Angelo Motta e il Panettone

INVENTORI E GRANDI IMPRENDITORI

In questa corposa sottosezione illustro la vita di quei capitani d'industria e/o inventori che hanno sostanzialmente contribuito al progresso industriale del mondo occidentale con particolare riguardo dell'Italia.

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T - Franco Tosi
V - Vittorio Valletta - Giuseppe Volpi
Z - Lino Zanussi

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Angelo Motta

Gessate (MI), 8 settembre 1890 - Milano, 26 dicembre 1957
Figlio di un cocchiere, Motta inizia a lavorare giovanissimo in un panificio di Treviglio e si trasferisce a Milano all’inizio del nuovo secolo. Qui completa l’apprendistato e alla vigilia della grande guerra è promosso capo pasticciere. Al ritorno dal fronte decide di avviare un’attività imprenditoriale in proprio: grazie a un capitale d’avvio formato dal premio di smobilitazione di 700 lire e ai modesti risparmi della madre, acquista gli utensili necessari e affitta i locali nella centrale via della Chiusa a Milano, costituendo nel 1919 una ditta artigiana individuale a suo nome.
Nel laboratorio inizia a confezionare il dolce tipico milanese, il panettone, tradizionalmente consumato nelle festività natalizie. Prodotto da forno relativamente economico, il panettone è richiesto anche nella difficile congiuntura del primo dopoguerra; è preparato in tutte le pasticcerie milanesi di un certo livello partendo da una semplice ricetta base, a cui Motta aggiunge il lievito di birra, ottenendo un prodotto soffice e leggero. Data la ciclicità nei consumi, concentrati nel periodo natalizio, a tale fornitura affianca in seguito quella di molti altri prodotti da forno e di pasticceria fresca, la cui vendita si distribuisce lungo tutto l’anno.
Nella fase precedente la crisi dei primi anni Trenta Motta compie un passo ulteriore per l’espansione della sua attività imprenditoriale. Gli acquisti di macchinari e attrezzature adeguati a sostenere un incremento dei volumi di produzione, realizzati nel 1927, sono potenziati da uno sforzo nel sistema distributivo con l’apertura, nel 1929, di un punto vendita in piazza Lima e da una serie di iniziative pubblicitarie con le quali il pasticciere tenta di distinguere la propria produzione da quella di altri artigiani cittadini, firmandola con l’iniziale del suo cognome, una M che richiama la stessa città di Milano. Il balzo verso la vera e propria dimensione industriale avviene alla fine del 1930, con la costituzione, sempre nel capoluogo lombardo, della società Dolciaria milanese, con un capitale sociale di 1,5 milioni, un primo stabilimento in viale Corsica e Motta come consigliere delegato, azionista di maggioranza e responsabile della produzione, della quale si occupa fin nel dettaglio, giungendo a curare personalmente le modifiche ai macchinari utilizzati.
La Dolciaria rappresenta la prima, vera esperienza industriale di Motta, ormai pienamente inserito nei circuiti economici del capoluogo e capace di intensificare la sua presenza commerciale con l’apertura di numerosi negozi-pasticceria, tutti riforniti dal nuovo stabilimento di viale Corsica. Nei primi anni Trenta sono infatti inaugurati nuovi punti vendita nel centro della città e in aree periferiche, mentre entra in funzione il primo forno continuo. Il programma di espansione non manca tuttavia di incidere sul bilancio societario. Gli ampliamenti della fabbrica e l’apertura dei nuovi punti vendita avvengono in prevalenza attraverso il ricorso all’indebitamento, in una fase congiunturale non particolarmente favorevole.
