Samuel Coleridge, grande poeta, promotore del romanticismo inglese


«Bambini affamati, vittime torturate dai loro oppressori, anziani indifesi considerati un odioso fardello dai loro figli; e tutta la solitudine, la povertà, e il dolore, si facevano beffa di ciò che la vita umana avrebbe dovuto essere. Desidero fortemente alleviare i mali del mondo, ma non posso farlo, e ne soffro.» (Autobiografia di Bertrand Russell)

Versi tratti dalla poesia "Orologio da rote" di Neruda

GRANDI PERSONAGGI STORICI Ritengo che ripercorrere le vite dei maggiori personaggi della storia del pianeta, analizzando le loro virtù e i loro difetti, le loro vittorie e le loro sconfitte, i loro obiettivi, il rapporto con i più stretti collaboratori, la loro autorevolezza o empatia, possa essere un buon viatico per un imprenditore come per una qualsiasi persona. In questa sottosezione figurano i grandi poeti e letterati che ci hanno donato momenti di grande felicità ed emozioni. Io associo a questi grandi personaggi una nuova stella che nasce nell'universo.

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Samuel Taylor Coleridge (1772 – 1834) è stato un poeta, critico letterario e filosofo britannico. È considerato insieme all'amico e poeta William Wordsworth tra i fondatori del Romanticismo inglese, in particolare per la cura e la pubblicazione, nel 1798, del volume Ballate liriche (Lyrical Ballads). Tra le sue opere più celebri si ricordano il poema narrativo La ballata del vecchio marinaio (The Rime of the Ancient Mariner), e l'opera in prosa Biographia Literaria.

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Samuel Taylor Coleridge nacque il 21 ottobre 1772 a Ottery St Mary, piccolo villaggio tra le colline del Devon. Il padre, il Reverendo John Coleridge, era un rispettatissimo vicario e Anne Bowden, la madre. Coleridge nella sua fanciullezza non traeva godimento «dagli sport per i maschi»; al contrario, la letteratura era già una consolazione e una passione, tanto che lo scrittore racconterà di aver passato giornate a leggere «ininterrottamente». Suo padre morì quando aveva nove anni, l'anno successivo, il 28 marzo 1782, ottenne un posto gratuito presso la scuola del Christ's Hospital, a Londra. Qui, sotto la guida di Boyer, il giovinetto iniziò a leggere i grandi classici e a comporre i primi versi in greco, latino e inglese. Nonostante l'avversione di Coleridge per i normali piaceri della gioventù, furono in molti a rimanere affascinati dal suo carisma, primo fra tutti un giovane Charles Lamb, che fu legato a Samuel da un saldo vincolo di amicizia: il Lamb avrebbe poi ricordato l'amico in due saggi, Recollections of Christ's Hospital e Christ's Hospital.

Coleridge ci descrive minuziosamente gli anni trascorsi al Christ's Hospital nella sua Biographia Literaria, dando molto rilievo alla figura del suo insegnante, Boyer:
(EN)
«I enjoyed the inestimable advantage of a very sensible, though at the same time, a very severe master [...] At the same time that we were studying the Greek Tragic Poets, he made us read Shakespeare and Milton as lessons [...] I learnt from him, that Poetry, even that of the loftiest, and, seemingly, that of the wildest odes, had a logic of its own, as severe as that of science; and more difficult, because more subtle, more complex, and dependent on more, and more fugitive causes. [...] In our own English compositions (at least for the last three years of our school education) he showed no mercy to phrase, metaphor, or image, unsupported by a sound sense, or where the same sense might have been conveyed with equal force and dignity in plainer words ...»
(IT)
«Ho molto apprezzato l'inestimabile vantaggio di avere un maestro molto sensibile, eppure allo stesso tempo molto severo. [...] Mentre studiavamo i poeti tragici greci, ci faceva leggere al contempo Shakespeare e Milton. [...] Da lui ho imparato che la poesia, anche quella più elevata e, apparentemente, quella più selvaggia, aveva una logica propria, tanto severa quanto quella scientifica, se non più difficile, per colpa delle cause più sottili, complesse, dipendenti fuggitive. Nelle nostre composizioni in lingua inglese (o, almeno, negli ultimi tre anni di formazione scolastica), non mostrò alcuna pietà verso tutte quelle frasi, metafore, e immagini, che non erano supportate da un senso compiuto, o che si potevano trasmettere con la stessa forza e intensità con parole più semplici ...»

