano, il cui nome significa in mongolo "allodola" (mostrando ancora una onomastica sciamanica), si era convertito alla religione islamica sunnita, che fu poi anche quella di Tamerlano assieme ai membri del suo clan. Della madre le notizie sono meno precise. Certamente era di stirpe mongola come il padre, e forse apparteneva a una famiglia della nobiltà gengiskhanide.<br />
La Transoxiana faceva parte del Khanato di Chagatay, uno dei quattro grandi Khanati in cui si era suddiviso l'impero degli eredi di Gengis Khan: il Gran Khanato in Mongolia e in Cina; l'Orda d'Oro (Kipchak) a occidente nei territori della Russia europea, dell'Ucraina e del Kazakistan (in certi periodi a sua volta divisa in Orda Bianca a oriente e Orda Blu in occidente); l'Ilkhanato nei territori della Persia e della Mesopotamia; il Chagatay nell'Asia centrale. Quest'ultimo, all'inizio del XIV secolo si era a sua volta diviso fra una parte orientale (Moghulistan, comprendente la parte più orientale del Kazakistan e gli odierni Kirghizistan e Sinkiang) e una occidentale, frazionata fra vari Khanati retti da sovrani nominali di discendenza gengiskhanide e da Emiri che governavano in loro nome. Tamerlano riunì gran parte di questa galassia di Stati grandi e piccoli, non mettendo mai in discussione la legittimità formale della sovranità per i discendenti di Gengis Khan, fin verso la fine della sua vita, quando si propose di invadere la Cina e rinunciò a nominare un nuovo Khan gengiskhanide per i suoi domini dell'Asia centrale e occidentale.
Ascesa
Tamerlano iniziò la carriera militare all'età di sedici anni, quando l'emiro Khazgan, di fatto il vero sovrano della Transoxiana, gli affidò il comando di uno squadrone di cavalieri. Dopo la morte di questi e l'anarchia che ne seguì, la regione fu attaccata nel 1360 dal Khan mongolo del Chagatay (Turkestan) orientale, Tughluk Timur, che intendeva estendere il suo dominio dal Moghulistan (altro nome del Chagatay o Turkestan orientale) alla regione occidentale del Turkestan che include la Transoxiana. Mentre la maggior parte dei nobili transoxiani fuggì verso le regioni montuose del Sud Est, Tamerlano decise di restare e ne fu ricompensato dai Khan mongoli divenendone il fiduciario nella Transoxiana.
Dopo la morte di Tughluk Timur nel 1363, Tamerlano in alleanza con Husayn, il figlio dell'emiro Khazgan, si oppose alla pretesa dei Mongoli di continuare a governare sulla Transoxiana. Sconfitto il nuovo Khan Ilyas nel 1365, Tamerlano si liberò anche del suo alleato Husayn. Usciti di scena i mongoli, Tamerlano, mantenendo la sovranità nominale dei Khan gengiskhanidi da lui stesso posti sul trono (Soyurgatmish fino al 1388 e in seguito il figlio di costui, che di fatto svolgerà le funzioni di generale nell'esercito di Tamerlano), grazie a un'abile condotta politica-diplomatica e a brillanti campagne militari, seppe conquistare tutta la Transoxiana, cioè la regione compresa fra i fiumi Amu e Syr Darya, nel 1369. Tamerlano si era dimostrato il più forte di tutti i pretendenti al potere nella regione e un anno dopo assunse il titolo di "Grande" Emiro, a voler sottolineare le pretese di supremazia su tutti gli emiri della Transoxiana. La sua posizione di dominio sulla regione dall'Asia centrale fu consolidata dal matrimonio con la giovane principessa Bibi Khanum (ovvero Saray Malik Katun), appartenente alla discendenza di Gengis Khan. Tamerlano assunse il nome di Timur Gurkani (dove Gurkan è la forma persianizzata dell'originale mongolo küregen [in turco küregen], ovvero genero [imperiale], cioè genero nell'ambito della famiglia di Gengis Khan). Di quel nome si gloriò moltissimo, poiché da esso riteneva di trarre o di rafforzare la legittimazione gengiskhanide che era la sua massima ambizione. Scelse Samarcanda come sua capitale, una città che era stata un punto di incontro tra mondo greco e persiano, già parte dell'impero di Alessandro Magno, ed era un emporio tra i più importanti sulla via della Seta. Per quanto amasse la sua capitale che abbellirà al punto di renderla una delle città più splendide dell'Asia, si mantenne però sempre fedele allo yasak di Gengis Khan, la legge che proibiva ai nomadi di stirpe mongolica di stabilirsi nelle città. Vennero formalizzate una serie di istituzioni statali, come i periodici kurultaj che avrebbero dovuto legittimare il suo governo, in realtà dispotico, e la zona (dell'attuale Uzbekistan) divenne un centro di grande crescita economica, culturale e artistica.
