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Riccardo Gualino uno dei più grandi imprenditori della prima metà degli anni novanta

INVENTORI E GRANDI IMPRENDITORI

In questa corposa sottosezione illustro la vita di quei capitani d'industria e/o inventori che hanno sostanzialmente contribuito al progresso industriale del mondo occidentale con particolare riguardo dell'Italia.

Biografie precedenti

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D - Gottlieb Wilhelm Daimler - Cecilia Danieli - Ernesto De Angeli - Filippo De Cecco - Raffaele De Ferrari - Rudolf Diesel - Walt Disney - Guido Donegani - Antonio Cavalieri Ducati - William Durant -
E - Thomas Edison - Carlo Erba - Carlo Esterle -
F - Giorgio Enrico Falck - Alberto Fassini - Renato Fastigi - Carlo Feltrinelli - Salvatore Ferragamo - Enzo Ferrari - Michele Ferrero - Serafino Ferruzzi - Giovanni Battista Figari - Ignazio Florio - Henry Ford - Eden Fumagalli -
G - Egidio Galbani - Edoardo Garrone - Giuseppe Gilera - Francesco Gondrand - Carlo Guzzi -
H - Hewlett e Packard
I - Ferdinando Innocenti -
L - Vincenzo Lancia - Achille Lauro - Roberto Lepetit - Mattia Locatelli - Florestano de Larderel - Luigi Lavazza -
K - Raymond Albert Kroc - Alfred Krupp
M - Ercole Marelli - Franco Marinotti - Alessandro Martini - Alfieri Maserati- Gaetano Marzotto - Enrico Mattei - Domenico Melegatti - Archimede Menarini - Aristide Merloni - Fratelli Michelin - Arnoldo Mondadori - Ilario Montesi - Angelo Moratti - Angelo Motta -
N - Vittorio Necchi
O - Adriano Olivetti
P - Mario Pavesi - Ferdinando Peretti - Ferdinando Maria Perrone - Carlo Pesenti - Armand Peugeot - Enrico Piaggio - Pininfarina - Giovanni Battista Pirelli - John Pemberton - Stephen Poplawski - Ferdinand Porsche
R - Louis Renault - Alberto Riva - Angelo Rizzoli - Agostino Rocca - John Davison Rochefeller - Nicola Romeo
S - Isaac Merrit Singer - Alfred Sloan - Luisa Spagnoli - Otto Sundbäck
T - Franco Tosi
V - Vittorio Valletta - Giuseppe Volpi
Z - Lino Zanussi

