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Ferdinando Maria Perrone e la grande industria meccanica italiana.

INVENTORI E GRANDI IMPRENDITORI

In questa corposa sottosezione illustro la vita di quei capitani d'industria e/o inventori che hanno sostanzialmente contribuito al progresso industriale del mondo occidentale con particolare riguardo dell'Italia.

Biografie precedenti

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C - Tullio Campagnolo - Davide Campari - Eugenio Cantoni - G. B. Caproni - Bernardo Caprotti - Francesco Cassani - Louis Chevrolet - Furio Cicogna - Vittorio Cini - Francesco Cirio - André Gustave Citroen - Giacomo Colussi - Angelo Costa - Cristoforo Benigno Crespi
D - Gottlieb Wilhelm Daimler - Cecilia Danieli - Ernesto De Angeli - Filippo De Cecco - Rudolf Diesel - Guido Donegani - Antonio Cavalieri Ducati -
E - Thomas Edison - Carlo Erba - Carlo Esterle -
F - Giorgio Enrico Falck - Renato Fastigi - Carlo Feltrinelli - Salvatore Ferragamo - Enzo Ferrari - Michele Ferrero - Serafino Ferruzzi - Ignazio Florio - Henry Ford - Eden Fumagalli -
G - Egidio Galbani - Edoardo Garrone - Giuseppe Gilera - Francesco Gondrand - Carlo Guzzi -
H - Hewlett e Packard
I - Ferdinando Innocenti -
L - Vincenzo Lancia - Achille Lauro - Luigi Lavazza -
K - Raymond Albert Kroc - Alfred Krupp
M - Ercole Marelli - Franco Marinotti - Alessandro Martini - Alfieri Maserati- Gaetano Marzotto - Enrico Mattei - Domenico Melegatti - Archimede Menarini - Aristide Merloni - Fratelli Michelin - Angelo Moratti - Angelo Motta -
N - Vittorio Necchi
O - Adriano Olivetti
P - Mario Pavesi - Ferdinando Peretti - Carlo Pesenti - Armand Peugeot - Enrico Piaggio - Pininfarina - Giovanni Battista Pirelli - John Pemberton - Stephen Poplawski - Ferdinand Porsche
R - Louis Renault - Angelo Rizzoli - John Davison Rochefeller - Nicola Romeo
S - Isaac Merrit Singer - Alfred Sloan - Luisa Spagnoli - Otto Sundbäck
T - Franco Tosi
V - Vittorio Valletta - Giuseppe Volpi
Z - Lino Zanussi

