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Louis Chevrolet e l'omonima casa automobilistica

INVENTORI E GRANDI IMPRENDITORI

In questa corposa sottosezione illustro la vita di quei capitani d'industria e/o inventori che hanno sostanzialmente contribuito al progresso industriale del mondo occidentale con particolare riguardo dell'Italia.

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Louis Chevrolet

La Chaux-de-Fonds, 25 dicembre 1878 – Detroit, 6 giugno 1941
Louis-Joseph Chevrolet è stato un pilota automobilistico e imprenditore svizzero naturalizzato statunitense. Nato in Svizzera a La-Chaux-de-Fonds, trascorse soltanto i suoi primi sei mesi di vita nella città natale. La sua famiglia si trasferì nell'attuale canton Giura a Bonfol e a Beurnevésin, dove Louis frequentò la scuola. Ingaggiato come meccanico da un venditore di biciclette di Beaune, in seguito partì per Parigi nel 1899, dove lavorò per la casa automobilistica Darracq prima di attraversare l'Atlantico e stabilirsi a New York dopo un breve passaggio a Montréal in Canada. A New York fu assunto come meccanico da De Dion-Bouton poi da Buick. Louis intraprese parallelamente una carriera da pilota automobilistico: nel 1905 divenne noto riportando la vittoria alla sua prima gara a bordo di una vettura Fiat. Louis Chevrolet non tardò ad acquisire una solida reputazione grazie ai suoi risultati.
Diventato pilota ufficiale della Buick, incontrò l'imprenditore William Crapo Durant (proprietario di Buick e fondatore di General Motors nel 1908) con il quale si associò nel 1911 per fondare una nuova casa automobilistica. Approfittando della notorietà di Louis, il marchio prese il nome di "Chevrolet".
Insieme a Etienne Planche avrebbero realizzato un'auto di lusso a sei cilindri: la Classic Six. Aspre divergenze sulle strategie aziendali portano alla separazione dei due soci già nell'ottobre 1913. Durant voleva impostare la produzione secondo criteri industriali mirando ai grandi numeri, per vetture da vendere a prezzi accessibili, come fa già la Ford col modello T. Chevrolet, allora, cedette la quota di sua proprietà e tornò a cimentarsi come pilota e costruttore di motori aeronautici. Il marchio di fabbrica restò appannaggio di Durant che proseguì l'attività lanciando il modello 490: lo stesso prezzo in dollari della rivale Ford T.
La scelta di Durant si rivela azzeccata: la produzione cresce e riesce a presentare il primo motore V8. Nello stesso anno, 1917, il marchio Chevrolet, passa a General Motors. Cruciale, nel 1926, è l'arrivo in Chevrolet di Harley Earl, a capo del nuovo centro di design di General Motors, denominato Art and Color. Le sue idee avrebbero trasformato l'aspetto delle Chevrolet nei successivi trent'anni. Quanto a Louis Chevrolet, messo alle corde dalla crisi finanziaria del 1929, ritornò alla "sua" Chevrolet come semplice meccanico.
Louis Chevrolet decise allora di riprendere la carriera di pilota, poi con i fratelli Arthur e Gaston, entrambi piloti e meccanici, creò il marchio Frontenac, destinato alle competizioni e soprattutto alla 500 Miglia di Indianapolis. Partecipò quattro volte all'Indy 500 ottenendo come miglior risultato il settimo posto nel 1919. Nel 1920, partito in prima fila, fu costretto al ritiro, ma il fratello Gaston vinse la corsa. Fu il primo trionfo della Frontenac. Nello stesso anno Gaston fu protagonista di un incidente mortale durante una corsa in California: a causa dello sfortunato evento Louis interruppe la propria carriera.
Negli anni venti creò con Arthur un'impresa specializzata nella costruzione di motori d'aereo, ma cadde in rovina a seguito degli attriti con il fratello e la grande crisi del 1929. Muore nel 1941. Oltre alle auto, che ancora oggi portano il suo nome, la sua memoria viene onorata da un busto ospitato all'ingresso del Motor Speedway Museum di Indianapolis.
La notizia che la Chevrolet ha compiuto cento anni nel novembre del 2011 non ha suscitato grande clamore. Infatti, per la maggior parte degli automobilisti italiani, il marchio americano (un cravattino dorato stilizzato che sembra una croce) compare su city car come la Spark e l'Aveo, la berlina di classe media Cruze, oppure sul suv Captiva e il crossover Orlando.
Ma non sono questi i modelli con cui la casa americana ha scritto la sua storia più appassionante a partire dal 1911. E se il futuro tecnologico di Chevrolet si chiama Volt (l'auto elettrica da 150 CV che si ricarica in tre ore dalla presa di casa ed è capace di correre a 160 km/h) sono altri i modelli che entusiasmano gli appassionati di automobili americane: su tutti, le sportive Corvette e Camaro.
Si tratta di coupé e cabrio alimentate con fiumi di galloni di benzina per soddisfare la sete di motori a 6 o 8 cilindri dalle cubature esagerate, talvolta anche con cambi manuali a sole tre marce (come la Corvette C3 del 1968) o automatici a due rapporti. Per farsi un'idea di come negli Usa concepivano le cilindrate, il motore di 327 pollici cubi (5.400 cc), lo chiamavano "small-block", blocco piccolo. E il big-block di 7 litri era considerato "giusto". Per il resto poco alluminio per i motori o raffinate architetture. Testate in ghisa e punterie meccaniche andavano bene, visto che quei motori offrivano grandi potenze. Il tutto con consumi di carburante attorno ai 5 km al litro quando andava bene e non si schiacciava troppo sull'acceleratore. La più bella di tutte è forse la Corvette Sting Ray del 1958.