A metà degli anni Trenta la Dolciaria milanese si impone oramai nel settore, e nel 1936 l’espansione della società spinge l’imprenditore a compiere scelte coraggiose, anche sul piano personale. L’assemblea della Dolciaria del 15 giugno 1937 approva infatti l’assorbimento di una neocostituita Motta panettoni, di cui assume anche la denominazione sociale. Il capitale della società è portato da 1,5 a 25 milioni. Il nuovo consiglio d’amministrazione, presieduto da Motta, vede già in posizione centrale un manager, Alberto Ferrante, bocconiano, fidato consigliere del pasticciere sin dai primi anni alla Dolciaria milanese. Spersonalizzare l’impresa, affidandone la guida operativa a una figura manageriale esterna, si rivela in questa fase una scelta obbligata e coerente con i programmi di ulteriore espansione aziendale.
Alla fine degli anni Trenta l’azienda impiega circa 2000 lavoratori, compresi gli stagionali, conta su una rete non trascurabile di terzisti e ha avviato un’ambiziosa operazione di razionalizzazione e specializzazione degli stabilimenti: si tratta di obiettivi difficilmente perseguibili senza una riorganizzazione complessiva di competenze e responsabilità. Motta assume quindi la gestione degli aspetti produttivi, lasciando a Ferrante la gestione amministrativa e al designer Dino Villani la cura dell’immagine. L’imprenditore dolciario si fa quindi portatore di una visione innovativa e mostra la capacità di trasformare radicalmente le logiche del comparto muovendosi verso una riduzione dei margini unitari di guadagno, più che compensata da un incremento nei volumi complessivi di vendita.
Questa strategia, che consente all’impresa di mantenersi in utile rafforzando la propria penetrazione di mercato anche nella difficile congiuntura dell’anteguerra, viene perseguita sino alla vigilia del conflitto, con un ampliamento dei volumi produttivi e degli stabilimenti, con una specializzazione delle linee di produzione e con l’apertura di nuovi punti vendita (tra 1938 e 1940, nella centrale piazza San Babila, a Milano, e a Monza). Alla politica di sviluppo si affianca, durante la guerra, una spinta verso l’integrazione verticale a monte (gli approvvigionamenti di materie prime) e a valle (l’apparato distributivo) che porta ad allargare lo scopo sociale della Motta oltre i confini del settore dolciario: la scelta è simboleggiata dalla trasformazione della ragione sociale in Motta - Società per l’Industria dolciaria e alimentare. Entrano così a far parte della società la tenuta agricola La Fiorita di Medole, presso Mantova, che fornisce frutta e in particolare uva, la SPICA (conserve alimentari), la Società anonima Macello e Frigo di Lissone (acquisita e fusa con la Motta stessa) che permette di internalizzare, al contempo, la funzione di conservazione delle materie prime e di magazzino, e la GEA, una consociata di natura commerciale cui viene affidata la gestione dei negozi di vendita diretta.
Né la guerra, né il crollo del regime fascista fermano, sorprendentemente, l’espansione territoriale dell’impresa: tra 1943 e 1944 sono aperti altri punti vendita in vari capoluoghi lombardi e alla fine del conflitto mondiale la Motta – ormai seconda impresa italiana di produzioni dolciarie dietro alla Venchi-Unica, e davanti a Perugina, Caffarel e Ambrosoli – chiude l’esercizio con un utile di più del 5% su un fatturato di 56 milioni di lire.
Motta ha ormai oltrepassato il punto di non ritorno nella direzione di un’industrializzazione delle produzioni dolciarie, con una volontà innovatrice che arrivava ad auspicare – recitano le relazioni di bilancio – “il superamento di una concezione del dolce quale alimento voluttuario e superfluo, riaffermandone, invece, i valori nutrizionali in una dieta equilibrata”. Le dichiarazioni, che appaiono stridenti nell’Italia delle tessere annonarie e delle ristrettezze del dopoguerra, sono in realtà accompagnate da un’ininterrotta politica espansiva, attuata ricorrendo alle possibilità offerte dai finanziamenti esterni, tra cui quelli dell’IMI e dell’Eximbank. I finanziamenti di quest’ultima, in particolare, sono destinati all’acquisto di macchinari statunitensi e a consentire una politica di costante ricapitalizzazione della società. La rilevanza quantitativa, sia assoluta sia relativa, raggiunta dall’azienda nel dopoguerra è evidente: con i suoi 3000 dipendenti, la Motta impiega quasi il 10% di tutta la mano d’opera del settore dolciario nazionale; il suo fatturato, che annualmente cresce nell’ordine del 20-30%, nel 1948 oltrepassa ormai il miliardo, mentre le esportazioni rappresentano il 25% del totale di quelle dell’intero comparto.