Ferdinando Maria Perrone
Alessandria, 10 gennaio 1847 - Genova, 9 giugno 1908
Nato nel 1847 in una famiglia del ceto medio subalpino, trascorre l’adolescenza senza portare a termine un regolare corso di studi superiore. Nel 1866 risulta unito alle formazioni garibaldine nella terza guerra risorgimentale, nel 1869 si dichiara «scrittore pubblicista» nel corso di un processo che lo vede imputato (e condannato) per truffa. Nel 1873 diviene procuratore e amministratore dei beni di un aristocratico proprietario terriero dell’Alessandrino, Alessandro Paulucci, e affittuario di una vasta tenuta appartenente allo stesso Paulucci, che ne farà dono a Perrone, da lui trattato come figlio. Ha così modo di leggere, studiare, fare affari come amministratore di un vasto patrimonio.
Stabilisce rapporti con Luigi Luzzatti, eminente economista e politico dell’Italia del tardo Ottocento, scrive articoli su giornali e periodici, è affittuario di aziende agricole. Nel 1885 si stabilisce a Buenos Aires, dove si era già consolidata una robusta comunità di italiani. In Argentina si occupa di aziende vinicole, scrive sui principali giornali del Paese e costruisce una fitta rete di relazioni con politici e uomini d’affari. Nel 1894, su sollecitazione del cognato Antonio Omati, ingegnere e dirigente industriale dell’Ansaldo, allora di proprietà dei fratelli Bombrini, diviene rappresentante per l’Argentina dell’impresa genovese, che grazie alla mediazione di Perrone riesce a vendere al Governo del Paese sudamericano un incrociatore corazzato.
Nel 1895 ottiene l’incarico di rappresentare l’Ansaldo nell’America del Sud e in Messico e, a partire dal 1896, fa la spola tra Italia e America. Nel 1897 rileva dai Bombrini la proprietà del quotidiano genovese «Il Secolo XIX».
Rapporti di lavoro con la grande impresa industriale, presenza attiva sul mercato internazionale delle navi da guerra (e confronto obbligato, e istruttivo, con la realtà dei grandi produttori navalmeccanici esteri), impegno diretto nel mondo della stampa e relazioni con la politica: Perrone, nel pieno della sua maturità, acquisisce ulteriori conoscenze e competenze e sviluppa le sue notevoli capacità relazionali.
Tutto ciò gli serve per ascendere all’inizio del Novecento al vertice dell’Ansaldo e per rilevarne nel 1903-1904 il controllo, in collaborazione con la britannica Armstrong Whitworth and C., colosso internazionale nel campo delle costruzioni navali e della produzione di armamenti. Della Gio Ansaldo Armstrong and C. – questo il nome della joint venture della cui nascita è protagonista – Perrone diviene Amministratore delegato e, nel giro di pochi anni, primo azionista.
Intrapresa dunque in età avanzata l’attività di imprenditore industriale, Perrone persegue una strategia di crescita dell’impresa, già avviata peraltro dai Bombrini, di integrazione verticale volta alla formazione di un grande complesso navalmeccanico capace anche di produrre direttamente i materiali siderurgici necessari agli stabilimento. In questa prospettiva si misura e si scontra con agguerriti rivali quali i costruttori navali Odero e Orlando, che controllano anche le acciaierie di Terni.
Tanto l’Ansaldo quanto i suoi competitori beneficiano della favorevole congiuntura economica che l’Italia attraversa all’inizio del Novecento e di flussi di commesse pubbliche destinati ad aumentare. Alla sua morte, avvenuta nel 1908, Perrone lascia ai figli Mario e Pio un’impresa dotata di 6 stabilimenti, cui si aggiunge un’officina di riparazioni navali a Istanbul, dove lavorano circa 4.000 persone, capace di produrre navi, apparati motori, locomotive, elettromeccanismi diversi, getti e fucinati d’acciaio. Una realtà che testimonia, e sostiene, l’avvenuto decollo industriale italiano.

