Carlo Pesenti e l'Italcementi

INVENTORI E GRANDI IMPRENDITORI

In questa sottosezione illustro la vita di quei capitani d'industria e/o inventori che hanno sostanzialmente contribuito al progresso industriale del mondo occidentale con particolare riguardo dell'Italia.

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pesenti

Carlo Pesenti
Alzano Lombardo (BG), 15 giugno 1907 - Montreal (Canada), 20 settembre 1984
Erede di una famiglia imprenditori originaria del Bergamasco. Agli inizi dell’Ottocento Carlo Antonio Pesenti (1826-1868) avvia una piccola fabbrica di carta e una segheria in Alzano Lombardo. Nel 1877 i figli Carlo (1853-1911), Pietro (1854-1920), Luigi (1857-1911), Cesare (1860-1933), Daniele (1861-1911) e Augusto (1865-1918) convertono l'attività della ditta alla produzione di agglomeranti idraulici, con il nome di Fratelli Pesenti fu Antonio.
In seguito alla scoperta nella zona del Bergamasco, all’inizio degli anni Novanta dell’Ottocento, di marne adatte alla produzione del cemento Portland, il perimetro delle attività aziendali viene allargato fino ad includere la fabbricazione del cemento bianco. Nel 1906, dopo l’acquisizione della concorrente Società bergamasca per la fabbricazione del cemento e della calce idraulica, nasce la Società Italiana dei cementi e delle calci idrauliche, che sotto la guida di Antonio Pesenti (1880-1967), figlio di Luigi, arriva a coprire il 15% del mercato nazionale del cemento alle soglie della prima guerra mondiale.
Nel 1925 l’impresa, operante in Italia con oltre trenta unità produttive, viene quotata presso la Borsa valori e nel 1927 cambia la sua denominazione sociale in Italcementi, arrivando a conquistare negli anni seguenti la leadership nazionale nel settore cementizio italiano, con una quota di mercato pari ad oltre il 35% del totale.
Carlo Pesenti, figlio di Augusto e cugino di Antonio Pesenti, frequenta il liceo classico presso il Collegio dei Padri Barnabiti di Moncalieri e successivamente si iscrive al corso di Ingegneria meccanica del Politecnico di Milano, laureandosi nel 1933. L’anno successivo fa il suo ingresso nella società Italcementi, iniziando un tirocinio che lo vede occupare negli anni successivi tutti i gradi della gerarchia aziendale: ricercatore chimico, segretario della direzione tecnica, direttore di officina, capo ufficio acquisti. Entrato nel 1940 nel consiglio di amministrazione dell’azienda, nel 1942 viene nominato direttore generale e consigliere delegato, in seguito alla scomparsa del fratello maggiore Mario (1900-1940) che aveva rivestito tali cariche in precedenza.
Fin dai primissimi anni del dopoguerra Pesenti mostra un notevole dinamismo imprenditoriale. Nel 1946 riorganizza il gruppo in quattro rami: all’Italcementi resta affidata l’attività relativa al core business del cemento, alla Sacelit Spa viene assegnato il settore dei manufatti in legno-cemento e cemento-amianto, alla CIDI (Calci Idrate d’Italia) il comparto della calce idrata, mentre tutte le partecipazioni finanziarie vengono concentrate nella neocostituita società Italmobiliare.
L’industria italiana del cemento, grazie alle opportunità offerte prima dalla ricostruzione e successivamente dal “miracolo economico”, conosce un’intensa fase di crescita, passando dai 5,4 milioni di tonnellate prodotte nel 1950 ai circa 23 milioni del 1965, dati che la portano al secondo posto in Europa – dopo la Germania – e al sesto nel mondo.