Riccardo Gualino
Biella, 25 marzo 1879 - Firenze, 6 giugno 1964
Figlio del titolare di una piccola impresa di oreficeria, una volta completati gli studi ginnasiali, nel 1896, decide di non entrare nell’impresa paterna, che già impiega i fratelli maggiori, per cercare una strada autonoma nel mondo degli affari. Dopo una breve esperienza in una piccola azienda laniera biellese, si impiega come apprendista in una ditta di importazione di legnami americani a Sestri Ponente. A Genova Gualino rimane cinque anni, durante i quali, tra l’altro, studia giurisprudenza e assolve al servizio militare.
Chiuso nel 1901 il periodo di apprendistato ligure, il giovane Gualino continua a lavorare come viaggiatore di commercio a provvigione per varie aziende, legandosi in particolare alla ditta Ramponi di Milano. Per questa, di cui è procuratore, si occupa dell’importazione di legno d’abete da Trentino, Tirolo e Carinzia, ampliando le sue conoscenze nell’ambiente austriaco e acquisendo esperienza nel campo dello sfruttamento forestale.
Nel 1904 si trasferisce a Casale Monferrato, presso il cugino Tancredi Gurgo Salice, attivo nel comparto delle calci. Qui costituisce, nel 1905, la Società in accomandita per il commercio dei legnami, con il cugino in posizione di socio accomandante e sottoscrittore di maggioranza.
A partire dal 1905 avvia un’attività di importazione di legname pregiato dal Nord America, realizzando nei due anni successivi ingenti utili. Parallelamente entra nel gruppo di azionisti di controllo della Banca agricola di Casale. Nel 1906 fa poi il suo ingresso in un settore industriale in fortissima espansione, quello del cemento, concorrendo, con i Gurgo Salice, alla costituzione dell’Unione italiana cementi.
In rapido sviluppo negli anni successivi, l’impresa diventa nel 1912 il centro del Sindacato nazionale calce e cementi e, di fatto, il principale antagonista del gruppo Pesenti di Bergamo sulla scena nazionale. Più dell’Unione cementi, tuttavia, sono in questo periodo soprattutto le attività nel settore dei legnami a far da volano al vasto giro d’affari che lo porta alla ribalta delle cronache economiche e finanziarie.
Nel 1908 costituisce la Società anonima Riccardo Gualino, con 5 milioni di capitale. Suoi partner nella società sono, oltre ai Gurgo Salice, alcuni amministratori della Banca agricola ed Erminio e Gaudenzio Sella, nipoti di Quintino, esponenti della piccola – ma solida e stimata – Banca Sella di Biella. La nuova anonima si lancia immediatamente in una serie di spettacolari acquisizioni in Europa orientale, entrando in possesso, nello stesso 1908, di migliaia di ettari di tenute boschive in Ucraina e nei Carpazi orientali (Romania). Nel 1910, infine, mentre avvia vasti programmi di sfruttamento di queste proprietà dotandole di segherie, impianti di trasporto e altre infrastrutture, Gualino rileva la quota di controllo del gruppo Forst Union AG, pesantemente indebitato con il sistema bancario viennese, ma ancora proprietario di una dozzina di tenute nell’Impero asburgico e nella stessa Romania, oltre che titolare della vicepresidenza del cartello degli esportatori austriaci di legname. Gualino tenta quindi di ottenere, senza successo, un ribasso dei proibitivi prezzi di esportazione fissati dal cartello.
In alternativa alla via austriaca, in collaborazione con la famiglia Piaggio, arma allora una flottiglia di velieri da trasporto per l’importazione diretta dal Mar Nero, mentre sul versante della commercializzazione si dota di una struttura adeguata acquistando nel 1910 il Cantiere lombardo (trasformato in Società nazionale legnami e materiali da costruzione) e avviando la costruzione di un esteso magazzino alle porte di Milano. Più che nelle difficoltà di realizzazione, i limiti di un tale disegno appaiono evidenti nei suoi presupposti finanziari, poggiando di fatto tutta l’espansione di quegli anni sul ricorso sistematico all’indebitamento e su un meccanismo per cui ogni nuova acquisizione serve da garanzia ai crediti ottenuti per la successiva, se non per ripagare se stessa. Alla base di questa piramide di debiti è l’anonima di Gualino, con l’irrisorio capitale di 7,5 milioni nel 1910, e la pesante esposizione delle piccole banche piemontesi, dalla Sella all’Agricola, che si troveranno a far fronte al panico della clientela e a una corsa agli sportelli quando, nel 1912, tutto il sistema si affloscia.