Nel 1912 l'accordo stipulato con la Armstrong venne sciolto e l'Ansaldo riassunse la precedente ragione sociale. Tra le realizzazioni di quel periodo della cantieristica Ansaldo la costruzione di alcuni incrociatori corazzati della classe Garibaldi e della corazzata Giulio Cesare. Nel 1914 il capitale sociale è di 30 milioni di lire, nel 1918 arriva a 500 milioni di lire, grazie ai ricavi ottenuti dalla produzione del 46% di tutta l'artiglieria costruita in Italia durante la guerra, 3000 aerei, 1574 motori aeronautici, 96 navi da guerra, 200000 t di naviglio mercantile e 10 milioni di munizioni. Nel 1918 l'Ansaldo arriva a impiegare 80.000 addetti, in decine di stabilimenti e società controllate tra le quali: A. Cerpelli e C., Banca Industriale Italiana, Cantieri Officine Savoia, Dinamite Nobel, Gio.Fossati e C., Lloyd Italico, Nazionale di Navigazione, Fabbrica Aeroplani Ing. O. Pomilio, Società Idroelettrica Negri, S.P.A., Transatlantica Italiana, S.A. Ansaldo. Nel 1921, con le dimissioni dall'Ansaldo, i Perrone cessano ogni impegno in campo industriale continuando, soprattutto, nell'attività editoriale. In seguito alla grande depressione del 1929 che penalizzò fortemente l'economia mondiale nella prima metà degli anni trenta e all'incapacità dell'azienda di riconvertire la propria produzione bellica a quella civile, l'Ansaldo non si poté sottrarre al fallimento nel 1932. L'azienda dopo la conclusione del primo conflitto mondiale aveva provato a produrre materiale ferroviario, aeroplani e persino automobili aprendo il suo mercato verso il Messico e la Polonia, paesi che sfortunatamente dopo pochi mesi precipitarono in una crisi di insolvenza e portarono in breve tempo al declino l'impresa italiana, coinvolgendo nel suo fallimento anche la Banca Italiana di Sconto (BIS). L'azienda venne in seguito risollevata dall'intervento di un consorzio di salvataggio, promosso dalla Banca d'Italia, che porterà l'impresa sotto il controllo dell'IRI, la cui gestione e riarmo permettono ad Ansaldo nuova vita e crescita. La figura principale di questa rinascita e l'artefice della ridefinizione strutturale-organizzativa è l'ing. Agostino Rocca, amministratore delegato della società dal 1935 alla fine della guerra. I cantieri navali varano corazzate da 35.000 tonnellate, mentre i tecnici, in collaborazione con FIAT realizzano dal 1935 i primi prototipi di carri armati italiani (sulla base dei trattori già prodotti) nello Stabilimento artiglierie di Genova, (L40 e 75/18), e aerei (Fiat AS.1 e Fiat-Ansaldo A.120). Ansaldo presso l'arsenale di Napoli produsse anche cannoni come il 75/32 Mod. 1937. Grazie alle commesse belliche la società registra un'enorme crescita: nel 1939 Ansaldo conta 22.000 dipendenti, nel 1943 ben 35.000 ma alla fine della seconda guerra mondiale si riproporranno i gravi problemi della riconversione. L'IRI nel 1948 affida la gestione delle società Ansaldo alla società finanziaria Meccanica, Finmeccanica (dal 2016 Leonardo-Finmeccanica) con un decreto legge vengono scorporati dall'azienda il siderurgico, l'elettrotecnico e il ferroviario e vengono accorpati i cantieri di Muggiano e Livorno. Nel corso degli anni cinquanta e sessanta saranno operati da Leonardo-Finmeccanica (prima Finmeccanica) numerosi interventi riorganizzativi, tra cui, nel 1966, il trasferimento delle attività navali all'Italcantieri di Trieste. Dal 1966, l'impresa viene ristrutturata completamente da Leonardo-Finmeccanica (prima Finmeccanica). Nel 1977 le imprese rimaste vengono raggruppate sotto la dizione Raggruppamento Ansaldo, che comprendeva, oltre al meccanico-nucleare e l'Asgen di Genova, l'Italtrafo, la SIMEP, la Breda termomeccanica e la Tecnosud. Nel 1980 viene costituito il principale gruppo termo-elettromeccanico italiano, il più grande in Italia con i suoi 16.000 dipendenti, ma che rappresentava anche l'abbandono da parte del colosso industriale della città di Genova. Nel 1993 viene assorbita completamente in Finmeccanica (dal 2016 Leonardo-Finmeccanica). Gli archivi si sono salvati in quanto affidati alla Fondazione Ansaldo.

Risorse bibliografiche
P. Rugafiori, Ferdinando Maria Perrone da casa Savoia all’Ansaldo, Torino, Utet, 1992; P. Rugafiori, L’ascesa di Ferdinando Maria Perrone in Storia dell’Ansaldo, 2. La costruzione di una grande impresa 1883-1902, a cura di G. Mori, Roma-Bari, Laterza, 1995.

Eugenio Caruso - 29 giugno 2017

 

Tratto da

1

www.impresaoggi.com