La strategia di Pesenti punta a sfruttare la congiuntura favorevole attraverso l’ulteriore rafforzamento tecnico e produttivo dell’impresa. Nel giro di pochi anni viene portato a termine un complesso processo di riorganizzazione e ammodernamento degli impianti, reso possibile anche grazie a cospicui investimenti in ricerca e sviluppo. Le innovazioni tecnologiche introdotte riguardano inizialmente la sostituzione dei forni a “via umida” (dove le materie prime erano frantumate e mescolate con l’acqua prima della cottura) con quelli a “via secca” (dove le materie prime vengono solo ridotte in polvere prima della cottura), con un conseguente maggior risparmio di energia, per poi estendersi alla meccanizzazione di tutte le fasi del processo produttivo del cemento: escavazione e trasporto delle materie prime, macinazione, cottura ed essicazione.
Le opportunità offerte dalle maggiori economie di scala rese possibili da tali innovazioni vengono colte con tempestività da Pesenti, che avvia la costruzione di nuovi impianti di grandi dimensioni – sette solo fra il 1947 e il 1960 – destinati a servire sia le aree geografiche in cui l’Italcementi aveva consolidato la sua presenza nei primi decenni del Novecento – Piemonte, Veneto, Friuli – sia a sostenere lo sviluppo di nuovi mercati nelle regioni del Mezzogiorno. Di pari passo va il rafforzamento della rete distributiva, che viene articolata su quattro filiali commerciali principali (Milano, Napoli, Padova e Roma) e oltre sessanta uffici vendita locali, fra i quali viene suddiviso capillarmente il territorio nazionale in altrettante zone di vendita.
Tra il 1947 e il 1964 il fatturato dell’Italcementi passa da poco meno di 18 miliardi a più di 46 miliardi di lire, con un aumento più che proporzionale degli utili: da 352 milioni ad oltre 5 miliardi di lire. Le ingenti risorse finanziarie che si rendono così disponibili vengono utilizzate da Pesenti per alimentare una strategia di diversificazione che espande il perimetro degli investimenti del gruppo molto al di là dell’originario core business della produzione e commercializzazione di cemento.
Nel corso degli anni Cinquanta il gruppo Italcementi acquisisce partecipazioni azionarie in numerose imprese industriali e società finanziarie. Fra queste ultime spicca la Bastogi, all’epoca vero e proprio “salotto buono” del capitalismo italiano, del cui consiglio d’amministrazione Pesenti entra a far parte nel 1951.
Nel giugno 1956, con un investimento effettuato in prima persona, diviene anche il maggiore azionista della Lancia, in quel momento in gravi difficoltà finanziarie. Il tentativo di risollevare le sorti della seconda casa automobilistica italiana si rivela però sostanzialmente impossibile. Nonostante l’intuizione che per l’azienda occorresse definire una posizione di nicchia nel segmento alto di mercato e gli ingenti investimenti effettuati per perseguire tale obiettivo – in particolare la costruzione di un nuovo stabilimento a Chivasso (Torino) – la recessione iniziata nel 1964 e il conseguente calo della domanda costringono Pesenti a cedere il controllo della Lancia alla FIAT nel 1969.
Durante gli anni Sessanta assume particolare rilevanza l’espansione nel settore bancario, che tocca il suo culmine nel 1967 quando viene costituito, attraverso la fusione di otto istituti di credito già acquisiti negli anni precedenti, l’Istituto Bancario Italiano (IBI), la terza banca privata in Italia per entità dei depositi. Nello stesso anno Pesenti, che nel 1962 è stato nominato Cavaliere del Lavoro, assume anche la presidenza dell’Italcementi, in seguito alla scomparsa del cugino Antonio.