Durante i tre decenni successivi Tamerlano condusse campagne militari in tutte le direzioni, con metodi travolgenti e spesso spietati. Il primo passo fu sconfiggere i Khan mongoli del Moghulistan con una serie di campagne invernali che ne distrussero la capacità di condurre offensive. In seguito uno dei suoi più formidabili avversari fu Toktamish Khan dell'Orda d'Oro, che dominava i territori corrispondenti all'Ucraina, alla regione di Mosca e Kazan', e al Kazakistan. La guerra fra Tamerlano e Toktamish durò per ben tredici anni, dal 1386 fino alla sconfitta definitiva di quest'ultimo nel 1399. Toktamish era un discendente diretto dalla linea primogenita di Gengis Khan (Joci e quindi Batu) che era fuggito esule giovanissimo dalla sua terra per aver tentato di recuperare la sovranità sul khanato dell'Orda d'Oro. Era stato accolto da Tamerlano, che gli aveva fornito le forze necessarie per la conquista del suo dominio. Una volta sconfitti i Khan dell'Orda Bianca e divenuto signore del Kipchak orientale (grosso modo corrispondente all'odierno Kazakistan), fu incoraggiato da Tamerlano a proseguire le sue conquiste verso occidente. L'Emiro gli fornì di nuovo l'assistenza militare necessaria per attaccare l'Orda Blu nell'odierna Russia europea, e quindi riunificare il Khanato occidentale rifondando l'Orda d'Oro. Il giovane guerriero arrivò addirittura a prendere Mosca nel 1382. Toktamish era in seguito venuto una prima volta in contrasto con Tamerlano per il possesso della Corasmia (la regione dove l'Amu Darya sfocia nel lago d'Aral) e dell'Azerbaigian. Qui fu sconfitto una prima volta da Tamerlano, che ne distrusse l'esercito nel 1386. Nell'anno successivo Toktamish riprese la guerra contro Tamerlano, tentando l'invasione della Corasmia dal nord. I resoconti su questa seconda campagna della guerra di Toktamish contro Tamerlano non sono molto chiari. Di certo la campagna dei Tatari dell'Orda d'oro fallì anche in questo caso, forse anche a causa di tempeste di neve.
Tamerlano in precedenza aveva iniziato la conquista militare della Persia, dove, dopo la morte dell'ultimo Ilkhan (sovrano mongolo discendente da Gengis Khan tramite il nipote Hulegu), Abu Sa?id, nel 1335, il regno era stato suddiviso in un mosaico di potentati: Muzaffaridi, Kartidi, Eretnidi, Chubanidi, Injuidi, Jalayiridi e Sarbadar. L'Ilkhanato di Persia comprendeva le regioni degli attuali Iran, Afghanistan, Iraq, e Azerbaigian, oltre alla regione della Corasmia, con le città di Urghenc e Khiwa, già conquistata da Tamerlano. La conquista della Persia cominciò nel 1383, dopo la resa di Khwaja Mas?ud, della dinastia Sarbadar. La campagna proseguì nella regione orientale del Khorasan (oggi Afghanistan) e in particolare dalle grandi città di Balkh e di Herat, capitale della dinastia Kartide. Al rifiuto di arrendersi la città fu ridotta in macerie e la maggior parte dei cittadini furono massacrati.
Fu in queste campagne militari che Tamerlano riprese l'uso del terrore con massacri e devastazioni dei territori che avevano tragicamente segnato le precedenti invasioni mongoliche di Gengis Khan. Il rifiuto delle città assediate di arrendersi o un semplice moto di rivolta dopo la resa, provocava massacri accompagnati da raccapriccianti piramidi di teste mozzate alte metri, e devastazioni totali dei sistemi di irrigazione e delle campagne. Oltre allo scopo terroristico-militare di questi massacri, vi era anche indubbiamente l'odio atavico che i nomadi delle steppe (turan) avevano verso le civiltà dei popoli coltivatori e urbanizzati (iran) delle regioni meridionali. L'espansione in Iran continuò ai danni della cosiddetta "repubblica" locale dei Sarbadar ("pendagli da forca"), stanziata nella città di Bayhaq.
A differenza di quanto si è spesso affermato, i Sarbadar si dichiararono suoi vassalli, e forse fu in questa occasione che egli ebbe l'opportunità di incontrare Khwaja ?Ali (m. 1429), personalità sciita di grande importanza che avrebbe avuto una certa influenza su di lui e avrebbe in seguito agevolato i Safavidi, che governarono la Persia dal 1501 al 1736, nel proclamare una propria discendenza dallo stesso Tamerlano. Qualcuno sostenne addirittura che Tamerlano avesse abbracciato la variante islamica dello sciismo, ma non se ne hanno prove. La conquista dell'Iran continuò con l'aggressione all'Azerbaigian, allora dominato dal sovrano Sul?an A?med, della dinastia dei Jalayridi. Fu in questa fase che i piani di Tamerlano entrarono in conflitto per la prima volta con quelli di Toktamish. Attratto dalla prospettiva di conquistare l'Azerbaigian, il Khan dell'Orda d'Oro attaccò nel 1386 Tabriz, la principale città dell'Azerbaigian, ma l'evento scatenò la prima delle quattro campagne di Tamerlano contro di lui. Nel corso di questa campagna Tamerlano distrusse il Regno della Georgia, catturando il sovrano Bagrat V e penetrando poi ulteriormente nel Caucaso.