Nonostante la sua severità, Boyer ammirava moltissimo la fervente intelligenza dell'allievo, che già a sedici anni divorava libri di medicina, metafisica e poesia: la sua fame di letture lo fece venire a contatto anche con il Dictionnaire philosophique di Voltaire e con il neoplatonismo.
Uscito dal Christ's Hospital, Coleridge vinse una borsa di studio per il Jesus College, a Cambridge, dove entrò nel settembre 1791. Qui vinse un premio per un'ode saffica che scrisse per denunciare la tratta degli schiavi; ciononostante, il giovane Samuel mal tollerava l'ambiente accademico, tanto che - nonostante la fama di eloquente scrittore di cui godeva tra i camerati - decise di lasciare l'università nel dicembre 1793, entrando tra i Dragoni del Re sotto il falso nome di «Silas Tomkyn Comberbacke». Questo accesso di sconforto, oltre agli studi inconcludenti, è forse dovuto anche all'amore non corrisposto per Mary Evans, di cui si infatuò nel 1788. Coleridge era tuttavia inadatto alla carriera militare: una volta esonerato (con l'aiuto economico dei fratelli) fece ritorno a Cambridge, sempre al Jesus College, dove però non riuscì a prendere nessun diploma.

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Coleridge nel 1795 olio su tela di Pieter van Dyke
All'università Coleridge promosse delle istanze politiche all'epoca considerate radicali, abbracciando anche l'ideologia del poeta Robert Southey, che conobbe a Oxford. Con Southey, Samuel si interessò all'idea di fondare un'utopica società: la «pantisocrazia», secondo cui «dodici gentiluomini di buona educazione e di principî liberali avrebbero dovuto imbarcarsi con dodici dame», per fondare una comunità ideale nelle selvagge foreste della Pennsylvania, e poi (meno ambiziosamente) nel Galles. Per finanziare il loro progetto, Coleridge e Southey iniziarono a tenere una serie di conferenze nell'Inghilterra occidentale, tentando anche il giornalismo (tanto che Coleridge scrisse alcuni sonetti politici per il Morning Chronicle). A porre fine a questa repubblica visionaria vi fu tuttavia la rinuncia da parte di Southey, che accantonò definitivamente il progetto; ne sorse un dissenso che, pur essendo di breve durata, compromise definitivamente la loro amicizia. Nonostante il dissidio con Southey, ferita che non fu mai totalmente risanata, Coleridge finì per sposarne la cognata, Sarah Fricker, con la quale si unì in matrimonio nell'ottobre del 1795, e da cui ebbe quattro figli: Sara, Hartley, Derwent e Berkeley (quest'ultimo morto piccolo nel 1799).
Con Sara Fricker, Coleridge andò ad abitare a Clevedon prima e a Bristol poi, dove un editore già si era offerto di comprare alcuni suoi componimenti. Qui, per guadagnarsi da vivere, il poeta fondò un giornale cristiano-radicale, The Watchman (Il Guardiano), di effimera durata, tanto che fu chiuso dopo dieci numeri. Disilluso da questo e altri fallimenti (vennero meno anche i tentativi di divenire precettore e di dirigere il Morning Chronicle), Coleridge decise di trasferirsi a Nether Stowey, nel Somerset, in una villa rustica che oggi porta il suo nome (il Coleridge Cottage).
Dopo il trasferimento di Coleridge, ebbero inizio degli anni che furono fecondi non solo per la sua vita, ma per l'intera storia della letteratura inglese. Fu proprio a Racedown (Dorsetshire), nel giugno 1797, che iniziò a frequentare William Wordsworth e la sorella Dorothy, già incontrati due anni prima a Bristol. Il rapporto fra Samuel e William si intensificò quando i Wordsworth si trasferirono a Alfoxden, a cinque chilometri da Nether Stowey, dove i due poeti vissero in contatto quasi quotidiano. Non è esagerato affermare che, grazie a questo sodalizio, i due raggiunsero il pieno della propria maturazione poetica: entrambi, infatti, coltivavano la stessa idea ontologica di poesia, tesa a ricercarne l'origine. Insieme progettarono di rivoluzionare la poetica dell'epoca, facendola avvicinare di più alla natura: sotto questi influssi nacquero le Ballate liriche (Lyrical Ballads), raccolta di poesie scritte da entrambi. Coleridge contribuì alla stesura di questo volume con le poesie The Nightingale, con una scena del dramma Osorio ma soprattutto con La ballata del vecchio marinaio, felicissimo poemetto che divenne poi il manifesto del Romanticismo inglese. Frattanto, il poeta era impegnato anche nella redazione di Kubla Khan e della prima parte di Christabel, con altri lavori già conclusi ed inviati al Morning Post (come Fears in Solitude e la Ode to France).
Coleridge nel 1798 si trasferì nello Shropshire. A Shrewsbury conobbe William Hazlitt, che rimase incantato dal suo carisma:

«Non avrei potuto essere più felice se avessi udito la musica delle sfere», scrisse più tardi nel suo saggio La mia prima conoscenza con i poeti (My First Acquaintance with Poets) «Poesia e Filosofia si erano incontrate insieme. Verità e Genio si erano abbracciati, sotto l'occhio e con la sanzione della religione».