A partire dal 1911, infatti, le chiusure sempre più frequenti dei Dardanelli provocate dalla guerra di Libia e poi dai conflitti balcanici, sorprendono Gualino mentre attende l’arrivo delle prime grosse partite di legna nei porti occidentali; fallisce poco dopo anche il tentativo in extremis di cedere la parte maggiore del suo complesso di attività a una combinazione finanziaria anglo-franco-svedese. Nel 1913, inoltre, oberato da oltre 50 milioni di passivo, il finanziere è costretto a chiedere una moratoria e a mettere le sue attività nelle mani di una commissione di creditori (tra cui figurano la Società bancaria italiana, la Banca commerciale italiana, e varie grandi banche austriache e tedesche): questi si rivalgono infine acquisendo e rivendendo le tenute migliori.
Dopo il crollo degli interessi all’estero e l’assoluzione per insufficienza di prove nel 1915 al processo intentato contro di lui da alcuni azionisti di minoranza della sua società, Gualino riprende l’attività nel settore del legname e dei materiali da costruzione incentrata sull’impresa di Milano, intrattenendo buoni rapporti con i Feltrinelli, compiendo investimenti fondiari a Roma, cominciando ad avvicinarsi alla chimica e soprattutto spostandosi su settori, come quello del commercio del carbone, divenuti estremamente redditizi con la guerra.
La ripresa in grande stile del suo giro di attività data tuttavia al 1917, quando, in stretta combinazione con Giovanni Agnelli, si inserisce nel grande affare dei trasporti degli aiuti americani all’Europa. È in questa fase che alla Società marittima e commerciale italiana, da lui creata già nel 1914, si affiancano la Società di navigazione italo-americana (Snia) e due imprese negli Stati Uniti: la Marine and Commerce Corporation of America e la International Shipbuilding Company, destinate rispettivamente al commercio del carbone e alla produzione di motonavi nel Texas.
Strettamente finalizzate allo sfruttamento della congiuntura, entrambe queste società falliscono clamorosamente con la crisi di riconversione dell’immediato dopoguerra, valendo non di meno ingenti profitti al loro fondatore.
Sin dal 1918, d’altra parte, Gualino è impegnato al fianco di Agnelli nello scontro con il gruppo Ansaldo-Banca di sconto dei fratelli Mario e Pio Perrone, che conduce a un incrocio delle partecipazioni Fiat e Snia e porta Gualino alla vicepresidenza del gruppo automobilistico torinese. Questa stretta collaborazione si estende poi, fino alla metà degli anni Venti, a una serie di affari che vanno dal tentativo di scalata al Credito italiano, all’acquisto del quotidiano «La Stampa», alle manovre sulla «Gazzetta del popolo», al progetto di collegamento dei tre poli del triangolo industriale, Milano, Genova e Torino, con una ferrovia celere, fino ai comuni e via via più conflittuali interessi nel settore dei cementi e in quello dell’auto.
Parallelamente, a partire dal 1920, prende il via la terza e più fortunata stagione d’affari di Gualino, quella della Snia, trasformata quell’anno in Società nazionale industria e applicazioni viscosa. Rilevati alcuni brevetti e due piccoli impianti sperimentali, Gualino realizza enormi investimenti nel settore della seta artificiale, facendo della Snia, entro il 1925, una delle maggiori imprese italiane e una delle principali produttrici di rayon a livello mondiale, capofila di un vasta costellazione di cui fanno parte imprese come il Setificio nazionale, l’Unione fabbriche viscosa, la Società italiana seta artificiale e i Calzifici nazionali riuniti.
Sull’onda del successo nel nuovo comparto chimico-tessile, le attività di Gualino riprendono l’espansione. Nel 1921 acquisisce il controllo, inizialmente insieme ad Agnelli, della Banca Cravario e C., trasformata per l’occasione in Banca agricola italiana. Con ciò ha anzitutto la possibilità di regolare le pendenze del periodo prebellico con la Banca agricola di Casale, che viene assorbita dal nuovo istituto. Dopo l’acquisizione, alla metà degli anni Venti, del Credito piemontese, della Banca della penisola sorrentina e della Banca biellese, la Banca agricola italiana diventa di fatto la banca mista di Gualino, una struttura con una clientela ramificata e buone capacità di raccolta del risparmio, su cui far poggiare ampie e spesso spericolate combinazioni d’affari.