Il mercato interno offre ampie prospettive di sviluppo, sfruttate dall’impresa in forza della sua solidità industriale e grazie a una nuova, fortunata intuizione. Motta punta allora alla diversificazione, tramite macchinari acquistati direttamente negli Stati Uniti, nella produzione di gelati confezionati: il Mottarello, il gelato fiordilatte da passeggio, consumato su di un bastoncino alla maniera ‘americana’, diventerà uno dei simboli del miracolo economico (n.d.a anche se non sono mai stato un amante del gelato il mottarello era quello da me preferito, successivamente soppiantato dal "fortunello"). Nel 1950, anno del lancio ufficiale del prodotto, i rivenditori di gelati Motta sono 2000, sparsi un po’ ovunque in Italia. Il sistema di distribuzione è basato su centri di raccolta (le «celle», magazzini frigoriferi di proprietà dell’impresa), dapprincipio una trentina, quasi 50 nel 1951, che costituisco la tappa intermedia tra gli impianti produttivi e i dettaglianti.
La produzione di gelati confezionati segna ritmi di crescita vertiginosi, con indici annui dell’80-90%: nel 1954 escono dagli stabilimenti 750.000 pezzi al giorno. L’impresa si trova così ad affrontare il periodo di grande sviluppo del miracolo economico già forte di una notevole esperienza nelle produzioni alimentari di massa. Nello stesso anno le linee produttive principali comprendono infatti i prodotti da forno (panettoni, colombe e una merendina destinata a enorme fortuna, il Buondì), i gelati confezionati e le caramelle. Sempre nel 1954 è perfezionato un accordo con la statunitense National Biscuit Company (Nabisco) per la produzione su licenza esclusiva e la vendita per l’Europa e i paesi del Mediterraneo di cracker e altri prodotti da forno.
I prodotti Motta, esportati in oltre 50 paesi, incidono nel corso degli anni Cinquanta per 1/4-1/5 del totale delle esportazioni del comparto dolciario. Alla fine del 1954 viene inoltre inaugurato un nuovo stabilimento per la produzione di gelati, realizzato a Napoli dalla controllata Motta Sud, mentre l’anno successivo vede il primo investimento diretto all’estero con la costituzione della Motta Perù, con sede a Lima, destinata a produrre e distribuire in Sudamerica.
Alla vigilia della morte del suo fondatore, avvenuta a Milano alla fine del 1937, l’azienda milanese è diventata un gruppo industriale di tutto rispetto, articolato in consociate, partecipate e controllate. La produzione è aumentata di oltre sette volte rispetto al 1937, e di quasi cinque volte dal dopoguerra, arrivando a comprendere una decina di linee produttive (dai panettoni ai cracker, dal gelato al torrone, dai marron glacé ai confetti), ciascuna composta da più varietà, e costituisce circa il 10% dell’intero fatturato del comparto. Per alcuni prodotti (panettoni, colombe, gelato industriale), la quota di mercato nazionale detenuta dall’impresa è particolarmente elevata, tra il 25 e il 35%. I rivenditori – a loro volta riforniti da oltre 200 concessionari – sono alla fine del decennio circa 67.000, sparsi in tutta Italia (con prevalenza nelle regioni settentrionali); una trentina sono i negozi di proprietà e gestione diretta dell’azienda, alcuni di considerevoli dimensioni, come quello di piazza Duomo a Milano, con più di 140 addetti.