La Corvette (la prima fu la versione C1 nel 1953 con carrozzeria in fibra di vetro) è ancora oggi il massimo della sportività per una Chevrolet. Il modello più potente, attualmente a listino, è la ZR1: motore 6,2 litri, 638 Cv e 329,9 km/h di velocità massima dichiarata. Nota a margine: l'impianto frenante, a dischi in carboceramica di questa supercar, è dell'italiana Brembo.
È arrivata ai giorni nostri anche la Camaro. Oggi come allora è disponibile con carrozzeria coupé e cabrio. Nel 1967, anno del suo debutto, occupava una posizione di rilievo nel segmento delle "pony car": le sportive americane degli anni 60 del secolo scorso caratterizzate da motori potenti montati su telai compatti derivati da vetture di grande serie. Infatti adottava propulsori V8 da 3,8 e 6,5 litri su componentistica della Pontiac Firebird. La sua rivale più accreditata era la Ford Mustang.
Oggi sono ufficialmente nel listino della Casa Madre la Coupé 2LT 312 Cv, la Convertible e la potente SS 426 Cv. Tutte montano un V6 da 6,2 litri di cilindrata.Dal 2012 c'è pure la potentissima ZLI con motore 8 cilindri a V da 550 Cv, caratterizzata da ricche dotazioni (compresi dispositivi multimediali). Sarà una vera "muscle car" (altro che "pony car") ma rifinita come una vera Granturismo. Ha resistito alla crisi economica anche l'Impala, dal nome di una leggiadra gazzella africana. In realtà da noi è un macchinone fuori luogo. Oltreoceano, invece, è ancora tra le protagoniste nel suo segmento (le rivali sono Nissan Maxima, Dodge Charger e Ford Taurus).
L'Impala fa parte di quella categoria di automobili che negli Stati Uniti chiamano "Large car". I suoi motori V6 da 3,5 e 3,9 litri possono bruciare anche etanolo E85 (85% etanolo, 15% benzina). Debutta nel 1958 proposta nelle versioni berlina, coupé, cabrio e station wagon. È la macchina che si vede anche nelle pellicole Mississipi Burning e La Febbre del Sabato Sera. Oggi è diffusissima negli autonoleggi. Un capitolo a parte servirebbe anche per il famoso fuoristrada Blazer o l'affascinate Bel Air. Oggi, negli Stati Uniti, il marchio "Chevy" è rappresentato da suv e crossover ancora enormi e cromati come il gigantesco Silverado, passando per il Tahoe, il Sub Urban e l'Equinox. Ma come ha fatto un marchio così fortemente connotato a finire su automobili così piccole, come per esempio la Spark?
Nato nel 1911,dicevamo, ma acquistato da General Motors fin dal 1917, il marchio Chevrolet fa parte della galassia della General Motors insieme a Buick, Gmc, Cadillac e Opel. Una realtà da 7,5 milioni di automobili l'anno in 120 nazioni. Dal 2001 entra a far parte del gruppo anche la Daewoo: la casa coreana, famosa per l'azzeccata utilitaria Matiz che fu acquisita dopo il fallimento legato alla crisi delle borse asiatiche. Nel 2005, per rinvigorire ulteriormente l'immagine dei modelli della casa coreana, General Motors decide di spostare il marchio "Chevy" anche sulle piccole. Il resto è storia recente. Il marchio Daewoo è scomparso e lo storico cravattino del fondatore Louis Chevrolet continua a campeggiare sia sulla nuova auto elettrica Volt, sia sulle compatte di gusto più europeo. Auto meno appassionanti delle creature originarie ma sicuramente meno assetate di benzina. E di questi tempi ha la sua importanza.
Oggi Chevrolet è il maggiore marchio globale di General Motors con vendite annue di circa quattro milioni di veicoli in oltre 130 paesi. E il 2010 ha visto il marchio americano vincere sia il Titolo Piloti sia quello Costruttori nel Campionato Mondiale Turismo. Il suo fondatore Louis Chevrolet, lui stesso pilota, ne sarebbe orgoglioso. Senza contare le 21 vittorie conquistate fin'ora alla Daytona 500, la gara più blasonata del campionato Nascar. Quanto al marchio di fabbrica - il cravattino dorato dalla forma stilizzata - non si sa da dove derivi veramente. William C. Durant, co-fondatore dell'azienda, spiegò che era il logo della tappezzeria di un hotel francese e che gli parve adatto come simbolo per una nuova casa automobilistica. Ma c'è chi pensa che, in realtà, sia una croce svizzera, simbolo del paese natale di Louis Chevrolet. E altre ipotesi sono state scritte nel corso degli anni.
Ricordi personali.

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Nel 1988 dopo aver seguito un corso di marketing alla South Texas University presi a nolo una Corvette cabrio bianca con interni di pelle rossa, splendida e mi misi in moto. Da Dallas passai per Little Rock, Memphis, Knoxville (ero stato invitato a visitare l'Oak Ridge National Laboratory), quindi Dayton e Chicago per l'Argonne National Laboratory; allora il più grande centro di ricerca degli Usa. Fu un'esperienza straordinaria di lavoro e turismo, che non dimenticherò mai, in particolare non dimentico la Corvette che mi fu amica nell'attraversamento di parte degli Usa.

Eugenio Caruso - 29 maggio 2017

Tratto da

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www.impresaoggi.com