Nel 1924, inoltre, mentre rilancia l’attività dell’Unione italiana cementi, Gualino costituisce la maggiore concentrazione dolciaria italiana, l’Unica, che riunisce alcune delle maggiori aziende nazionali del comparto, dalla Talmone, alla Moriondo e Gariglio, alla Bonatti, con l’obiettivo di trasformare il cioccolato in un genere di consumo di massa, ma risulta nei fatti sovradimensionata rispetto al ristretto mercato italiano.
Alla metà degli anni Venti Gualino è uno dei personaggi di spicco del panorama economico-imprenditoriale italiano, padrone di uno degli imperi industriali più vasti del Paese e centro di articolate reti di interessi che lo legano ai maggiori esponenti del mondo finanziario nazionale e internazionale. Sono questi gli anni in cui i successi tecnici e produttivi delle sue imprese, e segnatamente della Snia, ricevono l’apprezzamento di Mussolini, il quale per altro verso si vede costretto a tollerare le frequentazioni artistico-intellettuali di Gualino, se non esplicitamente ostili al fascismo, quanto meno ostentatamente a esso estranee.
La grande casa di Gualino a Torino, la villa di Sestri Levante e il castello nei pressi di Casale diventano infatti in questi anni i punti d’incontro degli ambienti più raffinati e vivaci della cultura torinese dell’epoca, di cui fanno parte, tra gli altri, il critico e storico dell’arte Lionello Venturi, il pittore Felice Casorati – che cura personalmente l’allestimento del piccolo teatro privato nell’abitazione cittadina dell’imprenditore –, gli artisti del gruppo dei «Sei di Torino» (L. Chessa, F. Menzio, C. Levi, E. Paolucci, N. Gualante, J. Boswell), e lo scrittore Mario Soldati, che di tale entourage, e della figura di Gualino, ha lasciato testimonianza nel romanzo Le due città (Milano, 1964).
In questi anni Gualino raccoglie la porzione più consistente della sua eccezionale collezione d’arte: nel 1927 progetta la costruzione di una grande villa-museo (rimasta poi incompiuta) sulla collina di S. Vito; oggi la collezione è in parte conservata alla Galleria sabauda di Torino. Del 1925 è poi la creazione del Teatro di Torino, i cui cartelloni ospitano proposte fra le più stimolanti e cosmopolite del panorama artistico-culturale coevo: autori quali Igor Stravinskij e Alfredo Casella, i balletti russi di Sergej Djagilev e il teatro nazionale ebraico Habima.
Le fortune di Gualino cominciano tuttavia a declinare dopo la metà del decennio. La manovra di rivalutazione della lira aggrava, per un verso, il forte indebitamento su cui si fonda il suo impero industriale, mentre annulla, dall’altro, le prospettive di espansione del mercato nazionale e degli stessi sbocchi esteri cui è legato il successo della maggior parte delle sue imprese. Le esplicite proteste per la politica di "quota 90", per quanto espresse in forma privata in una lettera dell’aprile 1927, hanno l’effetto di indispettire Mussolini. D’altro canto, già l’anno precedente i crescenti contrasti con Agnelli, non da ultimo causati dagli interessi di Gualino e dei suoi nuovi soci francesi nel settore automobilistico, sono sfociati in una rottura con la Fiat e in un pericoloso isolamento dal fronte confindustriale.
A una simile situazione l’imprenditore reagisce spostando all’estero il baricentro dei suoi affari: in Inghilterra, dove ottiene un importante credito della Hambro’s Bank, e soprattutto in Francia, dove già nella prima metà degli anni Venti si era impadronito del notevolissimo patrimonio immobiliare della Paris Foncier e dove, in occasione della quotazione in borsa dei titoli Snia, nel 1926, ha avviato una estesa collaborazione finanziaria con il banchiere parigino A. Oustric.
All’estero Gualino crea un impero finanziario-industriale di dimensione non dissimile da quella del suo gruppo di interessi italiani, ma anche questo, basato ancora una volta su una girandola di debiti e su spericolate operazioni di borsa, non vale a frenare il progressivo deterioramento della sua posizione finanziaria e del suo prestigio.
Nell’orbita della Holding française, creata nel 1928 insieme con la corrispettiva Holding italiana, entrano allora imprese automobilistiche, come la Peugeot e la Ford francese, partecipazioni nel settore assicurativo (Union vie) e soprattutto imprese del settore tessile, chimico-tessile, e dell’abbigliamento: Blanchisseries de Thaon, gli Établissements Desurmont (lana) di Rubaix, la filanda Bloch in Alsazia, la Sarlino (Societé anonime rémoise de linoleum) principale produttrice francese del settore, gli Établissements Maréchal di Lione (tela cerata), varie maison dell’alta moda parigina come Deuillet-Doucet, Agnès e Germaine Patat, e il grande gruppo delle Chaussures françaises, che riunisce 17 stabilimenti, sette catene di negozi al dettaglio e circa 10.000 dipendenti.