All’inizio degli anni Settanta il complesso di aziende controllate da Pesenti raggiunge il massimo della sua estensione e forza finanziaria, arrivando ad occupare il tredicesimo posto nella graduatoria delle imprese italiane in base al fatturato complessivo, conservando però una struttura piuttosto anomala nel contesto dei grandi gruppi italiani, al cui vertice si trova in genere una holding finanziaria. In questo caso la capogruppo è invece l’Italcementi, un’impresa industriale che, attraverso la finanziaria Italmobiliare, controlla le partecipazioni più importanti detenute da Pesenti nel settore bancario (Credito Commerciale di Cremona, IBI, Banca Provinciale Lombarda, Efibanca, Banca di Alessandria), assicurativo (il gruppo RAS), immobiliare (il complesso turistico di Punta Ala in Toscana), editoriale e cartario (i quotidiani “La Notte” e “Il Tempo”, le Cartiere Burgo), una quota rilevante nelle Acciaierie Falck e il controllo dell’azienda elettromeccanica Franco Tosi. La grande espansione del gruppo ha portato tuttavia a un parziale indebolimento della catena di controllo, culminato alla metà degli anni Sessanta con la discesa della quota azionaria detenuta dalla famiglia Pesenti nell’Italcementi al di sotto del 50%.
Fra il 1968 e il 1969 l’Italcementi viene fatto oggetto di un tentativo di scalata ostile in Borsa da parte del finanziere Michele Sindona, che arriva a rastrellare un consistente pacchetto azionario, pari a più di un terzo del capitale sociale. L’operazione viene infine bloccata grazie al decisivo intervento del governatore della Banca d’Italia Guido Carli, ma l’elevato prezzo pagato per poter rilevare le azioni acquisite da Sindona porta a un significativo peggioramento della situazione finanziaria del gruppo e costringono Pesenti a chiedere, nel 1972, un prestito allo IOR (Istituto per le Opere di Religione), ente finanziario del Vaticano.
Negli anni successivi il netto calo della redditività dell’industria del cemento causato dalla crisi petrolifera del 1973, e le difficoltà di mercato che colpiscono senza distinzioni tutte le aziende del gruppo, spingono Pesenti ad iniziare un graduale processo di dismissioni. Nel 1975 vengono cedute al Banco Lariano le partecipazioni di maggioranza nel Credito Legnanese e nella Banca Alto-Milanese, mentre l’anno dopo viene ceduto alla Montedison parte del pacchetto di maggioranza della Bastogi. Nel 1979 è la volta del Credito Commerciale di Cremona, ceduto al Monte dei Paschi di Siena. Sempre nello stesso anno, su pressione della Banca d’Italia e del Ministero del Tesoro, Pesenti deve ridisegnare la struttura del gruppo, ponendo fine all’anomalia rappresentata da una società finanziaria come l’Italmobiliare che controllava istituti bancari ed era posseduta da un’impresa industriale. Il problema viene risolto attraverso l’acquisizione del pacchetto di controllo dell’Italcementi da parte della stessa Italmobiliare, ribaltando in tal modo l’originario rapporto tra le due società.
All’inizio degli anni Ottanta l’esplosione dell’indebitamento dell’Italmobiliare – dai quasi 600 miliardi di lire del 1980 ai 773 miliardi del 1981 agli oltre 1000 del 1982 – porta ad ulteriori dismissioni: la banca IBI viene ceduta alla Cariplo nel 1982, mentre due anni dopo è la volta della Banca Provinciale Lombarda, venduta all’Istituto San Paolo di Torino.
Agli inizi del 1983, in seguito all’aggravarsi delle sue condizioni di salute è costretto a passare il testimone al figlio Giampiero, che nel corso degli anni Ottanta porterà a termine il processo di risanamento del gruppo. Muore nel settembre 1984 al General Hospital di Montreal, in seguito a complicanze cardiache.
Risorse archivistiche e bibliografiche
Per la ricostruzione di un profilo dell’attività imprenditoriale di Carlo Pesenti si possono consultare i documenti dell’Archivio storico della Italcementi, conservati presso la sede della Fondazione Famiglia Legler a Brembate di Sopra (BG). Si vedano anche il volume giubilare C. Fumagalli, La Italcementi. Origine e vicende storiche, Italcementi, Bergamo, 1964 e il saggio di Vera Zamagni, Italcementi. Dalla leadership nazionale all’internazionalizzazione, Il Mulino, Bologna, 2006.

Eugenio Caruso - 7 maggio 2017


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