Nel 1387 Tamerlano poté finalmente attaccare l'Iran centrale, forse l'oggetto principale delle sue conquiste in terra persiana. Qui governava la dinastia dei Muzaffaridi, che non riuscì a contrastare l'attacco. Se la presa di Isfahan nel 1387 non vide la resistenza degli abitanti della città, il massacro che seguì fu determinato dal rifiuto della popolazione locale di pagare tributo o forse anche dall'uccisione di alcuni soldati della guardia. Alcune fonti ricordano le orribili torri di teste ammassate nella città a seguito dell'immane strage della popolazione (circa 100.000 morti), una delle più sanguinose della storia.
La città di Shiraz fu conquistata con minor violenza. Dopo avervi insediato un governatore fantoccio, Tamerlano mise fine alla campagna persiana per tornare a Samarcanda, dove lo aspettava un attacco di Toktamish (il secondo o il terzo della serie) che aveva nel frattempo raccolto un nuovo esercito. Costui fu respinto e inseguito dall'esercito di Tamerlano che contava 100.000 uomini fino alla Siberia, nella regione delle foreste dell'estremo nord dove "l'alba sorge subito dopo il tramonto del sole". Qui l'esercito di Toktamish fu circondato sulla sponda destra del fiume Volga nella regione di Samara, e fu quindi distrutto nella battaglia del fiume Kondurcha (1391). Ma ancora una volta Toktamish riuscì a sfuggire, questa volta disperdendo quel che restava del suo esercito negli spazi sterminati delle steppe e delle foreste siberiane. Tamerlano tornò quindi a Samarcanda, dove convocò un nuovo grande kuriltai, nella tradizione dei Mongoli di Gengis Khan.

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Osservatorio astronomico costruito nel 1420

Gli anni che vanno da quell'evento fino al 1395 sono caratterizzati da una campagna di assestamento dei domini dell'Iran settentrionale (la cosiddetta "campagna dei 5 anni"), in cui Tamerlano conquistò le regioni del Gorgan e del Mazandaran, finché, sottomessa la Mesopotamia e distrutta Baghdad con un nuovo massacro, si volse verso occidente, intromettendosi nel conflitto tra le due confederazioni rivali turcomanne degli Ak Koyunlu ("Quelli del Montone bianco") e dei Kara Koyunlu ("Quelli del Montone nero"). Ancora una volta tuttavia la minaccia di Toktamish che invase i territori transcaucasici da nord, obbligò Tamerlano a compiere una lunga campagna – la quarta e ultima condotta sotto il suo comando diretto – nelle steppe dell'Asia centrale e della Russia meridionale. Questa campagna portò alla distruzione dell'Orda d'oro e alla conquista dei suoi immensi territori dell'Asia e dell'Europa orientale. L'esercito tataro di Toktamish fu completamente distrutto nella grande battaglia sul fiume Terek (Caucaso settentrionale, 15-22 aprile 1395), non meno importante di quella successiva di Ankara, ma meno conosciuta perché non vi furono resoconti da testimoni occidentali. Tamerlano proseguì la campagna conquistando la Crimea, quindi impadronendosi di Azov (Tana), Kiev, Astrakhan e Mosca, saccheggiandole e dandole alle fiamme. La sorte della grande capitale dell'Orda, Saraj, a quel tempo una grande metropoli, fu ancora peggiore, perché Tamerlano la fece radere al suolo fino a non lasciarne quasi più traccia.
Al posto di Toktamish, Tamerlano secondo il suo costume nominò come governatori due suoi generali: Temur Qutlugh (discendente di Gengis Khan, investito formalmente del titolo di khan dell'Orda); e l'Emiro (ministro o visir) Edigu, che sarà il vero proconsole di Tamerlano. Ciò segnò il tramonto della potenza dell'Orda d'Oro, che aveva sino ad allora dominato le regioni dell'odierno Khazakhstan, dell'Ucraina e della Russia europea, fino a rendere tributario il regno di Polonia. Toktamish, fuggito nelle steppe dell'Ucraina, tentò la sorte un'ultima volta chiedendo aiuto al granduca di Lituania Vytautas, mentre Tamerlano era impegnato nella conquista dell'India. Questa volta però l'intervento di Tamerlano non fu necessario. Nella grande battaglia del fiume Vorskla (1399) nell'Ucraina centrale le forze congiunte di Toktamish e Vytautas furono sconfitte dai generali di Tamerlano, Temur Qutlugh khan e l'emiro Edigu. Toktamish infine fu ucciso dagli uomini di Edigu presso Tyumen nella Siberia occidentale nel 1406. Egli fu l'ultimo Khan a coniare monete con iscrizione mongola nei territori della Russia europea.