Negli anni settanta la Motta viene venduta alla SME, la società finanziaria del settore agro-alimentare del gruppo IRI. A seguito dell'acquisizione da parte di SME anche dell'Alemagna, la divisione gelati di Motta viene inglobata nella Italgel, mentre Motta e Alemagna formano nel 1975 l'Unidal (Unione industrie dolciarie e alimentari), che in seguito diventerà Sidalm (Società industrie dolciarie alimentari milanesi), società a sua volta incorporata in Alivar nel 1986, ed infine, nel 1990, Gruppo Dolciario Italiano, tutte società del gruppo SME. Nel 1993, l'IRI, a seguito della privatizzazione di alcune divisioni da parte dello stato, vende i marchi Italgel (Gelati Motta, Antica gelateria del corso, La Valle degli Orti) e Gruppo Dolciario Italiano (Motta, Alemagna) alla multinazionale svizzera del settore alimentare Nestlé. Il marchio Italgel è scomparso con la fine del XX secolo e la totale gestione della divisione gelati e surgelati è attualmente sotto il controllo Nestlé, la quale ha provveduto a creare una maggiore specializzazione dei marchi. A seguito di questa operazione, il marchio Gelati Motta si è specializzato esclusivamente in gelati da passeggio, Antica Gelateria del Corso si propone per un consumo di qualità da tavolo al ristorante (quali dessert semifreddi e torte-gelato), Alemagna si occupa di prodotti quali pasticceria surgelata e croissant, mentre Buitoni e La Valle degli Orti sono specializzate in prodotti alimentari da supermercato e primi piatti pronti. Da notare la recente licenza ottenuta da Gelati Motta per produrre gelati confezionati a marchio Hello Kitty (Sanrio). Per quanto riguardante i prodotti dolciari, i marchi Motta e Alemagna si sono specializzati nella produzione di prodotti stagionali quali pandoro e panettone e colombe pasquali. Le unità produttive dei gelati e surgelati continuano ad essere quelle storiche degli anni '70, con la maggior parte della produzione basata nelle città di Parma e Ferentino (FR), mentre le sedi amministrative hanno sede nella quartier generale di Nestlè Italia SpA a Milano. Il settore dolciario invece ha le sue sedi produttive principalmente basate a Verona. A Verona, il 31 luglio 2009 Nestlé e Bauli hanno sottoscritto l'acquisizione definitiva da parte di Bauli S.p.A. del ramo di azienda Nestlè denominato Business Unit Forno attivo nella produzione di dolci, lieviti e prodotti da forno commercializzati con i marchi Motta, Alemagna, Tartufone Motta, Trinidad e Gran Soffice, attività che Nestlè aveva rilevate nel 1993 con l'acquisizione dalla SME del "Gruppo Dolciario Italiano", e del connesso sito produttivo di San Martino Buon Albergo (VR). L'accordo è operativo dal 1º agosto 2009; Bauli inoltre, rilevando nel 2013 l'intero gruppo Bistefani, che aveva a sua volta rilevato l'attività dei prodotti da forno a consumo continuativo a marchio Motta (cioè le ex "Merendine Motta") da Nuova Forneria (joint venture tra SME, Barilla e Ferrero nata nel luglio 1990 per rilevare la gestione di tale comparto dopo lo scioglimento di Alivar), ha riportato sotto un'unica proprietà il marchio Motta e le sue relative attività, escluse quelle nel settore dei gelati, rimaste di proprietà di Nestlè, che le aveva rilevate sempre da SME nel 1993, con l'acquisizione della "Italgel".

Risorse bibliografiche
A. Colli, La Motta: da bottega artigiana a impresa di Stato, in «Annali di storia dell’impresa», XI (2000), pp. 571-629; Id., Motta, Angelo, in DBI, vol. 77, 2012; sulla storia e le dinamiche di sviluppo del comparto: L. Sicca - M.V. Colucci, L’industria dolciaria in Italia. Origini ed evoluzione, Milano 1996.

Eugenio Caruso - 25 maggio 2017


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