Presi nel meccanismo del continuo gioco al rialzo, Gualino e Oustric arrivano, seppure per brevi periodi e controllando molto parzialmente le leve del potere effettivo, a occupare i vertici di imprese quali la Peugeot, la Tobler o, in Italia, la Cinzano. Ciò permette loro di garantire con i nomi di queste aziende nuove e vaste emissioni di titoli e così per qualche tempo di tamponare la situazione di crescente indebitamento che la crisi internazionale del 1929 fa precipitare.
Il crollo della vasta costellazione d’affari di Gualino parte proprio dalla Francia, con il fallimento, nel 1930, della Banca Adam, una controllata del gruppo Oustric, seguita dal tracollo, a catena, di tutto il giro d’interessi che ruota intorno al socio francese, di cui si scoprono oltretutto le malversazioni all’epoca dell’introduzione in Borsa dei titoli della Snia.
Con quest’ultima società ormai sotto la tutela del cartello internazionale del rayon, le altre imprese, dall’Unica all’Unione cementi, in gravi difficoltà per la recessione, lo scandalo Oustric comporta il venir meno anche di molte delle garanzie – prima fra tutte la Salpa – con cui Gualino, tra il 1929 e il 1930, ha ottenuto alcuni interventi straordinari della Banca d’Italia a favore della Banca agricola.
Nell’ottobre del 1930, attaccato frontalmente da Mussolini con un discorso al Consiglio delle corporazioni, bollato come speculatore dalla Confindustria e oramai conclusa alla Banca d’Italia l’era di Bonaldo Stringher – con cui aveva intrattenuto per due decenni rapporti preferenziali –, Gualino viene arrestato nel gennaio 1931 e condannato dal Tribunale speciale a cinque anni di confino a Lipari, per aver arrecato gravi danni all’economia nazionale. Le attività della Banca agricola vengono smembrate e passate a vari istituti di credito, la Snia finisce sotto il controllo di Franco Marinotti e Senatore Borletti, mentre le altre aziende del gruppo vengono liquidate o temporaneamente affidate a gestioni straordinarie sotto la vigilanza dall’Istituto di liquidazioni.
Complessivamente, a due anni dal crack, una volta portata a termine cioè la prima fase della liquidazione, i vari organismi dello Stato accusano ancora 300 milioni di perdite, che riducono poi di circa un sesto attraverso le cessioni e i risarcimenti realizzati entro gli anni Trenta. Al di là di questi ammanchi, tuttavia, l’eccezionalità e la spettacolarità delle misure prese contro Gualino appaiono uno strumento che permette al Regime di dimostrare la propria imparzialità e la propria autonomia dai potentati economici, colpendo al tempo stesso un personaggio ormai isolato dagli ambienti confindustriali.
Gualino rimane alle Eolie poco più di un anno, e riottiene infine la libertà nel settembre 1932. Negli anni successivi ricomincia a tessere la trama dei suoi affari, sia pure da una posizione più appartata che in passato. Insieme con l’Italia, sede delle sue attività è in quegli anni in primo luogo la Francia, dove pure è processato e condannato nel gennaio 1933, ma dove resta comunque concentrata una parte consistente delle sue risorse.
Già alla metà del decennio Trenta, personalmente o attraverso parenti e prestanome, Gualino si ritrova oltralpe alla testa di vasti giri di interessi nel settore immobiliare e in quello della grande distribuzione (Societé anonime des cafés et restaurants françaises e partecipazioni ai magazzini Bon Marché), nonché di una finanziaria lussemburghese, il Consortium privé, che con la sua controllata parigina, il Comptoir privé, diretto da P.G. Gurgo Salice, realizza operazioni ad ampio raggio sul mercato valutario e su quello dei titoli azionari. Con l’appoggio della Banque de l’Union parisienne, in cui è ancora attivo l’amico Oustric, Gualino riprende in breve le fila di una vasta trama di affari che include, tra le altre, le società anonime Roumano-Belge des pétroles, la svizzera S.a. des Fours Pieters (per lo sfruttamento, in combinazione con G. Nobel, di brevetti per la distillazione del carbone), la Compagnie industrielle française du platine o la Mines d’or de peck, per la gestione di giacimenti in Jugoslavia.