Avendo completato la ricostruzione degli imperi Chagathay nell'Asia centrale e Ilkhan in Persia, e con l'immenso bottino conquistato a Saraj nella campagna contro l'Orda d'Oro, Tamerlano poteva ora affrontare le grandi potenze mussulmane a sud-est e a occidente dei suoi domini: l'India; il sultanato mamelucco di Iraq, Siria ed Egitto; e il sultanato dei turchi ottomani. Nel 1398 Tamerlano, prendendo a pretesto l'eccessiva tolleranza che il sultano dell'India mostrava verso i propri sudditi indù, attaccò il signore musulmano di Delhi, attraversando l'Indo il 2 ottobre su un ponte di barche e abbandonandosi a terribili massacri durante l'avanzata, allorché trovò una fiera resistenza da parte dei Rajput di Bhatnir. Durante lo scontro lo stesso Tamerlano fu colpito da una delle tante frecce che negli anni martoriarono il suo corpo. Pochi giorni più tardi l'esercito guidato da Tamerlano arrivava comunque davanti a Delhi, dove poca resistenza poterono opporgli le truppe del Sultano tughlaq Mahmud Shah II, nonostante i problemi creati dall'uso degli elefanti da parte di queste ultime.
La battaglia si svolse il 17 dicembre 1398. Prima che la battaglia avesse inizio Tamerlano fece uccidere 100.000 prigionieri. L'esercito del Sultano Na?ir al-Din Ma?mud Shah ?ughlaq aveva comunque ancora un gran numero di elefanti da guerra corazzati con armature di maglia di ferro. I soldati dell'esercito mongolo erano spaventati dagli elefanti, perciò Tamerlano ordinò di scavare delle trincee davanti alle proprie posizioni, quindi fece legare sul dorso dei suoi cammelli fascine di legna e fieno. Quando gli elefanti caricarono, Tamerlano fece dar fuoco alle fascine, sospingendo i cammelli verso il nemico. Gli elefanti furono presi dal panico di fronte all'inconsueto spettacolo della carica di animali che correvano loro incontro recando fuoco, quindi si girarono e presero a fuggire provocando il caos nel loro esercito. A questo punto fu facile per Tamerlano sbaragliare completamente le forze avversarie.
La conquista del Sultanato di Delhi fu una delle più grandi vittorie di Tamerlano, che in questo caso riuscì a fare ciò che non era riuscito ad Alessandro Magno e a Gengis Khan. Il 17 dicembre 1398 la città, una delle più ricche di quei tempi, fu presa e atrocemente devastata e saccheggiata durante tre giorni. Si narra che in ognuno dei quattro angoli della città i Mongoli avessero fatto erigere una piramide di teste umane distinte tra donne, uomini, vecchi e bambini. Sebbene in seguito Tamerlano abbia sentito il bisogno di tentare di difendersi, affermando di aver vietato il saccheggio, che sarebbe invece avvenuto durante il suo sonno, quasi tutti i cittadini sopravvissuti al massacro furono ridotti in schiavitù e portati via, sospinti da un esercito un tempo velocissimo nei suoi spostamenti, ma nell'occasione talmente carico di bottino da dover marciare con estrema lentezza. Occorrerà un secolo circa prima che la città possa infine riprendersi.
Tamerlano, dopo aver lasciato Khizr Khan come suo governatore nel Punjab, lasciò Delhi più o meno in gennaio del 1399, raggiungendo soltanto il 15 aprile Termez sull'Amu Darya (attuale confine tra Uzbekistan e Afghanistan). Secondo l'ambasciatore castigliano Ruy Gonzalez de Clavijo (arrivato a Samarcanda l'8 settembre 1404), novanta elefanti catturati servirono soltanto per il trasporto di certe pietre con cui Tamerlano intendeva erigere una moschea a Samarcanda, probabilmente l'enorme edificio (ammantato di leggenda) che prese il nome dalla sua bellissima moglie gengiskhanide Bibi Khanoum.
