Enrico Mattei e l'ENI

INVENTORI E GRANDI IMPRENDITORI

In questa sottosezione illustro la vita di quei capitani d'industria e/o inventori che hanno sostanzialmente contribuito al progresso industriale del mondo occidentale con particolare riguardo dell'Italia.

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S - Isaac Merrit Singer - Alfred Sloan - Otto Sundbäck
T - Franco Tosi
V - Vittorio Valletta - Giuseppe Volpi
Z - Lino Zanussi

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Enrico Mattei

Acqualagna (PU), 29 aprile 1906 - Bascapé (PV), 27 ottobre 1962
La famiglia si trasferisce da Acqualagna a Matelica, sempre nelle Marche, dove il giovane Mattei termina il primo ciclo di studi; viene poi messo in collegio a Vasto e in seguito mandato presso un parente a L’Aquila per conseguire il diploma di scuola tecnica. Le modeste condizioni economiche della famiglia – il padre è sottufficiale dei carabinieri – lo inducono a cercare lavoro: assunto come garzone dalla conceria Fiore, la più importante fabbrica di Matelica, fa rapidamente carriera fino a diventare, nel 1926, Direttore tecnico. Al ritorno dal servizio militare decide di lasciare Matelica, e nel 1928 si trasferisce a Milano, dove nel giro di pochi anni fonda una sua impresa, l’Industria chimica lombarda grassi e saponi, per la produzione di vernici e ausiliari per l’industria conciaria.
Mattei è un uomo d’affari di successo, ma la crescita della sua impresa è ostacolata dalla difficoltà nel reperimento delle materie prime, quasi totalmente importate e controllate da poche grandi imprese straniere. Diviene quindi particolarmente sensibile alle ragioni del nazionalismo economico, ma al tempo stesso avversa l’uso che il Fascismo fa di esse, che gli appare più teso a raggiungere una superficiale “grandezza” che a creare una solida prosperità nazionale. Tale avversione è rafforzata dalla frequentazione degli ambienti intellettuali del cattolicesimo lombardo, molto attenti ai temi della giustizia sociale; i suoi ideali sono rinsaldati durante la lotta di liberazione, nella quale svolge un importante ruolo organizzativo al vertice del Cln quale esponente della Democrazia cristiana.
Al momento della liberazione, nel 1945, Mattei è un personaggio di spicco della nuova classe dirigente: il 28 aprile di quell’anno il Cln lo nomina Commissario straordinario dell’Azienda generale italiana petroli (Agip), società che lo Stato aveva fondato nel 1927 per garantire una certa autonomia del Paese in campo petrolifero e che si occupava di ricerca, raffinazione e distribuzione di idrocarburi. L’incarico non sembra particolarmente rilevante: l’impresa pubblica, infatti, nonostante le energie profuse dal Governo, non ha conseguito risultati apprezzabili e l’eccesiva burocratizzazione la fa apparire un inutile retaggio del passato regime da liquidare al più presto. L’Agip, nei suoi primi vent’anni di attività, non è infatti entrata nel club delle grandi compagnie petrolifere, ma al suo interno sono maturate notevoli competenze, soprattutto nella ricerca di idrocarburi.
Proprio sul finire del conflitto i tecnici ritengono anzi di aver trovato importanti riserve di gas naturale e di petrolio a Cavriaga presso Lodi, una scoperta di cui il “Commissario liquidatore” Mattei intuisce la portata. Decide pertanto di lasciare mano libera ai ricercatori (geologi e perforatori) dell’Agip, ordinando riservatamente di raddoppiare l’impegno, mentre da parte sua si adopera per trovare le risorse necessarie ai lavori sfruttando le sue conoscenze nel mondo bancario.
Qualche mese più tardi, nell’estate del 1945, scrive al Presidente del Consiglio Ferruccio Parri che «l’Agip deve essere salvata». Da questo momento ingaggia un durissimo scontro su molti fronti: contro i politici scettici, i vecchi dirigenti dell’Agip, gli industriali privati, le società petrolifere straniere. Tutti si battono contro l’obiettivo di Mattei: affidare il monopolio della ricerca e della distribuzione di idrocarburi nella Valle Padana a un’impresa pubblica, l’unica in grado, a suo giudizio, di operare nell’interesse generale in una nazione povera di risorse energetiche.
Nel progetto di Mattei il monopolio nella Valle Padana è solo un punto di partenza, mentre il risultato finale a cui punta è la creazione di un gruppo integrato capace di aggiungere, alla ricerca e al trasporto dei combustibili attraverso una fitta rete di metanodotti e di oleodotti, anche la petrolchimica e la vendita di carburanti, così da garantire l’indipendenza energetica del Paese e bilanciare all’interno lo strapotere di un colosso come la Montecatini.
Per dar corso al suo progetto, Mattei interagisce in maniera spregiudicata con la sfera politica, a cui chiede precisi riconoscimenti legislativi. Con la nascita dell’Eni (Ente nazionale idrocarburi, 1953), la holding pubblica posta al vertice del gruppo, grazie alla sua strategia per l’indipendenza e lo sviluppo, crea un’alleanza del tutto insolita negli anni della guerra fredda, che va da settori della Democrazia cristiana alle sinistre.