In Italia i nuovi poli di interesse sono soprattutto la chimica e la cinematografia. Nel primo settore l’impresa principale diventa la Rumianca, originariamente un’impresa ausiliaria della Snia, di cui Gualino nel 1933 rileva il controllo dal gruppo Abegg. La Rumianca registra un notevole successo a partire dalla metà degli anni Trenta producendo fertilizzanti e anticrittogamici, per inserirsi poi nei flussi di commesse e finanziamenti pubblici della mobilitazione industriale e fare ottimi affari con le produzioni belliche. Durante la guerra l’impresa dispone di due stabilimenti nel Novarese per la lavatura dei minerali e le produzioni chimiche di base, uno nei pressi di Torino per la produzione di saponi e uno in costruzione a Carrara per quella di anticrittogamici, nonché di vasti complessi minerari in Val d’Ossola, Sardegna e Calabria per l’estrazione di piriti.
Quanto alla cinematografia, Gualino costituisce nel 1934 la Lux francese e la Lux italiana, producendo l’anno successivo il suo primo film, Don Bosco, di G. Alessandrini. Attraverso il cinema ha modo di recuperare e mettere a frutto il patrimonio di contatti maturati negli anni Venti negli ambienti intellettuali (prima fra tutti la collaborazione con il musicologo G.M. Gatti, già direttore del Teatro di Torino), ma apre anche un importante canale di comunicazione con il regime, partecipando di fatto alla prima stagione di sviluppo della cinematografia nazionale, fortemente voluto dal fascismo.
Dal 1940 al 1944 compaiono nel catalogo Lux autori e titoli di tutto rispetto, alcuni di grande impegno produttivo per l’epoca (I promessi sposi di M. Camerini, La corona di ferro di A. Blasetti nel 1941, Un colpo di pistola, Zazà nel 1942 e La donna della montagna nel 1943, tutti di R. Castellani, Malombra di M. Soldati nel 1943, La freccia nel fianco di A. Lattuada nel 1944).
Ideologicamente estraneo al fascismo, legato all’ambiente dei fuoriusciti italiani in Francia, la cui frequentazione non aveva mai interrotto, così come agli ambienti della finanza anglosassone, Gualino alla fine della seconda guerra mondiale si vede restituire i diritti al possesso e all’amministrazione delle imprese da cui era stato interdetto nel 1931. Ormai anziano, conduce una vita appartata nelle sue abitazioni di Roma e Firenze, mentre le sue imprese conoscono una nuova stagione di rigogliosa crescita.
La Lux si impone nel dopoguerra come una delle maggiori case cinematografiche italiane, punto di aggregazione ed elemento propulsore di un cinema di alto livello professionale, in cui si formano molti nomi importanti della produzione italiana degli anni successivi come Carlo Ponti e Dino De Laurentiis; anche questo sviluppo, dovuto alle doti manageriali ma anche alla raffinata sensibilità culturale di Gualino, si estende all’estero, in primo luogo con l’Italian Film Export, costituita nel 1951 e rivolta principalmente verso i mercati americani. La crisi della Lux sopravviene verso la fine degli anni Cinquanta e vede Gualino, all’inizio del decennio successivo, impegnarsi in un’ultima complessa operazione di ricapitalizzazione, che fa leva sui flussi finanziari generati dalle indennità per la nazionalizzazione dell’energia elettrica.
La Rumianca diventa invece il centro di un gruppo articolato, con numerosi impianti in Italia e significative proiezioni all’estero, operando con successo, già prima del "boom" economico, in comparti di punta come la chimica di consumo (cosmetici, articoli da toeletta) e dei polimeri.
Gualino muore a Firenze nel giugno del 1964. Dopo la sua scomparsa la Rumianca e la Lux saranno assorbite dalla Sir di Nino Rovelli.

Risorse bibliografiche
Degli scritti di Gualino, recentemente riediti dall’editore Marsilio, si ricordano: Frammenti di vita, Milano, 1931; Uragani, Parigi, 1932; Frammenti di vita e pagine inedite, Roma, 1966. Sulla figura di Riccardo Gualino si vedano F. Chiapparino, Note per una biografia imprenditoriale di Riccardo Gualino, in Storie di imprenditori, a cura di D. Bigazzi, Bologna, Il Mulino, 1996, pp. 357-380; N. De Ianni, Gli affari di Agnelli e Gualino 1917-1927, Napoli, Prismi, 1998; C. Bermond, Riccardo Gualino finanziere e imprenditore: un protagonista dell’economia italiana del Novecento, Torino, Centro studi piemontesi, 2005. Gli ultimi tre studi citati contengono anche informazioni sulla documentazione archivistica esistente.

Eugenio Caruso - 1 agost 2017

 

Tratto da

1

www.impresaoggi.com