All'inizio del XV secolo, il potente Emiro possedeva un impero che andava dai territori a occidente del Volga e dal Caucaso fino ai confini con la Cina, e dal lago d'Aral all'Oceano indiano fino alla vallata del Gange in India. Ritornato dall'India, Tamerlano poté attaccare l'Impero ottomano, allora governato dal quarto sultano, Bayezid I Yildirim, Bayezid "la Folgore", il quale, vittorioso sui serbi a Kosovo Polje e su una coalizione di crociati franco-ungherese a Nicopoli (1396), si stava espandendo rapidamente verso oriente, annettendo territori abitati da popolazioni turkmene, che avevano invocato l'aiuto dell'Emiro. Per aprirsi la strada verso l'Anatolia, Tamerlano attaccò il sultano mamelucco dell'Egitto al-Na?ir Faraj (1389-1412) - figlio di Barquq, distruggendone facilmente l'esercito. Invase la Siria conquistando Antiochia, successivamente saccheggiò Aleppo, quindi prese le città di Damasco (gennaio 1401) - molti abitanti delle quali furono massacrati, a eccezione degli artigiani, deportati in massa per contribuire ai lavori di abbellimento di Samarcanda - e di Baghdad (giugno 1401, nuovo massacro). La campagna fu interrotta solo quando lo stesso sultano mamelucco dell'Egitto fece atto di sottomissione.
Lo scontro con il sultano ottomano avvenne nella battaglia di Ancyra (Ankara), il 20 luglio 1402. Considerando solo le battaglie per cui esiste una documentazione storica affidabile, quella combattuta ad Ankara fu di dimensioni senza precedenti dai tempi della battaglia di Filippi (42 a.C.) per l'entità delle forze impiegate. Numerosi ambasciatori occidentali inviati presso Tamerlano riferirono della battaglia, riportandone valutazioni sbalorditive sulle forze schierate dai mongoli. Secondo Giustiniani (Venezia) Tamerlano mise in capo 800.000 uomini; per il greco Franzes erano 820.000; il giudeo Rabbi Joseph ne stimò un milione; per il cavaliere tedesco Schiltberger (che fu testimone diretto della battaglia) le forze di Tamerlano raggiungevano un milione e quattrocento mila uomini. Agli storici moderni queste cifre sembrano esagerate, probabilmente in ragione del fatto che ciascun cavaliere dell'armata di Tamerlano era tenuto ad avere con sé da uno a cinque cavalli, dando perciò l'impressione di un'armata molto più consistente. Dai biografi di Tamerlano risulta che la più grande armata dai lui mai messa in campo, in occasione della progettata spedizione contro la Cina, raggiungeva i 20 tumen (l'unità tattica degli eserciti mongoli costituita da 10.000 cavalieri). Secondo gli storici militari moderni, che sono portati a ridurre di molto le stime dei cronisti medioevali, la cavalleria di Tamerlano aveva comunque non meno di 140.000 uomini che parteciparono ai combattimenti. Essi erano per la maggior parte turco-mongoli della Transoxania (chagatay-karauna, impropriamente chiamati "tartari" dagli Occidentali) con forti contingenti mongoli, corasmi (persiani), turcomanni, oltre a un grande numero di elefanti da guerra indiani. Gli Ottomani erano meno numerosi, probabilmente non raggiungevano i 90.000 uomini fra Turchi, Serbi e mercenari turcomanni, tutti però (salvo i turcomanni, che per lo più combattevano in ordine sparso) molto bene addestrati dalle precedenti battaglie in Europa e in Asia. Tamerlano guidava personalmente lo schieramento centrale del suo esercito, malgrado avesse ormai quasi settant'anni di età e le infermità dovute alle innumerevoli ferite. L'ala destra era al comando di suo figlio, il dotto Shah Rukh che sarà il suo diretto successore, e quella sinistra di suo nipote ed erede designato Pir Mu?ammud.
Sfruttando la maggiore mobilità della sua cavalleria, Tamerlano riuscì a porre il suo esercito fra quello degli Ottomani e le uniche risorse d'acqua disponibili per dissetare eserciti così grandi. I Turchi furono perciò costretti ad attaccare e furono quindi accerchiati e massacrati dagli arcieri della cavalleria mongola e dalla scimitarre della cavalleria chagatai di Tamerlano. Il sultano dell'Impero ottomano Bayezid I, sebbene eroicamente difeso dal contingente alleato serbo destinato alla sua persona e ai suoi eredi, fu catturato e trascorse gli ultimi mesi della sua vita da prigioniero alla corte di Tamerlano (secondo alcune fonti, morì suicida in carcere). Soltanto il primogenito di Bayezid riuscì a fuggire dal massacro, preservando così la linea dinastica del Sultanato ottomano.
Sul campo della battaglia furono contati 40.000 morti (secondo altre fonti più di centomila), una cifra che sembra confermare le stime più recenti sopra riferite della consistenza effettiva degli eserciti. Alla battaglia assistettero, come si è detto, anche numerosi ambasciatori inviati dai re cristiani presso Tamerlano per valutarne la potenza e la reale forza militare. La conduzione strategica della battaglia da parte di Tamerlano, secondo quanto venne riferito, era stata ancora una volta perfetta, nonostante l'enorme massa dei combattenti. La battaglia di Ankara (assieme a quella di Canne vinta dal cartaginese Annibale sui Romani) è fra i casi strategici studiati ancora oggi nelle accademie militari.