Mattei riesce così a dare forma al suo progetto di una grande e incisiva politica in campo energetico, indispensabile nella fase di intensa crescita economica del Paese negli anni Cinquanta, quando il fabbisogno di energia – per usi civili ma soprattutto industriali – raddoppia, e petrolio, metano e gas liquido affiancano e, progressivamente, sostituiscono le fonti tradizionali, ovvero il carbone e l’idroelettricità. Se nel 1950 poco meno di un terzo dell’energia deriva da gas naturale e prodotti petroliferi, dieci anni dopo la percentuale è più che raddoppiata, grazie soprattutto al forte ribasso nei prezzi del greggio sul mercato mondiale, ma anche al fatto che gli avvenimenti politici a livello internazionale (l’embargo all’Iran di Mossadeq e la crisi di Suez) permettono all’Italia di sfruttare la propria collocazione geografica nel Mediterraneo e di assumere il ruolo di raffineria d’Europa, con una capacità effettiva calcolata intorno ai 43 milioni di tonnellate.
La produzione e l’esportazione di idrocarburi consente inoltre di riequilibrare il pesante passivo nella bilancia energetica, mentre i residui della lavorazione vengono impiegati come succedanei del carbone nella produzione di energia termoelettrica; il petrolio è infine una materia prima indispensabile per diverse lavorazioni chimiche. Nel 1957 viene realizzato l’impianto petrolchimico di Ravenna per produrre gomma sintetica e fertilizzanti azotati. Si tratta di un investimento di 60 miliardi, il triplo di quanto la Montecatini, il colosso nazionale della chimica, aveva speso sette anni prima per il suo impianto petrolchimico di Ferrara. Questa differenza nella dotazione tecnologica permette all’Eni di vendere i prodotti a prezzi del 10-15% inferiori rispetto alla concorrente, infrangendo la supremazia sino ad allora esercitata nel ramo dei concimi azotati.
Alla crescente importanza raggiunta dalle nuove fonti di energia non corrisponde tuttavia una politica di settore coordinata ed efficiente, che permetta di attenuare la minaccia costituita dalla totale dipendenza dell’Italia dalle importazioni di petrolio. Mattei, parallelamente allo sfruttamento delle risorse metanifere disponibili nel sottosuolo nazionale, si impegna nella costruzione di una fitta rete di alleanze e rapporti diretti con i Paesi produttori, nel tentativo di inserire l’impresa pubblica in un mercato sino a quel momento monopolio esclusivo delle grandi multinazionali straniere, ma che il diffuso processo di decolonizzazione e l’affermazione di movimenti nazionalistici rendono via via contendibile. A tal fine, in contrasto con quanto praticato dal cartello petrolifero internazionale, l’Eni offre condizioni particolarmente favorevoli, che prevedono una quota largamente maggioritaria di profitti per i Paesi produttori: questi diventano inoltre parte attiva nello sfruttamento e non più semplici “colonie”, dovendosi accollare parte dei costi di ricerca.
Mattei punta a fare dell’Eni una sorta di “ente unico per l’energia”, in grado di attuare strategie diversificate di ricerca (Agip mineraria), approvvigionamento (Saipem), trasporto (Snam), raffinazione (Anic) e distribuzione di idrocarburi e gas naturale (Agip); un compito che, secondo il suo articolato progetto, non può essere lasciato alle imprese private, ma deve essere svolto da un organismo pubblico, necessario garante in un campo dove sono in gioco gli interessi vitali del Paese. Parte di tale progetto riguarda anche l’esplorazione delle possibilità offerte dalle nuove fonti energetiche e in questa prospettiva va collocato l’ingresso nel settore nucleare con la nascita nel 1956 dell’Agip nucleare e l’avvio della costruzione della centrale di Latina.
Mattei muore il 27 ottobre 1962: l’aereo, proveniente da Catania, su cui viaggia con il pilota e con il giornalista William Mc Hale, si schianta a Bascapé, vicino all’aeroporto milanese di Linate, dove è diretto. Sulle cause dell’incidente è fiorita un’ampia letteratura critica e di inchiesta (si ricorda anche il film di Francesco Rosi Il caso Mattei, 1972), ma nessuna responsabilità certa è mai emersa dalle indagini ufficiali. La morte di Mattei imprime una battuta d’arresto a questi ambiziosi progetti, sebbene già da qualche tempo l’Eni cominciasse a mostrare qualche criticità, soprattutto dal punto di vista finanziario.
Risorse bibliografiche
N. Perrone, Enrico Mattei, Bologna, il Mulino, 2001; F. Briatico, Ascesa e declino del capitale pubblico in Italia. Vicende e protagonisti, Bologna, Il Mulino, 2004; Enrico Mattei: il comandante partigiano, l’uomo politico, il manager di Stato, a cura di D. Guarnieri, Pisa, BFS edizioni, 2007; D. Pozzi, Dai gatti selvaggi al cane a sei zampe. Tecnologia, conoscenza e organizzazione nell’Agip e nell’Eni di Enrico Mattei, Venezia, Marsilio, 2009

Eugenio Caruso - 6 maggio 2017


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