In effetti, le «immagini variopinte» e le «allusioni pittoresche» di Hazlitt furono profondamente influenzate da Coleridge, che espresse un sincero interesse per le sue idee filosofiche in germe, e quindi le incoraggiò apertamente. Le loro strade si divisero quando, nel 1798, John e Josiah Wedgewood offrirono a Coleridge uno stipendio di 150 sterline l'anno (circa 13.000 sterline al giorno d'oggi, al netto dell'inflazione), a condizione che rinunciasse alle proprie ambizioni politiche.
Nell'autunno del 1798, Coleridge partì con Wordsworth per la Germania. Appena arrivati sul suolo teutonico i due si divisero: Coleridge si diresse verso Gottinga, dove iniziò a studiare la filosofia e la filologia tedesca. Gli uomini di pensiero prediletti erano Gotthold Lessing ma soprattutto Immanuel Kant, il cui pensiero trascendentale e critico influenzò non poco l'operato di Coleridge in quegli anni. Il giugno successivo fece ritorno in Somerset, per poi stabilirsi con Wordsworth a Londra; nella capitale il poeta tradusse in lingua inglese la trilogia del Wallenstein di Schiller, proseguendo nel frattempo la propria carriera giornalistica presso il Morning Post. Sebbene eccellesse come cronista, Coleridge trovava questo mestiere dozzinale, se non addirittura noioso; questo astio verso il giornalismo, unito al desiderio di compagnia del Wordsworth, lo indussero a trasferirsi con la famiglia a Keswick, nel Lake District, a circa 13 miglia dalla residenza dell'amico a Grasmere.
Questa permanenza si rivelò sommamente nociva: l'umidità del clima, la crescente dipendenza dall'oppio e i vari dissidi coniugali fecero precipitare Coleridge in un profondo stato di infelicità, che si desume nella sua Dejection: An Ode, dove emerge la pateticità in cui versava lo spirito del poeta. Infatti, dopo aver fatto un bagno nel fiume senza poi fare asciugare gli abiti, Coleridge si ammalò di tonsillite che gli causò una febbre reumatica, all'epoca non curabile efficacemente; i postumi della poliartrite gli lasciarono da allora forti dolori reumatici; per questo cominciò a fare un uso pesante di oppiacei come il laudano dal 1800 in poi, prima sporadico, poi cronico.
Ritenendo che fosse proprio il clima inglese a nuocere alla sua salute, Coleridge intraprese un viaggio dalla durata di tre anni (1804-1806) che lo portò a Malta, in Sicilia, a Napoli e a Roma. Il poeta, infatti, nutriva la speranza che il clima più mite del Sud Europa potesse giovare alla sua salute: questa, tuttavia, non migliorò, mentre la dipendenza dall'oppio non fece che peggiorare. Thomas de Quincey, nella sua Recollections of the Lakes and the Lake Poets, ci ricorda anzi che fu proprio in questo periodo che ebbe inizio la sua tossicodipendenza; il salto dall'uso sporadico a quello abituale dell'oppio, apparentemente, avvenne proprio per porre rimedio all'ormai perduto vigore, che tanto fece distinguere il Coleridge in gioventù.
La dipendenza dall'oppio fu a dir poco funesta alla vita di Coleridge. Nel 1808 il poeta si separò di comune accordo con la moglie Sarah, che iniziò a ritenere insopportabile. Nel 1810, invece, Coleridge travisò fatalmente i suggerimenti di Wordsworth rivolti a Basil Montagu, presso il quale Samuel aveva intenzione di stabilirsi; Wordsworth, in realtà, era in buona fede, e voleva solo mettere il Montagu al corrente della tossicodipendenza dell'inquilino. Dall'interpretazione errata del Coleridge sorse un'aspra disputa, che allontanò definitivamente i due amici: i due si pentirono ben presto del litigio, ma nonostante il rammarico le loro relazioni non ripresero mai più l'antica intimità.
Malgrado questi avvenimenti, Coleridge trovò la forza per progettare un altro periodico: The Friend, un settimanale che scriveva a Grasmere e pubblicava a Penrith. Come tuttavia già accadde, il giornale andò incontro a un lungo elenco di iatture, che sfociarono inevitabilmente nella sua sospensione, avvenuta nel marzo 1810. Ciononostante, il periodico contò 27 numeri, e influenzò anche il pensiero di molti scrittori al di fuori dell'Inghilterra, primo fra tutti Ralph Waldo Emerson.
Fra il 1810 e il 1820 Coleridge tenne un corso di conferenze a Londra e Bristol, incentrato prevalentemente su Shakespeare e Milton. Gran parte della reputazione letteraria di Coleridge si fonda sulle conferenze del biennio 1810-11, che ottennero un immenso successo: addirittura, la lettura dell'Amleto del 2 gennaio 1812 fu considerata in assoluto la più incisiva mai tenuta. Nella storia della drammaturgia mondiale, infatti, l'Amleto godette spesso di cattiva fama, anche a causa delle feroci critiche di Voltaire e Samuel Johnson; se il culto del capolavoro shakesperiano si ravvivò, fu proprio grazie a Coleridge. A testimoniare il successo che le conferenze riscossero nella Londra letteraria vi fu in primis Lord Byron, che presenziò con gioia all'intero ciclo. Coleridge andava spesso a trovare William Godwin, padre di Mary Wollstonecraft Shelley e campione dell'individualismo anarchico; da lui conobbe i più giovani autori della seconda generazione romantica inglese, ricevendone grande lode: con Percy Shelley, John Keats. Mary Shelley racconta che Coleridge recitò a lei e alla sorellastra Claire Clairmont la Ballata del vecchio marinaio, integralmente con pathos memorabile.
Nel 1816, a séguito d'un suggerimento di Byron, Coleridge dette alle stampe Kubla Khan, Christabel e The Pains of Sleep. Nello stesso anno, causa l'inesorabile decadimento fisico, il poeta si stabilì a Highgate, sobborgo a nord di Londra, presso il farmacista James Gillman e la moglie. Le cure di Gillman ne guarirono del tutto la dipendenza dall'oppio. Frattanto, nella dimora di Highgate (che in seguito diventò una vera e propria mèta di pellegrinaggio letterario, visitata anche da Carlyle ed Emerson), Coleridge terminò la sua massima opera in prosa: la Biographia Literaria (iniziata nel 1815 e terminata nel 1817), strutturata in due volumi contenenti complessivamente 23 capitoli. La materia della Biographia Literaria è in prevalenza autobiografica, con ulteriori dissertazioni su vari argomenti, che spaziano dalla critica letteraria alla sociologia: è il più significativo trattato di estetica romantica. Coleridge intendeva inserire la Biographia Literaria all'interno di un vasto progetto filosofico ma oramai le sue energie creative di stavano esaurendo e fece in tempo a pubblicare solo il volume di Aids to Reflection (1825) e, nel 1830, l'opuscolo On the Constitution of Church and State.
Gli ultimi anni e mesi di vita passarono tra le sue solite sofferenze fisiche e disturbi polmonari, che venivano però alleviate da un folto gruppo di giovani ardenti, interessatissimi alle dissertazioni di Coleridge sulla poesia, sulla filosofia e sulla religione; questi furono fondamentali per diffondere il pensiero del poeta nel XIX secolo. Infine, il 25 luglio 1834 Coleridge spirò a 61 anni nella sua casa a Highgate, stroncato da un attacco cardiaco dovuto a circostanze ignote, ma probabilmente riconducibili alla sua tossicodipendenza o a cardiopatia reumatica seguita alla malattia che lo aveva colpito anni prima. Poetica
La reputazione di Coleridge come poeta si basa principalmente su tre opere: La ballata del vecchio marinaio, Christabel, e Kubla Khan.
La ballata del vecchio marinaio, come già accennato, rappresenta il contributo più significativo di Coleridge alle Ballate liriche, pubblicate nell'anno 1798 con la collaborazione di Wordsworth. Si tratta di una ballata, divisa in sette parti e strutturata prevalentemente in quartine con schema metrico ABCB; ad essere narrate sono le vicende di un marinaio, vittima di un funesto maleficio dovuto all'uccisione immotivata di un albatro. È proprio con questa suggestiva metafora che Coleridge ci parla di colpa, redenzione e sofferenza, facendo assurgere queste condizioni a un piano religioso: l'assassinio dell'«uccello pio e di buon augurio», da Coleridge paragonato a «un'anima cristiana», simboleggia un peccato contro la Natura, e quindi contro Dio. Dal punto di vista letterario, la ballata sembra alludere alla vita e allo scopo dell'artista: colui che, dopo esser stato allontanato dalla ricerca della Verità, viene salvato dal potere dell'immaginazione, e torna per narrare la storia ai propri simili.