Gli occidentali erano molto preoccupati dall'avanzata ottomana in Anatolia, che stava erodendo l'Impero bizantino e poteva minacciare tutti gli stati affacciati sul Mediterraneo. Essi iniziarono a pensare che i loro interessi potessero coincidere con quelli di Tamerlano, contrapponendosi congiuntamente all'avanzata turca. Gli europei vedevano in lui molte analogie con i mongoli di un secolo e mezzo prima, che distruggendo il Califfato musulmano dell'Iraq e della Siria, avevano consentito la sopravvivenza per mezzo secolo ancora degli stati crociati in Palestina. Una nuova pax mongolica avrebbe inoltre aiutato molto i commerci dei mercanti occidentali. Il coimperatore Giovanni VII Paleologo, si accordò allora col podestà genovese di Galata per inviare ambasciatori a Tamerlano. I bizantini infatti erano già costretti a pagare un tributo al sultano turco che ormai aveva già posto il blocco a Costantinopoli, la capitale bizantina. Essi proposero a Tamerlano di versare un tributo a lui in cambio di un'alleanza per sconfiggere i turchi stessi. Un'ambasceria parallela venne condotta anche dal re di Francia tramite alcuni domenicani.
Tamerlano, che stava effettivamente preparandosi ad attaccare i turchi, accettò le proposte, sperando anche che tramite Venezia e Genova egli avrebbe potuto ottenere quella flotta che non possedeva per distruggere la potenza ottomana anche nei territori europei. Nel 1402 i mongoli batterono gli ottomani presso Ankara, come già detto. La notizia di questa vittoria destò meraviglia e ammirazione in Occidente, dove il sultano turco Bayezid era ritenuto invincibile per i successi ottenuti contro gli europei. Tamerlano conquistò e distrusse la capitale ottomana Bursa, e proseguì conquistando Nicea e Pergamo, dove rimase incantato a contemplare i resti della civiltà classica, come era accaduto a Baalbek. Divenuto padrone dell'Anatolia, si rivelò presto un'arma a doppio taglio per gli occidentali, in quanto non era disposto ad accettare alcun limite al proprio dominio. Rivendicando ancora una volta la discendenza da Gengis Khan, la restaurazione dell'Impero mongolo e il presunto diritto al dominio universale conquistò Smirne dagli Ospitalieri di Rodi, cacciandoli e sottomettendo Focea e Chio. Gli europei erano molto indecisi sul da farsi e molti continuavano a sperare nell'alleanza con i mongoli, come Enrico III di Castiglia che spedì più ambascerie a Tamerlano. L'ambasciatore de Clavijo che visitò la corte di Tamerlano a Samarcanda nel 1404 notò che - malgrado lo splendore della città ornata da maestosi edifici e circondata da alte mura - il grande Emiro continuava a vivere e a tenere corte in un accampamento di ventimila tende, alla maniera dei nomadi mongoli. La vittoria di Tamerlano sui Turchi riuscì comunque a ritardare di cinquant'anni la presa di Costantinopoli da parte degli ottomani (1453).
Tamerlano però non aveva alcun interesse a proseguire la sua campagna in Europa, sia pure per terminare di distruggere i resti dell'esercito ottomano che le navi genovesi avevano portato in salvo nei territori europei. Il grande Emiro aveva ormai rivolto la sua attenzione verso la Cina. La conquista della Cina avrebbe infatti rappresentato il coronamento dell'opera titanica di ricostruzione dell'impero di Gengis Khan, che anzi sarebbe stato ancora più esteso comprendendo ora anche l'India e l'Anatolia. Tornato a Samarcanda, dunque Tamerlano iniziò a radunare uno sterminato esercito per la conquista della Cina, da dove i mongoli della Dinastia Yuan, fondata da Kublai Khan, nipote di Gengis Khan, erano stati cacciati nel 1368 dalla Dinastia Ming. Il primo imperatore di questa dinastia, Hongwu pretendeva e riceveva tributi dai signori dell'Asia Centrale che considerava eredi del gengiskhanide Kublai sconfitto. E fino a un certo punto, ed entro certi limiti, Tamerlano aveva accettato la pretesa della nuova dinastia cinese. Ma ora opponeva uno sprezzante rifiuto, proclamando usurpatori i nuovi sovrani cinesi e non facendo più mistero che la sua mira era riedificare nella sua completezza l'impero mongolo, compresa la parte costituita dalla Cina di Kublai.
L'impresa, secondo la consueta strategia di Tamerlano di iniziare le proprie campagne nei mesi invernali in modo da cogliere di sorpresa il nemico, prese avvio nel dicembre del 1404 quando il grande esercito guidato da Tamerlano si mosse da Samarcanda, ma fallì sul nascere. Il clima dell'Asia Centrale era tremendo, ma quel periodo era stato scelto con consapevolezza nella convinzione che lo avrebbe agevolato, consentendogli di attraversare il Syr Darya sul ghiaccio solido e di raggiungere la Cina in primavera. Tamerlano fu tuttavia colto da fortissime febbri, forse causate da polmonite, e la sua pur fortissima fibra cedette. La morte avvenne il 19 gennaio 1405 a Otrar, appena al di là del Syr Darya, in territorio oggi kazako. Tamerlano aveva appena ricevuto una supplica di Toktamish, che implorava la sua generosità di perdonarlo ancora una volta e forse di restituirgli i suoi domini dell'Orda d'Oro.
La notizia della morte, anche a causa dei passi montani bloccati dalla neve, raggiunse troppo tardi l'erede designato, il nipote Pir Muhammad, figlio del primogenito Giahangir, che si trovava a Kandahar, e di questa lontananza approfittò un altro nipote, Khalil, figlio del terzogenito Miran. Questi tuttavia si rivelò un folle, come anche il padre, abbandonandosi a bagordi e dissipazioni. Shah Rukh, il saggio e pio ultimo figlio di Tamerlano, fu richiamato da Herat, dove si era ritirato presso una confraternita religiosa, e cacciò il nipote, accettando di essere riconosciuto sovrano (1407). Tuttavia tornò quasi subito a Herat, affidando il governo al figlio Ulug Beg, altro grande personaggio, destinato a diventare, oltre che un governante illuminato, uno dei più grandi astronomi di tutti i tempi. Quanto rimane del suo straordinario osservatorio è infatti ancora visitabile a Samarcanda.
Dopo aver esercitato la funzione di reggente per 40 anni, per altri due anni (1447 - 1449) Ulugh Beg fu poi legittimo sovrano, prima di essere assassinato dal figlio. Fu Ulugh Beg, in segno di venerazione per il nonno, a far venire dalla Mongolia l'enorme blocco di giada verde che divenne la tomba di Tamerlano, ancora visibile nel mausoleo Gur-e Amir a Samarcanda. L'immenso impero di Tamerlano venne in seguito frammentato tra più potentati ostili tra loro. Direttamente da Tamerlano discende il principale continuatore della dinastia, Babur (trad. "La Tigre") il Conquistatore (1483-1530). Nipote di Miran Shah, terzo figlio di Tamerlano, Babur fu cacciato da Samarcanda e dai domini ereditari del Chagatay dall'invasione degli Uzbeki nel 1501, una popolazione turco-mongola che era guidata da Shibani (discendente da Shiban, quinto figlio di Joci e nipote di Gengis Khan). Rimasto senza regno Babur conquistò Kabul, e in seguito invase l'India, sconfisse gli usurpatori del sultanato di Delhi nel 1526 e restaurò la dinastia di Tamerlano, che prese il nome dalle sue origini mongole come "Gran Mogol". La dinastia dei discendenti di Tamerlano regnò sull'India fino alla sua annessione all'impero britannico del 1857. Babur e i suoi successori portarono in India il gusto per la bellezza e gli edifici grandiosi del loro grande antenato, da cui le meravigliose costruzioni delle loro capitali Mogul, Delhi e Agra, che esistono ancora oggi, nonché i loro stupendi monumenti, basti ricordare ad Agra il Taj Mahal.

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Il mausoleo Gur-e Amir dov'è conservata la tomba di Tamerlano e quella di numerosi altri sovrani timuridi.

Il corpo di Tamerlano fu esumato dalla sua tomba nel Mausoleo Gur-e Amir a Samarcanda nel 1941 dall'antropologo russo Mikhail M. Gerasimov, il quale scoprì che - malgrado la statura molto alta dello scheletro - le caratteristiche facciali si conformavano a fattezze mongolidi; secondo lui questo confermava la pretesa dello stesso Tamerlano di discendere da Gengis Khan. L'esumazione confermò inoltre che il morto era zoppo per una ferita alla gamba destra. Vi erano tracce di altre ferite che avevano invalidato l'uso del braccio destro. Dal teschio, Gerasimov riuscì anche a ricostruire l'aspetto di Tamerlano. È diffusissima tradizione che fosse stata scagliata una maledizione contro chi avesse violato la tomba. La maledizione si sarebbe prima abbattuta sul persiano Nadir Shah (1736-1747), che di ritorno dall'India avrebbe asportato la tomba (un unico blocco di giada verde), dopo di che i tentativi di aprirla vi avrebbero provocato una crepa. I guai che ne conseguirono furono tali da convincerlo a far riportare la tomba a Samarcanda. Finì ugualmente assassinato. Ma anche alla "violazione" per mano sovietica seguì, secondo un'interpretazione para-storica delle coincidenze, una tragedia ancor più terribile: l'apertura avvenne il 19 giugno 1941, e tre giorni più tardi, il 22 giugno, i nazisti scatenarono l'Operazione Barbarossa, ovvero l'invasione tedesca dell'Unione Sovietica. La sorte volle tuttavia che poco dopo che lo scheletro di Tamerlano (con quello del nipote Ulugh Beg) fosse sepolto di nuovo secondo il rito musulmano dell'inumazione nel novembre 1942, avvenisse la resa dei nazisti a Stalingrado (febbraio 1943).