«Che Dio ti salvi, o Marinaio,
dal demonio che ti tormenta! -
Perche hai quello sguardo?" -
"Con la mia balestra, io ammazzai l'Albatro!»

(La ballata del vecchio marinaio, versi 79-82)

Christabel è un poemetto romantico dal sapore prevalentemente gotico, composto tra il 1798 e il 1800. Nel racconto, rimasto incompiuto, si parla di una bellissima vampira: Christabel, figura ambigua e noumenica con cui Coleridge riflette sugli effetti del male. A essere esaminato, tuttavia, è un male indeterminato, sfumato, dalle origini misteriose; questa interpretazione si riallaccia alle istanze romantiche di cui era imbevuta la poetica di Coleridge, in cui

«frammentarietà e incompiutezza sono [...] non soltanto tipici, ma anche necessari perché [...] il poeta romantico tende all'assoluto, e poiché l'Assoluto è inattingibile, ogni tentativo di compiutezza è destinato a fallire».

Kubla Khan è invece un frammento lirico, scritto nel 1797 al risveglio di un sonno pomeridiano causato dalla consumazione di oppio o sonniferi. In questa «fantasia metaletteraria e, al tempo stesso, letteratura» Coleridge descrive Xanadu, città dove si ergeva un fastoso palazzo imperiale, dimora del condottiero Kublai Khan. Questo impeto creativo, volto a descrivere la sua visione onirica, venne interrotto solo a causa dell'improvviso arrivo di «una persona di Porlock», che gli fece dimenticare il resto dei versi (in effetti, il poemetto è incompiuto).

«In Xanadu Kubla Khan volle porre,
un divino palazzo del godere:
e il fece dove Alfeo, il sacro, scorre,
per le proibite all’uomo, profonde forre
fino a dell’acque scure, sempre nere.
Così assai miglia di dolci terre ambite,
son d’intorno da muri e torri rivestite.
V’era nel campo il riflesso de’ ruscelli
ed eran assai folti l’albero d’incenso
e le foreste, vecchie come monticelli
che il verde circondavan, d’Elio accenso.»


Le «poesie di conversazione»
The Eolian Harp (1795)
Reflections on having left a Place of Retirement (1795)
This Lime-Tree Bower my Prison (1797)
Frost at Midnight (1798)
Fears in Solitude (1798)
The Nightingale: A Conversation Poem (1798)
Dejection: An Ode (1802)
To William Wordsworth (1807)

Gli otto poemi succitati sono stati raggruppati sotto l'effigie di «poesie di conversazione» (o «di meditazione»), in inglese Conversation poems. Il termine venne coniato nel 1928 da George McLean Harper, che decise di estendere il sottotitolo di The Nightingale: A Conversation Poem (1798) anche alle altre sette poesie; in effetti, ciascuno di questi poemi rappresenta una profonda immersione nelle meditazioni di Coleridge sulla vita. Le poesie di conversazione hanno ricevuto una calorosa accoglienza dalla critica, che ha lodato il loro stile meditativo, ma anche la loro «grazia domestica» e «dimessa comunicativa» che rivelano la «pacata schiettezza» dello stile di Coleridge.
Lo stesso Harper ammise che gli otto componimenti rappresentavano una forma di blank verse «molto più armoniosa e agiata di quella di Milton, o di qualsiasi altro poeta precedente a Milton». Pure Robert Koelzer, nel 2006, ebbe modo di notare la fluidità delle poesie di conversazione, che

«mantengono un registro linguistico medio, facendo uso di un linguaggio simbolico in grado di essere interpretato come privo di simboli, stridente: un linguaggio che si lascia intendere come una "mera chiacchierata", piuttosto che come una "canzone" euforica».

In tal senso, gli ultimi dieci versi di Frost at Midnight sono stati eletti da Harper come il «migliore esempio del particolare tipo di blank verse scelto da Coleridge, che pur sembrando naturale quanto la prosa, è squisitamente artistico come il sonetto più intricato».

(EN)
«Therefore all seasons shall be sweet to thee,
Whether the summer clothe the general earth
With greenness, or the red breast sit and sing
Betwixt the tufts of snow on the bare branch
Of mossy apple-tree, while the nigh thatch
Smokes in the sun-thaw; whether the eave-drops fall
Heard only in the trances of the blast,
Or if the secret ministry of frost
Shall hang them up in silent icicles,
Quietly shining to the quiet Moon.»

(IT)
«Perciò ogni stagione sarà dolce per te,
sia che l'estate rivesta tutta la terra
di verde, o che il pettirosso si posi e canti
tra i fiocchi di neve sul ramo spoglio
del melo molle di muschio, mentre il vicino tetto di paglia
per disgelo fumiga al sole, sia che sgrondino gocciole
udite soltanto nella tregua della bufera,
o che il segreto ministero del gelo
lo sospenda in silenti ghiaccioli,
quieti scintillando alla quieta luna.»

Critica letteraria
Coleridge conosceva Dante nel dettaglio, amandolo incondizionatamente e riconoscendo il suo carisma affascinante e misterioso. In effetti, la conferenza che tenne nel 1818 fu importantissima nell'ambito della riscoperta dell'Alighieri da parte dei letterati inglesi. In essa, asserì che

«è impossibile capire il genio di Dante e difficile apprezzare la Divina Commedia senza qualche conoscenza degli scolastici del Medioevo»; elogiò inoltre «la vivacità, forza, energia e coordinazione logica» del suo stile. Per quanto riguarda le sue immagini, affermò: «non sono solamente prese direttamente dalla natura stessa, intelligibili a tutti, ma si confondono con quel sentimento universale che si riceve dalla natura e quindi commuovono il cuore di ogni lettore».

In breve, Coleridge nelle sue conferenze coprì l'universo dantesco nella sua interezza, dando adeguato spazio e rilievo sia al contesto storico che a quello filosofico.
In aggiunta alla sua opera in versi, la bibliografia di Coleridge comprende anche un'imponente opera in prosa: si tratta della Biographia Literaria, una serie di dissertazioni sulla letteratura pubblicata nel 1817. Infatti, la materia della Biographia è sia autobiografica, con schizzi biografici dell'autore, sia soprattutto critica, con numerosi saggi di erudizione letteraria e filosofica, incentrati su autori come Aristotele, Immanuel Kant, Schelling, opportunamente confrontati con la poetica corrente, soprattutto quella di William Wordsworth. Il carattere frammentario dell'operato di Coleridge, in effetti, fa sì che il poeta si limiti a ripercorrere il tracciato già imposto da altri uomini di pensiero, rinunciando a creare una propria identità filosofica: si pensi che, in realtà, la Biographia Literaria avrebbe dovuto far parte di un grandioso progetto filosofico che Coleridge accarezzava da tempo, ma che mai realizzò.