La figura di Tamerlano ha avuto sicuramente un successo straordinario sia nelle letterature orientali sia in quelle occidentali. Le principali cronache storiche orientali che ne descrivono la vicenda storica sono i due Zafarname (Liber victoriae) a lui dedicati da Ni?am al-Din ?Ali Shami (terminate quando ancora Tamerlano era in vita) e da Sharaf al-Din ?Ali Yazdi (conclusa nel 1421). Accanto a queste fonti va ricordata la già citata cronaca avversa a Tamerlano di Ibn ?Arabshah, autore arabo che descrisse tutte le nefandezze compiute dal sovrano mongolo. Il suo testo fu tradotto in latino ed ebbe vasta diffusione in Occidente. A Ruy Gonzalez de Clavijo, ambasciatore castigliano che raggiunse Samarcanda l'8 settembre 1404, si deve forse una delle più vivide descrizioni di Tamerlano che, pubblicata in Europa, favorì molto la diffusione del mito.
Nel resto del mondo, comunque, la fama del conquistatore asiatico si era già diffusa e, soprattutto dopo la battaglia di Angora, essa favorì la nascita di una vera e propria tradizione letteraria in cui il personaggio assunse tratti titanici, finendo anche con l'influenzare la costruzione di opere come Il Principe di Niccolò Machiavelli. Si devono infatti a un mercante senese, Beltramo Mignanelli (che fu testimone diretto dell'assedio, della presa e dell'incendio di Damasco nel gennaio del 1401 da parte di Tamerlano), le prime notizie in Italia su Tamerlano, con delle lettere che finirono col far parte dell'opera di Poggio Bracciolini, cui sembra si sia ispirato appunto Machiavelli. Di quell'assedio fu testimone anche il grande storico maghrebino Ibn Khaldun che scrisse dei suoi incontri con il grande conquistatore mongolo come l'occasione di avere conosciuto uno dei più grandi personaggi della Storia. Questo mito, rinvigorito nel Cinquecento da Paolo Giovio e Nicolao Granucci, si diffuse in Europa dove l'enciclopedista spagnolo Pero Mexia lo introdusse nella sua opera enciclopedica. Vanno anche ricordate le numerose opere teatrali sorte dal Seicento in poi attorno alla figura del conquistatore centro-asiatico. Se tra i primi esempi vanno ricordati il Tamerlano il Grande di Marlowe (Tamburlaine the Great, 1587,in due parti) e il Tamerlano, o la morte di Beyazit (Tamerlan, ou la Mort de Bajazet, 1676) di Jacques Nicolas Pradon, altre opere successive portarono alla creazione dei libretti di grandi composizioni liriche, come quelle di Händel (Tamerlano, 1724) e di Vivaldi (Bajazet, 1735). Curiosamente nell'opera lirica Turandot composta da Giacomo Puccini il padre del principe ignoto Calaf si chiama proprio Timur. Gli fu dedicato anche un poemetto da Edgar Allan Poe.
Il lascito del "Rinascimento" di Tamerlano comprende alcuni capolavori architettonici a Samarcanda e a Kesh che hanno pochi confronti. Qui il contrasto fra l'immagine del condottiero mongolo distruttore di decine di grandi città e massacratore di centinaia di migliaia di innocenti da un lato, e il sovrano amante della grandiosità, dell'arte e della bellezza dall'altro, non potrebbe essere più stridente. Nella capitale si possono ancora ammirare la piazza centrale (il Registan, le cui madrasse sono però successive); la più grande moschea del tempo, dedicata alla moglie Bibi Khanun; il mausoleo fatto costruire per sé e i propri discendenti (Gur- i - Amir); e lo stupendo complesso dei santuari della necropoli "Shah - i - Zinda" (il Re che vive). Nella sua terra d'origine, oggi la repubblica dell'Uzbekistan, dopo la liberazione dalla dominazione sovietica che era contraria al culto delle nazionalità, Tamerlano (ricordato come Emir Timur) è oggetto di venerazione come Padre della Patria e fondatore di uno dei più vasti imperi della storia universale. Curiosamente però i lineamenti con cui è raffigurato dalle ormai numerosissime statue che gli sono dedicate somigliano più a quelli vagamente orientali di Lenin, piuttosto che alla ricostruzione fisiognomica (decisamente più mongolica) che ne fece Gerasimov.


Eugenio Caruso - 16-12-2020

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