Coleridge fu categorico nel definire le proprie istanze letterarie, nella seguente recensione de Il monaco di Matthew Gregory Lewis:
(EN)
«The horrible and the preternatural have usually seized on the popular taste, at the rise and decline of literature. Most powerful stimulants, they can never be required except by the torpor of an unawakened, or the languor of an exhausted, appetite... We trust, however, that satiety will banish what good sense should have prevented; and that, wearied with fiends, incomprehensible characters, with shrieks, murders, and subterraneous dungeons, the public will learn, by the multitude of the manufacturers, with how little expense of thought or imagination this species of composition is manufactured»

(IT)
«L'orribile e il preternaturale hanno condizionato non poco il gusto popolare, così come l'ascesa e il declino della letteratura. I più potenti stimolanti, non c'è affatto bisogno di loro a meno che non vi è il torpore di un risvegliato, o il languore di un esausto, appetito ... Confidiamo, comunque, nel fatto che la sazietà scaccerà via quello che il buon senso avrebbe già dovuto scacciare; e che, stanco di demoni, personaggi incomprensibili, con urla, omicidi, e dedali sotterranei, il pubblico capirà, dalla moltitudine di produttori, con quanta economia di pensiero e immaginazione viene prodotto questo genere di opere.»

Si tratta tuttavia, di una recensione incoerente, in quanto tutte le opere maggiori di Coleridge (La ballata del vecchio marinaio, Christabel e Kubla Khan) rappresentano una vera e propria esplosione di seduzioni gotiche, che giocano addirittura un ruolo centrale in una delle sue tragedie di maggiore successo commerciale, Il Rimorso (Remorse). Vari furono i letterati influenzati dalla temperie gotica dell'opera di Coleridge: prima fra tutti, Mary Shelley, che nel suo Frankenstein citò La ballata del vecchio marinaio ben due volte. Vennero sottoposti a questi influssi gotici anche Bram Stoker, nella redazione del Dracula, e Edgar Allan Poe.

LA BALLATA DEL VECCHIO MARINAIO

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L'Albatro prima di venire ucciso, illustrazione di Gustave Doré.

Trama
Prima parte

Un vecchio marinaio con la barba grigia incontra tre giovani gentiluomini invitati a una festa nuziale e, con la sua mano scheletrica, ne intrattiene uno con il racconto della sua incredibile avventura in mare. Inizialmente riluttante per via del suo aspetto, il giovane viene sedotto dallo sguardo magnetico (in inglese glittering eye, letteralmente «occhio scintillante») del vecchio narratore, e ascolta la sua storia. Il racconto ripercorre, quindi, le vicende della nave del marinaio che, spinta oltre l'Equatore verso l'Antartide, rimane intrappolata in una tempesta tirannica e terribile e finisce nei pressi del Polo Sud. Il ghiaccio impedisce alla nave di muoversi, e i marinai temono per la propria sorte.

(EN)
«And now there come both mist and snow,
And it grew wondrous cold:
And ice, mast-high, came floating by,
As green as emerald»


(IT)
«Poi vennero insieme la nebbia e la neve; si fece
un freddo terribile: blocchi di ghiaccio, alti come
l'albero della nave, ci galleggiavano attorno,
verdi come smeraldo»


Ma, proprio quando ormai disperano, il posarsi di un grande uccello marino, precisamente un albatros, sull'albero della nave riaccende nell'equipaggio la speranza: l'uccello viene accolto come un presagio favorevole dai marinai, che lo rifocillano con i pochi viveri rimasti sulla nave, trattandolo come se fosse una presenza divina. Quest'«uccello pio e di buon augurio» (the pious bird of good omen) sembra, infatti, portatore di una brezza che consente alla nave di liberarsi dalla stretta del ghiaccio e di proseguire il suo corso. Inaspettatamente, però, il vecchio marinaio uccide l'uccello con un colpo di balestra, forse preso da un comportamento parossistico e violento in conseguenza dello stato di precarietà creatasi. L'autore, tuttavia, non spiega il perché di questo gesto assurdo e gratuito.

(EN)
«With my cross-bow
I shot the Albatross»


(IT)
«Con la mia balestra,
io ammazzai l'Albatro!»


Seconda parte
L'uccisione dell'albatros suscita grande tormento nell'animo del vecchio marinaio che, preso dai risentimenti e dai sensi di colpa, si pente di aver compiuto un crimine tanto efferato e inutile. L'equipaggio dapprima rimprovera il marinaio per l'inopportunità del misfatto, ma successivamente approva il crudele gesto, perché coincidente con il miglioramento delle condizioni atmosferiche: è questo manifesto assenso a renderli moralmente complici del delitto. Ben presto, tuttavia, un potente maleficio cade sulla nave, nel frattempo sospinta oltre l'Equatore. Le condizioni atmosferiche precipitano: il veliero viene infatti tenuto fermo da un'improvvisa bonaccia, e travagliato da un «soffocante cielo di rame» infuocato dal cocente sole di mezzogiorno, e dalle acque ferme e arroventate. Nel mare, intanto, iniziano a verificarsi strani fenomeni e a comparire mostri viscidi brutti e deformi. «Non un alito, non un moto», neanche una goccia d'acqua da bere rallegra la ciurma che, dapprima consenziente in maniera ambigua, ora incolpa apertamente il marinaio per la disgrazia creatasi, arrivando addirittura ad appendergli simbolicamente sul collo il cadavere dell'albatros abbattuto.

(EN)
«Water, water, everywhere,
Nor any drop to drink!»


(IT)
«Acqua, acqua ovunque,
e neanche una goccia da bere!»


Terza parte
I marinai, esasperati dalla mancanza d'acqua, con occhio vitreo e intimidatorio guardano il vecchio marinaio, mentre questo volgendo lo sguardo a ponente scorge una nave che si avvicina. Inizialmente esultanti, i marinai vengono ben presto presi da un vivo sgomento, siccome era impensabile che una nave potesse muoversi senza né vento né corrente. Effettivamente, si tratta di un vascello fantasma: su questa «nuda carcassa di nave» gli unici passeggeri visibili sono uno scheletro e una donna, impegnati in una partita a dadi, Morte (Death) e Vita-in-Morte (Life-in-Death), quest'ultima con gli occhi audaci, le labbra rosse, e i capelli biondi ma con la pelle bianca come la lebbra. I due stanno scommettendo sull'intero equipaggio: la Morte decide la condanna a morte della ciurma, mentre la Vita-in-Morte decide la sopravvivenza del vecchio marinaio.

coleridge 4
L'avvistamento della nave fantasma ritratto da Gustave Doré

(EN)
«The naked hulk alongside came,
And the twain were casting dice:
«The game is done! I’ve won, I’ve won!
» Quoth she, and whistles thrice»

(IT)
«Quella nuda carcassa di nave ci passò di fianco,
e le due giocavano ai dadi.
«Il gioco è finito! ho vinto, ho vinto!»
dice l’una, e fischia tre volte»

Scende, così, bruscamente la notte. L'equipaggio, agonizzante, maledice con lo sguardo il marinaio, colpevole della loro sventura e, uno dopo l'altro, in duecento esalano l'ultimo respiro: la maledizione divina si è abbattuta su tutta la ciurma, a eccezione del vecchio marinaio, che essendo stato vinto dalla Vita-in-Morte è l'unico costretto a sopravvivere.

Quarta parte
Stavolta a parlare è il convitato, impaurito dal pensiero che il marinaio sia uno spirito: «Tu mi spaventi, vecchio Marinaro! La tua scarna mano mi fa paura! Tu sei lungo, magro, bruno come la ruvida sabbia del mare. Ho paura di te, e del tuo occhio brillante, e della tua bruna mano di scheletro ...». Il marinaio rassicura l'interlocutore della sua esistenza corporea e continua a raccontare. Il vecchio marinaio è «solo, solo, tutto solo, sopra l’immenso mare», perseguitato dal ricordo dei compagni morti, dai cui cadaveri sgorga sudore freddo. Attorno a lui vi è solo desolazione: il mare che lo circonda è putrido e orribile, e se alza lo sguardo in preghiera dalle sue labbra non esce che un «sibilo maligno». A questo punto chiude le palpebre, ma le pupille continuano a pulsargli, perché il cielo e il mare opprimono i suoi occhi come macigni, e ai suoi piedi giacciono i corpi morti dei suoi compagni:

(EN)
«I closed my lids, and kept them close,
And the balls like pulses beat;
For the sky and the sea, and the sea and the sky,
Lay like a load on my weary eye,
And the dead were at my feet»


(IT)
«Chiusi le palpebre, e le mantenni chiuse;
e le pupille battevano come polsi;
perché il mare ed il cielo, il cielo ed il mare,
pesavano opprimenti sui miei stanchi occhi;
e ai miei piedi stavano i morti.»


Il vecchio marinaio capisce che la sua punizione è ancora più terribile della morte. Su di lui infatti grava la «maledizione di un orfano» (orphan’s curse), che lo costringe a sette giorni e sette notti di sofferenza e solitudine: è la maledizione della Vita-in-Morte. Passati sette giorni e sette notti, il vecchio marinaio vede enormi serpenti marini agitarsi nel mare, lasciando dietro di sé scie di luce scintillante. Mentre prima una simile visione non avrebbe fatto che suscitargli ribrezzo, ora l'uomo è affascinato dalle creature e dal loro abbigliamento (azzurro, verde lucente, e nero velluto), a tal punto da esclamare:

(EN)
«O happy living things! no tongue
Their beauty might declare:
A spring of love gushed from my heart,
And I blessed them unaware:
Sure my kind saint took pity on me,
And I blessed them unaware.»

(IT)
«O felici creature viventi!
Nessuna lingua può esprimere la loro bellezza:
e una sorgente d’amore scaturì dal mio cuore,
e istintivamente li benedissi.
Certo il mio buon Santo ebbe allora pietà di me,
e io inconsciamente li benedissi.»


La felicità e la bellezza dei serpenti marini riempie il cuore del marinaio di amore, ed egli nello stesso attimo inconsciamente (unaware) prega. Dio, impietosito da questo gesto d'affetto, interrompe così il malefico incantesimo della Vita-in-Morte: l'albatros si stacca dal collo del marinaio e si inabissa nelle profondità del mare.

Quinta parte
La Santa Vergine nel frattempo invia al marinaio un sonno ristoratore. Egli sogna che i secchi della nave, rimasti inutili per tanto tempo sul ponte, siano colmi di rugiada. In effetti, al risveglio del marinaio sta piovendo: le labbra sono umide di pioggia, i vestiti fradici, e finalmente si può dissetare, rinfrescando la gola sino ad allora arsa dalla sete.

(EN)
«I moved, and could not feel my limbs:
I was so light—almost
I thought that I had died in sleep,
And was a blessed ghost»


(IT)
«Mi mossi, e non sentivo più le mie membra:
ero così leggero, che quasi
credetti di essere morto dormendo,
e diventato uno spirito benedetto»

Durante la notte un gruppo di angelici spiriti penetra nei corpi morti dei marinai e ognuno torna a svolgere la propria mansione sulla nave. «Tu mi fai terrore, vecchio Marinaio!» esclama il convitato, prontamente tranquillizzato dal vecchio che, dopo avergli detto di calmarsi, prosegue il racconto. All'alba tutte le anime si raccolgono intorno all'albero maestro e intonano al cielo un melodioso canto. Nel frattempo la nave procede sulla rotta, mossa dall'azione dello «spirito dell'Antartide»; quest'ultimo, tuttavia, esige che il marinaio espii totalmente le proprie colpe, e per questo motivo cambia improvvisamente rotta e veleggia verso nord a una velocità che l'essere umano non può sopportare. Il marinaio cade a terra e perde i sensi: non ricorda nulla dello stordimento, se non di aver ascoltato due voci indistinte dire: «È lui l’uomo che con la crudele balestra abbatté l’Albatro innocente?» e «L’uomo ne ha già fatto penitenza, e altra penitenza ha da fare».

Sesta parte
Nella sesta parte della ballata assistiamo al dialogo tra le due voci sentite dal marinaio, compagni dello Spirito Polare che ha vendicato l'albatro. Quest'ultime spiegano il moto della nave in assenza del vento: l'aria, chiudendosi dietro la nave, la fa infatti avanzare. Risvegliatosi, il marinaio ricomincia la propria espiazione, stavolta rincuorato da un vento che sente propizio. Ben presto, infatti, il vascello approda nel suo paese natale, in cui egli riconosce la chiesa, la baia, la collina. La sua eccitazione è talmente viva e inaudita da indurlo a pregare che non si tratti di un sogno: «risvegliami mio Dio oppure lasciami nel sonno per sempre». Intanto, i corpi dell'equipaggio cessano di essere animati dagli spiriti angelici, e giacciono ora con un angelo accanto; il vecchio marinaio, tuttavia, non è affatto sconvolto, anche perché è tutto preso dall'arrivo di una barca con a bordo un eremita che intona inni sacri, che spera sia in grado di assolverlo dal peccato commesso.

Settima parte
Il vecchio marinaio viene invitato dall'eremita del bosco ad accostare il suo vascello a questo battello; ma quando la barca si accosta alla scialuppa dell'eremita, affonda repentinamente. Per fortuna, il marinaio si trae in salvo e, ritenendo l'occasione propizia, chiede all'eremita di assolverlo dai suoi peccati, narrandogli prima la sua avventura. Una volta rivelato il suo vissuto, il marinaio si sente sollevato dall'agonia a cui le vicende l'avevano portato. Raccontare la storia al convitato, infatti, gli aveva suscitato un dolore molto vivo nell'animo; gli rivela, tuttavia, che ogni volta che sente la sua anima travagliata dall'angoscia, è costretto a vagare e narrare la sua avventura, cercando di paese in paese un interlocutore che possa dargli ascolto. Dopo aver suggerito al convitato di rispettare tutte le creature amate da Dio, il vecchio marinaio lascia la festa. Scomparso il vecchio, il convitato se ne va, sbigottito, svegliandosi il giorno successivo più triste ma più saggio.

Durante un corso di lingua inglese avanzato leggemmo La ballata del vecchio marinaio. Oltre all'interesse per migliorare il mio inglese ebbi l'occasione di conoscere un poeta che, anche cper le forti similitudini con Dante, iniziai ad amare.

14 settembre 2023 - Eugenio Caruso

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